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gennaio-marzo 2011 – € 5,00
er una società a misura di uomo
e secondo il piano di Dio
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rivista trimestrale - anno XXXIX
In questo numero: Cristo, Re del mondo e Re della storia. «Gesù di Nazaret. Seconda parte» di Papa Benedetto XVIo La tutela penale della persona e le ricadute giuridiche dell’ideologia del genereo «1861-2011. A centocinquant’anni dall’Unità d’Italia. Quale identità?». Roma, 12 febbraio 2011
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o «1861-2011. Unità e Risorgimento. La verità anzitutto»o Le minacce alla libertà religiosa nel secolo XXIo Tempo di scegliere
Cristianità organo ufficiale di Alleanza Cattolica
trimestrale — dal 1973
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Cristo, Re del mondo e Re della storia
«Gesù di Nazaret. Seconda parte»
di Papa Benedetto XVI
Massimo Introvigne
Esegesi storico-critica ed esegesi della fede
Quattro anni dopo il primo volume1, Joseph Ratzinger-Benedetto XVI
completa — ancorché prometta ancora un piccolo testo sull’infanzia di Gesù —
la sua grande opera su Gesù Cristo con la seconda parte di Gesù di Nazaret2.
Come aveva chiarito nella prima parte, non si tratta di un atto magisteriale, an-
corché molti temi trovino puntuali consonanze in testi del Magistero del regnan-
te Pontefice.
La consonanza riguarda, anzitutto, il metodo con cui l’illustre autore si
accosta alla Scrittura. «Una cosa — scrive in un brano della Premessa (pp. 5-
10), non breve ma che vale la pena di citare integralmente perché definisce me-
todologicamente tutta l’opera — mi sembra ovvia: in 200 anni di lavoro esege-
tico, l’interpretazione storico-critica ha ormai dato ciò che di essenziale aveva
da dare. Se l’esegesi biblica scientifica non vuole esaurirsi in sempre nuove
ipotesi diventando teologicamente insignificante, deve fare un passo metodolo-
gicamente nuovo e riconoscersi nuovamente come disciplina teologica, senza
rinunciare al suo carattere storico. Deve imparare che l’ermeneutica positivi-
stica da cui essa prende le mosse non è espressione della ragione esclusivamen-
te valida che ha definitivamente trovato se stessa, ma costituisce una determina-
ta specie di ragionevolezza storicamente condizionata, capace di correzione e
di integrazioni e bisognosa di esse. Tale esegesi deve riconoscere che un’erme-
neutica della fede, sviluppata in modo giusto, è conforme al testo e può con-
giungersi con un’ermeneutica storica consapevole dei propri limiti per formare
un’interezza metodologica. Naturalmente, questa congiunzione di due generi di
ermeneutica molto differenti tra loro è un compito da realizzare sempre di nuo-
vo. Ma tale congiunzione è possibile, e attraverso di essa le grandi intuizioni
dell’esegesi patristica potranno in un contesto nuovo tornare a portar frutto
[...]. Non pretendo di asserire che nel mio libro questa congiunzione delle due
ermeneutiche sia ormai cosa compiuta fino in fondo. Spero però di aver già fat-
1 Cfr. Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, trad. it., Rizzoli, Milano 2007.
2 Cfr. Idem, Gesù di Nazaret. Seconda Parte. Dall’ingresso in Gerusalemme fino alla
risurrezione, trad. it., Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2011; a quest’opera
rimandano tutti i successivi riferimenti fra parentesi nel testo.
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to un buon passo in tale direzione. In ultima analisi si tratta di riprendere fi-
nalmente i principi metodologici per l’esegesi formulati dal Concilio Vaticano
II (in Dei Verbum 12) — un compito finora purtroppo quasi per nulla affronta-
to» (pp. 6-7).
Benché l’opera sia stata completata prima dell’esortazione apostolica post-
sinodale Verbum Domini3, il brano che ho appena citato sia riassume il tema cen-
trale di tale documento del Pontefice sia annuncia che il testo si propone di farne
puntuale applicazione. La Verbum Domini è, in larga parte, una spiegazione e
un’interpretazione della Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione Dei
Verbum4 del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965), e in particolare pro-
prio del suo numero 12, richiamato anche nella seconda parte di Gesù di Nazaret.
L’esortazione, interpretando il documento conciliare, chiarisce che l’esegesi stori-
co-critica può dare contributi validi purché non pretenda di essere l’unica o l’ulti-
ma chiave di lettura del testo biblico, che va sempre letto nel contesto della fede
della Chiesa la cui definizione spetta al Magistero. La Verbum Domini afferma
precisamente che — se si rispettano queste premesse — congiungere un’erme-
neutica «scientifica» e una «della fede» è possibile, e corrisponde sia allo spirito
dell’impresa già avviata dai Padri della Chiesa sia alle vere intenzioni del Conci-
lio Ecumenico Vaticano II, purtroppo «quasi per nulla» rispettate nella crisi post-
conciliare. Qui — in quello che, ripetiamolo, non è un documento del Magistero
— il Papa ribadisce la stessa prospettiva, ma insieme fa qualcosa di più: mostra
come in concreto è possibile la «congiunzione delle due ermeneutiche» a proposi-
to di aspetti centrali per la nostra fede della vicenda di Gesù Cristo.
Riassumere tutti i temi di questo ricchissimo volume è impossibile. Mi li-
miterò dunque, seguendo l’ordine dei capitoli, a segnalarne alcuni fra i principali.
L’ingresso in Gerusalemme
Il primo capitolo dell’opera presenta l’Ingresso in Gerusalemme e purifi-
cazione del tempio (pp. 11-34) con la cacciata dei mercanti. Emerge già qui il
tema centrale del libro: Cristo è Re, e la sua regalità — che ha anche una di-
mensione sociale — non è stata capita dai suoi contemporanei e talora non è
compresa neppure da noi. «Gesù entra in città su un asino preso in prestito, che
subito dopo farà riportare al suo padrone» (p. 13). La scelta dell’asino sottoli-
nea l’umiltà di Gesù, ma insieme il Signore «[...] rivendica il diritto regale della
requisizione di mezzi di trasporto, un diritto noto in tutta l’antichità» (ibidem).
«Anche il fatto che si tratti di un animale, sul quale non è ancora salito nessu-
3 Cfr. Benedetto XVI, Esortazione Apostolica Postsinodale «Verbum Domini» all’Epi-
scopato, al Clero, alle Persone Consacrate e ai Fedeli Laici sulla Parola di Dio nella
vita e nella missione della Chiesa, del 30-9-2010. 4 Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla divina Rivelazione
«Dei Verbum», del 18-11-1965.
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no, rimanda a un diritto regale» (ibidem). Pubblicamente, «Gesù rivendica, di
fatto, un diritto regale» (p. 15).
La cacciata dei mercanti dal tempio sarà imputata a Gesù nel processo, e
sarà decisiva per la sua condanna, anche se secondo Papa Benedetto XVI «[...] è
giusta la tesi, motivata minuziosamente soprattutto da Vittorio Messori, secon-
do cui Gesù nella purificazione del tempio agiva in sintonia con la legge impe-
dendo un abuso nei confronti del tempio» (p. 23). Contro la falsa interpretazione
delle «teologie della rivoluzione» (p. 25), il Papa sottolinea che Gesù «[...] non
viene con la spada del rivoluzionario» (p. 34) né viola la legge. Ma Gesù sarà
condannato non per le sue azioni nel tempio ma per la giustificazione che ne dà,
dove rivendica una regalità messianica, per quanto si tratti di una regalità che
non fa appello alla violenza ma alla verità e alla giustizia. Si tratta di un aspetto
della regalità di Gesù che è opportuno richiamare oggi, quando «i risultati terri-
bili di una violenza motivata religiosamente stanno in modo troppo drastico da-
vanti agli occhi di tutti noi. La violenza non instaura il regno di Dio, il regno
dell’umanesimo. È, al contrario, uno strumento preferito dall’anticristo — per
quanto possa essere motivata in chiave religioso-idealistica. Non serve all’uma-
nesimo, bensì alla disumanità» (p. 25).
Nello stesso tempo, il fatto che Gesù s’interessi, cacciandone i mercanti,
di quel «cortile dei gentili» che era riservato ai non ebrei interessati a conoscere
qualcosa delle cerimonie del tempio — un tema che Papa Benedetto XVI ha
trattato in modo approfondito nel Discorso alla Curia Romana per la presenta-
zione degli auguri natalizi del 21 dicembre 20095 —, e che i Vangeli ci ricordi-
no la presenza in quella sede di greci, sottolinea il carattere universale della sua
regalità. Questa non è limitata ai soli ebrei, così che s’intende subito che è cosa
diversa da quella restaurazione della monarchia d’Israele che alcuni attendevano.
Il discorso escatologico
Il secondo capitolo si concentra su Il discorso escatologico di Gesù (pp.
35-64) sulla distruzione del tempio, «il testo più difficile in assoluto dei Vange-
li» (p. 37). «Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che
ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia
raccoglie i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto! Ecco: la vostra casa
vi sarà lasciata deserta» (Mt. 23, 37-38). L’avvento di Cristo Re comporta la
fine del vecchio sistema religioso incentrato sul tempio: «Dio se ne va. Il tempio
non è più il luogo dove Egli ha posto il suo nome. Sarà vuoto; ora è soltanto la
“vostra casa”» (p. 36).
5 Cfr. Benedetto XVI, Discorso ai Cardinali, agli Arcivescovi e ai Prelati della Curia
Romana per la presentazione degli auguri natalizi, del 21-12-2009, in Insegnamenti di
Benedetto XVI, vol. V, 2, 2009. (Luglio-Dicembre), Libreria Editrice Vaticana, Città del
Vaticano 2010, pp. 774-783 (p. 782).
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In questo discorso il Pontefice distingue tre temi. Il primo è la profezia
della distruzione del tempio nel 70 d.C. Non si tratta solo di un grande eccidio
— qualche storico antico parla di un milione di morti, anche se la storiografia
moderna ritiene più realisticamente che le vittime siano state circa ottantamila
— ma di un fatto teologico. «Per il giudaismo, la cessazione del sacrificio, la
distruzione del tempio dovette essere uno shock tremendo. Tempio e sacrificio
stanno al centro della Torà. Ora non c’era più nessuna espiazione nel mondo,
niente che potesse far da contrappeso al suo crescente inquinamento in conse-
guenza del male. E ancora: Dio, che su questo tempio aveva posto il suo nome e
quindi, in modo misterioso, abitava in esso, ora aveva perso questa sua dimora
sulla terra. Dove era l’alleanza? Dove la promessa?
Una cosa è chiara: la Bibbia — l’Antico Testamento — doveva essere
letta in un modo nuovo» (p. 44).
Naturalmente, questa lettura nuova prende due strade molto diverse: quel-
la rabbinica, per cui il ruolo del tempio è preso almeno provvisoriamente dalla
scrupolosa osservanza della Legge, e quella cristiana, per cui del tempio non c’è
più bisogno perché il vero tempio è ormai la persona regale di Gesù Cristo. «[...]
la cristianità nascente, molto prima della distruzione materiale del tempio, era
convinta che il ruolo di esso nella storia della salvezza era giunto al termine —
come Gesù aveva preannunciato con la parola sulla “casa lasciata deserta” e
con il discorso sul nuovo tempio» (p. 49). «[...] Gesù stesso ha preso il posto del
tempio, è Lui il nuovo tempio» (p. 50).
Il secondo tema del discorso è l’annuncio dei tempi dei pagani, in cui il
Vangelo deve arrivare non solo agli ebrei ma a tutti i popoli. A questo serve il
tempo intermedio fra la distruzione del tempio e la fine del mondo. Quanto du-
rerà è oggetto di speculazioni infinite, ai tempi dei primi cristiani come oggi, ma
secondo il Pontefice «[...] è in fin dei conti secondario» (p. 55). Quello che con-
ta è che «[...] il Vangelo deve essere portato in tutto il mondo e a tutti gli uomi-
ni: solo dopo, la storia può raggiungere la sua meta» (p. 58). «Nel frattempo
Israele conserva la propria missione. Sta nelle mani di Dio, che al tempo giusto
lo salverà “interamente”, quando il numero dei pagani sarà completo» (ibidem).
Il terzo «[...] elemento essenziale del discorso escatologico di Gesù è
l’avvertimento contro gli pseudo messia e contro le fantasticherie apocalitti-
che» (p. 60). Il discorso della fine si concentra in Gesù: «[...] il contesto cosmi-
co diventa secondario e anche la questione cronologica perde di importanza»
(p. 62). Quasi condannando in anticipo le tante speculazioni millenaristiche di
cui sarà ricca la storia del cristianesimo, Gesù vuole «distoglierci dalla curiosità
superficiale» (p. 64) su quando e come sarà la fine del mondo. Date e ore non
sono più così importanti, se la Parola definitiva di Dio è già stata detta in Gesù
Cristo. «In questa persona l’avvenire è ora presente. Il futuro, in fin dei conti,
non ci porrà in una situazione diversa da quella che nell’incontro con Gesù è
già realizzata» (p. 62).
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Sono così negate le speculazioni cosmiche di tipo più o meno esoterico o
astrologico. «Questa relativizzazione dell’elemento cosmico, o meglio: la sua
centratura nella sfera personale, si mostra con particolare chiarezza nella pa-
rola finale della parte apocalittica: “Il cielo e la terra passeranno, ma le mie
parole non passeranno” (Mc 13,31). La parola, quasi un nulla a confronto col
potere enorme dell’immenso cosmo materiale, un soffio del momento nella
grandezza silenziosa dell’universo — la parola è più reale e più durevole che
l’intero mondo materiale. È la realtà vera ed affidabile: il terreno solido sul
quale possiamo appoggiarci e che regge anche nell’oscurarsi del sole e nel
crollo del firmamento. Gli elementi cosmici passano; la parola di Gesù è il vero
“firmamento”, sotto il quale l’uomo può stare e restare» (p. 63).
La lavanda dei piedi
Il terzo capitolo entra in quella che l’autore chiama l’«ora di Gesù» (p.
66), cominciando dai testi che precedono e accompagnano l’episodio de La la-
vanda dei piedi (pp. 65-90). «Gesù qui, come anche altre volte nel Vangelo di
Giovanni, parla del suo essere uscito dal Padre e del suo ritorno a Lui» (p. 67).
Vi è stato certo il rischio di un’interpretazione neo-platonica, in quanto la cop-
pia uscita-ritorno «[...] potrebbe suscitare il ricordo dell’antico schema dell’exi-
tus e reditus, dell’uscita e del ritorno, come è stato elaborato specialmente nella
filosofia di Plotino [203 o 205-270]» (ibidem). È molto importante per il Papa
mostrare che non è così, perché la posta in gioco è una corretta valutazione del-
l’umanità e della carne, contro ogni disprezzo neoplatonico o gnostico. «L’usci-
re e tornare illustrato da Giovanni, però, è totalmente diverso da ciò che è pen-
sato nello schema filosofico. Poiché in Plotino come nei suoi seguaci, l’“usci-
re”, che lì prende il posto dell’atto divino della creazione, è una discesa che al-
la fine diventa un declino: dall’elevatezza dell’“unico” in giù verso zone sem-
pre più basse dell’essere. Il ritorno consiste poi nella purificazione dalla sfera
materiale, in una graduale risalita e in purificazioni che tolgono ciò che è infe-
riore e infine riconducono nell’unità del divino.
«L’uscire di Gesù invece presuppone innanzitutto la creazione non come
declino, ma come atto positivo della volontà di Dio. È poi un processo dell’a-
more che, proprio nella discesa, dimostra la sua vera natura — per amore ver-
so la creatura, per amore verso la pecorella smarrita — rivelando così nel di-
scendere ciò che è veramente divino. E il Gesù di ritorno non si sbarazza affatto
della sua umanità come se fosse una cosa contaminante. Lo scopo della sua di-
scesa era di accettare e di accogliere l’umanità intera, il ritorno insieme con
tutti gli uomini — il ritorno di “ogni carne”.
«In questo ritorno si realizza una novità: Gesù non ritorna da solo. Non
abbandona la carne, ma attira tutti a sé» (pp. 67-68).
Nello stesso episodio della lavanda dei piedi ritorna il contrasto con le
prospettive neoplatoniche e gnostiche che svalutano il corpo. Per Plotino diven-
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ta puro chi «[...] si purifica dalla componente materiale» (p. 72). Al contrario
Gesù purifica «la» (ibidem) componente materiale, così che non è giustificato
nessun «sospetto nei confronti della sfera materiale, del corpo» (p. 73).
Sulla lavanda dei piedi il richiamo comune nell’esegesi è quello all’im-
portanza dei rituali di purificazione nel mondo ebraico. È vero che a questi ri-
tuali Gesù dà un senso nuovo, ma occorre — insiste il Papa — essere attenti a
non leggere la novità in un senso semplicemente moralistico. «L’esegesi libera-
le ha detto che Gesù avrebbe sostituito la concezione rituale della purità con
quella morale: al posto del culto e del suo mondo subentrerebbe la morale. Al-
lora il cristianesimo sarebbe essenzialmente una morale, una specie di “riar-
mo” etico. Ma con ciò non si rende giustizia alla novità del Nuovo Testamento»
(p. 70). Non sarebbe neppure corretto dire che il Signore ha sostituito alla mora-
le della Legge una morale più elevata e nuova. «Al posto della purezza rituale
non è semplicemente subentrata la morale, ma il dono dell’incontro con Dio in
Gesù Cristo» (p. 72).
La lavanda dei piedi è pure, rileva il Papa, un’allusione — certo ancora
velata — alla confessione sacramentale: ci siamo già lavati, nel Battesimo, ma
dobbiamo sempre lavarci di nuovo, nella confessione.
Sullo sfondo, comincia pure a emergere la figura inquietante di Giuda,
così come si mostrano le reticenze e le incomprensioni di Pietro. I Vangeli vo-
gliono mostrarci, profeticamente, che «la rottura dell’amicizia giunge fin nella
comunità sacramentale della Chiesa, dove sempre di nuovo ci sono persone che
prendono “il suo pane” e lo tradiscono» (p. 81). Vediamo come Giuda «[...] at-
traverso una serie di forme apparentemente minute di infedeltà, decada spiri-
tualmente e così alla fine, uscendo dalla luce, entri nella notte e non sia più ca-
pace di conversione. In Pietro vediamo un’altra specie di minaccia, anzi di ca-
duta, che però non diventa diserzione e può quindi essere risanata mediante la
conversione» (p. 83).
La preghiera sacerdotale
Il quarto capitolo commenta La preghiera sacerdotale di Gesù (pp. 91-
118), espressione, come ci ricorda il Pontefice, oggi comune coniata nel secolo
XVI dal teologo luterano David Chytraeus (1530-1600). Fra gli esegeti contem-
poranei, nota il Papa, è stato soprattutto padre André Feuillet P.S.S. (1909-
1998) a offrire «la chiave per la giusta comprensione di questo grande testo
[...]. Egli dimostra che questa preghiera è comprensibile solo sullo sfondo della
liturgia della festa giudaica dell’Espiazione (Yom kippùr)» (p. 91). Nella vi-
cenda di Gesù il rito dello Yom Kippùr diventa reale: avviene realmente, non
più soltanto in modo simbolico. In questa festa dell’Espiazione ogni anno il
Sommo Sacerdote pronuncia il nome di Dio — normalmente indicibile — e ridà
a Israele, dopo un anno di trasgressioni, il suo carattere di popolo santo. Così,
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restaura l’armonia del mondo perché per l’ebraismo il mondo esiste non per se
stesso ma come spazio per l’alleanza fra Dio e il suo popolo, Israele.
Gesù è insieme Re e Sommo Sacerdote. «La preghiera di Gesù Lo mani-
festa come il sommo sacerdote del grande giorno dell’Espiazione. La sua croce
e il suo innalzamento costituiscono il giorno dell’Espiazione del mondo, in cui
l’intera storia del mondo, contro tutta la colpa umana e tutte le sue distruzioni,
trova il suo senso, viene introdotta nel suo vero “perché” e “dove”» (pp. 93-94).
Il Papa sottolinea qui «[...] il tema della consacrazione e del consacrare
— il tema che indica nel modo più forte la connessione con l’evento della ri-
conciliazione e col sommo sacerdozio» (p. 100). Nella preghiera sacerdotale c’è
«una triplice “consacrazione”: il Padre ha consacrato il Figlio e lo ha manda-
to nel mondo; il Figlio consacra se stesso e chiede che, a partire dalla sua con-
sacrazione, i discepoli siano consacrati nella verità» (p. 101). La consacrazione
nella verità porta all’unità per cui Gesù prega. Ma «l’unità invisibile della “co-
munità” non basta» (p. 113). Il Pontefice critica in particolare il teologo lutera-
no Rudolf Bultmann (1884-1976), secondo cui l’unità della preghiera sacerdota-
le si riferirebbe a un’unità invisibile e morale fra i cristiani che prescinde da una
struttura o da una Chiesa. Si tratta invece dell’unità visibile nell’unica Chiesa di
Gesù Cristo. Perché «[...] la tradizione venga mantenuta» (p. 115), scrive il Pa-
pa, sono necessarie tre cose: la Scrittura, il Simbolo della fede e la successione
apostolica. In questa preghiera dunque veramente «[...] si compie l’istituzione
della Chiesa, anche se la parola “Chiesa” non viene usata» (p. 117).
L’Ultima Cena
Per il Papa, in questo libro, è sempre importante una rivendicazione «[...]
della reale storicità degli avvenimenti essenziali. Il messaggio neotestamentario
non è soltanto un’idea; per esso è determinante proprio l’essere accaduto nella
storia reale di questo mondo: la fede biblica non racconta storie come simboli
di verità meta-storiche, ma si fonda sulla storia che è accaduta sulla superficie
di questa terra» (p. 119). «Se Gesù non ha dato ai discepoli pane e vino come
suo corpo e suo sangue, allora la Celebrazione eucaristica è vuota — una devo-
ta finzione, non una realtà che fonda la comunione con Dio e degli uomini tra
loro» (pp. 119-120). Utilizzando il metodo proposto all’inizio dell’opera pos-
siamo essere certi che L’Ultima Cena — cui è dedicato il quinto capitolo (pp.
119-163) — è un evento storico realmente accaduto, e «[...] guardare tranquil-
lamente le ipotesi esegetiche che, da parte loro, troppo spesso si presentano con
un pathos di certezza che viene confutato già dal fatto che posizioni contrarie
vengono proposte continuamente con lo stesso atteggiamento di certezza scien-
tifica» (p. 121).
Questo non significa che non rimangano problemi ermeneutici aperti. Il
primo e il più discusso dagli esegeti riguarda la data: fu davvero una cena pa-
squale o no? I tre Vangeli sinottici collocano l’Ultima Cena al giovedì, vigilia
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della Pasqua che quell’anno cadeva di venerdì. Per san Giovanni l’Ultima Cena
accade invece prima della vigilia di Pasqua. Nel giorno della vigilia si celebra il
processo, così che Gesù per san Giovanni muore nel momento in cui gli agnelli
pasquali sono immolati.
«Questa coincidenza teologicamente importante, che Gesù muoia con-
temporaneamente con l’immolazione degli agnelli pasquali, ha indotto molti
studiosi a liquidare la versione giovannea come cronologia teologica. Giovanni
avrebbe cambiato la cronologia per creare questa connessione teologica che,
tuttavia, nel Vangelo non viene manifestata esplicitamente. Oggi, però, si vede
sempre più chiaramente che la cronologia giovannea è storicamente più proba-
bile di quella sinottica» (p. 125). In effetti, è improbabile che un processo com-
plesso come quello di Gesù sia stato celebrato dalle autorità ebraiche e romane
nel giorno di festa della Pasqua.
E tuttavia l’Ultima Cena sembra proprio una cena pasquale. Come conci-
liare le due prospettive? Il Papa ricorda i lavori della storica francese Annie Jau-
bert (1912-1980), secondo cui erano qui all’opera due diversi calendari. I disce-
poli ne seguivano uno arcaico — adottato dagli Esseni di Qumran — per cui Pa-
squa cadeva al mercoledì e non al venerdì. Dunque per loro il giorno dell’Ulti-
ma Cena era la vigilia di Pasqua — come ci dicono i sinottici — ma per le auto-
rità, che seguivano il calendario nuovo, non lo era, come lascia intendere san
Giovanni. Ma secondo il Papa le tracce, pure esistenti, secondo cui gli apostoli
sarebbero stati vetero-calendaristi «[...] sono troppo deboli per poter convince-
re» (p. 127) totalmente. Il Papa espone la tesi della Jaubert perché la giudica
suggestiva e non impossibile. Ma ultimamente preferisce l’interpretazione dello
storico statunitense don John Paul Meier, secondo il quale bisogna scegliere fra
la cronologia sinottica e quella giovannea, e la più probabile delle due è quella
di Giovanni.
Ma perché allora l’Ultima Cena ha un carattere pasquale? «La risposta di
Meier è sorprendentemente semplice e sotto molti aspetti convincente. Gesù era
consapevole della sua morte imminente. Egli sapeva che non avrebbe più potuto
mangiare la Pasqua. In questa chiara consapevolezza invitò i suoi ad un’ultima ce-
na di carattere molto particolare, una cena che non apparteneva a nessun determi-
nato rito giudaico, ma era il suo congedo, in cui Egli dava qualcosa di nuovo, do-
nava se stesso come il vero Agnello, istituendo così la sua Pasqua» (p. 130).
L’Ultima Cena ha un’importanza decisiva nella nostra vita di cristiani per-
ché è il momento dell’istituzione dell’Eucarestia. Di questa abbiamo vari resocon-
ti, di cui il più antico cronologicamente è quello di san Paolo, in quanto «la Prima
Lettera ai Corinzi fu scritta nell’anno 56 circa» (p. 132) ed è più antica dei Van-
geli. Le differenze testuali fra le versioni sono interessanti, ma non cruciali. La
questione più grave è l’obiezione di molti teologi moderni secondo cui «[...] ci sa-
rebbe una contraddizione irrisolvibile tra il messaggio di Gesù circa il regno di
Dio e l’idea della sua morte espiatoria in funzione vicaria» (p. 135).
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Per il Papa è importante rendersi conto che «la ragione di questo non sta
nei dati storici: come abbiamo visto, i testi eucaristici appartengono alla tradi-
zione più antica. In base ai dati storici niente può esservi di più originale che
proprio la tradizione della cena. Ma l’idea di un’espiazione è cosa inconcepibi-
le per la sensibilità moderna» (p. 136). In realtà dunque «[...] la discussione è
solo apparentemente un dibattito storico» (ibidem): non si crede all’Eucarestia
non perché manchino i riferimenti testuali — che sono, al contrario, certissimi
— ma perché urta contro il razionalismo moderno. Per capire le parole e i gesti
di Gesù occorre dunque «[...] la disponibilità di non semplicemente contrappor-
re al Nuovo Testamento in modo “critico-razionale” la nostra saccenteria, ma
di imparare e di lasciarci guidare: la disponibilità a non travisare i testi secon-
do i nostri concetti, ma a lasciar purificare ed approfondire i nostri concetti
dalla sua parola» (p. 137).
A urtare la mentalità moderna non è solo il miracolo del pane e del vino.
È l’idea stessa che per salvarci il Figlio di Dio abbia dovuto morire sulla croce.
Si sono dunque elaborate spiegazioni secondo cui Dio avrebbe offerto a Israele
la fede nel Signore e, se questa offerta non fosse stata rifiutata, si sarebbe entrati
subito nel regno messianico di Gesù Cristo senza passare per la croce. «Nel
1929, Erik Peterson [1890-1960], nel suo articolo sulla Chiesa — un articolo
che ancora oggi vale assolutamente la pena di leggere — ha sostenuto la tesi
che la Chiesa esiste solo sulla base del presupposto “che gli Ebrei come popolo
eletto di Dio non hanno accolto la fede nel Signore”. Se avessero accettato Ge-
sù, “il Figlio dell’uomo sarebbe ritornato e il regno messianico, in cui gli Ebrei
avrebbero occupato il posto più importante, avrebbe preso inizio” (Theologi-
sche Traktate, p. 247). Romano Guardini [1885-1968] nelle sue opere su Gesù
ha accolto e modificato questa tesi. Per lui il messaggio di Gesù comincia chia-
ramente con l’offerta del regno; il “no” di Israele avrebbe suscitato la nuova
fase della storia della salvezza, di cui fanno parte morte e risurrezione del Si-
gnore e la Chiesa delle genti» (p. 139).
Che cosa pensare di queste tesi? Per quanto frutto dell’ingegno di autori
illustri e bene intenzionati, secondo il Papa esse non possono essere accolte. Al
contrario, il già citato don John Paul Meier — la cui opinione Benedetto XVI
approva e fa sua — ha mostrato che una distinzione cronologica è in questo sen-
so impossibile e che la Croce è presente fin dall’inizio. «Non esiste una con-
traddizione tra il lieto messaggio di Gesù e la sua accettazione della croce qua-
le morte per i molti, al contrario: solo nell’accettazione e trasformazione della
morte, il lieto annuncio raggiunge tutta la sua profondità» (p. 142).
Dalle interpretazioni di Peterson e di Guardini vanno poi distinte le tesi
meramente razionaliste secondo cui l’Eucarestia sarebbe un’invenzione dei pri-
mi cristiani. Queste tesi, spiega il Pontefice, sono semplicemente assurde. «[...]
l’idea del formarsi dell’Eucaristia nell’ambito della “comunità” è anche dal
punto di vista storico assolutamente assurda. Chi avrebbe potuto permettersi di
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concepire un tale pensiero, di creare una tale realtà? Come avrebbe potuto es-
sere che i primi cristiani — evidentemente già negli anni 30 — accettassero una
simile invenzione senza fare obiezioni?» (ibidem).
Quando parlerà della morte di Gesù, il Papa noterà ancora la stessa obie-
zione. «Sempre di nuovo si dice: Non è forse un Dio crudele colui che richiede
un’espiazione infinita? Non è questa un’idea indegna di Dio? Non dobbiamo
forse, a difesa della purezza dell’immagine di Dio, rinunciare all’idea di espia-
zione?» (p. 258). Ma la sporcizia c’è nel mondo, e c’è per colpa nostra, per col-
pa del peccato degli uomini. «Non può essere semplicemente ignorata, deve es-
sere smaltita. Ora, tuttavia, non è che da un Dio crudele venga richiesto qual-
cosa di infinito. È proprio il contrario: Dio stesso si pone come luogo di ricon-
ciliazione e, nel suo Figlio, prende la sofferenza su di sé. Dio stesso introduce
nel mondo come dono la sua infinita purezza. Dio stesso “beve il calice” di tut-
to ciò che è terribile e ristabilisce così il diritto mediante la grandezza del suo
amore, che attraverso la sofferenza trasforma il buio» (pp. 258-259). Ulterior-
mente approfondito e compreso dalla comunità cristiana attraverso la riflessione
sul sacrificio dei martiri, anche oggi «il mistero dell’espiazione non deve essere
sacrificato a nessun razionalismo saccente» (p. 267)
Nel capitolo quinto, il Pontefice affronta quindi la dibattuta questione del
pro multis, che ha preoccupato soprattutto i liturgisti: il sangue di Gesù Cristo è
stato versato «per molti» come risulta da Matteo 26, 28 e da Marco 14, 24, o
«per tutti», come sentiamo dire in Italia nella versione in lingua italiana della
formula della consacrazione nella Messa? Il Papa cita il teologo luterano tede-
sco Joachim Jeremias (1900-1979), il quale «[...] ha cercato di mostrare che la
parola “molti” nei racconti sull’istituzione sarebbe un semitismo e che quindi
dovrebbe essere letta non a partire dal significato della parola greca, ma in ba-
se ai corrispondenti testi veterotestamentarii. Egli cerca di dimostrare che la
parola “molti” nell’Antico Testamento significa “la totalità” e quindi in realtà
sarebbe da tradurre con “tutti”» (p. 153), sulla base soprattutto di un parallelo
con Isaia 53.
La tesi di Jeremias, ricorda il Papa, «[...] si è allora presto affermata ed è
divenuta una comune convinzione teologica. In base ad essa, nelle parole della
consacrazione, il “molti” è stato tradotto in diverse lingue con “tutti”. “Versa-
to per voi e per tutti”, così in vari Paesi i fedeli durante la Celebrazione eucari-
stica sentono oggi le parole di Gesù» (ibidem). Senonché, mentre i liturgisti fa-
cevano il loro lavoro, «[...] questo consenso tra gli esegeti si è nuovamente fran-
tumato. L’opinione prevalente tende oggi verso la spiegazione che “molti” in
Isaia 53 e anche in altri punti, pur significando una totalità, non possa essere
semplicemente equiparato con “tutti”» (ibidem).
Più recentemente si è affermata la tesi dello storico cattolico della liturgia
Joseph Paschler (1893-1979) secondo cui il «versato» si riferisce non al sangue di
Gesù Cristo, in effetti versato per tutti, ma al calice, che raggiungerà i «molti» che
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parteciperanno all’Eucarestia ma non «tutti» gli uomini. Per quanto questa spie-
gazione, nota il Papa, sia più persuasiva per il Vangelo di Marco che per quello di
Matteo, nel contesto generale dei Vangeli e della Chiesa primitiva «[...] si rende
sempre più evidente che Egli [Gesù] di fatto è morto per tutti» (p. 156), così
com’è chiaro che non tutti accettano o accetteranno la chiamata nella Chiesa.
È certo che Gesù abbia chiesto ai suoi discepoli di ripetere il gesto
dell’Ultima Cena: ma «qual è precisamente la cosa che il Signore ha ordinato
di ripetere?» (p. 157). Non solo il banchetto o la cena, ma il sacrificio. A fronte
di equivoci o incertezze, questo punto secondo il Papa va sistematicamente ri-
badito. Il Pontefice cita un’espressione di padre Josef Andreas Jungmann S.J.
(1889-1975), che definisce «grande studioso della storia della Celebrazione eu-
caristica e uno degli architetti della riforma liturgica» (p. 160), secondo cui
«ciò che la Chiesa celebra nella Messa non è l’ultima cena, ma ciò che il Si-
gnore, durante l’ultima cena, ha istituito ed affidato alla Chiesa: la memoria
della sua morte sacrificale (Messe im Gottesvolk, p. 24)» (ibidem). Lo stesso li-
turgista nota, ricorda il Papa, che nella Chiesa «fino alla Riforma del secolo XVI,
per la celebrazione dell’Eucaristia non viene mai usato un nome che significhi
“convito” (p. 23, nota 73)» (p. 161). No, la Messa cattolica non è una semplice
cena.
Il Getsemani
Il sesto capitolo è dedicato al Getsèmani (pp. 165-187). Il nome Getse-
mani, spiega il Papa, indicava «[...] una fattoria con un frantoio in cui le olive
venivano spremute» (p. 168). Ma san Giovanni nel suo Vangelo (18, 1 e 19, 41)
usa ripetutamente la parola «giardino», e non lo fa per caso. «È evidente che
Giovanni con la parola “giardino” allude al racconto del Paradiso e del pec-
cato originale. Vuole dirci che qui quella storia viene ripresa. Nel “giardino”
avviene il tradimento, ma il giardino è anche il luogo della risurrezione. Nel
giardino, infatti, Gesù ha accettato fino in fondo la volontà del Padre, l’ha fatta
sua e così ha capovolto la storia» (p. 169).
A questa volontà hanno però difficoltà a conformarsi perfino i discepoli
più vicini. Si può dire di Pietro che «[...] il suo atteggiamento rispecchi la tenta-
zione continua dei cristiani, anzi anche della Chiesa: senza la croce arrivare al
successo» (p. 171). L’appello, poi — inascoltato —, ai discepoli perché veglino
e preghino per non cadere in tentazione «[...] pur riferendosi proprio a quell’o-
ra [...] rimanda in anticipo alla storia futura della cristianità. La sonnolenza
dei discepoli rimane lungo i secoli l’occasione favorevole per il potere del ma-
le. Questa sonnolenza è un intorpidimento dell’anima, che non si lascia scuote-
re dal potere del male nel mondo, da tutta l’ingiustizia e da tutta la sofferenza
che devastano la terra. È un’insensibilità che preferisce non percepire tutto ciò;
si tranquillizza col pensiero che tutto, in fondo, non è poi tanto grave, per poter
così continuare nell’autocompiacimento della propria esistenza soddisfatta. Ma
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questa insensibilità delle anime, questa mancanza di vigilanza sia per la vici-
nanza di Dio che per la potenza incombente del male conferisce al maligno un
potere nel mondo» (pp. 172-173).
Si è molto insistito sull’angoscia di Gesù nel Getsemani, ma secondo il
Papa è importante non perdere mai di vista chi è Gesù, il Re del mondo e della
storia, in modo da contrastare ogni interpretazione meramente psicologica. Nel
Getsemani «Egli vede con estrema chiarezza l’intera marea sporca del male,
tutto il potere della menzogna e della superbia, tutta l’astuzia e l’atrocità del
male, che si mette la maschera della vita e serve continuamente la distruzione
dell’essere, la deturpazione e l’annientamento della vita. Proprio perché è il
Figlio, Egli sente profondamente l’orrore, tutta la sporcizia e la perfidia che
deve bere in quel “calice” a Lui destinato: tutto il potere del peccato e della
morte. Tutto questo Egli deve accogliere dentro di sé, affinché in Lui sia privato
di potere e superato» (p. 175).
Siamo dunque su un piano diverso da quello della semplice paura della
morte. «L’angoscia di Gesù è una cosa molto più radicale di quell’angoscia che
assale ogni uomo di fronte alla morte: è lo scontro stesso tra luce e tenebre, tra
vita e morte — il vero dramma della scelta che caratterizza la storia umana. In
questo senso possiamo con [Blaise] Pascal [1623-1662] in modo tutto persona-
le applicare l’avvenimento del Monte degli ulivi anche a noi: anche il mio pec-
cato era presente in quel calice spaventoso. “Quelle gocce di sangue, le ho ver-
sate per te”, sono le parole che Pascal sente rivolte a sé dal Signore in agonia
sul Monte degli ulivi (cfr Pensées, VII 553)» (p. 176).
L’episodio del Getsemani è sempre stato considerato dalla Chiesa una fi-
nestra privilegiata per guardare all’interno del mistero di Gesù e della sua natura
insieme umana e divina, e nello stesso tempo unica e indivisa. «In nessun’altra
parte della Sacra Scrittura guardiamo così profondamente dentro il mistero in-
teriore di Gesù come nella preghiera sul Monte degli ulivi. Non per caso, quin-
di, la ricerca appassionata della Chiesa antica per la comprensione della figu-
ra di Gesù Cristo ha trovato la sua forma conclusiva nella riflessione, guidata
dalla fede, sulla preghiera del Monte degli ulivi» (pp. 177-178).
Com’è noto, questa lunga riflessione sfocia nel Concilio di Calcedonia
(451) e nella formula definitiva secondo cui Gesù Cristo è un’unica persona con
una duplice natura, umana e divina. Ma «[...] la recezione di Calcedonia — nota
il Papa — è avanzata in modo molto intricato e tra accaniti litigi» (p. 179), de-
terminando gli scismi dell’Egitto e della Siria, che sono ancora il centro di
Chiese separate da Roma chiamate, anche se l’etichetta è contestata, «pre-
calcedoniane».
La Chiesa, nota il Papa, ha percepito nei secoli successivi a Calcedonia
come eresia particolarmente insidiosa quella del «monotelismo» — dal greco
monos telos, una sola volontà — secondo cui in Gesù vi sarebbe un’unica vo-
lontà, quella divina. Ma un uomo senza volontà umana rischia di non essere ve-
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ramente uomo. Fu san Massimo il Confessore (579 o 580-662), ricorda Papa
Benedetto XVI, a dare un contributo decisivo alla confutazione dell’eresia, mo-
strando che nell’uomo Gesù non vi sono due volontà giustapposte, ma quella
perfetta sinergia fra volontà umana e volontà di Dio che si sarebbe realizzata in
ogni uomo creato a immagine e somiglianza di Dio se non fosse intervenuto il
peccato originale.
Il processo di Gesù
Il settimo capitolo presenta Il processo a Gesù (pp. 189-225). Il Pontefice
affronta qui una questione molto delicata, che è quella del rapporto fra religione
e politica. «Si è tentati di dire che il motivo per il procedere contro Gesù sia
stata una preoccupazione politica in cui, da punti di partenza diversi, si sono
incontrati l’aristocrazia sacerdotale e i farisei» (p. 191), gruppi in contrasto tra
loro ma entrambi preoccupati che Gesù realizzasse, con il suo movimento di
sempre maggiore successo, «il distacco della dimensione religiosa da quella
politica» (ibidem) che nella mentalità ebraica erano invece «assolutamente inse-
parabili l’una dall’altra» (ibidem). «Si è tentati», appunto. Ma le cose sono più
complicate.
Secondo il Papa, «[...] bisogna guardarsi da una frettolosa condanna del-
la prospettiva “puramente politica”, propria degli avversari di Gesù» (ibidem),
i quali avevano a cuore «il fondamento religioso della politica e le conseguenze
religiose di essa» (ibidem), cose di per sé non negative e da cui bisogna distin-
guere rigorosamente «[...] lo specifico interesse per il potere della dinastia di
Anna e Caifa, interesse che poi di fatto condusse alla catastrofe dell’anno 70,
provocando così proprio ciò che, secondo il loro vero compito, essi avrebbero
dovuto evitare» (p. 192). Questa «smania di potere del gruppo dominante» (ibi-
dem) non va confusa con una «preoccupazione» (ibidem) di non separare la po-
litica dal suo fondamento nella religione che era in sé «legittima» (ibidem). Bi-
sogna guardarsi, afferma il Papa, dal trarre argomento dal processo di Gesù per
sostenere la tesi secondo cui solo un’assoluta separazione tra religione e politica sa-
rebbe conforme al messaggio cristiano e al regno del Signore, in quanto non è di
questo mondo. Al contrario, la regalità di Gesù Cristo — che pure è tanto diversa da
quella del mondo — si estende alla società e, in questo senso, al mondo, anche se
talora «mondo» è usato nei Vangeli come sinonimo di una sfera del peccato che,
quella sì, rimane estranea al regno. Gesù non veniva a negare un modello in cui ul-
timamente «[...] Dio domina nel mondo» (p. 193), ma a portare un «modo nuovo»
(ibidem) di questo dominio, che i suoi avversari non comprendevano.
Quanto ai dettagli giuridici del processo, è anzitutto corretto dire che non
siamo in grado di conoscerli fino in fondo. Il Papa cita lo storico e teologo lute-
rano Martin Hengel (1926-2009), il quale afferma che «[...] non conosciamo [...]
dettagli sul diritto criminale sadduceo» (p. 198), che sarebbero cruciali per
comprendere il caso di Gesù.
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Una cosa però sappiamo con certezza, e qui Papa Benedetto XVI ritorna
sul tema che ha voluto mettere al centro dell’opera: al cuore del processo sta la
«rivendicazione della regalità» (p. 200) da parte di Gesù. «La rivendicazione
della regalità messianica era un reato politico, che dalla giustizia romana do-
veva essere punito» (p. 206). Il Papa cita, approvandole, le parole dello studioso
di esegesi biblica britannico Charles K. Barrett secondo cui san «Giovanni con
massima sagacia ha individuato la chiave interpretativa per la storia della pas-
sione nella regalità di Gesù e ha messo in risalto il suo significato forse più
chiaramente di qualunque altro autore neotestamentario» (p. 208).
Le prime anticipazioni del libro hanno attirato l’attenzione sulla questione
della responsabilità del popolo ebraico nell’uccisione di Gesù, cui per la verità
non sono dedicate più di tre pagine. Secondo il Papa l’espressione evangelica
ochlos — parola che «non di rado [...] ha un sapore negativo nel senso di “ple-
baglia”» (p. 209) — non indica «“il popolo” degli Ebrei come tale» (ibidem).
Né l’espressione di Matteo (27, 25), «tutto il popolo», può essere intesa in senso
letterale: certamente non tutti gli ebrei erano presenti a quel drammatico episo-
dio. Anzi, nota il Papa, «si può forse in ciò dare ragione a[l teologo cattolico
contemporaneo] Joachim Gnilka, secondo cui Matteo — andando oltre i fatti
storici — ha voluto formulare un’eziologia teologica, con cui spiegarsi il terri-
bile destino di Israele nella guerra giudeo-romana, nella quale vennero tolti al
popolo la Terra, la città e il tempio» (p. 210). In ogni caso, contro qualunque
tentazione antisemita, «[...] il cristiano ricorderà che il sangue di Gesù parla
un’altra lingua rispetto a quello di Abele (cfr Eb 12,24): non chiede vendetta e
punizione, ma è riconciliazione. Non viene versato contro qualcuno, ma è san-
gue versato per molti, per tutti» (p. 211).
La questione degli ebrei richiama quella, parallela, di Ponzio Pilato. Al
suo proposito «si dice spesso che i Vangeli, in base ad una tendenza filo-roma-
na motivata politicamente, lo avrebbero presentato in modo sempre più positi-
vo, caricando progressivamente sugli Ebrei la responsabilità per la morte di
Gesù. A sostegno di una tale tendenza, però, non c’era alcuna ragione nella si-
tuazione storica degli evangelisti: quando furono redatti i Vangeli, la persecu-
zione di Nerone [37-68 d.C.] aveva ormai mostrato il lato crudele dello Stato
romano e tutta l’arbitrarietà del potere imperiale» (pp. 211-212). Pilato, fun-
zionario secondo il Papa pavido e rinchiuso nel cerchio del calcolo pragmatico e
utilitarista, «[...] sapeva anche che Roma doveva il suo dominio sul mondo non
da ultimo alla tolleranza di fronte a divinità straniere e alla forza pacificatrice
del diritto romano» (p. 212). Cercava dunque di non discostarsene troppo.
Ma anche Pilato si trova di fronte alla questione centrale: la rivendicazio-
ne da parte di Gesù Cristo della sua regalità. «È vero che Roma poteva effetti-
vamente riconoscere dei re regionali — come Erode [Antipa, 20 a.C.-dopo il 39
d.C.] —, ma essi dovevano essere legittimati da Roma ed ottenere da Roma la
descrizione e la delimitazione dei loro diritti di sovranità. Un re senza tale le-
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gittimazione era un ribelle che minacciava la pax romana e di conseguenza si
rendeva reo di morte» (ibid.). Nello stesso tempo, «Gesù ha creato un concetto
assolutamente nuovo di regalità e di regno mettendo Pilato, il rappresentante
del classico potere terreno, di fronte ad esso» (p. 214).
Siamo qui nel cuore dell’opera del Papa, in quanto siamo arrivati a una
questione che riguarda noi uomini del secolo XXI e non solo Pilato. «Che cosa
deve pensare Pilato, che cosa dobbiamo pensare noi di tale concetto di regno e
di regalità? È una cosa irreale, una fantasticheria della quale ci si può disinte-
ressare? O forse in qualche modo ci riguarda?» (ibidem). Nel dialogo con il
funzionario romano scopriamo un dato decisivo: Gesù «[...] basa il suo concetto
di regalità e di regno sulla verità come categoria fondamentale» (p. 215). La
domanda di Pilato, «Che cos’è la verità?» (Gv. 18, 38), non è solo di Pilato. È
«la domanda che pone anche la moderna dottrina dello Stato: può la politica
assumere la verità come categoria per la sua struttura? O deve lasciare la veri-
tà, come dimensione inaccessibile, alla soggettività e invece cercare di riuscire
a stabilire la pace e la giustizia con gli strumenti disponibili nell’ambito del po-
tere? Vista l’impossibilità di un consenso sulla verità, la politica puntando su di
essa non si rende forse strumento di certe tradizioni che, in realtà, non sono che
forme di conservazione del potere?
«Ma, dall’altra parte — che cosa succede se la verità non conta nulla?
Quale giustizia allora sarà possibile? Non devono forse esserci criteri comuni
che garantiscano veramente la giustizia per tutti — criteri sottratti all’arbitra-
rietà delle opinioni mutevoli ed alle concentrazioni del potere? Non è forse vero
che le grandi dittature sono vissute in virtù della menzogna ideologica e che
soltanto la verità poté portare la liberazione?» (p. 215).
Qui — avverte il Papa — non solo si gioca il significato ultimo della po-
litica, ma addirittura «[...] è in gioco il destino dell’umanità» (ibidem). Delle
due l’una: o si accetta come terreno comune per gli uomini un diritto naturale
che è «il diritto della verità» (p. 217), oppure «la non-redenzione del mondo
consiste, appunto, nella non-decifrabilità della creazione, nella non-riconosci-
bilità della verità, una situazione che poi conduce inevitabilmente al dominio
del pragmatismo, e in questo modo fa sì che il potere dei forti diventi il dio di
questo mondo» (ibidem). «Anche oggi, nella disputa politica come nella discus-
sione circa la formazione del diritto, per lo più si prova fastidio per essa [veri-
tà]. Ma senza la verità l’uomo non coglie il senso della sua vita, lascia, in fin
dei conti, il campo ai più forti» (p. 218).
Ma ci rendiamo conto qui anche di qualcosa che Papa Benedetto XVI nel
suo Magistero ha spesso ricordato. La ragione può riconoscere l’esistenza della
verità — e di molte verità — a prescindere dalla fede, e questo fonda il diritto
naturale come insieme di verità che s’impongono anche ai non credenti. Ma in
pratica, a causa del peccato, riconoscere queste verità prescindendo totalmente
da Dio è difficile. «Verità ed opinione errata, verità e menzogna nel mondo so-
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no continuamente mescolate in modo quasi inestricabile. La verità in tutta la
sua grandezza e purezza non appare. Il mondo è “vero” nella misura in cui ri-
specchia Dio, il senso della creazione, la Ragione eterna da cui è scaturito. E
diventa tanto più vero quanto più si avvicina a Dio. L’uomo diventa vero, di-
venta se stesso se diventa conforme a Dio. Allora egli raggiunge la sua vera na-
tura. Dio è la realtà che dona l’essere e il senso.
«“Dare testimonianza alla verità” significa mettere in risalto Dio e la
sua volontà di fronte agli interessi del mondo e alle sue potenze. Dio è la misu-
ra dell’essere. In questo senso, la verità è il vero “re” che a tutte le cose dà la
loro luce e la loro grandezza» (pp. 216-217). «“Redenzione” nel senso pieno
della parola può consistere solo nel fatto che la verità diventi riconoscibile. Ed
essa diventa riconoscibile, se Dio diventa riconoscibile» (p. 218).
Si dice oggi che non abbiamo bisogno di Dio, e neppure del diritto natu-
rale, perché è arrivata la scienza a rivelarci la verità sull’uomo. Quella della
scienza però è una «verità funzionale sull’uomo» (p. 217). «Ma la verità su lui
stesso — su chi egli sia, di dove venga, per quale scopo esista, che cosa sia il
bene o il male — quella, purtroppo, non si può leggere in tal modo. Con la cre-
scente conoscenza della verità funzionale sembra piuttosto andare di pari passo
una crescente cecità per “la verità” stessa — per la domanda su ciò che è la
nostra vera realtà e ciò che è il nostro vero scopo» (p. 218).
Comunque sia, verità e regalità sono strettamente connesse. Gesù è egli
stesso la verità, e Gesù è il Re. Si supera così l’artificiosa contrapposizione
creata da alcuni esegeti fra l’annuncio del regno in Galilea e la passione e morte
a Gerusalemme. «Proprio nel colloquio di Gesù con Pilato si rende evidente
che non esiste alcuna rottura tra l’annuncio di Gesù in Galilea — il regno di
Dio — e i suoi discorsi in Gerusalemme. Il centro del messaggio fino alla croce
— fino all’iscrizione sulla croce — è il regno di Dio, la nuova regalità che Ge-
sù rappresenta. Il centro di ciò è, però, la verità» (pp. 218-219).
La crocifissione
L’ottavo capitolo (pp. 227-267) accompagna Gesù dalla crocifissione alla
deposizione nel sepolcro. I discepoli, per quanto Gesù li avesse preparati, non
hanno capito come un Re potesse regnare dalla croce dei malfattori. Sono riu-
sciti gradualmente a comprenderlo grazie ai testi veterotestamentari che cono-
scevano, due dei quali di fondamentale importanza: il Salmo 22 e Isaia 53, «[...]
due testi, che sono fondamentali per l’unità tra parola della Scrittura (Antico
Testamento) ed evento di Cristo (Nuovo Testamento)» (p. 229). Da questa ri-
flessione nasce «[...] lo stupore della prima cristianità per il fatto che il cammi-
no di Gesù Cristo sia stato predetto passo passo» (p. 231). E l’esegesi moderna
dovrebbe condividere questo stesso stupore: «Il profeta — letto ora con tutti i
mezzi della moderna analisi critica del testo — parla da evangelista» (ibidem).
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Il Papa affronta quindi alcuni aspetti del racconto della crocifissione, a
partire dalle parole di Gesù: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che
fanno» (Lc. 23, 34). Parole, afferma, molto attuali ancora oggi. «L’ignoranza
riduce la colpa — lascia aperta la via verso la conversione. Ma non è sempli-
cemente una scusante, perché rivela al tempo stesso un’ottusità del cuore, un’o-
ttusità che resiste all’appello della verità» (p. 233).
Lo squarciarsi del velo del tempio attira particolarmente l’attenzione del
Pontefice perché mostra, ancora una volta, la fine di un’epoca e l’inaugurazione
di un nuovo regno: «[...] da una parte, diventa evidente che l’epoca del vecchio
tempio e dei suoi sacrifici è finita; al posto dei simboli e dei riti, che rimanda-
vano al futuro, subentra ora la realtà stessa, il Gesù crocifisso che riconcilia
tutti noi col Padre. Ma al contempo, lo squarciarsi del velo del tempio significa
che ora è aperto l’accesso a Dio. Fino a quel momento il volto di Dio era stato
velato. Solo mediante segni e una volta all’anno il sommo sacerdote poteva
comparire davanti a Lui. Ora Dio stesso ha tolto il velo, nel Crocifisso si è ma-
nifestato come Colui che ama fino alla morte. L’accesso a Dio è libero» (p.
234). Conoscendo la vivacità dei dibattiti «[...] nella Chiesa nascente circa la
questione se la legge mosaica conservasse anche per i cristiani la sua forza
vincolante [...] tanto più sorprendente è il fatto che su una cosa — come s’è det-
to — ci fosse concordia fin dall’inizio: i sacrifici del tempio — il centro cultuale
della Torà — erano superati. Cristo aveva preso il loro posto. Il tempio rimane-
va un luogo venerabile di preghiera e di annuncio. I suoi sacrifici, invece, non
erano più validi per i cristiani» (p. 257).
La regalità di Cristo — ancora questo tema — ricompare sull’iscrizione
posta sulla croce. «Ora il titolo di re può apparire davanti a tutti. Nelle tre
grandi lingue di allora Gesù viene pubblicamente proclamato re. È comprensi-
bile che i membri del sinedrio si urtino per questo titolo in cui Pilato sicura-
mente vuole anche esprimere il suo cinismo contro le autorità giudaiche e, se
pur in ritardo, vendicarsi di loro. Ma tale iscrizione che equivale ad una pro-
clamazione a re sta ora davanti alla storia del mondo. Gesù è stato “elevato”.
La croce è il suo trono, dal quale attira il mondo a sé» (p. 236).
Il buon ladrone, che la devozione popolare ha spesso interpretato come
semplice criminale, era con ogni probabilità — secondo il Papa — un «brigan-
te» nel senso politico del termine, un ribelle politico contro Roma. Ma il senso
dell’episodio non cambia, e la pietà popolare qui non si è ingannata. Alla fine, il
«ladrone» comprende che Gesù Cristo, e non un qualche capo militare o di par-
tito, «[...] è il vero re — Colui del quale Israele è in attesa» (p. 237).
Il grido di angoscia dell’ora nona — «Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?» (Mt. 27, 46; Mc. 15, 34) — rimanda al Getsemani. Anche que-
sto grido non va interpretato con «un approccio troppo limitato e individualisti-
co» (p. 240) come vorrebbe per esempio il già citato teologo protestante razio-
nalista Bultmann, per il quale «non ci si deve nascondere la possibilità che Egli
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sia crollato» (p. 238). Affermando che si tratta di una «passione messianica»
(p. 241) — in cui la dialettica dell’abbandono e della stretta unione con Dio ri-
manda alle profezie veterotestamentarie — «[...] non viene cancellato niente
dell’orrore della passione di Gesù» (ibidem), ma si evitano i facili psicologismi
mantenendo fisso lo sguardo sulla regalità del Signore.
A proposito della deposizione il Papa dichiara che «la questione circa la
concordanza con la sindone di Torino non deve qui occuparci» (p. 254) specifi-
camente. Tuttavia, agli oppositori della Sindone non manca di ricordare come
«[...] in ogni caso, l’aspetto di tale reliquia è in linea di massima conciliabile
con ambedue i rapporti dei sinottici e di Giovanni» (ibidem). Ma anche qui atti-
ra particolarmente l’attenzione del Papa il fatto che «la quantità degli aromi è
straordinaria e supera ogni misura comune: è una sepoltura regale» (ibidem);
«[...] il genere della sua sepoltura lo manifesta come re» (ibidem).
La Risurrezione
«L’essere cristiani significa essenzialmente la fede nel Risorto» (p. 289).
«Se Gesù sia soltanto esistito nel passato o invece esista anche nel presente —
ciò dipende dalla risurrezione. Nel “sì” o “no” a questo interrogativo non ci si
pronuncia su di un singolo avvenimento accanto ad altri, ma sulla figura di Ge-
sù come tale» (p. 270). Il nono capitolo è consacrato a La Risurrezione di Gesù
dalla morte (pp. 269-307), cioè — spiega il Papa — a quell’elemento cruciale
che consente di rispondere con certezza alla domanda se qualcuno è cristiano o
non lo è. «La fede cristiana sta o cade con la verità della testimonianza secondo
cui Cristo è risorto dai morti.
«Se si toglie questo, si può, certo, raccogliere dalla tradizione cristiana
ancora una serie di idee degne di nota su Dio e sull’uomo, sull’essere
dell’uomo e sul suo dover essere — una sorta di concezione religiosa del mon-
do —, ma la fede cristiana è morta. Gesù in tal caso è una personalità religiosa
fallita; una personalità che nonostante il suo fallimento rimane grande e può
imporsi alla nostra riflessione, ma rimane in una dimensione puramente umana
e la sua autorità è valida nella misura in cui il suo messaggio ci convince. Egli
non è più il criterio di misura; criterio è allora soltanto la nostra valutazione
personale che sceglie dal suo patrimonio ciò che sembra utile. E questo signifi-
ca che siamo abbandonati a noi stessi. La nostra valutazione personale è l’ulti-
ma istanza.
«Solo se Gesù è risorto, è avvenuto qualcosa di veramente nuovo che
cambia il mondo e la situazione dell’uomo. Allora Egli, Gesù, diventa il crite-
rio, del quale ci possiamo fidare. Poiché allora Dio si è veramente manifestato»
(pp. 269-270).
Occorre, però, avere le idee chiare su che cosa s’intenda per risurrezione,
evitando i giochi di parole in cui si cimenta una certa esegesi moderna. Anzitut-
to, non si tratta «soltanto del miracolo di un cadavere rianimato» (p. 271), per
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quanto si tratti di grandi miracoli come nei casi di Lazzaro, del giovane di Nain
o della figlia di Giairo: «[...] questi ritornarono nella loro vita di prima per poi
più tardi, a un certo punto, morire definitivamente» (ibidem). Gesù non morirà
più. Siamo dunque di fronte a «[...] qualcosa di totalmente diverso. La risurre-
zione di Gesù è stata l’evasione verso un genere di vita totalmente nuovo, verso
una vita non più soggetta alla legge del morire e del divenire, ma posta al di là
di ciò — una vita che ha inaugurato una nuova dimensione dell’essere uomini»
(p. 272). I discepoli non erano preparati a capire una resurrezione in questo sen-
so, e non si aspettavano nulla di simile: sono stati «sopraffatti dalla realtà» (p.
274). Ci rendiamo conto di come i discepoli «[...] dopo tutta la titubanza e la
meraviglia iniziali non potessero più opporsi alla realtà: è veramente Lui; Egli
vive e ci ha parlato, ci ha concesso di toccarlo, anche se non appartiene più al
mondo di ciò che normalmente è toccabile» (ibidem).
Ma noi «persone moderne» (ibidem) possiamo credere alla Resurrezione?
«Il pensiero “illuminato” dice di no» (ibidem): afferma che nell’epoca della
scienza non possiamo più crederci. L’appello alla scienza sembra però qui al
Papa fuori posto. Nel mistero, infatti, non vi è «[...] alcun contrasto con ciò che
costituisce un chiaro dato scientifico» (p. 275). «Non si contesta la realtà esi-
stente. Ci viene detto piuttosto: esiste un’ulteriore dimensione» (ibidem).
Il testo distingue fra due diverse categorie di testimonianze della Risurre-
zione, le prime presentate in forma di professione — una forma quasi scheletri-
ca, che sintetizza in brevi formule il nucleo della futura professione di fede cri-
stiana — e le seconde in forma di narrazione, attraverso un testo che si diffonde
e narra specifici episodi. Le prime testimonianze sono tutte di uomini, forse per-
ché solo la testimonianza maschile aveva all’epoca un pieno valore giuridico.
Le seconde sono spesso di donne.
Nelle testimonianze in forma di professione emerge l’insistenza sul tema
del sepolcro vuoto. Alcuni esegeti moderni hanno osservato sia che il sepolcro
vuoto non è a rigore una prova della Resurrezione, sia che il sepolcro poteva
non essere vuoto e nello stesso tempo Gesù essere risorto in una qualche forma
spirituale nella mente e nel cuore dei discepoli. Dichiarare la questione del se-
polcro vuoto «irrilevante» (p. 282) presso questi esegeti «[...] implica poi spes-
so la supposizione che il sepolcro probabilmente non era vuoto e che così si può
almeno evitare una controversia con la scienza moderna circa la possibilità di
una risurrezione corporea» (ibidem). Siamo cioè di fronte presso certi teologi a
«[...] idee di risurrezione per le quali il destino del cadavere è irrilevante. In ta-
le ipotesi, però, anche il senso di risurrezione diventa così vago da costringere
a chiedersi con quale genere di realtà si abbia a che fare in un tale cristianesi-
mo» (p. 283).
Certo, «il sepolcro vuoto come tale non può essere una prova della resur-
rezione» (pp. 282-283). Ma «resta però un presupposto necessario per la fede
nella risurrezione» (p. 283): «nella Gerusalemme di allora l’annuncio della ri-
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surrezione sarebbe stato assolutamente impossibile se si fosse potuto far riferi-
mento al cadavere giacente nel sepolcro» (ibid.). Il sepolcro vuoto non prova la
risurrezione. Ma il sepolcro con il corpo di Gesù sarebbe stato considerato a Ge-
rusalemme la prova del fatto che non c’era stata nessuna risurrezione.
La questione però, secondo il Papa, è più complessa, e il sepolcro vuoto
ha anche una sua dimensione teologica. «“Non subire la corruzione” — questa
è proprio la definizione di risurrezione. Solo la corruzione era vista come la fa-
se in cui la morte diventava definitiva. Con la decomposizione del corpo che si
disgrega nei suoi elementi — un processo che dissolve l’uomo e lo riconsegna
all’universo — la morte ha vinto. Ora quell’uomo non esiste più come uomo —
può forse rimanerne soltanto un’ombra negli inferi. In base a tale prospettiva
era fondamentale per la Chiesa antica che il corpo di Gesù non avesse subito la
corruzione. Solo in quel caso era chiaro che Egli non era rimasto nella morte,
che in Lui effettivamente la vita aveva vinto la morte» (p. 285).
Invece, «speculazioni teologiche secondo cui la corruzione e la risurre-
zione di Gesù sarebbero compatibili l’una con l’altra appartengono al pensiero
moderno e stanno in chiaro contrasto con la visione biblica» (p. 286). Quest’ul-
tima testimonia la straordinarietà della Risurrezione attraverso la sostituzione
del sabato con la domenica come Giorno del Signore, la cui importanza non va
affatto sottovalutata. «Se si considera quale importanza, in base al racconto
della creazione e al Decalogo, il Sabato ha nella tradizione veterotestamenta-
ria, allora è evidente che solo un evento di un potere sconvolgente poteva pro-
vocare la rinuncia al Sabato e la sua sostituzione mediante il primo giorno del-
la settimana. Solo un evento che si fosse impresso nelle anime con forza straor-
dinaria poteva suscitare un cambiamento così centrale nella cultura religiosa
della settimana. Semplici speculazioni teologiche non sarebbero bastate per
questo. Per me, la celebrazione del Giorno del Signore, che fin dall’inizio di-
stingue la comunità cristiana, è una delle prove più forti del fatto che in quel
giorno è successa una cosa straordinaria — la scoperta del sepolcro vuoto e
l’incontro con il Signore risorto» (p. 288).
Nelle testimonianze in forma di narrazione — distinte da quelle in forma
di professione — ci colpisce subito la «dialettica del riconoscere e non ricono-
scere» (p. 295). All’inizio i discepoli non riconoscono Gesù, il che lascia per-
plessi tanti buoni cristiani e per gli esegeti razionalisti diventa un argomento per
negare la realtà fisica e corporea della Resurrezione. Ma è piuttosto il contrario.
«La dialettica che fa parte dell’essenza del Risorto è presentata nei racconti in
modo veramente poco abile, e proprio così emerge la sua veridicità. Se si fosse
dovuta inventare la risurrezione, tutta l’insistenza si sarebbe concentrata sulla
piena corporeità, sull’immediata riconoscibilità e in più si sarebbe forse ideato
un potere particolare come segno distintivo del Risorto. Ma nella contradditto-
rietà dello sperimentato che caratterizza tutti i testi, nel misterioso insieme di
alterità e identità si rispecchia un nuovo modo dell’incontro, che apologetica-
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mente appare piuttosto sconcertante, ma che proprio per questo si rivela anche
maggiormente come autentica descrizione dell’esperienza fatta» (p. 296). Se gli
evangelisti avessero voluto inventare la storia della Risurrezione, l’avrebbero
inventata meglio e descritta senza fare riferimento a quelle incertezze degli apo-
stoli e dei discepoli che sono invece una prova dell’autenticità del resoconto.
Il Signore risorto non è un uomo cui è stata prolungata la vita per qualche
anno come Lazzaro. Non è neppure un fantasma o un’apparizione. Infatti man-
gia e beve, il che ancora una volta infastidisce certi esegeti ma — oltre a sottoli-
neare la realtà tutt’altro che solo simbolica della Risurrezione — ha pure un si-
gnificato teologico. In Atti 1, 4 leggiamo nella traduzione della CEI che il Risor-
to «mentre si trovava a tavola con essi [discepoli], ordinò loro di non allonta-
narsi da Gerusalemme». Per il Papa la traduzione «mentre si trovava a tavola»
non è del tutto soddisfacente. In realtà, «[...] è di importanza essenziale la paro-
la usata da Luca: synalizómenos. Tradotta letteralmente, essa significa: “man-
giando con loro del sale”» (p. 300). «Il sale è considerato come garante di du-
revolezza. È rimedio contro la putrefazione, contro la corruzione che fa parte
della natura della morte. Ogni prender cibo è un combattere contro la morte —
un modo di conservare la vita» (ibidem).
Naturalmente, dopo tutte queste considerazioni possiamo ancora chieder-
ci, con san Giuda Taddeo nel Cenacolo: «Signore, come è accaduto che devi
manifestarti a noi e non al mondo?» (Gv. 14, 22). Perché non ti sei fatto vedere
da tutti e li hai, per così dire, obbligati a credere? Ma in realtà, nota il Papa,
questa domanda va al di là della Resurrezione, «[...] riguarda, però, non soltan-
to la risurrezione, ma l’intero modo in cui Dio si rivela al mondo. Perché solo
ad Abramo — perché non ai potenti del mondo? Perché solo a Israele e non in
modo indiscutibile a tutti i popoli della terra? È proprio del mistero di Dio agi-
re in modo sommesso. Solo pian piano Egli costruisce nella grande storia del-
l’umanità la sua storia» (p. 306). Dio non ci vuole mai «sopraffare con la po-
tenza esteriore» (ibidem) ma chiede la nostra adesione sulla base di una scelta
libera e per questo meritoria.
L’Ascensione
Un capitolo finale non numerato, intitolato Prospettive (pp. 309-324), che
precede l’importante Bibliografia commentata (pp. 325-342), è dedicato all’A-
scensione. Il capitolo è occasione per commentare la tesi diffusa secondo cui
l’attesa millenarista di un imminente ritorno di Gesù sarebbe stata il vero centro
della predicazione dei primi cristiani. «Una grande corrente della teologia mo-
derna ha dichiarato questo annuncio il contenuto principale, se non addirittura
l’unico nucleo del messaggio» (p. 310). Ma «se questo fosse vero — ci si inter-
roga — come avrebbe potuto persistere la fede cristiana quando l’attesa imme-
diata non si compì? Di fatto, una tale teoria è in contrasto con i testi come an-
che con la realtà del cristianesimo nascente» (ibidem).
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Il racconto dell’Ascensione «[...] ci stupisce. Luca ci dice che i discepoli
erano pieni di gioia dopo che il Signore si era allontanato definitivamente da
loro. Noi ci aspetteremmo il contrario. Ci aspetteremmo che essi fossero rimasti
sconcertati e tristi» (p. 311). In realtà — e la questione è di grande rilievo per
noi — i discepoli comprendono che con l’Ascensione il Signore non si fa meno,
ma più presente. «L’“ascensione” non è un andarsene in una zona lontana del
cosmo, ma è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in modo così
forte da trarne una gioia durevole» (p. 312). Torna ancora, alla fine del volume,
il tema della regalità: con l’Ascensione Gesù non va a occupare uno spazio re-
moto e distante ma rivendica la «sovranità propria di Dio su ogni spazio» (p.
314). Questo è ora il suo «trono» (ibidem) di Re. «Il Gesù che si congeda non
va da qualche parte su un astro lontano. Egli entra nella comunione di vita e di
potere con il Dio vivente, nella situazione di superiorità di Dio su ogni spaziali-
tà. Per questo non è “andato via”, ma, in virtù dello stesso potere di Dio, è ora
sempre presente accanto a noi e per noi» (ibidem).
«Ma, riguardo all’attesa del ritorno del Signore, come stanno le cose nel-
l’esistenza cristiana? Lo aspettiamo volentieri, oppure no? Già Cipriano di Car-
tagine († 258) doveva esortare i suoi lettori a non tralasciare la preghiera per il
ritorno di Cristo a motivo della paura di grandi catastrofi o per la paura della
morte. Dovrebbe forse il mondo che sta declinando esserci più caro del Signore
che tuttavia aspettiamo?» (p. 319). Il Papa cita san Cirillo di Gerusalemme (313/
315-387), il quale afferma che «quasi sempre nel nostro Signore Gesù Cristo ogni
evento è duplice. Duplice è la generazione, una volta da Dio Padre, prima del
tempo, e l’altra, la nascita umana da una vergine nella pienezza dei tempi. Due
sono anche le sue discese nella storia. Una prima volta è venuto in modo oscuro e
silenzioso … una seconda volta verrà nel futuro … davanti agli occhi di tutti» (p.
321). Questo discorso, afferma Papa Benedetto XVI, «[...] è corretto, ma insuffi-
ciente» (ibidem). Dev’essere integrato dal brano di san Bernardo di Chiaravalle
(1090-1153) che parla non di due ma di tre venute. Fra la prima venuta del Signo-
re e quella alla fine dei tempi c’è un adventus medius: «Anche se l’espressione
adventus medius prima di Bernardo era ignota, il contenuto è presente fin dal
principio in varie forme nell’intera tradizione cristiana» (p. 322).
«Venuta intermedia» (ibidem) non significa però, come pensa un certo
millenarismo protestante, che a un certo punto nella storia — prima della fine
del mondo — il Signore verrà a inaugurare un tempo finale o un Millennio. No:
l’adventus medius è qui tra noi, è il tempo della Chiesa. «I modi di questa “ve-
nuta intermedia” sono molteplici: il Signore viene mediante la sua parola; vie-
ne nei sacramenti, specialmente nella santissima Eucaristia; entra nella mia vi-
ta mediante parole o avvenimenti» (ibidem), così come viene nella storia della
Chiesa mediante i santi. È questa speciale qualità del tempo il vero dono di Ge-
sù Cristo a ciascuno di noi: è il segreto del Re dei Re, che rende ragione della
gioia in cui vive il cristiano.
La tutela penale della persona
e le ricadute giuridiche
dell’ideologia del genere
Mauro Ronco*
1. Il nuovo paradigma dei «diritti umani» e la distruzione giuridica della per-
sona
L’ideologia postmoderna dei «diritti umani» sta distruggendo la persona
umana. Quest’affermazione sembra paradossale. Eppure esprime una drammati-
ca verità dei tempi attuali. Il fondamento dei diritti umani nelle correnti relativi-
stiche che hanno imposto la loro agenda ai governi di tutto il mondo dopo la
Conferenza Internazionale del Cairo sulla Popolazione e lo Sviluppo del 19941 e
la IV Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle donne, tenutasi a Pechino
nel 1995, sta esclusivamente nella libertà di scelta del soggetto, nell’autodeter-
minazione assoluta, nella trasformazione in «diritto umano» di ogni atto libero
del soggetto o di ogni atto al cui compimento il soggetto presta il consenso. Se-
condo questa impostazione, che potenti lobby cercano d’introdurre nelle leggi
degli Stati e che, in larga misura, si è guadagnata l’adesione delle Corti di giu-
stizia poste ai vertici degli apparati giurisdizionali2, il diritto non è più una fa-
* Intervento, riveduto e annotato, tenuto il 10-12-2010 durante il Convegno Nazionale
di Studio sul tema Identità sessuale e identità della persona, organizzato dall’UGCI,
l’Unione Giuristi Cattolici Italiani, a Palermo, nel Palazzo dei Normanni e nella sede
della LUMSA, la Libera Università Maria SS. Assunta, dal 9 all’11-12-2010. 1 Cfr. Lorenzo Cantoni, Il problema della popolazione mondiale e le politiche demogra-
fiche. Aspetti etici, Cristianità, Piacenza 1994, pp. 87-102. 2 È in corso l’opera di «smontaggio» da parte delle autorità giudiziarie, a vari livelli di
competenza, delle leggi nazionali che pongono limiti oggettivi alle pretese soggettive di
autodeterminazione assoluta di trasformarsi in «diritti fondamentali». Vanno al riguardo
menzionate la sentenza 1°-4-2010 della CEDU, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo,
I Sezione, SH e altri contro Austria, che ha dichiarato la contrarietà ai «diritti umani
fondamentali» di cui agli artt. 8 e 14 CEDU — diritto al rispetto della vita privata e fa-
miliare e divieto di discriminazione — delle limitazioni previste dalla legge austriaca al-
la fecondazione eterologa; la sentenza della Corte Costituzionale italiana n. 151 del
2009, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14, comma 2, della legge
italiana n. 40 del 2004, limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impian-
to, comunque non superiore a tre», nonché del medesimo art. 14, comma 3, nella parte
in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibi-
le, come stabilisce tale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute del-
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coltà morale pertinente intrinsecamente al soggetto, che lo Stato non costituisce,
ma riconosce, fornendole protezione coattiva, facoltà pertinente al soggetto per
il solo fatto di essere persona, affinché esso realizzi il bene consentaneo alla sua
natura di ente razionale capace di conoscere il vero e di attuare il buono e il giu-
sto. Alla stregua di siffatta concezione la persona e la libertà di cui è dotata non
sono ordinate alla verità.
Su questo punto è intervenuto ancora una volta Papa Benedetto XVI nel
Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace sul tema Libertà religio-
sa, via per la pace, spiegando che una libertà non orientata alla verità erode il
suo stesso fondamento: «Una libertà nemica o indifferente verso Dio finisce col
negare se stessa e non garantisce il pieno rispetto dell’altro. Una volontà che si
crede radicalmente incapace di ricercare la verità e il bene non ha ragioni og-
gettive né motivi per agire, se non quelli imposti dai suoi interessi momentanei
e contingenti, non ha una “identità” da custodire e costruire attraverso scelte
veramente libere e consapevoli. Non può dunque reclamare il rispetto da parte
di altre “volontà”, anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che
quindi possono far valere altre “ragioni” o addirittura nessuna “ragione”.
L’illusione di trovare nel relativismo morale la chiave per una pacifica convi-
venza, è in realtà l’origine della divisione e della negazione della dignità degli
esseri umani»3.
Il diritto consisterebbe, invece, nell’impulso del soggetto a scegliere qualsiasi
oggetto che egli di fatto sia capace di raggiungere o di produrre, senza alcun limite
che non sia costituito dal medesimo impulso di altri soggetti, capaci fattualmente di
compiere scelte spontanee. Alla base del diritto starebbe l’autodeterminazione asso-
luta, come spontaneità incoercibile che sorge non coercita dagl’impulsi dell’io a
soddisfare i propri desideri. Il diritto starebbe nel moto spontaneo del soggetto che
la donna, per violazione degli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione; la sentenza TAR La-
zio, Sezione III quater, 21-1-2008, n. 398, che ha annullato le Linee Guida di cui al
D.M. 21-7-2004 nella parte contenuta nelle misure di tutela dell’embrione laddove si
statuisce che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro do-
vrà essere di tipo osservazionale, sollevando al contempo la questione di legittimità co-
stituzionale dell’art. 14, commi 2 e 3, dell’anzidetta legge n. 40 per contrasto con gli
artt. 3 e 32 della Costituzione. I giudici di merito italiani stanno sollevando a ripetizione
questioni d’illegittimità costituzionale contro la legge n. 40 nella parte in cui vieta la fe-
condazione artificiale eterologa (cfr. Trib. Firenze, ordinanza n. 1 del 13-9-2010; Trib.
Catania, 21-10-2010, per asserito contrasto con gli artt. 117, 2, 3, 31 e 32 della Costitu-
zione, nonché 8 e 14 CEDU come interpretato dalla citata sentenza CEDU 1°-4-2010).
Si tratta d’iniziative che si rincorrono le une con le altre e che puntano a smembrare le
normative interne protettive, per un verso, dell’embrione e, per un altro verso, della fa-
miglia. 3 Benedetto XVI, Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace, del 1° gennaio
2011 «Libertà religiosa, via per la pace», dell’8-12-2010, in L’Osservatore Romano.
Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 17-12-2010, n. 6.
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si distende senza conoscere il tenore del suo distendersi e che si attua senza una di-
rezione e un termine preciso. In questo modo la spontaneità sarebbe il fondamento e
allo stesso tempo l’oggetto del «diritto», che non pretende altro che l’autorealizza-
zione, l’autonomia o l’aumento del proprio potere4.
Questa concezione dei «diritti umani» ha una ricaduta immediata sul con-
cetto di persona umana. La desostanzializzazione di tale concetto è cosa antica,
che risale già agl’influssi del nominalismo negl’incunaboli della modernità. La
persona, come «naturæ rationalis individua substantia», «sostanza individuata
di natura razionale», secondo la celebre definizione di san Severino Boezio
(480-524/526)5, ha mantenuto comunque, anche nella modernità, nonostante la
negazione della fondazione ontologica, un significato etico e giuridico cruciale.
La persona, nella filosofia pratica come nel diritto, è rimasta, fino ad anni recen-
ti, persino lungo il corso plurisecolare del positivismo giuridico, il valore cen-
trale dell’ordinamento, come soggetto che sussiste in sé, non inerendo ad altro,
che costituisce il referente unitario e permanente di una serie di funzioni e di atti
che si distendono nel tempo6. Anche se negato sul piano metafisico, il concetto
di sostanza individuale ha continuato a essere il fondamento della centralità del-
la persona nel diritto. Questo asserto non sembri giustificare il positivismo giu-
ridico, che ha guastato per secoli la retta comprensione del diritto e ha eroso
progressivamente le basi della giustizia. Valga soltanto per ribadire come la lot-
ta contro i valori inscritti nella natura umana è un processo lungo e accidentato.
Il positivismo giuridico è servito per distruggere la naturalità del diritto e il suo
4 Cfr. una chiarificazione filosofica fondamentale, in Francesco D’Agostino, Autodeter-
minazione: le paranoie della modernità, Prolusione al 61° Convegno nazionale dell’U-
nione Giuristi Cattolici Italiani su Autodeterminazione. Un diritto di «spessore costitu-
zionale»?, tenutosi a Roma dal 5 al 7-12-2009, in Medicina e Morale. Rivista interna-
zionale bimestrale di Bioetica, anno 59, n. 6, Milano novembre-dicembre 2009, pp.
1055-1064. 5 Cfr. Anicio Manlio Torquato Severino Boezio, Liber de persona et duabus naturis
contra Eutychen et Nestorium, III, 1-6, in don Jacques Paul Migne (1800-1875) (a cura
di), Patrologia latina, vol. LXIV, Garnier, Parigi 1882-1891, coll. 1337-1354 (col.
1345). Per approfondire la definizione nell’ambito della dottrina tomista e per le impli-
cazioni del concetto di persona, cfr. Laura Palazzani, I significati del concetto filosofico
di persona ed implicazioni nel dibattito bioetico e biogiuridico attuale sullo statuto del-
l’embrione umano, in Pontificia Academia Pro Vita, Identità e statuto dell’embrione
umano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998, pp. 53-74, cui rinvio per
l’apparato bibliografico. 6 Per la frantumazione del soggetto nelle attuali tendenze del naturalismo, cfr. Edmund
Runggaldier, Aktuelle naturalistische Tendenzen in der Deutung des Menschen, «Le at-
tuali tendenze naturalistiche nell’interpretazione dell’uomo», in Josef Quitterer ed E.
Runggaldier (a cura di), Der neue Naturalismus - eine Herausforderung an das christli-
che Menschenbild, «Il nuovo naturalismo. Una sfida alla concezione cristiana dell’uo-
mo», Kohlhammer, Stuttgart Berlin Köln, 1999, pp. 15-29.
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legame con la virtù della giustizia nelle sue tre forme tradizionali, distributiva,
commutativa e legale. Il compito di sradicare del tutto il contenuto del diritto
soggettivo dal bene oggettivo spetterebbe alle élite intellettuali di oggi, che oc-
cupano le cattedre e le Corti di giustizia, alimentate dalle concezioni postmo-
derne, antipositivistiche e costituzionalistiche della normatività.
A ciò va aggiunta la seconda nota della definizione di persona, la natura
razionale. Non si è negato, invero, fino ad anni recenti, nel campo del diritto,
che la persona è, in virtù della sua nascita, e, dunque, per il semplice fatto di
esistere, qualitativamente diversa dalle cose, perché fornita di ragione e d’intel-
ligenza, perché capace di comunicazione e di relazione, perché dotata
d’intenzionalità, di libertà, d’interiorità e di trascendentalità verso il futuro e
verso l’Alto. Persona, dunque, non è un continuum materiale rispetto al mondo;
persona non è un evento che si esaurisce nell’attimo del presente; persona non è
una qualità trascurabile nel divenire del mondo; persona è, per il diritto ancora
oggi vigente, una sostanza individuale appartenente alla natura razionale per il
solo fatto di esistere. In quanto tale alla persona spetta una tutela giuridica in-
condizionata da parte della legge. La nozione postmoderna dei «diritti umani»
distrugge la persona umana sul piano pratico e su quello della considerazione
giuridica. La persona, infatti, nel nuovo paradigma giuridico, ridotta alla spon-
taneità della scelta, all’autodeterminazione afinalistica e irrazionale, alla soddi-
sfazione dell’appetizione sensibile, merita protezione da parte della legge non in
quanto valore in sé e per sé, per il semplice fatto di esistere, per la sua dignità di
ente razionale irripetibile e distinto da ogni altro, per essere un valore inaliena-
bile, ma nella misura in cui è capace di esprimersi nel mondo come impulso co-
sciente rivolto alla soddisfazione di un «io» ripiegato e chiuso in se stesso7.
7 Cfr. Marguerite A. Peeters, La nouvelle éthique mondiale: défis pour l’Église, Institut
pour une Dynamique de Dialogue Interculturel, Bruxelles 2006, pp. 14-15: «I diritti
umani universali si sono resi autonomi da ogni ambito morale oggettivo e trascendente.
Il principio puramente immanente del diritto di scelta è il risultato di questo divorzio.
La postmodernità rivendica il diritto di esercitare la propria libertà individuale contro
la legge di natura, contro le tradizioni e contro la rivelazione divina. Essa rifonda lo
stato cosiddetto “di diritto” e la democrazia sul diritto di scelta, nel quale essa include
il diritto di fare delle scelte intrinsecamente malvage: aborto, omosessualità, “amore
libero”, eutanasia, suicidio assisitito, rigetto di ogni forma di autorità o di gerarchia
legittima, “tolleranza” obbligatoria di tutte le opinioni, spirito di disobbedienza che si
manifesta nelle forme più numerose e più varie. Il diritto di scelta arbitraria è divenuto
la norma fondamentale dell’interpretazione attuale dei diritti e il termine di riferimento
fondamentale della nuova etica mondiale. Esso sostituisce e “trascende” il concetto
tradizionale di universalità, si colloca a un livello “meta”, s’impone e reclama per sé
stesso un’autorità normativa mondiale».
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
27
2. La trasformazione dei diritti umani nella seconda metà del secolo XX
La trasformazione dei diritti umani è avvenuta all’interno della cultura
occidentale nel corso di un lungo processo, che ha conosciuto i passaggi più im-
portanti nella seconda metà del secolo XX.
Non è possibile in questa sede approfondire le gravi aporie teoretiche che
caratterizzano i diritti umani proclamati nelle carte dei «diritti», dalla Rivolu-
zione Francese in avanti, aporie compendiabili, per un verso, nell’idea riduzio-
nistica di uomo che ne sta alla base8 e, per un altro verso, nell’idea positivistica
del legame inscindibile fra diritto e legge dello Stato. Conta piuttosto prendere
atto del fatto che, dopo le tremende aberrazioni prodotte nella prima metà del
secolo XX dallo scientismo, dall’eugenismo e dal materialismo, che sfociarono
nelle stragi del secondo conflitto mondiale (1939-1945), i Governi intesero darsi
una regola comune, oggettiva e universale, nella Dichiarazione universale dei
diritti dell’uomo9.
Quando le Nazioni Unite decisero, nel 1947, di redigere una Dichiarazio-
ne dei diritti che potesse definirsi universale l’attenzione si diresse a un modello
che avesse a fondamento la dignità incomprimibile di ogni essere umano, per il
fatto solo della sua esistenza biologica. Su questa piattaforma, che potremmo
definire basata «sul principio di dignità», piattaforma filosoficamente indeter-
minata10
, che, però, aveva guadagnato l’appoggio del senso comune dei popoli
8 Cfr. la lucida analisi svolta da Xavier Martin in varie opere fra cui, in particolare,
Idem, L’homme des droits de l’homme et sa compagne (1750-1850). Sur le quotient in-
tellectuel et affectif du «bon sauvage», Dominique Martin Morin, Bouère en Mayenne
2001; e Idem, Nature humaine et Révolution française. Du Siècle des lumières au Code
Napoléon, Dominique Martin Morin, Bouère en Mayenne 2002. 9 Cfr. per tutti Mary Ann Glendon, La visione dignitaria dei diritti sotto assalto, in Luca
Antonini (a cura di), Il traffico dei diritti insaziabili, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ)
2007, pp. 59-80. La visione dignitaria dei diritti umani, fondata, cioè, sull’inalienabile
dignità di ogni persona umana, in quanto creata a immagine e somiglianza di Dio, è og-
getto costante del Magistero della Chiesa. Valga al proposito ricordare due fondamentali
testi di Papa Benedetto XVI, il Discorso ai Cardinali, agli Arcivescovi, ai Vescovi e ai
Prelati della Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi, del 22-12-2005,
in Insegnamenti di Benedetto XVI, vol. I, 2005. (Aprile-Dicembre), Libreria Editrice Va-
ticana, Città del Vaticano 2006, pp. 1018-1032; e la Lettera enciclica «Spe salvi» sulla
speranza cristiana, del 30-11-2007, nei quali sono focalizzati due diversi modelli di
modernità e, conseguentemente, di fondamento dei diritti umani. Sul tema, con partico-
lare riferimento ai discorsi tenuti dal Pontefice negli Stati Uniti d’America, nell’aprile
del 2008, cfr. Massimo Introvigne, L’ultimo viaggio di Tocqueville. L’«enciclica itine-
rante» di Papa Benedetto XVI sugli Stati Uniti d’America, in Cristianità, anno XXXVI,
n. 347-348, maggio-agosto 2008, pp. 3-16. 10
Cfr. Francesco Gentile (1936-2009), Intelligenza politica e ragion di Stato, Giuffrè,
Milano 1984, che mette in luce l’assenza di un fondamento filosofico certo nella Dichia-
razione Universale dei Diritti, citando l’introduzione di Jacques Maritain (1882-1973)
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
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stremati dalle guerre, si formò un consenso amplissimo, comprendente Paesi
con culture molto diversificate. La Dichiarazione del 1948, pur risentendo di al-
cuni compromessi fra le varie culture, è caratterizzata dal privilegio accordato a
una struttura normativa statale che rispetti la dignità della persona umana; dal-
l’intreccio fra le proclamazioni di libertà civili e politiche di «prima generazio-
ne» e il riconoscimento di diritti sociali ed economici di «seconda generazione»;
dalla limitazione dei diritti attraverso la previsione di corrispondenti doveri; dal-
l’attenzione prestata ai problemi del nutrimento, dell’alimentazione, della salute
e dell’educazione.
Senonché questa visione dignitaria dei diritti umani è stata completamen-
te rovesciata attraverso un lungo lavorio compiuto da varie potenti correnti cul-
turali, d’impronta relativistica e libertaria, che hanno goduto dell’appoggio, fin
dagli anni 1950, dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, e della
Banca Mondiale11
. Tale lavorio è confluito nella formulazione di un nuovo pa-
radigma etico e giuridico, che si propone come normativo per i governi di tutto
il mondo, avvalendosi delle risoluzioni della Conferenza Internazionale del Cai-
ro sulla Popolazione e lo Sviluppo e della IV Conferenza mondiale delle Nazio-
ni Unite sulle donne del 1995. Gli esiti concettuali e pratici delle due Conferen-
ze sono rispettivamente l’erezione di un nuovo diritto, definito come il «diritto
alle risposte vagliate da una Commissione di esperti al questionario inviato dall’UNE-
SCO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura,
agli intellettuali più noti dei diversi Paesi membri dell’organizzazione internazionale:
«Si racconta che in una riunione di una Commissione nazionale dell’UNESCO, in cui si
discuteva dei diritti dell’uomo, qualcuno si meravigliasse che si fossero trovati tutti
d’accordo, nel formulare una lista di Diritti, vari campioni di ideologie violentemente
avverse. Sì, risposero, noi siamo d’accordo su questi Diritti, ma a condizione che non ci
si domandi il perché. Col perché comincia la disputa» (Jacques Maritain, Introduzione a
Dei diritti dell’uomo. Testi raccolti dall’Unesco, trad. it., Edizioni di Comunità, Milano
1952, pp. 11-23 [p. 12]). Per un esame critico della Dichiarazione del 1948, condotto al-
la stregua della tradizione filosofica classica e cristiana sul concetto di diritto, cfr. Vic-
torino Rodríguez y Rodríguez O.P. (1926-1997), La «Dichiarazione universale dei di-
ritti dell’uomo» di fronte alla morale cattolica, in Cristianità, anno XXVI, n. 283-284,
novembre-dicembre 1998, pp. 15-27, nonché Alberto Caturelli, I diritti dell’uomo e il
futuro dell’umanità, in ibid., anno XXIX, n. 307, settembre-ottobre 2001, pp. 11-18). 11
Cfr. M. A. Peeters, La mondialisation de la révolution culturelle occidentale, Institute
for Intercultural Dialogue Dynamics, Bruxelles 2007, soprattutto pp. 111-196, che de-
scrive magistralmente questo processo e l’appoggio a esso fornito dagli organismi inter-
nazionali facenti capo all’ONU. Cfr. anche Dale O’Leary, Maschi o femmine? La guer-
ra del genere, ed. it. a cura di Dina Nerozzi, Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2006; e
Agnès Villié, Origines et conséquences de la négation de la différence sexuelle. Étude
critique de la gender theory, con Prefazione di mons. Robert Sarah, IF Press, Morolo
(Frosinone) 2007.
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
29
alla salute riproduttiva»12
, proclamato al Cairo, e il diritto al «genere», che vuo-
le sostituire la realtà della differenza sessuale fra l’uomo e la donna, proclamato
a Pechino nel 199513
. La dimensione concettuale e le ricadute pratiche di questi
due pretesi «diritti» sconvolgono il quadro tradizionale dei diritti umani e pon-
gono in dubbio la stabilità etica e giuridica, nonché l’esistenza stessa della so-
cietà. Di essi occorre in particolare interessarsi, al fine di verificare le conse-
guenze relative alla tutela giuridica della vita e della persona14
, minacciate con
sempre maggiore violenza da una cultura che il Magistero della Chiesa ha de-
nunciato per essere promotrice «di morte» invece che custode della vita15
.
3. Il «diritto alla salute riproduttiva»: la Conferenza del Cairo del 1994
L’odio contro la generazione umana, sempre affiorante nel corso della
storia, si è radicalizzato nell’epoca contemporanea, almeno a partire dalla se-
conda metà del secolo XIX, avvalendosi dell’applicazione materialistica delle
scoperte scientifiche e del nuovo paradigma dei diritti umani. La separazione fra
sessualità e procreazione, attraverso sistemi di controllo delle nascite, fu il mo-
tivo centrale del paradigma femminista rappresentato nella prima metà del seco-
lo XX dalla figura carismatica di Margaret Sanger (1879-1966)16
. Essa propo-
12
Cfr. una sintetica ricostruzione storica dei «diritti riproduttivi», in Paolo Iagulli, «Di-
ritti riproduttivi» e riproduzione artificiale. Verso un nuovo diritto umano? Profili rico-
struttivi e valutazioni biogiuridiche, Giappichelli, Torino 2001; nonché Eugenia Roccel-
la e Lucetta Scaraffia, Contro il Cristianesimo, Piemme, Casale Monferrato (AL) 2005. 13
Cfr. monsignor Michel Schooyans, Nuovo disordine mondiale. La grande trappola
per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità, trad. it., con Prefazione
del card. Joseph Ratzinger, Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2000, in
particolare pp. 35-48. 14
Cfr. fondamentali riflessioni in F. D’Agostino, Il rispetto della vita e il diritto, in Pon-
tificia Academia Pro Vita, La cultura della vita: fondamenti e dimensioni. Atti della set-
tima assemblea generale della Pontificia Accademia per la vita (Città del Vaticano, 1-4
marzo 2001), a cura di Juan De Dios Vial Correa e Elio Sgreccia, Libreria Editrice Vati-
cana, Città del Vaticano 2002, pp. 207-213; Idem, La vita e il diritto: l’«Evangelium vi-
tae» letta da un giurista, in Idem, Bioetica nella prospettiva della filosofia del diritto,
Giappichelli, Torino 1998, pp. 107-119; e Idem, Diritto e eutanasia, ibid., pp. 223-240. 15
Cfr. la fondazione filosofica del tema costituito dalla «lotta tra la “cultura della vita”
e la “cultura della morte‖», in Gonzalo Miranda L.C., «Cultura della morte»: analisi di
un concetto e di un dramma, in Commento interdisciplinare alla «Evangelium Vitae»,
cit., pp. 225-243, che ricostruisce anche filologicamente il crescente riferimento al tema
nel magistero di Papa Giovanni Paolo II e nell’insegnamento della Chiesa. Lo scontro
fra Vangelo della vita e cultura della morte è mirabilmente descritto da mons. Carlo
Caffarra, Vangelo della vita e cultura della morte, Comitato per la Libertà di Educazio-
ne, Torino-Di Giovanni Editore, San Giuliano Milanese (Milano) 1992, pp. 31-35. 16
Cfr. Margaret Sanger, Woman, Morality, and Birth Control, New York Publishing
Company, New York 1922; ed Eadem, An Autobiography, Elmsford, New York 1970;
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
30
neva una sessualità senza implicazioni generative, a uso delle classi elevate,
mediante il controllo delle nascite volontario, con il duplice vantaggio di realiz-
zare la liberazione sessuale e di soddisfare le esigenze eugenetiche di migliora-
mento della razza. Per le donne unfit, «inidonee», povere, deboli di mente, ma-
late, incapaci di associare la sessualità alla contraccezione, i rimedi sarebbero
stati la segregazione e la sterilizzazione, come risulta nel Programma ideato dal-
la Sanger e comparso sulla rivista Birth Control Review del 193217
.
L’incontro fra eugenismo18
e femminismo, avvenuto nei primi decenni
del secolo XX grazie all’opera della Sanger, fu un fattore decisivo di successo
del movimento, perché coniugò il momento scientistico con quello individuali-
stico, delineando il percorso che il femminismo radicale dell’ultima parte del
secolo avrebbe intrapreso e dando vita a una seconda fase del processo rivolu-
zionario. Invero, la separazione fra sessualità e generatività non risponde soltan-
to a un’istanza eugenistica, riservando la generazione ai soggetti fit, «idonei»,
ma altresì a un’istanza individualistica ed edonistica, assolutizzando nella ses-
sualità la dimensione del piacere e dilatando l’attitudine a usare del sesso come
mero strumento per la soddisfazione carnale e psicologica, indipendentemente
da responsabilità generative. Come già accennato, la figura e l’opera della San-
ger sono cruciali per spiegare il passaggio da un eugenismo scientista, a suo
su di lei, cfr. Angela Franks, Margaret Sanger’s Eugenic Legacy. The Control of Fe-
male Fertility, Jefferson, McFarland and Co. 2005. 17
«[...] applicare una severa e rigida politica di sterilizzazione e segregazione verso co-
loro la cui progenie potrebbe nascere tarata o potrebbe essere tarata. [...] salvaguarda-
re il Paese contro future spese di mantenimento di numerosi figli nati da genitori tarati,
pensionando tutte le persone con patologie trasmissibili che volontariamente acconsen-
tono alla sterilizzazione. [...] dare la possibilità a certi gruppi disgenici della nostra po-
polazione di scegliere fra la segregazione e la sterilizzazione. [...] creare delle fattorie
dove segregare e far lavorare tutta la vita queste persone» (M. Sanger, A Plan for Pea-
ce, in Birth Control Review, anno XVI, n. 4, New York aprile 1932, pp. 107-108). Sul
tema, cfr. anche Giorgia Brambilla, Il mito dell’uomo perfetto. Le origini culturali della
mentalità eugenetica, IF Press, Morolo (Frosinone) 2009, soprattutto pp. 23-42. 18
Sull’ideologia eugenistica e sui pregiudizi pseudoscientifici da essa indotti nella vita
sociale del secolo XX, cfr. per tutti Daniel J. Kevles, In the Name of Eugenics. Genetics
and the uses of human heredity, Harvard University Press, Cambridge (Massachusetts)
2004. Il programma eugenistico fu realizzato negli Stati Uniti, sotto l’azione potente di
Harry Hamilton Laughlin (1880-1943), successore di Charles Benedict Davenport
(1866-1944) alla guida dell’Eugenic Record Office, convinto che l’introduzione nei vari
Stati federali di leggi di sterilizzazione obbligatoria degli unfit fosse l’unico mezzo effi-
cace per migliorare la razza umana. Laughlin elaborò un modello di legge sulla steriliz-
zazione idoneo a superare i dubbi di costituzionalità espressi dalle Corti di giustizia e lo
espose nell’opera Eugenical Sterilization in The United States (Psychopathic Laboratory
of the Municipal Court of Chicago, Chicago 1922), modello poi variamente accolto in
numerosi Stati.
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
31
modo autoritario, a un eugenismo libertario, basato sulla libertà di scelta, come
diritto assoluto della donna di liberarsi dalla schiavitù della riproduzione. La
donna, in quanto proprietaria del suo corpo e della sua sessualità, dovrebbe go-
dere del piacere fornito dal corpo come un diritto assoluto. Ella non sarebbe li-
bera se non nella misura in cui può decidere liberamente se essere madre o non
esserlo: l’accesso alla contraccezione e l’aborto sarebbero diritti individuali
strumentali alla realizzazione del suo diritto di scelta e di libertà.
Dall’incontro fra il diritto di scelta assoluto e il diritto alla salute è nato il
post-moderno diritto fondamentale «alla salute riproduttiva»19
, proclamato nel-
la Conferenza Internazionale del Cairo sulla Popolazione e lo Sviluppo. Le riso-
luzioni di questa Conferenza, frutto di un «consenso» internazionale artificio-
samente suscitato, sono state presentate come aventi carattere «normativo» e
non soltanto tecnico per i Governi, onde sia l’azione internazionale degli orga-
nismi facenti capo alle Nazioni Unite, sia dei singoli Stati è stata dettata, de fac-
to, da princìpi e da regole che mai sono state sottoposte al controllo democratico
dei Parlamenti dei singoli Paesi.
La Conferenza del Cairo non dimentica l’obiettivo del contenimento de-
mografico, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, ma cerca di realizzarlo par-
tendo «dal basso», introducendo il concetto del diritto alla salute riproduttiva e
dei diritti riproduttivi dell’individuo. In cosa consista esattamente tale diritto
non emerge chiaramente dal testo normativo. Il paragrafo 7.2 del documento
della Conferenza del Cairo contiene non tanto una definizione, quanto una de-
scrizione, che pone sullo stesso piano le possibilità di scelta più contraddittorie,
come l’aborto e la maternità, la sterilizzazione volontaria e la fecondazione in
vitro, il libertinaggio e la famiglia20
. Al di là, tuttavia, dell’apparente confusio-
ne, il principio che regge il concetto della salute riproduttiva è il diritto assoluto
della donna alla scelta individuale in funzione del benessere e della soddisfazio-
ne fisica e psichica relativa all’esercizio della sessualità, indipendentemente dal-
la valenza riproduttiva dell’atto sessuale, con la completa indifferenza per la vi-
ta degli embrioni e dei soggetti ancora non nati nel grembo materno, come se
essi fossero una quantité négligeable.
Il legame fra la massimizzazione delle chance ricollegate al piacere car-
nale e l’obiettivo eugenistico è strettamente inerente al concetto di salute ripro-
19
Programma d’azione della Conferenza Internazionale del Cairo sulla Popolazione e
lo Sviluppo, trad. it., in Il Regno. Quindicinale di documenti e attualità, anno XL, n. 3,
Bologna 1°-2-1995, pp. 83-126 (p. 97). Cfr. la documentazione completa della Confe-
renza sul sito Internet delle Nazioni Unite all’indirizzo <http://www.un.org/popin/icpd/con
ference/offeng/poa.html> (gl’indirizzi Internet dell’intero articolo sono stati consultati il
31-3-2011). Il Programma d’azione è un testo dedicato allo sviluppo e alla crescita econo-
mica, che si presenta come una Carta dei diritti dell’uomo in quanto il raggiungimento degli
obiettivi sociali è inquadrato in un’ottica di tutela dei diritti del singolo. 20
Cfr. M. A. Peeters, La mondialisation de la révolution culturelle occidentale, cit., p. 54.
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
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duttiva, che costituisce, in ultima analisi, la vera ratio e il fondamento dell’isti-
tuto. Ciò che caratterizza il nuovo modello eugenistico rispetto all’antico è la
sostituzione del protagonista del processo, che passa dal potere scientista incar-
nato nelle istituzioni sanitarie alla donna che rivendica il «diritto» a divenire
oggetto e vittima della manipolazione tendente a privarla del dono della mater-
nità. Invero, dentro la salute riproduttiva sta inscritto un numero tendenzialmen-
te illimitato di «diritti», suscettibili di continuo accrescimento in funzione della
dilatazione delle tecnologie artificiali riproduttive e antiriproduttive.
L’orizzonte concettuale è segnato da tre fondamentali elementi: la nega-
zione del diritto alla vita del concepito, vuoi nell’utero vuoi in provetta; la sepa-
razione totale fra la sessualità, vista esclusivamente nel momento ludico e di
soddisfazione fisio-psichica, e la fecondità; l’indirizzo favorevole a modalità di
riproduzione selettiva, sia nel caso in cui il processo inizi nel corpo della donna,
sia che inizi all’esterno di esso. Si considerino i «diritti» particolari che germi-
nano logicamente dal «diritto alla salute riproduttiva», alcuni scritti espressa-
mente nel documento del Cairo, altri sviluppati successivamente. Anzitutto il di-
ritto all’informazione e all’accesso gratuito alla gamma completa di contraccet-
tivi, ivi compresi gli abortivi precoci, come sono quelli riconducibili alla «con-
traccezione d’urgenza», alla «pillola del giorno dopo», alla RU 486; il «diritto»
alla sterilizzazione; il «diritto» all’aborto «senza rischi» praticato a spese della
collettività; il «diritto» alla fecondazione in vitro; il «diritto» all’informazione e
alla fornitura di tutto ciò che concerne i diritti sessuali e riproduttivi; il «diritto»,
perfino ad avere un figlio «sano». «Diritto», quest’ultimo che postula il «dirit-
to» alla selezione prenatale, se la fecondazione avviene nel corpo della donna;
ovvero alla distruzione degli embrioni unfit, se la fecondazione è in vitro. Tra-
spare con chiarezza dal documento del Cairo che il concetto di salute riprodutti-
va presenta due facce: l’una, fondata sull’utopia postmoderna del diritto di sce-
gliere e dell’assoluta autonomia dell’individuo; l’altra, fondata sulla pratica
postmoderna del dominio scientistico delle tecnologie sulle varie sequenze rela-
tive al sorgere e allo svilupparsi della vita. Il controllo tecnologico sulla vita è
l’orizzonte finalistico della salute riproduttiva; il «diritto» arbitrario di scelta in-
dividuale, alimentato dalla sensualità e dall’orgoglio, è lo strumento di cui lo
scientismo si avvale per ottenere il controllo potestativo sulla vita umana, che si
arroga il «diritto» di giudicare quale vita meriti e quale non meriti di vivere21
. Il
21
Questo diritto di scelta, peraltro, presenta un corrispettivo oscuro, che raramente vie-
ne sottolineato, al fine di occultare le implicazioni pregiudizievoli per la donna ricolle-
gabili al cambiamento del paradigma etico, che monsignor Schooyans ha chiaramente
individuato, sulla falsariga di uno scritto di Max Weber (1864-1920), nel passaggio dal-
l’etica della convinzione, basata sul giudizio in ordine a ciò che è bene e ciò che è male,
all’etica della responsabilità, per cui si può fare quello che si vuole, ma ci si deve fare
carico delle conseguenze prevedibili dei propri atti (cfr. op. cit., p. 16 e p. 76). Peter
Singer, nel riscrivere i comandamenti, ha sostenuto che il secondo comandamento della
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«diritto alla salute riproduttiva» costituisce l’espressione giuridica di sintesi del
nuovo paradigma etico: l’interesse al piacere, declinato secondo la misura della
libera scelta individuale, nonché l’interesse ad avere o a non avere un figlio,
fondano il «diritto» a ogni forma di contraccezione, anche abortiva, nonché alla
sterilizzazione, all’aborto «sicuro», cioè privo di rischi per la salute di chi lo ri-
chiede. L’interesse alla salute, intesa come condizione di pieno benessere fisico
e psicologico della donna, fonda analogamente il «diritto» all’aborto; l’interesse
ad avere un figlio, come e quando si vuole e con chi si vuole, fonda il «diritto»
alla riproduzione artificiale; l’interesse individuale ad avere un figlio sano e
l’interesse sociale a evitare i costi per la cura dei soggetti fisicamente e psichi-
camente inadeguati fondano il «diritto» alla selezione prenatale, nonché alla di-
struzione degli embrioni dotati di qualità inferiori. L’interesse della scienza al
progresso scientifico fonda il «diritto» alla sperimentazione sugli embrioni, alla
loro utilizzazione e alla loro distruzione.
4. Il «diritto al genere»: la Conferenza di Pechino del 1995
Poste nella Conferenza del Cairo le basi del nuovo modello etico del «di-
ritto alla salute riproduttiva», la conferenza di Pechino del 1995 ha compiuto un
passo ulteriore nella stessa direzione, di carattere pressoché ultimativo, erigendo
il concetto di «genere» come pilastro normativo, politico, sociale ed economico,
del nuovo ordine mondiale ed elaborando una Piattaforma di Azione, contenen-
te l’invito ai governi a «diffondere l’Agenda di Genere»22
in ogni programma
politico e in ogni istituzione sia pubblica che privata. Da allora molti governi —
fin dall’inizio, con grande dispendio di risorse economiche, l’amministrazione
Clinton, il governo canadese e l’Unione Europea — nonché la gran parte delle
agenzie dell’ONU si sono impegnate a infondere nelle istituzioni la «prospettiva
di genere»23
. Nelle parole dell’INSTRAW, l’Istituto Internazionale di Ricerca e
di Formazione per l’Avanzamento delle Donne, che fa parte dell’ONU, la «pro-
spettiva di genere» è definita come l’azione volta a «[...] distinguere tra quello
che è naturale e biologico da quello che è costruito socialmente e culturalmen-
nuova etica è: «assumiti la responsabilità delle conseguenze delle tue decisioni» (Ripen-
sare la vita, trad. it., Il Saggiatore, Milano 2000, p. 198). È evidente che, nella logica
del «diritto alla scelta», la donna può anche decidere di non abortire il figlio affetto dalla
sindrome di Down; ella dovrà però essere consapevole della responsabilità di tale scelta,
assumendo su di sé il peso delle conseguenze che essa implica, senza poter previamente
contare su alcun sostegno da parte della collettività. 22
Cit. in La Piattaforma d’azione sul sito Internet delle Nazioni Unite all’indirizzo <http:
//www.un.org/womenwatch/daw/beijing/platform/index.html>; cfr. una traduzione ita-
liana della Dichiarazione della Conferenza, in Il Regno. Quindicinale di documenti e at-
tualità, anno XL, n. 21, Bologna 1°-12-1995, pp. 693-695. 23
Cit. in La Piattaforma d’azione, cit..
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
34
te, e nel processo rinegoziare i confini tra il naturale — e la sua relativa infles-
sibilità — e il sociale — e la sua relativa modificabilità»24
.
Oggi siamo sotto gli effetti ricollegabili all’attuazione dell’«Agenda di
Genere» dettata a Pechino nel 1995, mai sottoposta all’esame del Parlamento e
quasi sconosciuta ai vari popoli del mondo, che subiscono, di tanto in tanto, gli
effetti dei mutamenti normativi settoriali, rispondenti alla strategia di un piano
globale ignoto. Monsignor Schooyans, membro onorario della Pontificia Acca-
demia Pro Vita, ha descritto con lucidità, già nel 1997, la coalizione ideologica
del gender, ovvero il complesso delle istanze filosofiche e culturali che, in
un’ottica di ostilità alla vita, hanno fornito i temi cruciali concorrenti alla for-
mazione del concetto di «genere». Egli ha messo in evidenza che in tale ideolo-
gia sono coalizzate, secondo una moderna rivisitazione, frammenti del sociali-
smo e del liberalismo, volti a «giustificare» la decostruzione dei fondamenti del-
la vita sociale nel disprezzo della vita umana: «Le due ideologie in oggetto sono
coalizzate verso questo scopo; e ciò spiega la violenza, senza precedente nella
storia, che si scatena contro la vita umana»25
. Riprendendo i temi svolti da
Friedrich Engels (1820-1895), con l’istanza socialistica viene posto al centro
della dinamica sociale il nucleo originario della lotta di classe, che sarebbe co-
stituita dall’antagonismo fra l’uomo e la donna, espresso nel matrimonio mono-
gamico e nell’oppressione della donna da parte dell’uomo26
. Le correnti neo-
malthusiane d’impronta utilitaristica insistono sul «diritto» dell’uomo di eserci-
tare il potere sulla trasmissione della vita, nonché sul «diritto» al piacere come
bene per eccellenza. Va aggiunta a ciò l’influenza dello strutturalismo, che rifiu-
ta di ragionare in termini di natura umana e vede in essa una semplice struttura,
oggetto di scienza, costruita attualmente su elementi che debbono essere «deco-
struiti» per ricondurre l’uomo alle forme di vita animale e vegetale e, in ultima
analisi, alla materia. Passaggio decisivo che l’umanità post-moderna deve com-
piere nell’opera di «decostruzione» è eliminare le differenze fra i sessi, che non
sarebbero inscritte nella natura, ma sarebbero frutto esclusivo dello sviluppo
culturale nella storia. Secondo l’ideologia del «genere» spetta alla donna con-
durre in prima fila la lotta di liberazione, non soltanto con l’eliminazione dei
privilegi maschili, ma, soprattutto, con l’abolizione di tutte le differenze fra uo-
mini e donne. La donna, in particolare, dovrebbe rifiutare la sua vocazione di
madre, perché in ciò si radica l’ingiustizia sociale che le impedisce di essere
uguale all’uomo in termini di funzione sociale. Come dice monsignor
Schooyans, «né l’eterosessualità né la procreazione che vi è legata possono
24
UN-INSTRAW (United Nations International Research and Training Institute for the
Advancement of Women), Gender Concepts in Development Planning. Basic Approach,
1995, p. 11. 25
Monsignor M. Schooyans, op. cit., p. 40. 26
Cfr. Friedrich Engels, L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato,
trad. it., a cura di Fausto Codino, Editori Riuniti, Roma 2005.
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35
pretendere di essere “naturali”; essi sono prodotti culturali “biologizzati”. È
la società che ha inventato i ruoli maschile e femminile e la famiglia, che ne è
conseguenza. Occorre dunque instaurare una cultura che nega una qualsivoglia
importanza alle differenze genitali. Con la scomparsa di queste differenze spa-
riranno il matrimonio, la maternità, la famiglia biologica radicata. Questa cul-
tura ammetterà tutti i tipi di pratica sessuale, correlativamente, rifiuterà ogni
forma di repressione sessuale»27
.
5. Il «diritto al genere»: la distruzione della persona
La «prospettiva di genere» è ancora più profonda e radicale di quanto
possa apparire alla luce dell’esposizione precedente. Dato per acquisito, sul pia-
no filosofico e giuridico, che il diritto non sia una facoltà morale intrinsecamen-
te inerente al soggetto per conseguire il bene conosciuto con la ragione, bensì
l’autodeterminazione assoluta del soggetto, senza alcun limite che non sia costi-
tuito dalla medesima libertà di scelta degli altri uomini, discende in modo logi-
camente necessario che i soggetti umani vanno distinti in due categorie, quelli
pleno iure, in quanto capaci di esprimere e di attuare delle scelte, e quelli con
diritti limitati, in quanto incapaci attualmente di compierle. Agli appartenenti a
questa seconda categoria possono essere riconosciuti degl’interessi, mai però ta-
li da implicare la protezione assoluta della legge. Questi interessi sono, perciò,
suscettibili di risultare subvalenti rispetto ai «diritti» di cui sono portatori i sog-
getti pleno iure. Essi non godono della protezione della legge in quanto titolari
di una dignità inalienabile ricollegata alla loro natura umana, bensì di una prote-
zione relativa e condizionata, quella che si riserva alle «cose» socialmente ap-
prezzabili fintanto che non urtano i «diritti» dei soggetti «forti».
Si apre così un processo volto alla distruzione della persona umana e alla
relativizzazione utilitaristica ed edonistica della tutela giuridica. La prospettiva
di genere mira, invero, alla decostruzione integrale dell’uomo e alla sua ridu-
zione alla materia prima, facendo svanire l’esigenza etica della protezione giu-
ridica della persona umana in quanto tale, come soggetto dotato di dignità ina-
lienabile e non negoziabile. Ammissibile nel nuovo paradigma giuridico è la
protezione non del soggetto, come suppositum o persona, bensì, esclusivamente,
della sua libertà di scelta e di autodeterminazione, che è quanto empiricamente
affiora alla superficie della storia, essendo vietato ogni discorso e, conseguen-
temente, ogni fondazione metafisica, ontologica, etica e giuridica, dei diritti del-
la persona umana.
Il paradosso consiste in ciò che, attraverso la promozione del «diritto alla
scelta», viene negata la tutela della stessa persona umana. Il processo che con-
duce alla scomparsa della tutela della persona è perfettamente analogo al pro-
cesso che porta, con l’ideologia del «genere», alla scomparsa del sesso. Il con-
27
Monsignor M. Schooyans, op. cit., p. 44.
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36
cetto di «genere» non può essere spiegato se non per opposizione al concetto di
sesso. A tale opposizione va ricondotta, nel linguaggio scientifico degli ambien-
ti ristretti della gender identity research, l’origine di tale ideologia. Come dice
Reimut Reiche, sociologo e psicoanalista tedesco di formazione marxista, «[...]
dove si parla di gender viene rimosso il sex»28
. L’eliminazione del sesso va di
pari passo con l’eliminazione della generazione eterosessuale, in forza della
convinzione che per distruggere il «primato dell’eterosessualità» — che inelu-
dibilmente indica l’uomo essere «maschio e femmina»29
— occorre distruggere
qualsiasi legame fra il sesso e la generazione.
Il percorso è svolto all’interno dei gender movement non tanto e non sol-
tanto per il riconoscimento dei «diritti» delle «minoranze sessuali», quanto so-
prattutto per realizzare l’obiettivo della dissoluzione dell’identità dell’uomo e
della donna. La lotta è per la distruzione della persona. Per le correnti di pensie-
ro che si caratterizzano come «costruttivistiche» o come «decostruttivistiche»,
tutta la realtà, sia essa psichica o fisica, non è riconducibile a fatti oggettivi o a
cose che possono rivendicare lo statuto della conoscibilità. Non esiste il sesso,
come sesso del corpo, né il «genere», come avente radice nel sesso; esiste sol-
tanto il «genere», come sesso costruito socialmente. Occorre lottare, all’interno
del gender constructivism, contro la «priorità» della natura, e, quindi, del sesso
rispetto al genere. Il sesso, «purtroppo», ritorna permanentemente, come qual-
cosa di «essenzialistico», che si ripresenta continuamente, come una materia che
si stabilizza nel tempo producendo l’effetto di fissità, di delimitazione e di su-
perficie. Va allora individuato e sconfitto l’agente della protezione forzata della
materialità. Avvalendosi delle teorie del potere di Michel Foucault (1926-
1984)30
, il femminismo radicale individua il generatore del potere, della costri-
zione e della materia nella forma «etero». Sarebbe questa la forma a priori del
potere, che produce disagio, svolgendo una funzione coattiva, repressiva e limi-
tativa della illimitata libertà di scelta dell’individuo. Contro la forma strutturan-
te «etero» — che rappresenta il «male», alla maniera degli gnostici antichi —
gli agenti della dissoluzione sono i corpi che si muovono «al di fuori della nor-
ma», che Judith Butler individua con le espressioni dello slang in drag, «trave-
28
Reimut Reiche, Genere senza sesso. Società e mutamenti della psiche, trad. it.,
Meltemi, Roma 2007, p. 131. 29
Ribadendo le parole del Genesi, ad alcuni farisei che gli si erano avvicinati per met-
terlo alla prova sulla liceità del ripudio della moglie, Gesù aveva risposto: «Non avete
letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo
lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola?
Così che non sono più due, ma una carne sola» (Mt. 19, 4-5). 30
Cfr. Michel Foucault, Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, trad.
it., con un saggio critico di Georges Canguilhem (1904-1995), Rizzoli, Milano 2007;
Idem, La volontà di sapere, trad. it., Feltrinelli, Milano 2007; e Idem, La cura di sé,
trad. it., Feltrinelli, Milano 2009.
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37
stito», fag, «checca», e queer, «deviante»31
. La lotta del femminismo radicale
non si limita a indurre la società al riconoscimento giuridico dei «diritti» delle
«minoranze sessuali», ma va oltre, fino a mostrare che l’identità non è più il
«maschio» o la «femmina», bensì il «genere», come incessante decostruzione e
ricostruzione, come qualcosa di sempre nuovo, come indefinitamente plurale,
come qualcosa che va al di là del «2» dell’uomo e della donna. Il «genere»,
dunque, senza base nel sesso, come molti generi, in continua evoluzione, nel
tempo, durante la medesima esistenza, in cui l’individuo via via si riconosce,
senza riconoscersi in un sesso, essendo la sua identità null’altro che continua
mutazione. Il «genere» non è un genere, ma molti generi. Molti generi significa
che qualsiasi attuale condizione sessuale «[...] cancella da sé il “sessuale” e si
presenta a nome proprio e, in definitiva, solo come “io-per me stesso”»32
. L’e-
sito è l’«io-per me stesso», la totale chiusura di ogni singolo individuo agli altri
individui; la chiusura, soprattutto, dell’orizzonte nel quale la persona come
«maschio» e la persona come «femmina» s’incontrano nell’atto generativo.
6. La costruzione dell’ambiente per la «cosificazione» dell’uomo e della donna
Per la decostruzione dell’individuo separato dal sesso e la ricostruzione
dell’individuo secondo il «genere» occorre creare un ambiente sociale adatto, a
cui si perviene attraverso una serie di dispositivi che Reiche ha definito di
«omosessualizzazione della sessualità»33
, consistente tanto nell’uniformazione
dei sessi fra loro, quanto nell’avvicinamento del mondo e della cultura eteroses-
suale al mondo e alla cultura omosessuale. L’omosessualità, dunque, deve costi-
tuire, avvalendosi della forma giuridica e con il potente aiuto della comunica-
zione massmediatica, il motore per l’attuazione dei modelli omosessuali di vita,
per la costruzione del nuovo dis-ordine etico mondiale34
. La cultura della mag-
31
Cfr. Judith Butler, Corpi che contano. I limiti discorsivi del sesso, trad. it., con Prefa-
zione di Adriana Cavarero, Feltrinelli, Milano 1996, p. 106. Della stessa autrice cfr. an-
che Trouble dans le genre, La Découverte, Parigi 2005; e Défaire le genre, Editions
Amsterdam, Parigi 2006; sull’avvenuta dissoluzione dell’individuo nei generi, cfr. Kate
Bornstein, Gender Outlaw. On Men, Women, and the Rest of Us, Random House, New
York 1994. Pionieri dell’ideologia del «genere» sarebbero stati Robert Jesse Stoller
(1924-1991), Sex and Gender, Science House, New York 1968; e John Money (1921-
2006), Gender: History, Theory and Usage of the Term in Sexology and Its Relationship
with Nature/Nurture, in Journal of Sexual & Marital Therapy, anno 11, n. 2, Filadelfia
(Pennsylvania) marzo-aprile 1985, pp. 71-79. Fondamentale nella diffusione dell’ideo-
logia del «genere» è stata Shulamith Firestone, La dialettica dei sessi. Autoritarismo
maschile e società tardo-capitalistica, trad. it., Guaraldi, Rimini 1976. 32
R. Reiche, op. cit., p. 159. 33
Ibid., p. 197. 34
Cfr. Agostino Carloni, Il Nuovo Disordine Mondiale e i suoi agenti, in Cristianità,
anno XXXI, n. 320, novembre-dicembre 2003, pp. 7-13.
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38
gioranza eterosessuale e il suo stile di vita devono allinearsi a quelli della mino-
ranza omosessuale: le norme giuridiche che introducono il divieto della cosid-
detta omofobia vanno in questa direzione, sostanzialmente persecutoria nei con-
fronti dello stile di vita delle maggioranze. Le modalità di vita pioneristicamente
adottate nella cultura omosessuale vengono promosse come modello della vita
eterosessuale, per propiziare un allineamento culturale, prodromico all’omoses-
sualizzazione della sessualità.
I segnali di questa omosessualizzazione sono evidenti nella società con-
temporanea per chiunque abbia conservato uno sguardo libero dalla fascinazio-
ne massmediatica. Il primo segnale, data per scontata la sostituzione del concet-
to di famiglia con quello di convivenza, è il passaggio dal rapporto tendenzial-
mente monogamico, segnato dall’eccezione del divorzio, alla sequenzialità inin-
terrotta di rapporti diversi. Varie costellazioni semantiche designano questa
nuova configurazione del rapporto di coppia: famiglia del fine settimana, geni-
tori single, rapporto di coppia a tempo determinato, concubinato fra pensionati,
biografia a catena. Il diritto avrebbe il compito di riconoscere le nuove configu-
razioni sociologiche, adattando gl’istituti giuridici all’attuazione dei «diritti»
delle coppie, in funzione del consenso reciproco alla convivenza fin tanto che
gl’interessi comuni sono condivisi. In questo quadro si comprendono le spinte
verso la parificazione delle convivenze registrate alla famiglia; la riduzione dei
termini e delle formalità per accedere al divorzio; la semplificazione delle pro-
cedure e dei requisiti per ottenere i sussidi pubblici e la reversibilità delle pen-
sioni. Il modello è la coppia omosessuale. Come in quest’ultima, anche nella
coppia eterosessuale vanno rideterminate, di volta in volta, in base allo scambio
dei consensi, le condizioni della convivenza, soprattutto con riferimento alle
pratiche sessuali — in quale luogo, con chi e quanto spesso — che sono compa-
tibili con la permanenza del rapporto.
Il secondo segnale è il passaggio della coppia alla mancanza di figli. Co-
me la coppia omosessuale è sterile, così dev’essere la coppia eterosessuale. Poi-
ché il figlio dipende dal sesso e poiché il «genere» sostituisce il sesso, la pro-
creazione non è più l’opportunità precipua della coppia. Il figlio, se il soggetto
lo desidera, verrà «fatto» al di fuori del rapporto di coppia, attraverso la ripro-
duzione con strumenti tecnologici. Il diritto dovrebbe rincorrere questo deside-
rio, inteso come «diritto» del singolo ad avere un figlio, riconoscendo l’accesso
alla riproduzione artificiale non soltanto alla coppia eterosessuale, ma altresì al-
la coppia omosessuale e al single.
Il terzo segnale è il passaggio dalla stabilità alla mobilità. Il fenomeno è
visibile particolarmente nelle classi elevate, per ovvie ragioni economiche. La
sfera della circolazione, sia per ragioni professionali che per ragioni di svago,
prevale sulla stabilità, distruggendo la coppia stabile non soltanto in senso dia-
cronico, ma anche in senso spaziale. La coppia si automodifica continuamente,
avvalendosi dell’autosufficienza del reddito di ciascun single, sul modello del
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potenziale di mobilità degli omosessuali, la cui biografia empirica rivela una
circolazione orizzontale assai spiccata.
Il quarto segnale è il passaggio da una sessualità che vede al suo centro il
rapporto genitale, come espressione della coniugalità, a una sessualità pandemi-
ca, che si esprime in una pluralità di pratiche paracoitali, che vanno — sotto la
guida della pornografia — dall’onanismo alle comunicazioni sessuali designate
come cybersex e sesso virtuale, fino alle esperienze di gruppo di tipo sadomaso-
chistico. Il quinto segnale è la femminilizzazione dell’uomo e la mascolinizza-
zione della donna, sempre più dipendenti, nelle pratiche dei fitness-center e nel-
le attività sportive, da un identico modello androgino. L’uomo, in questa pro-
spettiva, deve proporsi, come la donna, in modo sessualmente attraente, dando
risalto sessuale al corpo e portando sul proprio corpo attributi-feticcio, come
gioielli, anelli e orecchini, allo stesso modo della donna. Quest’ultima, all’inver-
so, deve riscrivere il proprio corpo secondo strutture muscolari e articolazioni
fisiche che l’avvicinano al corpo maschile.
Il processo descrive una lotta contro l’uomo in quanto creato a immagine
e somiglianza di Dio. Il processo ha un evidente significato, oltre che antropolo-
gico e filosofico, anche teologico, che ripete, con modalità e strumenti scienti-
stici, la lotta contro la famiglia e la generazione che imperversò nei primi secoli
dell’era cristiana. Sorsero, invero, fin dal secondo secolo della nuova era, dot-
trine, variamente articolate sul piano filosofico, che focalizzavano nella fecondi-
tà della relazione coniugale fra l’uomo e la donna la fonte di ogni male. Queste
dottrine non rifiutavano il piacere e la soddisfazione carnale, ma dichiaravano
malvagio il coniugio e la fecondità inerente al matrimonio. L’eretico Marcione
(85 ca.-seconda metà del II secolo) vietava la generazione, affinché il genere u-
mano non concorresse con l’opera dal demiurgo maligno nel moltiplicare il ge-
nere umano stesso. Altri eretici, come Basilide (fine sec. I-metà sec. II), al dire
di Clemente Alessandrino (metà sec. II-211 c.a.) 35
, predicavano un rigorismo e
ascetismo estremo, con l’astinenza dalle nozze, condannando il matrimonio co-
me cosa immonda. Pur nella radicale opposizione, identico era l’obiettivo cui le
varie dottrine miravano, condannare le nozze come intrinsecamente malvagie,
ferendole nella loro fondamentale vocazione e nel loro presupposto morale d’es-
sere, cioè, aperte alla procreazione di nuove vite. La fecondità era negata ora in
forza della massimizzazione del piacere carnale, ora in ragione del più cupo asce-
tismo; ciò che a tutti importava era che il sesso fosse comunque sterile e snatu-
rato36
.
L’odio contro la generazione, che si espresse nei primi secoli del cristia-
nesimo come motivo comune alle varie eresie gnostiche, rivela una particolare
35
Cfr. Clemente di Alessandria, Gli Stromati. Note di vera filosofia, l. III, n. 3, trad. it.,
con Introduzione di Marco Rizzi, Paoline, Milano 2006, pp. 310-317. 36
Cfr. Emiliano Avogadro della Motta (1798-1865), Teorica dell’istituzione del matri-
monio e della guerra moltiforme cui soggiace, Tip. Speirani, Torino 1854, pp. 51-82.
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
40
malizia. Rifiutando, invero, il dono fatto da Dio agli uomini, di essere stati crea-
ti «maschio» e «femmina», respinge in radice il bene della complementarietà
sessuale e del sostegno spirituale fra i sessi in vista della pro-creazione, cioè
della vocazione, inscritta nella biologia, nella psicologia e nell’anima spirituale
dell’uomo e della donna, a collaborare con Dio nella moltiplicazione del genere
umano e nella partecipazione degli uomini alla vita divina. Nella generatività u-
mana, dipendente dalla fusione in unum dei corpi, v’è un segno finito dell’infi-
nita generatività di Dio, che è Amore infinito che genera dall’eternità il Figlio.
Amore reciproco tanto grande che dal Padre e dal Figlio procede una terza per-
sona, lo Spirito Santo. Dio avrebbe potuto creare l’uomo tutto intero, e non sol-
tanto l’anima, in modo diretto, senza bisogno del suo apporto, facendolo gem-
mare dai fiori o spuntare dalle pietre. Egli ha voluto, invece, nella sua eterna sa-
pienza, limitare la sua infinita potenza creativa ricollegandola all’atto generativo
dell’uomo e della donna, affinché essi potessero, grazie a questo dono immenso,
collaborare con lui nel dare la vita a nuovi uomini e donne, partecipando così al-
la sua opera creativa.
7. La relativizzazione della vita: le conseguenze sul piano della tutela giuridica
Come già osservato, la concezione postmoderna dei «diritti fondamenta-
li» relativizza la tutela della vita. La protezione più ampia è assicurata ai sogget-
ti fit, titolari di «diritti», in quanto capaci di atti spontanei di autodeterminazio-
ne. Agli altri soggetti, incapaci di tali atti, non è garantita la piena tutela da parte
del diritto. Mi preme qui disegnare, in conclusione, lo scenario attuale di relati-
vizzazione della tutela della vita e della riduzione della persona a cosa, con par-
ticolare riferimento alla condizione giuridica della Repubblica Italiana.
7.1. Le minacce alla vita
Gli obbiettivi della rivoluzione antiumana si muovono in due direzioni. In
primo luogo, assistiamo all’approfondimento e all’attuazione, fino alle estreme
conseguenze logiche, del concetto di diritto come espressione di autodetermina-
zione assoluta. Chi non è in grado di esprimere atti di coscienza è fuori dal cir-
cuito della protezione giuridica; simmetricamente, ogni evento che sorge da un
atto spontaneo della coscienza sveglia è giuridicamente consentito, in quanto
espressione di un «diritto fondamentale» del soggetto. A questa stregua, l’aborto
deve diventare, anche normativamente, un «diritto» della donna, indipendente-
mente dalla sussistenza di «indicazioni» o dalla limitazione della sua praticabili-
tà in funzione di «termini». Le limitazioni previste attualmente dalla legge n.
194 del 1978 debbono essere rimosse o, comunque, aggirate attraverso il ten-
denziale passaggio all’aborto precoce e all’aborto chimico, in ottemperanza alla
direttiva sull’aborto «sicuro» di cui alla risoluzione del Cairo del 1994. Qualcu-
no si è stupito della particolare acrimonia con cui gli esponenti della cultura ra-
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dicale hanno aggredito le autorità politiche che hanno inteso recentemente ga-
rantire il rispetto dei requisiti della legge n. 194 anche con riferimento all’uso
dell’abortivo chimico denominato RU 486. Lo stupore nasce dall’ignoranza del-
lo stato di avanzamento del processo rivoluzionario e dall’attribuzione di un ca-
rattere «normativo» alle risoluzioni delle Conferenze del Cairo e di Pechino.
Ogni atto contrario all’intronizzazione dell’aborto come «diritto fondamentale»
è, allo stato, eroico atto di resistenza all’ingiustizia immanente ai falsi princìpi
viventi nello pseudodiritto internazionale delle organizzazioni che si ispirano al-
le agenzie dell’ONU.
Sul versante del termine della vita umana, forti pressioni massmediatiche,
alimentate da una parte cospicua degli scienziati e dei giuristi, inducono a iscri-
vere come «diritto fondamentale» il «diritto» a mettere fine alla propria vita,
con la correlativa previsione dell’obbligo dei terzi, in particolare, dei medici e
del personale sanitario, di aiutare il soggetto, liberamente autodeterminatosi alla
morte, ovvero autonomamente candidatosi a essere ucciso attraverso l’espres-
sione di un consenso anticipato alla propria morte, a morire in attuazione del
suo «diritto fondamentale». Le resistenze a una simile progettualità, che si sono
concretizzate in atti legislativi di un ramo del Parlamento, sono presentate pub-
blicamente dai sostenitori dell’ideologia radicale come contrarie agli obblighi
internazionali dell’Italia ovvero come contrarie alle decisioni giurisdizionali as-
seritamente assunte alla luce del diritto costituzionale vigente, in virtù del rilie-
vo che l’art. 32 della Costituzione, contrariamente alla sua lettera, alla sua storia
e alla sua ratio, costituirebbe la fonte del «diritto assoluto all’autodeterminazio-
ne». Sul fronte degli unfit, sempre più periclitante è la condizione dei bambini
anencefalici e dei soggetti decorticati, la cui esistenza in vita, ancora garantita
dalla legge, è contestata in forza di un concetto di morte che dovrebbe ricom-
prendere tutte le situazioni in cui è persistentemente assente la funzione della
coscienza.
7.2. Le minacce all’umanità
La seconda direzione in cui si muove la rivoluzione antiumana è l’attua-
zione di tutte le pretese discendenti dal «diritto al genere». L’orizzonte giuridico
ultimo di queste pretese è la separazione fra la generazione e l’incontro unitivo
dei corpi sessuati come «maschio» e come «femmina». Gl’individui, come «ge-
nere», rectius, come «molti generi», non debbono pensare e agire in vista della
procreazione. Essa non è affar loro. Tale compito spetta alla scienza e alle tec-
nologie che ne derivano. Certo, l’idea trascendentale «etero», che ritorna, quasi
come anamnesi incancellabile della legge inscritta nella natura dell’uomo, costi-
tuisce un ostacolo allo sviluppo integrale dell’ideologia radicale. Essa ritorna
sempre a imbrogliare le carte e a «eterosessualizzare» la sessualità, con l’incon-
veniente di una possibile generazione causata dall’incontro unitivo del «ma-
schio» e della «femmina». Per evitare ciò occorre, come supra si è visto, «omo-
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
42
sessualizzare» la sessualità con dispositivi sempre più invasivi, che condiziona-
no psicologicamente, economicamente e culturalmente le maggioranze ancora
eterosessuali. Ma ciò non basta. Contro la minaccia incombente proveniente
dall’idea trascendentale «etero» occorre l’intervento della scienza, che alimenta
il timore per il rischio che, con la procreazione per via unitiva dei sessi, gli uo-
mini diano l’esistenza a soggetti unfit, consentendo così a una razza umana ge-
neticamente imperfetta di perpetuarsi indefinitamente. Affinché la scienza possa
svolgere appieno il suo compito purificatore dei difetti della natura — si ricordi
sempre che, in questa prospettiva, la natura è malvagia, perché creata dal de-
miurgo cattivo —, affinché possa attuare la liberazione dell’individuo dal giogo
della natura, occorre guadagnare una condizione giuridica di libera produzione e
di piena disponibilità degli embrioni umani. Su questa base elementare e mini-
male di materia umana la scienza ricercherà i dispositivi tecnici migliori grazie
ai quali la tecnologia provvederà alla generazione di soggetti fit. L’individuo,
ridotto nella sua soggettività di «genere», di «molti generi», potrà pensare a
soddisfare ludicamente le proprie fantasie di «genere», senza alcuna preoccupa-
zione per i problemi implicati dalla generazione.
Com’è evidente, il nuovo fronte di lotta — e, correlativamente, di prote-
zione della persona — si sposta sul piano dell’embrione. La condizione degli
embrioni umani è anch’essa a rischio sotto la minaccia della scienza e della giu-
risprudenza. La legge n. 40 del 2004, che detta norme in materia di procreazione
medicalmente assistita, pur avendo superato indenne la prova di un referendum
abrogativo, è sottoposta a colpi di scure da parte di giudici, ordinari e costitu-
zionali, che vedono impedito dalle sue norme il pieno espletamento dei «diritti
fondamentali». Questa legge è particolarmente odiata dalla rivoluzione radicale
per una serie di ragioni, che enumero sinteticamente: 1. perché assicura i diritti
del concepito, dunque, dell’embrione; 2. perché limita il ricorso alla procreazio-
ne medicalmente assistita ai casi in cui non vi siano altri metodi terapeutici effi-
caci per rimuovere le cause di sterilità o d’infertilità; 3. perché vieta la procrea-
zione medicalmente assistita «eterologa», preservando in qualche modo il signi-
ficato procreativo alla coppia unita da un vincolo stabile; 4. perché vieta la pro-
creazione medicalmente assistita ai single, nonché alle coppie i cui componenti
non siano entrambi viventi, alle coppie composte da soggetti dello stesso sesso,
alle coppie che non siano unite da coniugio o da una convivenza accertata; 5.
perché vieta l’organizzazione, la pubblicizzazione e la commercializzazione di
gameti o di embrioni e la surrogazione di maternità; 6. perché vieta i processi
volti a realizzare la clonazione; 7. perché vieta la sperimentazione su ciascun
embrione umano; 8. perché limita la ricerca clinica e sperimentale su ciascun
embrione umano al perseguimento di finalità esclusivamente terapeutiche e dia-
gnostiche volte alla salute e allo sviluppo dell’embrione stesso; 9. perché vieta
la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione; 10. per-
ché vieta ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei game-
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
43
ti, nonché interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o
comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio
genetico dell’embrione o del gamete ovvero a predeterminare caratteristiche ge-
netiche.
Le disposizioni della legge n. 40 costituiscono lo sbarramento estremo
contro le pretese ultimative provenienti dalla proclamazione del «diritto alla sa-
lute riproduttiva» e del «diritto al genere». L’obbiettivo delle correnti culturali
che hanno imposto la loro agenda ai Governi consiste nella riduzione dell’uma-
no a res e nella separazione «normativa», e non solo fattuale, fra generazione e
unione sessuale, privando la donna e l’uomo della loro «maternità» e «paterni-
tà». Il passaggio più urgente che ora deve essere compiuto, secondo queste cor-
renti, è la libera produzione, manipolazione e distruzione degli embrioni. Il se-
condo passaggio sarà la colpevolizzazione, per motivi eugenici, di coloro che
oseranno continuare a generare attraverso l’unione sessuale o, almeno, di coloro
che si rifiuteranno di sottoporre gli embrioni alla selezione preventiva, per il ri-
schio che consentano la nascita a soggetti unfit. Un passaggio ulteriore, che si
intravede in lontananza, è la clonazione umana, che sancirebbe definitivamente
l’appropriazione della generazione da parte della scienza.
Il Magistero della Chiesa, con mirabile preveggenza, che costituisce il
segno evidente della permanente assistenza dello Spirito alla sua Chiesa, ha pro-
fetizzato, con un insegnamento integrante uno splendente mosaico d’oro zec-
chino, che l’unione dei sessi, inscritta nell’ordine della creazione come dono di
Dio all’uomo, deve restare aperta alla fecondità37
e che la generazione dei figli
deve realizzarsi attraverso l’unione dei corpi38
, come frutto di un amore fra l’uo-
37
«[...] richiamando gli uomini all’osservanza delle norme della legge naturale, inter-
pretata dalla sua costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale
deve rimanere aperto alla trasmissione della vita.
«Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della Chiesa, è fondata sulla connes-
sione inscindibile, che Dio ha voluto e che l’uomo non può rompere di sua iniziativa,
tra i due significati dell’atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo.
«Infatti, per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissi-
mo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi iscritte
nell’essere stesso dell’uomo e della donna. Salvaguardando ambedue questi aspetti es-
senziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mu-
tuo e vero amore ed il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paterni-
tà. Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di af-
ferrare quanto questa dottrina sia consentanea alla ragione umana» (Paolo VI [1963-
1978+, Litt. enc. «Humanae vitae» de propagatione humanae prolis ordinanda, del 25-
7-1968, in Enchiridion delle Encicliche, vol. 7, Giovanni XXIII. Paolo VI. (1958-1978),
cit., pp. 804-845 [pp. 817 e 819]). 38
Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione «Donum Vitae» su il rispet-
to della vita umana nascente e la dignità della procreazione (22 febbraio 1987), con
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
44
mo e la donna che costituisce simbolo del mistero grande dell’amore di Cristo
per la sua Chiesa39
, mistero rimasto per lunghi secoli nascosto e rivelato nei
tempi ultimi come il «mistero della salvezza delle nazioni».
Presentazione di S. Em. Card. Joseph Ratzinger e Commenti, Libreria Editrice Vaticana,
Città del Vaticano 1990. 39
«Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché
chi ama la propria moglie ama se stesso. Nessuno mai infatti ha preso in odio la pro-
pria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, poiché siamo
membra del suo corpo. Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla
sua donna e i due formeranno una carne sola. Questo mistero è grande; lo dico in rife-
rimento a Cristo e alla Chiesa! Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria
moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito» (Ef. 5, 28-33).
«1861-2011
A centocinquant’anni dall’Unità d’Italia
Quale identità?»
Roma, 12 febbraio 2011
Il 12 febbraio 2011, a Roma, nella cornice prestigiosa della Sala della
Protomoteca in Campidoglio, organizzato da Alleanza Cattolica, si è tenuto un
convegno dal titolo 1861-2011. A centocinquant’anni dall’Unità d’Italia. Quale
identità?. Il convegno si è articolato in due sessioni. Ha aperto i lavori e presie-
duto la prima sessione, dal titolo L’unificazione che ha diviso l’Italia, Attilio
Tamburrini, dell’associazione promotrice, che ha ricordato come solo una rico-
struzione storica veritiera del processo di unificazione statuale permetta di af-
frontare consapevolmente i problemi che ancora affliggono l’Italia, mettendo in
evidenza, di contro, come le celebrazioni ufficiali del centocinquantenario con-
tinuino a ispirarsi in modo acritico e stucchevole alla «favola risorgimentale».
È quindi intervenuto su La questione cattolica il dottor Marco Invernizzi,
della medesima associazione, storico del movimento cattolico, operando una di-
stinzione fra la «questione romana» — di natura politica, nata con la breccia di
Porta Pia, del 1870, e conclusasi con i Patti Lateranensi, nel 1929 — e la «que-
stione cattolica». Sorta nel 1796 con l’invasione della penisola italiana da parte
degli eserciti rivoluzionari e napoleonici, cui si contrapposero le reazioni popo-
lari note con il nome d’insorgenze, motivate dall’ostilità non allo straniero ma
all’ideologia di cui era portatore, tale questione è soprattutto di natura culturale
e, come tale, è rimasta aperta durante tutti i regimi politici succedutisi in Italia.
Il professor Mauro Ronco, pure di Alleanza Cattolica, ordinario di Diritto
Penale all’università di Padova, si è soffermato su La questione istituzionale,
trattando innanzitutto della separazione fra Stato e Chiesa e della conseguente
legislazione anticattolica, mirante a sopprimere numerosi ordini religiosi, rego-
lari e secolari, e a incamerarne i beni, quindi dell’imposizione alla nazione ita-
liana di uno Stato rigidamente accentrato e omogeneizzante. Il centralismo e
l’affermazione di nuove ideologie, estranee alla gran parte degli italiani, sono
stati poi mitigati dalle iniziative di natura culturale e sociale dei cattolici, i quali
si sono gradualmente inseriti anche nella vita politica, contribuendo a ridimen-
sionare gli aspetti più iniqui del processo unitario, che aveva causato la distru-
zione di corpi intermedi vitali e il parziale assorbimento della società civile da
parte del nuovo Stato.
Il dottor Francesco Pappalardo, direttore editoriale di Cristianità e presi-
dente dell’Istituto per la Dottrina e l’Informazione Sociale, ha illustrato la nasci-
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
46
ta de La questione meridionale, descrivendo la forzata annessione del Regno
delle Due Sicilie, cui seguì una lunga guerra civile, e il processo di distruzione
delle radici culturali e religiose del Mezzogiorno d’Italia, che non si presentava
né come un’area arretrata o sottosviluppata né come portatore di una cultura su-
balterna o arcaica. La religiosità e la grande socialità delle popolazioni meridio-
nali sono elementi identitari che si stanno dissolvendo, pur rimanendo l’unica
speranza per la rinascita del Mezzogiorno, che sarà religiosa o non sarà.
La dottoressa Marina Valensise, giornalista de Il Foglio quotidiano, è in-
tervenuta su La memoria ritrovata, compiendo una breve rassegna della recente
produzione saggistica, con particolare attenzione alle opere tendenti a ricostruire
con obbiettività la storia del Mezzogiorno e del cosiddetto brigantaggio postuni-
tario. Altre pubblicazioni hanno messo in luce il sostanziale equilibrio fra Nord
e Sud nel periodo preunitario e analizzato il divario creatosi fra il Meridione,
che ha visto l’emigrazione delle sue forze migliori, e il resto del Paese a causa
delle modalità dell’annessione. La dottoressa Valensise ha quindi individuato
nel processo rivoluzionario avviatosi nel 1789 l’origine dell’unificazione politi-
ca italiana.
La sessione antimeridiana si è conclusa con l’intervento del sindaco di
Roma, on. Gianni Alemanno, che ha indicato alcuni possibili itinerari per il su-
peramento dei problemi nati dall’unificazione italiana: un federalismo a matrice
comunitaria; una ritrovata concordia fra le innumerevoli identità locali; una ri-
forma dello Stato che ne riduca l’invadenza e attui una vera sussidiarietà; una
soluzione della «questione meridionale» grazie anche all’iniziativa delle po-
polazioni locali, che dovranno assumersi la responsabilità di valorizzare le pro-
prie potenzialità; la centralità della città di Roma, legata innanzitutto alla sua
dimensione religiosa. L’on. Alemanno ha inoltre sottolineato la necessità di ri-
comporre l’unità nazionale sulla base di valori identitari comuni.
Durante la sessione pomeridiana, intitolata Quale identità? e presieduta
dall’avvocato Giovanni Formicola, di Alleanza Cattolica, si è svolta una tavola
rotonda cui hanno partecipato mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Mon-
tefeltro, l’on. Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato all’Interno, l’on.
Massimo Polledri e l’on. Alessandro Pagano. L’avvocato Formicola ha introdot-
to la tavola rotonda con il discorso rivolto da Benedetto XVI all’ambasciatore
della Repubblica italiana il 17 dicembre 2010, in cui il Pontefice ha fatto riferi-
mento al plurisecolare patrimonio storico e culturale dell’Italia, profondamente
segnato dalla Chiesa cattolica, e ai tentativi di negarne o emarginarne le caratte-
ristiche principali, producendo pericolosi squilibri e dolorose fratture nella vita
sociale del Paese.
L’on. Polledri, sviluppando le considerazioni introduttive, si è soffermato
sull’identità nazionale italiana e sulle sue caratteristiche salienti, illustrando
quindi le ferite — di natura militare, amministrativa e culturale — inferte dal
processo unitario alle radici della nazione italiana, che non possono essere altro
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
47
che quelle cristiane. L’on. Pagano ha evidenziato il rischio di possibili errori
nell’attuazione del federalismo, che potrebbero essere evitati ricuperando le ra-
dici del Paese e difendendo quanto resta dell’identità nazionale, nella consape-
volezza di un perdurante ethos cristiano. L’on. Mantovano ha lamentato la po-
vertà del dibattito in merito al 150° anniversario dell’unità statale e ha indicato
gli elementi che danno stabilità al Paese: il rispetto per la vita, l’importanza del-
la famiglia, la libertà da aggressioni interne, soprattutto la criminalità organizza-
ta, ed esterne, in particolare il terrorismo. Ha infine auspicato il rafforzamento
dei legami fra le varie aree geografiche della Penisola e la nascita di un nuovo
meridionalismo, che porti le popolazioni interessate a riprendere in mano il pro-
prio destino partendo da un corretto utilizzo delle ingenti risorse a disposizione.
La tavola rotonda è stata conclusa da mons. Negri che ha ricordato come
l’identità italiana sia stata difesa e trasmessa dalle famiglie e soprattutto dalla
Chiesa, che attraverso l’educazione ha contribuito prima all’inculturazione della
fede nella Penisola, quindi alla resistenza contro un’ideologia che una ristretta
minoranza ha tentato d’imporre al Paese. Il popolo italiano ha potuto sopportare
non solo le ideologie risorgimentali, ma anche le «inutili stragi» delle due guer-
re mondiali solamente grazie all’educazione cristiana ricevuta nei secoli. Oggi,
ha concluso il presule, l’identità italiana è aggredita da altre e più insidiose ideo-
logie, di fronte alle quali la Chiesa ha una responsabilità ancora più grande: ri-
trovare la sua capacità educativa affinché il vero dialogo veda confrontarsi posi-
zioni diverse ma consapevoli della loro identità.
Il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CE-
SNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ha trattato il tema dell’Identità
cattolica e unità degli italiani, confutando le tesi di quanti ritengono che il ri-
fiuto del protestantesimo sia stato una delle cause della presunta arretratezza del
Paese, da sanare appunto tramite il Risorgimento. Si è quindi soffermato sull’e-
thos italiano, basato sul realismo, cioè sulla diffidenza verso sistemi politici o
sociali in grado di risolvere una volta per tutte i problemi umani; sulla libertà
dall’esito, che libera dalla paura della predestinazione e ricorda che ci si santifi-
ca rispondendo alla propria vocazione a prescindere appunto dall’esito; sull’uni-
versalismo, dovuto soprattutto alla presenza in Italia del centro visibile della
Chiesa romana, che ha evitato la diffusione di un nazionalismo aggressivo. Il
partito anti-italiano ha egemonizzato la forma che l’Unità prese con il Risorgi-
mento e contro di esso la fedeltà all’ethos nazionale è una bussola che può sem-
pre indicare la via e tenere unita l’Italia in momenti storici particolarmente dif-
ficili.
Giovanni Cantoni, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, ha chiuso il
convegno con un intervento il cui titolo, «Unità sì, Risorgimento no», può esse-
re considerato per molti versi la sintesi di tutte le altre relazioni. Cantoni ha sot-
tolineato la differenza fra l’Unità d’Italia, un fatto politico-istituzionale, e il Ri-
sorgimento, un processo socio-culturale frutto di un’ideologia diametralmente
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
48
opposta a quella, naturale e cristiana, di cui avevano vissuto e continuavano a
vivere gli abitanti della Penisola. Citando, quindi, un paragrafo particolarmente
significativo del discorso su I cattolici soci fondatori dell’Italia tenuto dal card.
Angelo Bagnasco al X forum del Progetto culturale della Chiesa italiana, ha sot-
tolineato l’importanza di superare la vuota retorica per procedere sulla strada
della verità, dalla quale soltanto può nascere un vero processo di unificazione.
Dal convegno è scaturito un Manifesto-appello per l’identità nazionale,
intitolato 1861-2011. Unità e Risorgimento. La «verità» anzitutto1, con cui Al-
leanza Cattolica si rivolge alle istituzioni nazionali e locali, alle forze politiche,
agli intellettuali e agli educatori, lanciando delle proposte per sanare le ferite
ancora presenti nel tessuto sociale e culturale italiano.
Nell’occasione è stata presentata l’opera 1861-2011. A centocinquant’an-
ni dall’Unità d’Italia. Quale identità?2, edita da Cantagalli, che raccoglie la
maggior parte degli interventi al convegno e alcuni articoli aggiuntivi.
Fra i presenti, quasi quattrocento persone, il sen. Oreste Tofani, il dottor
Mario Cicala, consigliere di Corte di Cassazione, il dottor Salvatore Rebecchini,
componente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Juan Mi-
guel Montes Cousiño, direttore dell’Ufficio Tradizione Famiglia Proprietà di
Roma, don Pietro Cantoni, moderatore dell’OMME, l’Opus Mariae Matris Ec-
clesiae, e don Michele Aramini, docente di Bioetica e assistente spirituale all’U-
niversità Carlo Cattaneo di Castellanza, in provincia di Varese.
L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali e na-
zionali e su molti siti Internet.
Andrea Bartelloni
1 Cfr. Alleanza Cattolica, 1861-2011. Unità e Risorgimento. La «verità» anzitutto, in
questo numero, del 12-2-2011, pp. 49-50. 2 Cfr. Francesco Pappalardo e Oscar Sanguinetti (a cura di), 1861-2011. A centocin-
quant’anni dall’Unità d’Italia. Quale identità?, Cantagalli, Siena 2011.
«1861-2011
Unità e Risorgimento
La verità anzitutto»
Un manifesto-appello per l’identità nazionale
L’Italia non nasce con l’Unità politica realizzata nel 1861.
Fu invece l’eredità preziosa della civiltà romana e di quella medioevale,
animata dalla fede cristiana, a spingere gli italiani a modellare il paesaggio, a
costruire cattedrali, a fondare università, a raggiungere i vertici nelle diverse arti
e a servire la Cristianità con politici, diplomatici, militari e uomini di cultura.
Formando così quella nazione che annovera nei secoli Dante Alighieri, santa
Caterina da Siena, san Francesco d’Assisi, Cristoforo Colombo e i molti altri
che nelle arti, nella fede, nella cultura l’hanno popolata e resa grande.
Non si pone in questione l’Unità riflettendo sulle molte ferite ancora oggi
aperte, nate in conseguenza delle scelte di quanti, in nome dell’ideologia risor-
gimentale, vollero
sostituire l’ethos tradizionale italiano e cattolico, così evidente nella mi-
sconosciuta epopea delle insorgenze antigiacobine e antinapoleoniche, con un
laicismo del piccolo o grande patriottismo e dei buoni sentimenti, senza peraltro
riuscire a trovare un qualche significativo consenso popolare
costruire uno Stato centralista, sconvolgendo l’«Italia dei campanili» ca-
ratterizzata da una grande varietà di forme politiche e da significative forme di
autonomia
«rifare gli italiani», disperdendo una parte rilevante delle inestimabili ric-
chezze spirituali e culturali della nazione e colpendo con particolare violenza il
Mezzogiorno, che tanto aveva dato alla storia e alla cultura cattolica italiana ed
europea.
In occasione del 150° anniversario della nascita dello Stato italiano, Al-
leanza Cattolica per perorare anzitutto la causa della verità di fatto e, quindi, per
contribuire a sanare tali ferite chiede alle istituzioni nazionali e locali, alle forze
politiche, agli intellettuali e agli educatori:
di promuovere la riscoperta e la difesa delle radici storiche italiane e del-
l’identità nazionale nel rispetto delle autonomie locali garantito da un vero fede-
ralismo, applicazione conseguente del principio di sussidiarietà
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
50
di favorire il raggiungimento di una effettiva «memoria condivisa», per
esempio riconoscendo esemplarità ai cattolici che subirono la Rivoluzione ita-
liana, come il beato Pontefice Pio IX, e ai cosiddetti «vinti del Risorgimento», e
dignità di «luoghi di memoria» dove si consumarono eccidi e violenze che non
sarebbe giusto dimenticare.
Il tutto all’insegna di uno slogan, privo certamente d’indispensabili sfu-
mature ma felicemente indicativo di un percorso da imboccare: «Unità sì, Ri-
sorgimento no».
Roma, 12 febbraio 2011 Alleanza Cattolica
Il resto della Verità
La verità non è mai tutta
(proverbio)
Le minacce alla libertà religiosa
nel secolo XXI
Massimo Introvigne*
Dal Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace all’annuncio
di un nuovo incontro interreligioso ad Assisi, Papa Benedetto XVI ha ripetuta-
mente indicato la sua intenzione di fare del 2011 un anno internazionale della
libertà religiosa. Un dettagliato inventario dei temi sul tappeto è stato offerto
dall’annuale discorso al Corpo Diplomatico del 10 gennaio 20111.
Dal 5 gennaio 2011 ho assunto le funzioni di Rappresentante dell’OSCE,
l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, per la lotta con-
tro il razzismo, la xenofobia e la discriminazione e l’intolleranza contro i cri-
stiani e i membri di altre religioni. In questa veste, sono molto grato al Papa per
avere indicato anche alle organizzazioni internazionali — fra cui dunque l’O-
SCE, definita nel recente rapporto annuale dell’Aiuto alla Chiesa che Soffre sul-
la libertà religiosa come l’organizzazione più importante al mondo dopo le Na-
zioni Unite nel campo dei diritti umani — un’agenda precisa. Nei limiti delle
mie possibilità e capacità, sto cercando di fare mia questa agenda, che natural-
mente non è rivolta ai soli cattolici e neppure ai soli cristiani ma — sulla base
dei diritti universali della persona umana — si rivolge a tutte le persone di buo-
na volontà.
Il Papa ha indicato nel suo discorso cinque rischi per la libertà religiosa.
Il primo riguarda un possibile equivoco su che cosa la libertà religiosa esatta-
mente sia. La libertà religiosa è stata spesso confusa con il relativismo, cioè con
la tesi che non esista una verità religiosa e che la scelta di una religione o di
un’altra sia più o meno indifferente. Mentre, come Papa Benedetto XVI ha ri-
chiamato nell’enciclica Caritas in veritate, «la libertà religiosa non significa
* Traduzione italiana, riveduta e annotata, dell’intervento tenuto in inglese, in qualità di
rappresentante dell’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Eu-
ropa, per la lotta contro il razzismo, la xenofobia, la discriminazione e l’intolleranza
contro i cristiani e i membri di altre religioni, alla riunione annuale del Comitato Con-
giunto del CCEE, il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, cattoliche, e della
KEK, la Conferenza delle Chiese Europee — anglicane, ortodosse e protestanti—, tenu-
tasi presso l’arcivescovado cattolico di Belgrado, in Serbia, il 18-2-2011. 1 Cfr. Benedetto XVI, Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la
Santa Sede, del 10-1-2011, in L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico reli-
gioso, Città del Vaticano 10/11-1-2011.
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
54
indifferentismo religioso e non comporta che tutte le religioni siano uguali»2.
Ma che cos’è la libertà religiosa? Conviene qui rileggere il Messaggio per la
XLIV Giornata Mondiale della Pace3 di Papa Benedetto XVI, che offre spunti
molto importanti. Interpretando la dichiarazione Dignitatis humanae4 del Conci-
lio Ecumenico Vaticano II, lo stesso Pontefice ha spiegato più volte che, dal
punto di vista giuridico, non si tratta di un diritto positivo — il quale dovrebbe
comprendere anche un «diritto all’errore»5 che, come ribadisce il Catechismo
della Chiesa Cattolica, la Chiesa non ha mai riconosciuto — ma di un diritto
negativo, che anche questo Messaggio chiama «immunità dalla coercizione» (n.
3). Questa immunità acquista certo un profilo specifico negli Stati moderni, per
definizione incompetenti in materia di religione, ma corrisponde al principio an-
tico secondo cui — come recita il Messaggio — «la professione di una religio-
ne non può essere [...] imposta con la forza» (n. 7). Se si può parlare di «dirit-
to», in senso giuridico, si tratta del diritto a non essere turbati da un’intromis-
sione dello Stato moderno nella formazione delle proprie convinzioni in materia
di religione.
Rispetto a interventi precedenti, vi è però nel Messaggio per la XLIV
Giornata Mondiale della Pace un secondo elemento, certamente non nuovo ma
il cui collegamento inscindibile con il primo è ribadito con particolare forza. La
libertà religiosa che la Chiesa proclama «[...] va intesa non solo come immunità
dalla coercizione, ma prima ancora come capacità di ordinare le proprie scelte
secondo la verità» (n. 3). Da un punto di vista filosofico, un’analisi di che cos’è
la persona viene prima delle soluzioni giuridiche. La persona è ordinata alla ve-
rità ed è dotata di libertà per la verità. Il libero arbitrio consente certamente il
cattivo uso della libertà, contro la verità e addirittura contro Dio. Ma in questo
caso, spiega Papa Benedetto XVI, la libertà erode il suo stesso fondamento.
«Una libertà nemica o indifferente verso Dio finisce col negare se stessa e non
garantisce il pieno rispetto dell’altro. Una volontà che si crede radicalmente
incapace di ricercare la verità e il bene non ha ragioni oggettive né motivi per
agire, se non quelli imposti dai suoi interessi momentanei e contingenti, non ha
una “identità” da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere e
consapevoli. Non può dunque reclamare il rispetto da parte di altre “volontà”,
anch’esse sganciate dal proprio essere più profondo, che quindi possono far
2 Idem, Lettera enciclica «Caritas in veritate» sullo sviluppo umano integrale nella carità e
nella verità, del 29-6-2009, n. 55. 3 Cfr. Idem, Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace, del 1° gennaio 2011
«Libertà religiosa, via per la pace», dell’8-12-2010, in L’Osservatore Romano. Giorna-
le quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 17-12-2010. I riferimenti fra parente-
si nel testo rimandano a questo documento. 4 Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Dichiarazione sulla libertà religiosa «Dignitatis
humanae», del 7-12-1965. 5 Catechismo della Chiesa Cattolica, dell’11-10-1992, n. 2108.
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
55
valere altre “ragioni” o addirittura nessuna “ragione”. L’illusione di trovare
nel relativismo morale la chiave per una pacifica convivenza è in realtà l’origi-
ne della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani» (ibidem).
Un altro equivoco, indotto da una lettura secondo il Papa errata della no-
zione di libertà religiosa e della Dignitatis humanae, è quello che vorrebbe con-
finare la religione in una dimensione meramente privata, quasi che quando la
Chiesa chiede leggi conformi alle verità naturali che fanno parte del suo inse-
gnamento consueto — anzitutto nelle materie, specificamente richiamate nel
Messaggio, della vita, della famiglia e della libertà dell’educazione, i famosi
«valori [...] non negoziabili»6 di Papa Benedetto XVI — stia negando la libertà
religiosa dei non cattolici attraverso un’indebita ingerenza nella vita politica.
Non solo i princìpi della morale naturale valgono per tutti, credenti e non cre-
denti. Ma, sia pure «nel rispetto della laicità positiva delle istituzioni statali» (n.
9), l’orientamento della libertà alla verità non può rinunciare a una dimensione
politica.
«[...] la dimensione pubblica della religione deve essere sempre ricono-
sciuta» (ibidem) e «[...] le leggi e le istituzioni di una società non possono esse-
re configurate ignorando la dimensione religiosa dei cittadini o in modo da
prescinderne del tutto» (n. 8). «Non essendo questa [dimensione religiosa della
persona] una creazione dello Stato, non può esserne manipolata, dovendo piut-
tosto riceverne riconoscimento e rispetto» (ibidem). Tutto questo è riassunto in
un’espressione molto forte sul ruolo della società per la salvezza delle anime,
che ricorda analoghe e celebri espressioni del venerabile Papa Pio XII (1939-
1958): «Anche la società, dunque, in quanto espressione della persona e del-
l’insieme delle sue dimensioni costitutive, deve vivere ed organizzarsi in modo
da favorirne l’apertura alla trascendenza» (ibidem). Questa ricostruzione della
vera nozione di libertà religiosa esclude dunque anzitutto «la strada del relativi-
smo, o del sincretismo religioso» (n. 11) — cose diverse, spiega il Papa, dal dia-
logo fra le religioni condotto nella chiarezza e nella verità — e consente di evi-
tare i due errori opposti del fondamentalismo e del laicismo, anch’essi più volte
richiamati nel Magistero di Papa Benedetto XVI. «Non si può dimenticare —
scrive ora il Papa — che il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme
speculari» (n. 8) fra loro. Entrambe infatti negano il corretto rapporto fra fede e
ragione. Nel fondamentalismo la fede nega la ragione. Nel laicismo la ragione,
o meglio il razionalismo, nega la fede. Entrambi sono nemici della libertà reli-
giosa: il fondamentalismo vuole imporre la religione con la forza, il laicismo
con la forza vuole imporre l’irreligione. Mentre solo l’equilibrio fra fede e ra-
gione — senza confusione, ma anche senza separazione — garantisce la libertà
6 Cfr., per esempio, Benedetto XVI, Discorso ai membri del Movimento per la Vita ita-
liano, del 12-5-2008, in Insegnamenti di Benedetto XVI. IV, 1. 2008. Gennaio-giugno,
Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2009, pp. 777-780 (p. 779).
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
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religiosa che, ci assicura il Papa, «[...] è all’origine della libertà morale» (n. 3)
e dunque di ogni vera libertà.
Si tratta di una questione soltanto teorica? No di certo. Infatti, il timore
che la libertà di religione porti con sé un relativismo e una sottovalutazione del
ruolo delle religioni tipici dell’Occidente moderno è la prima ragione per cui
Paesi con una forte identità religiosa islamica, indù o buddhista resistono all’ap-
plicazione delle convenzioni internazionali in materia di libertà religiosa. Essi
temono che accettare la libertà religiosa significhi necessariamente cedere al re-
lativismo e all’indifferentismo tipici di una certa cultura occidentale moderna.
Vanno convinti che non è così, e che libertà religiosa e denuncia di quella che il
Papa chiama «dittatura del relativismo»7 possono e devono coesistere, come il-
lustra appunto il Messaggio per la XLIV Giornata Mondiale della Pace.
Il secondo rischio richiamato nel discorso del 10 gennaio 2011, cui ora
torno come «indice» dei temi all’ordine del giorno in materia di libertà religio-
sa, è quello del tentativo dell’islam ultra-fondamentalista, che certo non va con-
fuso con l’islam in genere, di porre fine all’esistenza bimillenaria di comunità
cristiane nel Vicino Oriente, ricorrendo anche al terrorismo. In alcuni Paesi il
tentativo di una pulizia etnica che elimini definitivamente i cristiani è ormai del
tutto evidente. I governi, è vero, prendono le distanze dagli ultra-fondamentali-
sti. Ma il tempo delle parole non seguite dai fatti è scaduto. Occorrono, afferma,
il Papa, «misure efficaci per la protezione delle minoranze religiose»8.
Né si tratta solo di un problema di polizia, la cui azione in Paesi come
l’Egitto è peraltro molto importante e deve compiere un salto di qualità, nono-
stante le recenti difficoltà, se vuole raggiungere risultati non fittizi. Si tratta an-
che delle leggi, che in molti Paesi a maggioranza islamica riducono la libertà re-
ligiosa alla sola libertà di culto. I cristiani — non ovunque — possono libera-
mente celebrare i loro riti chiusi in chiesa, ma dalle chiese e dalle sacrestie non
possono uscire per annunciare il Vangelo. Se poi qualcuno si converte dall’i-
slam al cristianesimo, è punito dalle leggi contro l’apostasia e — dove queste
leggi sono state abrogate su pressione occidentale — da norme contro la blasfe-
mia, che spesso sono solo leggi contro le conversioni mascherate. Il Papa ricor-
da «[...] che la libertà religiosa non è pienamente applicata là dove è garantita
solamente la libertà di culto, per di più con delle limitazioni»9. In modo molto
esplicito, afferma pure che «tra le norme che ledono il diritto delle persone alla
libertà religiosa, una menzione particolare dev’essere fatta della legge contro
la blasfemia in Pakistan: incoraggio di nuovo le Autorità di quel Paese a com-
7 Idem, Omelia durante la Messa nel Bellahouston Park a Glasgow, del 16-9-2010, in
L’Osservatore Romano. Giornale quotidiano politico religioso, Città del Vaticano 18-9-
2010. 8 Idem, Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede,
del 10-1-2011, cit. 9 Ibidem.
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piere gli sforzi necessari per abrogarla, tanto più che è evidente che essa serve
da pretesto per provocare ingiustizie e violenze contro le minoranze religio-
se»10
.
Il terzo rischio — spesso poco conosciuto o sottovalutato — è costituito
dalle aggressioni nei confronti dei cristiani da parte di «fondamentalisti» indù o
buddhisti, che identificano l’identità nazionale dei loro Paesi con un’identità re-
ligiosa, difesa in modi talora violenti contro il cristianesimo. Sono quelle che il
Papa chiama «situazioni preoccupanti, talvolta con atti di violenza, [che] pos-
sono essere menzionate nel Sud e nel Sud-Est del continente asiatico, in Paesi
che hanno peraltro una tradizione di rapporti sociali pacifici. Il peso particola-
re di una determinata religione in una nazione non dovrebbe mai implicare che
i cittadini appartenenti ad un’altra confessione siano discriminati nella vita so-
ciale o, peggio ancora, che sia tollerata la violenza contro di essi»11
.
Il quarto rischio è costituito dal fatto che, anche se molti vorrebbero di-
menticarlo, vi sono ancora regimi comunisti nel senso più stretto e duro del ter-
mini. «In diversi Paesi — afferma il Papa con evidenti allusioni a questi regimi
— [...] la Costituzione riconosce una certa libertà religiosa, ma, di fatto, la vita
delle comunità religiose è resa difficile e talvolta anche precaria (cfr Conc. Vat.
II, Dich. Dignitatis humanae, 15), perché l’ordinamento giuridico o sociale si
ispira a sistemi filosofici e politici che postulano uno stretto controllo, per non
dire un monopolio, dello Stato sulla società»12
. Il pensiero del Papa, così, «[...]
si volge di nuovo verso la comunità cattolica della Cina continentale e i suoi
Pastori, che vivono un momento di difficoltà e di prova»13
. Né si tratta dell’uni-
co caso, se solo pensiamo per esempio al dramma ampiamente dimenticato dei
cristiani nella Corea del Nord, un Paese che vince ogni anno la «medaglia d’o-
ro» dell’organizzazione protestante Porte Aperte come il luogo dove in assoluto
è più pericoloso essere cristiani.
Il quinto rischio è rappresentato da quella che il Papa nel discorso alla
Curia Romana del 20 dicembre 2010, facendo sua un’espressione coniata dal-
l’illustre giurista ebreo statunitense di origine sudafricana Joseph Weiler, aveva
chiamato la «cristianofobia» dell’Occidente14
. «Spostando il nostro sguardo
dall’Oriente all’Occidente — ha detto il Papa —, ci troviamo di fronte ad altri
tipi di minacce contro il pieno esercizio della libertà religiosa. Penso, in primo
luogo, a Paesi nei quali si accorda una grande importanza al pluralismo e alla
tolleranza, ma dove la religione subisce una crescente emarginazione. Si tende
a considerare la religione, ogni religione, come un fattore senza importanza,
10
Ibidem. 11
Ibidem. 12
Ibidem. 13
Ibidem. 14
Cfr. Idem, Discorso ai Cardinali, agli Arcivescovi, ai Vescovi e ai Prelati della Curia
Romana per la presentazione degli auguri natalizi, del 20-12-2010, ibid. 21-12-2010.
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estraneo alla società moderna o addirittura destabilizzante, e si cerca con di-
versi mezzi di impedirne ogni influenza nella vita sociale»15
.
Si arriva così a pretendere che i cristiani agiscano nell’esercizio della loro
professione senza riferimento alle proprie convinzioni religiose e morali, e per-
sino in contraddizione con esse, come, per esempio, là dove sono in vigore leggi
che limitano il diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari o di certi
operatori del diritto, particolarmente in tema di «aborto».
«Un’altra manifestazione dell’emarginazione della religione e, in parti-
colare, del cristianesimo — ha aggiunto il Papa —, consiste nel bandire dalla
vita pubblica feste e simboli religiosi, in nome del rispetto nei confronti di
quanti appartengono ad altre religioni o di coloro che non credono. Agendo co-
sì, non soltanto si limita il diritto dei credenti all’espressione pubblica della lo-
ro fede, ma si tagliano anche radici culturali che alimentano l’identità profon-
da e la coesione sociale di numerose nazioni»16
. Anche qui il Papa non si è li-
mitato ai principi generali, ma ha fatto un preciso riferimento alla sentenza Lau-
tsi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che vorrebbe vietare l’esposizione
del crocifisso nelle scuole italiane, lodando chi si batte perché siano rimossi gli
infausti e ingiusti effetti di quella sentenza. «L’anno scorso — ha detto Bene-
detto XVI —, alcuni Paesi europei si sono associati al ricorso del Governo ita-
liano nella ben nota causa concernente l’esposizione del crocifisso nei luoghi
pubblici. Desidero esprimere la mia gratitudine alle Autorità di queste nazioni,
come pure a tutti coloro che si sono impegnati in tal senso»17
.
La «cristianofobia» si manifesta anche nelle minacce alla libertà di edu-
cazione e nell’avversione amministrativa alle scuole cristiane. Né si può, ha det-
to il Papa, «[...] passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa
delle famiglie in alcuni Paesi europei, là dove è imposta la partecipazione a
corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e
della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria
alla fede e alla retta ragione»18
.
Il fatto che l’OSCE abbia istituito l’ufficio di un Rappresentante per la
lotta alla discriminazione contro i cristiani rappresenta un successo della diplo-
mazia della Santa Sede e di quei governi che l’hanno intelligentemente affianca-
ta. Le difficoltà e le opposizioni, naturalmente, non mancano, e in tempi di crisi
economica le risorse delle organizzazioni internazionali sono severamente limi-
tate. Sul versante dell’azione concreta per la libertà dei cristiani, l’azione del
mio ufficio all’OSCE si svolge attraverso un’azione diplomatica presso gli Stati
partecipanti e country visit, talora condotte insieme agli altri due Rappresentan-
15
Idem, Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede,
del 10-1-2011, cit. 16
Ibidem. 17
Ibidem. 18
Ibidem.
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ti, rispettivamente per la lotta all’antisemitismo e all’islamofobia. Quest’azione
è peraltro istituzionalmente limitata agli Stati partecipanti all’OSCE.
Sul piano della consapevolezza delle discriminazioni contro i cristiani
possiamo fare di più. Stiamo organizzando un incontro dell’OSCE a Roma sul
tema Intolleranza e discriminazione contro i cristiani. Ho proposto anche agli
Stati che vorranno aderirvi la celebrazione di una Giornata dei Martiri Cristiani
del nostro tempo, da celebrarsi non — o non solo — nelle chiese, dove vi sono
già iniziative analoghe, ma nelle scuole, nelle città, nelle istituzioni pubbliche
perché la persecuzione dei cristiani non riguarda solo i cristiani, ma tutti. Ho
proposto la data del 7 maggio ricordando il grande evento ecumenico che il ve-
nerabile Papa Giovanni Paolo II (1978-2005) organizzò al Colosseo il 7 maggio
2000, con otto «stazioni» che ricordavano i principali gruppi di martiri cristiani
del nostro tempo: le vittime del totalitarismo sovietico, del comunismo in altri
Paesi, del nazismo, dei conflitti fra religioni, dei nazionalismi religiosi violenti
in Asia, dell’odio tribale e anti-missionario, del laicismo aggressivo e della cri-
minalità organizzata. Questa giornata potrebbe essere occasione ogni anno per
un esame di coscienza collettivo e per un accostamento esigente dell’Europa al
problema della tutela delle minoranze cristiane in diversi Paesi. Vale sempre la
pena di rileggere l’appello che Giovanni Paolo II lanciò al Colosseo il 7 maggio
2000 al nuovo secolo XXI che allora iniziava: «Resti viva, nel secolo e nel mil-
lennio appena avviati, la memoria di questi nostri fratelli e sorelle. Anzi, cre-
sca! Sia trasmessa di generazione in generazione, perché da essa germini un
profondo rinnovamento cristiano!»19
. L’istituzione di una Giornata dei Martiri
Cristiani del nostro tempo sarebbe una bella risposta a questo appello oggi più
che mai attuale.
19
Giovanni Paolo II, «La commemorazione ecumenica dei Testimoni della Fede del XX
secolo al Colosseo». I martiri: lievito della storia del Novecento, del 7-5-2000, in Inse-
gnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XXIII, 1, 2000 (Gennaio-Giugno), Libreria Editrice
Vaticana, Città del Vaticano 2002, pp. 772-776 (p. 776).
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Os prudentis
La parola del prudente è
ricercata nell’assemblea;
si rifletterà seriamente
sui suoi discorsi
(Sir 20, 17)
Tempo di scegliere*
Ronald Wilson Reagan
1. Grazie, grazie molte e buonasera. Si è capito chi è lo sponsor della se-
rata1, ma, a differenza di molti programmi della TV, a chi stasera è di scena non
è stato dato un copione. In realtà, mi hanno concesso di scegliere da me le paro-
le da pronunciare e i temi da trattare circa la scelta che ci attende nelle prossime
settimane.
Per gran parte della mia vita sono stato un sostenitore del Partito Demo-
cratico. Negli ultimi tempi, però, ho ritenuto opportuno seguire un’altra via.
Credo, infatti, che le questioni da affrontare vadano oltre le linee di partito. Ora,
nel corso di questa campagna, da una delle parti ci viene raccontato che la que-
stione principale di questa elezione è il mantenimento della pace e della prospe-
* Cento anni fa, il 6 febbraio 1911, nasce a Tampico, in Illinois, Ronald Wilson Reagan
(1911-2004), futuro quarantesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Cresciuto e
battezzato all’interno della denominazione cui apparteneva la madre, i Discepoli di Cri-
sto, Reagan diventa cristiano presbiteriano nel 1963, pur conservando una spiritualità
tendenzialmente restituzionista basata sulla convinzione che, ponendo al centro del pro-
prio credo esclusivamente la Bibbia, sarebbe possibile una riunione di tutte le denomi-
nazioni cristiane. Il testo è la prima traduzione italiana del discorso A Time for choosing,
registrato a Los Angeles e mandato in onda il 27 ottobre 1964, noto anche come The
Speech, «Il Discorso». Se è vero che, prima di quella data, Reagan si era già impegnato,
come attore, in un’intensa attività sindacale, è tuttavia questo discorso in appoggio del
candidato alla Presidenza Barry Morris Goldwater (1909-1998) a segnare l’esordio di
Reagan e la sua ascesa come astro politico: impressionati dall’abilità dell’oratore e dal
successo mediatico che si era tradotto in una raccolta di svariati milioni di dollari a so-
stegno della campagna elettorale di Goldwater, i maggiorenti del Partito Repubblicano
in California decidono, nel 1966, di scommettere — vincendo — su Reagan per la cari-
ca di governatore del loro Stato. Ronald Reagan sarà eletto presidente degli Stati Uniti
d’America nel 1980 e riconfermato nel 1984. La sua politica interna, fondata sulla ridu-
zione della pressione fiscale, porterà a sette anni di crescita economica ininterrotta.
Quella estera e sugli armamenti contribuirà, forse in maniera determinante, al crollo
dell’Unione Sovietica. Il testo inglese è raccolto in Frederick J. Ryan Jr. (a cura di),
Ronald Reagan, The Great Communicator, Perennial-HarperCollins, New York 2001,
pp. 136-149. La registrazione televisiva del discorso è sul sito Internet <http://www.you
tube.com/watch?v=qXBswFfh6AY> (consultato il 31-3-2011). Le note, le inserzioni in
parentesi quadre e la divisione in paragrafi sono redazionali. 1 Il relatore era stato presentato come segue da una voce fuori campo: «Il programma
politico pre-registrato che seguirà è sponsorizzato da TV per Goldwater-Miller a bene-
ficio di Barry Goldwater, candidato Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti d’A-
merica. Signore e signori, abbiamo l’onore di annunciare un autorevole discorso di Ro-
nald Reagan».
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rità. La frase che è stata usata è: «Le cose, da questo punto di vista, non ci sono
mai andate così bene».
Tuttavia, ho la spiacevole sensazione che questa prosperità non è qualco-
sa su cui poter fondare le nostre speranze per il futuro. Nessuna nazione nella
storia è sopravvissuta a un gettito fiscale oneroso che raggiunge un terzo del suo
reddito nazionale. Oggi, 37 centesimi di ogni dollaro guadagnato in questo Pae-
se sono la parte che l’esattore pretende per sé; ciò nonostante il nostro governo
continua a spendere 17 milioni di dollari al giorno in più di quanto incameri. Per
ventotto degli ultimi trentaquattro anni non siamo riusciti a pareggiare il bilan-
cio preventivo di spesa. Negli ultimi dodici mesi, abbiamo innalzato per tre vol-
te il tetto del nostro debito e, ora, il debito nazionale è di una volta e mezzo più
alto di quello di tutte le nazioni del mondo messe assieme. Il nostro Tesoro cu-
stodisce quindici miliardi in oro, ma, in realtà, non ne possediamo neanche un
grammo. Siamo indebitati per 27,3 miliardi di dollari e ci è stato appena annun-
ciato che un dollaro del 1939 vale ora in tutto 45 centesimi.
2. A proposito della pace che dovremmo preservare, mi chiedo chi se la
sentirebbe, fra noi, di avvicinare una madre o una moglie il cui figlio o il cui
marito è morto nel Vietnam del Sud per chiederle se questo è il tipo di pace che,
secondo loro, andrebbe preservato a tempo indeterminato.
Chi parla di «pace», intende forse che, semplicemente, vuol essere lascia-
to in pace? Non ci può essere vera pace se, nel contempo, un americano sta mo-
rendo in qualche parte del mondo per il bene di tutti noialtri. Noi siamo in guer-
ra con il nemico più pericoloso che l’umanità abbia mai dovuto affrontare nel
corso della sua lunga ascesa dalle paludi alle stelle; vi è chi ha detto che, ove
mai noi perdessimo questa guerra e, con essa, questo nostro modo di vivere la
libertà, la storia ricorderà con il più grande stupore che chi più aveva da perdere
meno fece per evitarlo.
Bene, penso sia venuto il momento di chiederci se ancora godiamo delle
libertà che hanno inteso garantirci i nostri Padri Fondatori. Non molto tempo fa
due miei amici stavano parlando con un rifugiato cubano, un uomo d’affari che
era dovuto scappare dal regime di [Fidel] Castro [Ruz] e, mentre costui raccon-
tava la sua storia, uno dei due miei amici dice, rivolto all’altro: «Ci rendiamo
conto di quanto siamo fortunati?». Il cubano lo interrompe, dicendo: «Quanto
fortunati siete voi?!? Sono io che ho avuto un posto dove fuggire». In quella
frase vi è veramente tutta la storia. Quando perderemo la libertà qui da noi, non
vi sarà più un posto dove fuggire2. Questo è l’ultimo baluardo che ancora resiste
sulla Terra.
2 L’argomento è, per così dire, classico. Qualche anno prima il filosofo tedesco Josef
Pieper (1904-1997) aveva notato: «Il diventare [...] totalitario è il pericolo implicito
nella sua struttura, di uno stato [sic] mondiale, di uno stato cioè cui mancano per defi-
nizione i “vicini” e il quale, per questo, finisce inavvedutamente per coincidere con le
isole politiche delle utopie. In considerazione di ciò il liberale [Edward] Gibbon [1737-
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E l’idea che il governo sia soggetto al popolo, che non abbia altra fonte di
potere che non sia il popolo sovrano, è ancor oggi l’idea più nuova e originale
che sia mai apparsa nella lunga storia delle relazioni dell’uomo con l’uomo. Ed
è proprio il problema che si pone con questa elezione: se noi crediamo nella no-
stra capacità di autogovernarci o se invece intendiamo abbandonare la Rivolu-
zione Americana e confessare che una piccola élite intellettuale di una capitale
lontana sia in grado di pianificare le nostre vite al posto nostro meglio di quanto
sappiamo fare noi stessi.
A voi e a me viene detto, con sempre maggiore insistenza, che dovremo
scegliere fra destra e sinistra, ma vorrei suggerire che, in questo caso, non ci so-
no una destra e una sinistra. Vi è solo un alto e un basso. Si può salire verso
l’alto, elevandosi all’antichissimo sogno dell’uomo di coniugare il massimo del-
la libertà personale con un ordine legittimo. Oppure cadere in basso, nel formi-
caio del totalitarismo. A dispetto della loro sincerità e delle loro motivazioni
umanitarie, coloro che sacrificherebbero la libertà per la sicurezza si sono in-
camminati lungo questo percorso che porta in basso. In questi tempi di caccia al
voto usano espressioni come Great Society o sostengono, come ha fatto qualche
giorno fa il nostro Presidente, che dovremmo accettare un’attività più intensa
del Governo negli affari del popolo3. In passato e fra di loro sono stati anche un
po’ più espliciti — e tutte le cose che dirò sono state pubblicate. Non si tratta di
illazioni di Repubblicani. Per esempio, vanno insinuando che «la guerra fredda
finirebbe se accogliessimo un socialismo non antidemocratico». Un’altra voce
che circola sostiene che la logica del profitto sia passata di moda e che vada
rimpiazzata dagli incentivi dello Stato assistenziale; e che «il nostro sistema
tradizionale basato sulla libertà individuale non sia capace di risolvere i pro-
blemi complessi del ventesimo secolo».
1794] ha detto dell’impero romano che, anche per questo, s’era in tale impero potuto
strappare dalle radici la libertà, perché “non c’era possibilità di fuggire”» (Josef
Pieper, Sulla fine del tempo. Meditazione filosofica sulla storia, 1950, trad. it., Morcel-
liana, Brescia 1959, p. 123). La stessa pagina ospita l’opinione del saggista Gerhard
Nebel (1903-1974): all’organizzazione mondiale unitaria — che per Pieper era «sicu-
ramente in formazione» (cfr. ibidem) — «si potrebbe obiettare, dal punto di vista della
libertà, che, quando quella sarà realizzata, nessun luogo ci sarà più nel quale sia pos-
sibile emigrare» (Gerhard Nebel, Bei der nördlichen Hesperiden. Tagebuch aus dem
Jahre 1942, Marees Verlag, Wuppertal 1948, p. 258). 3 In seguito all’assassinio del presidente eletto John Fitzgerald Kennedy (1917-1963),
avvenuto il 22 novembre 1963, alla Presidenza era subentrato il vicepresidente in carica
Lyndon Baines Johnson (1908-1973). Great Society è il nome con il quale Johnson, in
un suo discorso all’Università del Michigan del 22 maggio 1964, aveva battezzato la po-
litica che intendeva adottare, consistente in vasti programmi di spesa federale finalizzati
all’eliminazione della povertà e delle ingiustizie sociali: cfr. Lawson Bowling, Shapers
of the great debate. A Biographical Dictionary, Greenwood Press, Westport (CT) 2005.
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Parlando alla Stanford University, il senatore Fulbright [James William
(1905-1995)] ha detto che la Costituzione è ormai passata di moda. Ha usato la
frase «nostro educatore morale e nostro leader» per alludere al Presidente, e ha
detto che se questi procede a fatica verso la realizzazione dei suoi obiettivi è a
causa delle restrizioni al suo potere imposte da quel documento antiquato. E che
il Presidente dovrebbe «avere mano libera» in modo da poter fare per noi ciò
che egli sa essere «il meglio»4.
E il senatore Clark [Joseph S. (1901-1990)] della Pennsylvania, un altro
fine oratore, ha definito il progressismo come «l’andare incontro alle esigenze
materiali delle masse mediante i pieni poteri di un governo centralizzato». Per
quel che mi riguarda, mi irrita che un rappresentante del popolo decida di rife-
rirsi a voi e a me — donne e uomini liberi di questo Paese — usando l’espres-
sione «le masse». È un termine che in America, in passato, non avremmo mai
adoperato per alludere a noi stessi. Ma, a parte quello, «i pieni poteri di un go-
verno centralizzato» furono esattamente la cosa che i nostri Padri Fondatori vo-
levano evitare il più possibile. Essi sapevano che i governi non controllano le
cose. Un governo non può controllare l’economia se non controllando le perso-
ne. E sapevano che, quando un governo si dispone a farlo, deve usare la forza e
la coercizione per ottenere quanto si propone. Quei Padri Fondatori sapevano
anche che, al di fuori delle funzioni che legittimamente competono a esso, uno
Stato non riesce a fare nulla bene o con uguale parsimonia quanto il settore pri-
vato dell’economia al suo posto.
3. Il coinvolgimento statale degli ultimi trent’anni nelle politiche agricole
costituisce, da questo punto di vista, l’esempio migliore. Dal 1955 il costo di que-
sto programma si è pressoché duplicato. Dell’85 per cento dei prodotti agricoli
invenduti è responsabile solo un quarto degli operatori nel settore. Tre quarti del
settore vive in un regime di libero mercato e ha conosciuto un aumento pari al 21
per cento del consumo pro capite di ciò che viene prodotto. Capite, allora, che il
primo quarto di cui parlavamo è quello soggetto ai regolamenti e ai controlli del
Governo federale. Negli ultimi tre anni abbiamo speso 43 dollari nel feed grain
program5 per ogni staio di grano che non coltiviamo. Il senatore Humphrey [Hu-
bert Horatio jr. (1911-1978)], la settimana scorsa, ha sostenuto che Barry Gold-
water, se eletto Presidente, cercherà di far diminuire il numero di agricoltori.
4 Il discorso risale all’agosto del 1961. I passi cui Reagan si riferisce sono citati in G.
Edward Griffin, The Fearful Master. A second look at the United Nations, Western Is-
lands Publisher, Appleton (Wisconsin) 1964, p. 192. 5 Nel 1961 il neo-eletto presidente Kennedy e il suo Segretario dell’Agricoltura Orville
Freeman (1918-2003) erano riusciti a far approvare al Congresso un programma d’in-
centivi governativi tesi a far diminuire la produzione di grano, orzo e sorgo al fine di
preservarne il prezzo di mercato. Ai coltivatori che accettavano di non coltivare il 20
per cento dei loro campi di grano, lo Stato garantiva il 60 per cento degl’importi lordi
che un’annata «normale» avrebbe assicurato.
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Avrebbe dovuto fare un po’ meglio i suoi compiti a casa: avrebbe scoperto che il
popolo delle fattorie ha vissuto un decremento di cinque milioni di unità mentre
erano vigenti gli attuali programmi governativi. Avrebbe anche scoperto che
l’amministrazione Democratica ha cercato di ottenere dal Congresso un’e-
stensione dei programmi governativi a quei tre quarti che sono ora liberi; nonché
il diritto di mandare in prigione quegli agricoltori che non compilano i registri
come prescritto dal Governo federale. Il Segretario dell’Agricoltura aveva chiesto
il diritto di confiscare le fattorie degl’incriminati e di riassegnarle ad altri. Nello
stesso programma era previsto un provvedimento che avrebbe autorizzato il Go-
verno federale ad allontanare dalla terra due milioni di agricoltori.
Nello stesso periodo vi è stato un aumento del numero degl’impiegati al
Dipartimento dell’Agricoltura. Attualmente ve n’è uno per ogni trenta agricol-
tori negli Stati Uniti, pur tuttavia nessuno è ancora in grado di dirci che fine ab-
biano fatto quei 66 carichi di merci che dovevano raggiungere l’Austria via ma-
re scomparendo senza lasciare traccia e come mai Billie Sol Estes non sia mai
salpato6 [Risate e applausi]. Ogni fattore responsabile e ogni organizzazione del
settore agricolo ha chiesto ripetutamente al Governo di liberalizzare l’economia
agricola, ma chi sono gli agricoltori per sapere ciò che è meglio per loro? Gli
operatori nel settore dei cereali hanno votato contro il programma d’intervento
che li riguardava, ma il Governo lo ha approvato lo stesso. Ora il prezzo del pa-
ne aumenta e il prezzo del grano pagato al produttore scende.
4. Nel frattempo, giù in città, la libertà continua a essere presa d’assalto
in nome dell’Urban Renewal7. I diritti di proprietà privata sono così diluiti che
si dà corso a quasi tutto quello che uno sparuto gruppo di urbanisti governativi
decide in nome dell’interesse pubblico. In un programma che toglie ai poveri
per dare ai ricchi, assistiamo a episodi simili a quello successo a Cleveland, in
Ohio: un edificio completato solo tre anni fa e costato un milione e mezzo di
dollari dev’essere demolito per fare strada a ciò che i funzionari del Governo
6 Reagan si riferisce alla truffa gigantesca attuata dal magnate texano Billie Sol Estes.
Dichiarando di coltivare e immagazzinare quantità di grano in realtà inesistenti, questi
se n’era servito come garanzia per ottenere prestiti bancari e per entrare nel novero degli
agricoltori che beneficiavano della politica federale di supporto ai prezzi. Accusato di
aver accumulato almeno 24 milioni di dollari in maniera fraudolenta, e di essere coin-
volto in alcune morti sospette, era stato condannato a quindici anni di prigione nel 1962,
ma ne era uscito solo tre anni dopo in seguito a una revisione del processo. Fra i finan-
ziatori del senatore L. B. Johnson, nel 1984 si era dichiarato pronto a esibire all’FBI, il
Federal Bureau of Investigation, in cambio dell’immunità, le prove che inchiodavano
Johnson come mandante di molti omicidi, fra cui quello di J. F. Kennedy. 7 L’espressione Urban Renewal, «Rinnovamento Urbano», fu usata negli Stati Uniti
d’America a partire dall’approvazione, avvenuta nel 1949, dell’Housing Act, in base al
quale, per riqualificare gli slum, i quartieri identificati come bassifondi, il Governo fe-
derale metteva a disposizione dei comuni i due terzi del prezzo di acquisizione dei siti
su cui costruire nuovi fabbricati o far passare autostrade.
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definiscono «un uso del territorio più compatibile». Il Presidente ci dice che sta
per iniziare un progetto di costruzione di migliaia di unità immobiliari destinate
all’edilizia popolare, laddove, fino a ora, ne abbiamo costruite solo centinaia.
Eppure l’FHA, la Federal Housing Authority, e la Veteran Administration ci di-
cono di possedere già 120.000 unità immobiliari che si sono riprese indietro per
la mancata cancellazione d’ipoteche. Per trent’anni abbiamo cercato di risolvere
il problema della disoccupazione tramite programmi governativi e più i progetti
falliscono, più i pianificatori progettano. L’ultima arrivata è l’Area Redevelop-
ment Agency.
Hanno appena inserito Rice County nel Kansas fra le aree depresse. Rice
County ha duecento pozzi di petrolio e le quattordicimila persone che vi abitano
hanno tre milioni di dollari nei loro depositi bancari [Applausi]. Quando, però, lo
Stato dice che sei depresso, rimani giù e fai il depresso [Risate].
Vi sono troppe persone che, quando vedono un uomo grasso accanto a
uno magro, pensano che il primo abbia acquisito la sua prosperità necessaria-
mente ai danni del secondo. Ecco allora che sperano di risolvere il problema
dell’indigenza tramite l’intervento dello Stato e di programmi governativi. Ora,
se la risposta da dare al problema fosse effettivamente intervento governativo e
Stato assistenziale — e ne abbiamo fatto esperienza per quasi trent’anni — non
sarebbe stato lecito aspettarsi che, almeno una volta in tutto questo tempo, il
Governo ci avesse fatto il punto della situazione? Ogni anno ci avrebbero co-
municato i dati relativi al declino dei numeri relativi ai bisognosi e al fabbiso-
gno di case popolari.
In realtà è vero il contrario. Ogni anno il fabbisogno aumenta e aumenta
ancora di più il costo degl’interventi. Quattro anni fa ci avevano detto che 17
milioni di persone andavano a letto ancora affamate. Probabilmente era vero:
erano tutti a dieta. Ora, però, ci raccontano che il numero di famiglie sulla so-
glia della povertà con un reddito annuo che non supera i 3.000 dollari ammonta
a 9,3 milioni. La spesa dello Stato assistenziale è ora dieci volte maggiore a
quella degli anni oscuri della Depressione. Le spese dovute al welfare hanno
raggiunto i 45 miliardi di dollari. Con un po’ di aritmetica scopriremo che, divi-
dendo equamente 45 miliardi di dollari fra nove milioni di famiglie povere do-
vremmo essere in grado di dare a ciascuna 4.600 dollari l’anno. Addizionando
questa somma al reddito che già hanno, la povertà si potrebbe ben dire eliminata
[Applausi]. Eppure dell’aiuto statale ai bisognosi solo 600 dollari arrivano nelle
tasche delle famiglie. Sembrerebbe che da qualche parte vi sia stata qualche
spesa di troppo non contabilizzata [Risate e applausi].
Stiamo, allora, dichiarando guerra alla povertà o dicendo alla gente: «Co-
raggio, puoi diventare anche tu un Bobby Baker8» [Risate]? Onestamente, come
8 Figlio di un direttore di ufficio postale, Robert Gene Baker fece una carriera politica
sfolgorante di politico «dietro le quinte», diventando uno dei più stretti collaboratori di
L. B. Johnson. Fu coinvolto in molti scandali a sfondo affaristico-sessuale ad alcuni dei
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possono aspettarsi il nostro consenso quando intendono aggiungere un altro mi-
liardo ai 45 che già spendono, o attivare l’ennesimo programma d’intervento a
quelli già vecchi di trent’anni che abbiamo? Ricordatelo: questo nuovo pro-
gramma non andrebbe a sostituire uno di quelli già esistenti, è semplicemente il
duplicato di uno di essi. Credono, forse, che la povertà sia destinata a scompari-
re improvvisamente, come per magia? In tutta franchezza, devo precisare che vi
è in questo nuovo programma una parte che non è il duplicato di alcunché. È
quella che riguarda la gioventù. Ci accingiamo, ora, a risolvere il problema del-
l’emarginazione e della delinquenza giovanile istituendo qualcosa di molto si-
mile ai vecchi campi CCC, dei Civilian Conservation Corps,9 al fine di collo-
carvi i nostri giovani. Facendo ancora appello all’aritmetica, scopriamo che per
le sole spese di vitto e di alloggio sono previsti 4.700 dollari l’anno per ogni
giovane che ospiteremo, quando ne servono solo 2700 per mandarli ad Harvard
[Applausi]! Non mi fraintendete: non sto suggerendo, per risolvere il problema,
di mandare tutti i giovani delinquenti ad Harvard [Risate e applausi].
5. Ma, tornando seri, che cosa stiamo facendo a costoro nella speranza
di aiutarli? Non molto tempo fa un giudice mi ha chiamato qui, a Los Angeles.
Mi ha raccontato di una donna che era andata dinanzi a lui per un divorzio.
Aveva sei bambini ed era incinta del settimo. A domanda, gli rivelò che il mari-
to guadagnava 250 dollari al mese ma che, divorziando, avrebbe ottenuto 80
dollari in più. Sarebbe, infatti, potuta entrare nell’Aid to Dependent Children
Program e ricevere 330 dollari ogni mese. L’idea le era venuta da due donne
del quartiere che avevano fatto proprio la stessa cosa.
Eppure, ogni volta che voi e io osiamo dubitare degli schemi proposti dai
«benefattori» veniamo accusati di essere contrari ai loro intenti umanitari. Di-
cono che siamo sempre «contro» e mai «per» qualcosa.
Beh, il guaio dei nostri amici progressisti non è che sono ignoranti, ma
che sono troppo convinti di non esserlo [Applausi]. Noi siamo a favore di un
provvedimento in base al quale alla sospensione dall’impiego non debba seguire
la disoccupazione per motivi di età avanzata, e per assicurarci che questo non
accada abbiamo accettato la previdenza sociale come una misura adatta a risol-
vere il problema.
quali non furono estranei né J. F. Kennedy né il fratello Robert (1925-1968). Accusato
di corruzione, Baker diede le dimissioni da Segretario della Maggioranza il 7 ottobre
1963. 9 I Civilian Conservation Corps erano stati istituiti dall’amministrazione Roosevelt
[Franklin Delano (1933-1945)] nel 1933. Essi impiegavano giovani disoccupati di età
compresa fra i diciotto e i venticinque anni in una sorta di «lavori socialmente utili» ri-
volti alla tutela e alla valorizzazione delle risorse naturali. Questo tipo di programma as-
sistenziale era cessato nel 1942.
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Tuttavia, siamo contrari ai promotori di questo programma quando essi
mentono circa le sue difficoltà di attuazione dal punto di vista fiscale, quando
attribuiscono a chi rivolge una sia pur minima critica al programma la volontà
di voler far cessare i sussidi a quelle persone che su questi fanno affidamento
per sopravvivere. Potrei citare le migliaia e migliaia di volte che dinanzi a noi
l’hanno chiamata «assicurazione». Quando poi sono comparsi dinanzi alla Corte
Suprema, vi hanno fatto riferimento chiamandolo «programma assistenziale».
Usano la parola «assicurazione» solo per smerciarla al popolo. E ci hanno detto
che i tributi per finanziare la Previdenza Sociale erano tasse che lo Stato poteva
destinare a usi generici, cosa che effettivamente ha fatto. Non esiste alcun fon-
do: Robert Byers, il responsabile attuariale, è comparso dinanzi a una commis-
sione voluta dal Congresso e ha ammesso che la Previdenza Sociale presenta al
momento un ammanco di 298 miliardi di dollari. In quella stessa occasione,
Byers disse anche che non vi era di che preoccuparsi: nella misura in cui aveva-
no il potere d’imporre tasse, potevano sempre spillare al popolo il necessario
per togliersi fuori dai guai. Ed è quello che stanno facendo giusto ora.
Consideriamo un giovane di ventun anni che percepisca un salario medio.
Con i contributi previdenziali che obbligatoriamente versa, potrebbe invece sot-
toscrivere una polizza assicurativa sul libero mercato che, a 65 anni, gli frutte-
rebbe 220 dollari al mese. A parità di condizioni, lo Stato gliene promette, inve-
ce, solo 127. Il giovane potrebbe fare la bella vita fino a 31 anni e solo allora
sottoscrivere una polizza che si rivelerebbe comunque più vantaggiosa della
previdenza sociale. È mai possibile che la nostra capacità negli affari sia a tal
punto scadente che non siamo capaci di porre questo programma su una base
solida e fare in modo che le persone che esigono quei versamenti in anticipo
possano constatare che li ritroveranno quando saranno loro dovuti, invece di
scoprire che l’armadio è ormai vuoto?
Barry Goldwater pensa che ne siamo capaci.
Nel frattempo non potremmo anche introdurre modalità di contribuzione
a base volontaria? Così, un cittadino che crede di poter far meglio da sé potreb-
be essere esentato dall’obbligo dei contributi previdenziali pubblici, ove certifi-
chi di stare provvedendo in altro modo agli anni in cui non percepirà più uno
stipendio. Certamente potremo introdurre, per ognuna di queste forme alternati-
ve di contribuzione, la regola che una vedova con figli possa lavorare senza
perdere quanto il defunto marito aveva fino allora versato. O pensate che voi e
io non saremo liberi di poter indicare i beneficiari di questo tipo di programmi?
Tutti noi, credo, vorremmo poter dire ai pensionati che a nessuno, in questo pae-
se, verranno mai negate cure mediche per mancanza di fondi. Tuttavia, penso
anche che siamo contrari a costringere, incuranti dei suoi bisogni, ogni singolo
cittadino in un programma di governo obbligatorio, specialmente ora che ab-
biamo dinanzi esempi come quello della Francia — la notizia è della settimana
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scorsa —, il cui programma di assistenza sanitaria, per sua stessa ammissione,
ha fatto bancarotta. Loro sono già giunti alla fine della strada.
E, inoltre, è veramente così tanto incosciente Barry Goldwater quando
propone che il nostro governo rinunci al suo programma d’inflazione deliberata,
pianificata, in modo da far sì che, al momento della pensione, un dollaro a suo
tempo versato valga ancora un dollaro e non 45 centesimi?
6. Siamo tutti favorevoli, credo, a un’organizzazione internazionale dove
s’incontrino le nazioni al fine di favorire la pace. Ma siamo contrari a subordi-
nare gl’interessi dell’America a quelli di un’organizzazione che è diventata così
strutturalmente imperfetta che il consenso di un gruppo di nazioni che ospita
meno del dieci per cento della popolazione mondiale ti garantisce i due terzi dei
voti dell’intera Assemblea Generale. Siamo, credo, anche contrari all’ipocrisia
d’importunare i nostri alleati per il fatto che da qualche parte si tengono ben
stretta una colonia, mentre, allo stesso tempo, cooperiamo a una congiura del si-
lenzio non aprendo mai bocca per denunciare lo stato di schiavitù in cui versano
milioni di uomini nelle colonie sovietiche note come «nazioni satelliti» [Ap-
plausi].
Noi siamo favorevoli ad aiutare i nostri alleati facendo partecipi delle no-
stre benedizioni materiali quelle nazioni che condividono i nostri princìpi fon-
damentali, ma siamo contrari a distribuire un po’ dappertutto denaro da governo
a governo, creando burocrazia, se non addirittura socialismo, in tutto il mondo.
Ci eravamo ripromessi di aiutare diciannove paesi. Ne stiamo aiutando centoset-
te. Abbiamo speso 146 miliardi di dollari. Con quel denaro, abbiamo acquistato
uno yacht di due milioni di dollari per Hailé Selassié [1892-1975]. Abbiamo ac-
quistato abiti da sera per imprenditori greci e mogli extra per funzionari gover-
nativi del Kenia. Abbiamo acquistato televisori per posti dove non vi è ancora
l’elettricità. Negli ultimi sei anni, cinquantadue nazioni hanno acquistato nostro
oro per un valore di 7 miliardi di dollari, e tutte e cinquantadue ricevevano aiuti
esteri dal nostro paese.
Nessun governo ha mai deciso volontariamente di auto-ridursi. E così,
una volta varati, i programmi governativi non scompaiono mai più.
Di fatto, non si è mai visto su questa terra qualcosa di più vicino alla vita
eterna di un dipartimento governativo [Risate e Applausi].
Fra funzionari e impiegati federali si raggiunge il numero di due milioni e
mezzo di persone; ove poi s’includa il numero di quelli che operano a livello co-
munale e di Stato, si scopre che il Governo impiega un sesto dell’intera forza la-
voro della nazione. Questi bureau che proliferano con le loro migliaia di regola-
menti ci sono già costati molte delle nostre salvaguardie costituzionali. Quanti di
noi si rendono conto che, oggi, gli agenti federali possono invadere una proprietà
privata senza un mandato? Possono imporre contravvenzioni senza bisogno di
un’udienza formale o, figuriamoci, di un processo dinanzi a una giuria. E hanno il
diritto di confiscare una proprietà e venderla all’asta perché quella contravvenzio-
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ne venga sicuramente pagata. A Chico County, in Arkansas, James Wier aveva
piantato oltre la misura consentita nella porzione di terreno destinata alla coltiva-
zione di riso. Il Governo è riuscito a ottenere una condanna al pagamento di
17.600 dollari e uno sceriffo degli Stati Uniti ha venduto all’asta la sua fattoria di
960 acri. Il Governo ha detto che era necessario: sarebbe servito da ammonimento
agli altri e avrebbe fatto funzionare il sistema [Applausi].
Il 19 febbraio scorso, all’Università del Minnesota, Norman Thomas
[1884-1968], sei volte candidato alla presidenza per il Partito Socialista, ha det-
to: «Se Barry Goldwater diventasse Presidente, metterebbe fine all’avanzata del
socialismo negli Stati Uniti». Credo che si tratti esattamente di quello che inten-
de fare [Applausi e altri segni di entusiasmo].
Ma, come ex Democratico, posso dirvi che Norman Thomas non è il solo
uomo che abbia tracciato questo parallelismo fra il socialismo e la presente am-
ministrazione; già nel 1936, infatti, Mister-Democratico in persona, Al Smith
[Alfred Emanuel «Al» (1873-1944)], il grande americano, aveva sostenuto pub-
blicamente, dinanzi a tutti gli americani, che la leadership del suo partito stava
conducendo il partito che era stato di Jefferson [Thomas (1743-1826)], di Jack-
son [Andrew (1767-1837)] e di Cleveland [Grover (1837-1908)] lungo la disce-
sa che porta alle bandiere di Marx [Karl Heinrich (1818-1883)], di Lenin [Vla-
dimir Il’ič Ul’janov (1870-1924)] e di Stalin [Josif Vissarionovič Džugašvili
(1878-1953)]. E, perciò, si era allontanato dal suo partito e non vi aveva fatto
mai più ritorno finché visse: fino a tutt’oggi la leadership di quel partito non ha
fatto altro che provare a trasformarlo nel sosia dell’operaio Partito Socialista In-
glese.
Ora, non sono necessari l’esproprio o la confisca della proprietà privata
per imporre a un popolo il socialismo. Che importanza volete che abbia il titolo
di possesso di un’azienda o di una proprietà se lo Stato detiene un potere di vita
e di morte su quell’azienda o su quella proprietà? Un tale apparato è già in vigo-
re. Lo Stato è, infatti, in grado di addossare un capo d’accusa su qualunque so-
cietà esso scelga di perseguire. Ogni uomo d’affari ha la sua storia di molestie
da raccontare. Da qualche parte si è insinuata una qualche forma di perversione.
I nostri diritti naturali e inalienabili sono considerati alla stregua di un’elargizio-
ne dello Stato, e la libertà non è mai stata così fragile, così vicina allo sfuggirci
di mano come in questo momento.
7. I nostri avversari Democratici sembra non abbiano intenzione di discu-
tere su questi problemi. Vorrebbero far credere a voi e a me che questa è una
sfida fra due uomini — e che noi dobbiamo giusto scegliere uno dei due perso-
naggi.
Bene, che cosa vorrebbero annientare di Goldwater? Di quest’uomo vor-
rebbero annientare quello che rappresenta, le idee che sono care a voi e a me. È
veramente l’uomo avventato, superficiale e dal grilletto facile che ci descrivo-
no? Ho avuto il privilegio di conoscerlo in tempi non sospetti. L’ho conosciuto
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molto prima che una candidatura alla Presidenza divenisse per lui realistica e
posso dirvi che, personalmente, mai, nel corso della mia vita, ho conosciuto un
uomo che ritenga così tanto incapace di fare una cosa disonesta o disonorevole
[Applausi].
Questo è un uomo che, nella sua stessa azienda prima di entrare in politica,
aveva istituito un piano di partecipazione agli utili prima che la cosa venisse in
mente ad alcun sindacato. Aveva introdotto una polizza medico-sanitaria per tutti
i suoi dipendenti. Aveva preso il 50 per cento dei profitti al netto delle tasse e, con
questo, aveva avviato un programma di collocamento a riposo, un piano pensioni-
stico per tutti i suoi dipendenti. Aveva assicurato un vitalizio mensile a un dipen-
dente che era ammalato e non poteva lavorare. Aveva fornito assistenza per la cu-
ra dei bambini le cui mamme lavorano nei negozi. Quando il Messico è stato de-
vastato dalle inondazioni del Rio Grande, è saltato sul suo aeroplano e ha paraca-
dutato laggiù viveri e medicine.
Un ex soldato mi ha raccontato come lo ha conosciuto. Era stato durante
la settimana prima di Natale ai tempi della guerra di Corea [1950-1953]; lui si
trovava all’aeroporto di Los Angeles e cercava un modo per tornare a casa in A-
rizona. Ma il numero di militari di leva in giro era enorme e non vi era alcun po-
sto disponibile sugli aerei. Si era sentita allora una voce dall’altoparlante: «Tutti
i militari che intendono raggiungere l’Arizona si presentino alla tale uscita».
Arrivati là, trovavano un certo Barry Goldwater con il suo aeroplano. Ogni
giorno, nelle settimane che precedevano il Natale, e per tutto il giorno, caricava
l’aereo di persone, volava in Arizona, le portava a casa e tornava indietro per un
altro carico.
Nel corso del febbrile secondo tempo di una campagna, questo è un uomo
che si è ritagliato il tempo di sedere accanto al letto di una vecchia amica che
stava morendo di cancro. I manager della sua campagna erano comprensibil-
mente impazienti, ma lui aveva detto: «Non sono rimasti in molti cui importa
ciò che le sta capitando. Mi farebbe piacere che lei sapesse che a me importa».
Questo è un uomo che al figlio di diciannove anni ha detto: «Non vi sono fonda-
menta paragonabili alla roccia dell’onestà e della bontà; se inizierai a costrui-
re la tua vita su quella roccia, usando il cemento della fede in Dio che tu hai,
allora acquisirai un reale vantaggio». Questo non è un uomo che, a cuor legge-
ro, manderebbe i figli degli altri in guerra. E questo è il tema politico che rende
tutti gli altri che ho esaminato accademici, a meno che non ci renderemo conto
di essere coinvolti in una guerra che deve essere vinta.
8. Quelli che ci chiedono di scambiare la nostra libertà con la mensa per
poveracci promessa dallo Stato sociale ci hanno detto di avere una soluzione
utopistica di pace senza vittoria. Chiamano la loro una politica «di compromes-
so». E dicono che se solo eviteremo qualsivoglia confronto diretto con il nemi-
co, questo abbandonerà le sue strade malvagie e imparerà ad amarci. Tutti colo-
ro che li ostacolano sono bollati come guerrafondai. Dicono che offriamo rispo-
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ste troppo semplici per problemi complessi. Bene, forse vi è una risposta sem-
plice, che non è una risposta facile.
Se solo avessimo, voi e io, il coraggio di dire ai nostri rappresentanti che
la politica nazionale che vogliamo deve essere basata su ciò che nei nostri cuori
sappiamo essere moralmente giusto! Non possiamo comprare la nostra sicurez-
za e liberarci dalla minaccia della Bomba con un atto così gravemente immorale
come quello di dire al miliardo di persone che oggi vive in condizioni di schia-
vitù al di là della Cortina di Ferro: «Rinunciate ai vostri sogni di libertà, poiché
noi, per salvare la nostra pelle, intendiamo accordarci con i vostri padroni».
Alexander Hamilton [1755/1757-1804] disse: «Una nazione che preferisce il di-
sonore al pericolo è pronta per un padrone ed è ciò che si merita»10
. Diciamo-
cela tutta. Sulla scelta fra la pace e la guerra non vi è da discutere; tuttavia ci sa-
rebbe solo un modo garantito per avere la pace, e immediatamente: la resa senza
condizioni.
È vero, seguire una qualunque altra via comporta rischi, ma vi è una le-
zione che la storia insegna costantemente: è l’appeasement, la pacificazione a
mezzo di concessioni, la via che comporta i rischi maggiori. Questo è lo spettro
che i nostri amici liberal, pur animati da buone intenzioni, si rifiutano di ricono-
scere. La loro politica di accomodamento è, in realtà, appeasement: non ti fa
scegliere fra la pace e la guerra, ma solo fra la lotta e la resa. Se continueremo a
essere accomodanti, a indietreggiare e a battere in ritirata, alla fine ci troveremo
a dover fronteggiare l’intimazione finale: l’ultimatum. Che succederà allora?
Nikita [Sergeevič] Krusciov [1894-1971] ha già detto al suo popolo di sapere
quale sarà la nostra risposta. Ha detto loro che, subendo la pressione della Guer-
ra Fredda, stiamo battendo in ritirata, e quando verrà il giorno in cui ci intime-
ranno l’ultimatum, la nostra resa sarà volontaria, poiché per quella data saranno
riusciti a indebolirci spiritualmente, moralmente ed economicamente dall’inter-
no. Lui lo crede, perché da questa nostra parte ha sentito le voci che invocano
una «pace a tutti i costi», che dicono «Meglio rossi che morti» o che si espri-
mono come quel tale cronista che preferirebbe «vivere in ginocchio, piuttosto
che morire in piedi»11
. E in ciò sta la strada che porta alla guerra, poiché quelli
voci non parlano anche per noi.
Voi e io lo sappiamo e non riteniamo che la vita sia così cara e la pace
così dolce da dover essere acquistata al prezzo di catene e di schiavitù. Da quan-
10
Americus (Alexander Hamilton), The Warning no. 3, del 21 febbraio 1797, in The
Works of Alexander Hamilton, Haskell House Publishers, New York 1904, p. 245. 11
L’autore e critico teatrale inglese Kenneth Peacock Tynan (1927-1980) ha scritto:
«Meglio rossi che morti sembra una dottrina ovvia per chiunque non sia ossessionato
da un desiderio di morte. Preferirei vivere in ginocchio, piuttosto che morire in ginoc-
chio», cit. in William Buckley jr. (1925-2008), An Island of Hope, discorso del 21
settembre 1961, raccolto in Idem, Let Us Talk of Many Things: The Collected Speeches,
Basic Books, New York 2000, pp. 42-48 (p. 47).
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do sarebbe vero che non vi è nulla, nella vita, per cui vale la pena morire? Solo
da quando abbiamo di fronte questo nemico? O, forse, Mosè avrebbe dovuto di-
re ai figli d’Israele di vivere contenti nella schiavitù imposta dai faraoni, Cristo
rifiutare la croce e i patrioti di Concord Bridge gettare le armi e rifiutarsi di spa-
rare il colpo che si sentì in tutto il mondo?12
I martiri nel corso della storia non
sono stati dei pazzi, e quei morti onorati che hanno dato la propria vita per fer-
mare l’avanzata dei nazisti non sono morti invano. Ma, allora, dov’è la strada
che porta alla pace? La risposta, dopotutto, è semplice.
Voi e io abbiamo il coraggio di dire ai nostri nemici: «Vi è un prezzo che
non siamo disposti a pagare». Vi è un punto oltre il quale non dovranno avan-
zare [Lunghi applausi]. Questo è ciò che significa lo slogan di Barry Goldwater
«Pace attraverso la forza». Winston [Leonard Spencer] Churchill [1874-1965]
disse che «[...] il destino dell’uomo non è misurabile con calcoli materiali.
Quando nel mondo sono in moto grandi forze, noi impariamo che siamo spiriti,
non animali». E disse pure che «sta accadendo qualcosa, nel tempo e nello spa-
zio, e anche oltre il tempo e oltre lo spazio, che, ci piaccia o no, sta vergando le
lettere della parola “dovere”».
Voi e io abbiamo un appuntamento con il destino. O preserveremo per i
nostri figli questa che è l’ultima e più grande speranza dell’uomo sulla terra,
oppure li condanneremo a compiere l’ultimo passo verso un’oscurità destinata a
durare migliaia di anni.
Noi ricorderemo, tenendolo bene in mente, che Barry Goldwater ha fidu-
cia in noi. Egli ha fiducia nel fatto che voi e io possediamo la capacità, la digni-
tà e il diritto di prendere da soli le nostre decisioni e di determinare il nostro de-
stino.
Molte grazie.
12
La battaglia, avvenuta il 19 aprile 1775, nei pressi del ponte settentrionale di Con-
cord, nel Massachusetts, fra i minutemen, le squadre speciali delle milizie coloniali, e
l’esercito inglese, segna l’inizio della Guerra d’Indipendenza Americana (1776-1783).
La buona battaglia
Ho combattuto la buona battaglia
(2 Timoteo 4, 7)
Unità e Risorgimento
Caltanissetta, 22 ottobre 2010. Nell’Auditorium della Biblioteca Comunale, organizzato
dagli assessorati alla Cultura del Comune e della Provincia Regionale, da Alleanza Catto-
lica e dall’Officina del Libro Luciano Scarabelli, si è tenuto un incontro dal titolo Gari-
baldi e il Plebiscito per l’unità d’Italia: fu vera gloria?. Presentati dal professor Sergio
Mangiavillano, scrittore e condirettore della rivista Archivio Nisseno, sono intervenuti il
dottor Francesco Pappalardo, di Alleanza Cattolica e direttore editoriale di Cristianità,
l’architetto Luigi Santagati e il professor Antonio Vitellaro, storico e condirettore della ri-
vista Archivio Nisseno. Ha introdotto i lavori l’assessore comunale alla Cultura dottor
Giuseppe D’Anna, che ha anche portato i saluti del sindaco dottor Michele Campisi e del-
l’on. Alessandro Pagano. Fra i presenti, intervenuti nel dibattito, l’avvocato Pietro Milano,
assessore provinciale alla Pubblica Istruzione, e il deputato regionale on. Raimondo Tor-
regrossa. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Patti (Messina), 10 novembre 2010. Nella rubrica La verità vi farà liberi, in onda su
Radio Tindari, il dottor Daniele Fazio ha intervistato il dottor Francesco Pappalardo, di
Alleanza Cattolica, su Risorgimento e identità italiana.
Succivo (Caserta), 15 novembre 2010. Nell’Auditorium Paolo VI della parrocchia del-
la Trasfigurazione, organizzato dal Centro Culturale L’officina dello sguardo, si è tenu-
to un incontro su Il mito di Garibaldi. Presentato dal maestro Gianni Aversano, coordi-
natore artistico e culturale del Centro promotore, ha trattato l’argomento il dottor Fran-
cesco Pappalardo, direttore editoriale di Cristianità, di cui è stata anche presentata l’o-
pera Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia, edita da Sugarco.
Fra i presenti il vice parroco don Torquato De Cesare. L’iniziativa è stata annunciata
con l’affissione di locandine e dai mass media locali, sui quali ha pure avuto eco.
Potenza, 27 novembre 2010. Nella Sala Conferenze dell’Istituto Principe di Piemonte,
organizzato dal Movimento Generazionale Lucano, in collaborazione con Alleanza Catto-
lica e le associazioni Il Sentiero e Spina nel Fianco, si è tenuto un incontro dal titolo Gari-
baldi. Al di là del mito. Moderati dal dottor Alessandro Galella, dirigente del Movimento
promotore, sono intervenuti il dottor Giammaria Petrone, del medesimo sodalizio, l’avvo-
cato Giuseppe Pergola, di Alleanza Cattolica, e il dottor Francesco Pappalardo, direttore
editoriale di Cristianità. Nell’occasione è stata anche presentata l’opera del dottor Pappa-
lardo Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia, edita da Sugarco. Fra
i presenti, il consigliere regionale Franco Mollica e il consigliere provinciale avvocato Au-
relio Pace. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Moliterno (Potenza), 28 novembre 2010. Nell’aula magna dell’Istituto Tecnico Ferdi-
nando Petruccelli della Gattina, organizzato da Alleanza Cattolica e dall’associazione
Cronoscout, si è tenuto un incontro di presentazione dell’opera di Francesco Pappalar-
do, Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia, edita da Sugarco.
Presentati dal dirigente scolastico professor Natale Straface, sono intervenuti il sindaco
ingegner Giuseppe Tancredi, la professoressa Maria Teresa Lapadula, dell’istituto ospi-
tante e Guida dell’associazione Cronoscout, che ha illustrato un lavoro audio-visivo de-
gli alunni delle quinte classi sulla nascita dell’identità nazionale italiana, e lo stesso dot-
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
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tor Pappalardo, di Alleanza Cattolica. Nel corso della manifestazione è stata consegnata
all’avvocato Giuseppe Pergola, pure di Alleanza Cattolica, una targa come segno di
amicizia con l’associazione Cronoscout.
Roma, 3 dicembre 2010. Nell’aula magna dell’Università Europea, organizzato dal set-
timanale L’Ottimista, si è tenuto un incontro di presentazione dell’opera di Francesco
Pappalardo, Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia, edita da Su-
garco. Presentato dal dottor Antonio Gaspari, del periodico promotore, è intervenuto lo
stesso dottor Pappalardo, di Alleanza Cattolica.
Torino, 9 dicembre 2010. Nella Sala conferenze dell’Hotel Genova, organizzato dal-
l’Associazione Noi per il Piemonte, si è tenuto un convegno dal titolo Risorgimento in
controluce. Introdotto dal giornalista dottor Ezio Ercole, il dottor Massimo Introvigne,
di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ha
presentato una relazione su Risorgimento e massoneria. L’iniziativa è stata annunciata e
ha avuto eco sui mass media locali.
Erba (Como), 26 dicembre 2010. Presso l’emittente Radio Maria si è tenuta una tavola
rotonda, moderata dal dottor Marco Invernizzi, sul tema 150 anni dall’Unità d’Italia. Una
riflessione. È intervenuto il dottor Francesco Pappalardo, di Alleanza Cattolica, autore del-
l’opera Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia, edita da Sugarco.
Torino, 20 gennaio 2011. Presso il Teatro Giulia di Barolo, organizzato dall’Associa-
zione Culturale Carlo Tancredi e Giulia di Barolo, si è tenuto un incontro dal titolo I
marchesi di Barolo e Silvio Pellico: dalla Restaurazione alla deriva del Risorgimento.
Presentato dal professor Luca Finatti, di Alleanza Cattolica, ha trattato l’argomento l’ar-
chitetto Marco Albera, della stessa associazione. L’iniziativa è stata annunciata e ha
avuto eco sui mass media locali.
Cosenza, 28 gennaio 2011. Organizzato dalla Fondazione Antonio Guarasci nella pro-
pria sede, si è tenuto un incontro di presentazione dell’opera di Francesco Pappalardo Il
mito di Garibaldi. Una religione civile per l’Italia, edita da Sugarco. Dopo i saluti del
professor Giuseppe Trebisacce, presidente del Consiglio di Amministrazione della Fon-
dazione promotrice, ordinario di Storia della Pedagogia nell’Università della Calabria,
sono intervenuti il professor Francesco Saverio Sesti, della facoltà di Giurisprudenza
dell’Università Roma 2, componente del CdA della Fondazione promotrice, Filippo Sa-
latino, di Alleanza Cattolica, e lo stesso dottor Pappalardo, direttore editoriale di Cri-
stianità. Fra i presenti il dottor Domenico Airoma, procuratore della Repubblica aggiun-
to presso il Tribunale, Geltrude Guarasci, presidente della Fondazione promotrice, i pre-
sidenti regionali delle ACLI, le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, dottor Save-
rio Sergi, e dell’Unione Sportiva ACLI, Carmelo Campolo, i consiglieri circoscrizionali
avvocato Pio Micieli e Sergio Strazzulli. Hanno inviato messaggi il professor Mario Ca-
ligiuri, assessore regionale alla Cultura, il consigliere regionale Fausto Orsomarso, de-
legato ai Trasporti della Regione, la professoressa Maria Francesca Corigliano, assesso-
re alla Cultura della Provincia. L’incontro è stato annunziato sui mass media locali.
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Crotone, 28 gennaio 2011. Organizzato dalla Fondazione D’Ettoris, da Alleanza Catto-
lica e dalla D’Ettoris Editori, nei locali della biblioteca Pier Giorgio Frassati della Fon-
dazione promotrice, si è tenuto un incontro di presentazione dell’opera di Francesco
Pappalardo L’Unità d’Italia e il Risorgimento, edita da D’Ettoris. Dopo i saluti di Giu-
seppe D’Ettoris, presidente della casa editrice omonima, dell’avvocato Giancarlo Cer-
relli, di Alleanza Cattolica, e del dottor Antonio D’Ettoris, presidente della Fondazione
promotrice, ha trattato l’argomento lo stesso dottor Pappalardo, direttore editoriale di
Cristianità. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Crotone, 29 gennaio 2011. Organizzato da Alleanza Cattolica e dal Liceo Classico Pi-
tagora nella propria Aula Magna, si è tenuto un incontro di presentazione dell’opera di
Francesco Pappalardo L’Unità d’Italia e il Risorgimento, edita da D’Ettoris. Dopo un
saluto del dirigente scolastico, Maria Luigia Giovinazzi, e la presentazione dell’avvoca-
to Giancarlo Cerrelli, di Alleanza Cattolica, è intervenuto l’autore, direttore editoriale di
Cristianità. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Lamezia Terme (Catanzaro), 29 gennaio 2011. Nella Sala della Biblioteca Comunale,
in Palazzo Nicotera, organizzato da Alleanza Cattolica e dall’Associazione Culturale
Cantiere Laboratorio, si è tenuto un incontro dal titolo A centocinquant’anni dall’Unità
d’Italia. Quale identità?. Dopo un saluto di Vittorio Gigliotti, dell’Associazione Cultu-
rale promotrice, e l’introduzione del dottor Elia Sgromo, di Alleanza Cattolica, ha tratta-
to l’argomento il dottor Francesco Pappalardo, della medesima associazione. Fra i pre-
senti il consigliere regionale Mario Magno e il consigliere comunale Raffaele Mazzei.
L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Caserta, 3 febbraio 2011. Nell’aula magna dell’Istituto Statale d’Istruzione Secondaria
Superiore Alessandro Manzoni, organizzato dall’Istituto di Ricerca Storica delle Due
Sicilie, con il patrocinio della Regione, della Provincia e del Comune, in collaborazione
con l’Archivio di Stato, l’Associazione Culturale Capitano De Mollot Eroe del Volturno
e i Comitati Due Sicilie, si è tenuto un incontro dal titolo La caduta del regno: ragioni
ideologiche e cause politiche. Presentati dalla professoressa Francesca D’Errico, dell’I-
stituto ospitante, di fronte a un pubblico di circa centocinquanta alunni e docenti, sono
intervenuti, coadiuvati dalla proiezione di diapositive, il giornalista dottor Roberto Della
Rocca, dell’Istituto promotore, e l’avvocato Giovanni Formicola, di Alleanza Cattolica.
Fra i presenti, il presidente dell’Istituto promotore, cav. Giovanni Salemi.
Categorie e attualità politico-culturali
Crotone, 25 ottobre 2010. Nella Sala Sant’Agostino della parrocchia di Santa Rita, orga-
nizzata dall’UGCI, l’Unione Giuristi Cattolici Italiani, si è tenuta l’inaugurazione del-
l’anno sociale, dal tema Chi semina legalità raccoglie giustizia. L’importanza di educare.
Dopo un saluto dell’avvocato Raffaele Campagna, di Alleanza Cattolica, vicepresidente
dell’UGCI, e introdotto dall’avvocato Giancarlo Cerrelli, pure di Alleanza Cattolica, pre-
sidente dell’Unione locale e consigliere nazionale dell’UGCI, ha trattato l’argomento l’on.
Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato all’Interno. Sono intervenuti con propri con-
tributi il dottor Raffaele Mazzotta, procuratore della Repubblica presso il Tribunale, il dot-
tor Massimo Forciniti, presidente della sezione penale del medesimo Tribunale, l’avvocato
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Salvatore Iannotta, presidente del Consiglio dell’Ordine, e il magistrato Raffaele Lucente.
Ha concluso l’arcivescovo diocesano S. E. mons. Domenico Graziani. Fra i presenti, il
sindaco, avvocato Giuseppe Vallone, l’assistente spirituale dell’UGCI, monsignor Giu-
seppe Covelli, e il parroco ospitante, don Francesco Lonetti. L’iniziativa è stata annunciata
con l’affissione di locandine e sui mass media locali, su cui ha pure avuto eco.
Rivarolo Canavese (Torino), 5 novembre 2010. Nella Sala Conferenze, organizzato
da Alleanza Cattolica in collaborazione con L’Officina delle Idee, la parrocchia di San
Michele Arcangelo e il Centro Culturale Amici del Timone, si è tenuto un incontro con
l’on. Magdi Cristiano Allam su Laicità dello Stato e politiche della Famiglia. Un con-
fronto tra Italia ed Europa. Moderati dal dottor Giuseppe Fossati, direttore di Crona-
caQui-Torino, di fronte a un pubblico di circa trecento persone, sono intervenuti il sin-
daco dottor Fabrizio Bertot e S. E. mons. Arrigo Miglio, vescovo d’Ivrea. L’iniziativa è
stata annunciata con manifesti e locandine e ha avuto eco sui mass media locali.
Ferrara, 12 novembre 2010. Nella sala conferenze della parrocchia di San Benedetto,
organizzato dalla Scuola di Educazione Civile di Alleanza Cattolica, da Scienza & Vita
Ferrara e dall’AMCI, l’Associazione Medici Cattolici Italiani, si è tenuto un incontro
dal titolo La tecnoetica, coscienza della tecnologia. Presentato dal professor Leonardo
Gallotta, direttore della Scuola promotrice, e dalla dottoressa Chiara Mantovani, presi-
dente di Scienza & Vita Ferrara e vice presidente nazionale dell’AMCI, ha trattato l’ar-
gomento il professor don José Maria Galvan Casas, docente di Teologia Dogmatica e di
Morale Teologale presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma, nonché
collaboratore di ARTS Lab della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa su temi legati alle
implicazioni antropologiche della ricerca sulla robotica e sulla tecnologia. L’iniziativa è
stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Lecce, 19 novembre 2010. Organizzato nei propri locali dalla Libreria Edizioni Paoli-
ne, in collaborazione con Alleanza Cattolica, si è tenuto un incontro di presentazione
dell’opera di Karl Giberson e Mariano Artigas Profeti senza Dio. Anche la scienza ha i
suoi sacerdoti, edita dalle Edizioni San Paolo. Dopo un’introduzione di Vincenzo Pitot-
ti, di Alleanza Cattolica, il dottor Roberto Cavallo ha intervistato Cosimo Galasso, en-
trambi pure di Alleanza Cattolica. Fra i presenti il consigliere regionale dottor Saverio
Congedo, il dottor Giuseppe Capoccia, sostituto procuratore presso la Procura della Re-
pubblica del Tribunale, e il presidente del consiglio comunale di Surbo, Domenico
Bianco. Ha inviato un messaggio il prefetto dottor Mario Tafaro. L’iniziativa è stata an-
nunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Piacenza, 26 novembre 2010. Nella Sala Didattica della Galleria d’Arte Moderna Ricci
Oddi, organizzato dal Convegno di Cultura Maria Cristina di Savoia, si è tenuto un in-
contro su La qualità dei valori femminili: nella vita della Chiesa e della società. Pre-
sentata da Rossella Beoni Bigli, presidente del Convegno, ha trattato l’argomento la
professoressa Laura Boccenti, di Alleanza Cattolica, preside del Liceo Classico Mon-
forte di Milano. Fra i presenti, l’assistente ecclesiastico monsignor Carlo Tarli. L’inizia-
tiva è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
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Iglesias, 27 novembre 2010. Nel Seminario Vescovile, organizzato dall’Ufficio Diocesano
Insegnamento della Religione Cattolica, si è tenuto per gl’insegnanti di religione un corso su
Le radici cristiane dell’Europa. Presentati da don Paolo Salis, responsabile dell’Ufficio
promotore, sono intervenuti Giovanni Cantoni e il dottor Massimo Introvigne, entrambi di
Alleanza Cattolica. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Centallo (Cuneo), 2 dicembre 2010. Nella Sala delle Mappe della Biblioteca Comuna-
le, organizzato dalla Lega Nord di Centallo-Tarantasca e dal Movimento Giovani Pa-
dani, si è tenuto un incontro dal titolo Immigrazione: risorsa o problema? Contro il mi-
to secondo cui l’immigrazione fa sempre bene. Presentato da Umberto Giorgis, coordi-
natore del Movimento promotore, e dopo i saluti dei consiglieri comunali Alessandro
Allione, di Centallo, e Alberto Brignone, di Tarantasca, e dell’assessore regionale alle
Politiche Agricole, dottor Claudio Sacchetto, ha trattato l’argomento il dottor Massimo
Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove
Religioni. Fra i presenti, i consiglieri provinciali avvocato Anna Mantini e dottor Paolo
Demarchi. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Cinisello Balsamo (Milano), 3 dicembre 2010. Nella Villa Casati Stampa, organizzato
dall’Associazione Culturale Il Ponte, si è tenuto un incontro sul tema La presenza dei
cattolici in politica. Presentati dal presidente dell’Associazione promotrice, dottor Ste-
fano Gandini, sono intervenuti il dottor Andrea Gallo, studioso del movimento cattolico,
il dottor Beppe del Colle, giornalista di Famiglia Cristiana, il dottor Luigi Amicone, di-
rettore di Tempi. Settimanale di cronaca, giudizio, libera circolazione di idee, e il dottor
Marco Invernizzi, di Alleanza Cattolica, redattore de il Timone. Mensile di informazione
e formazione apologetica.
Napoli, 3 dicembre 2010. Organizzato nei propri locali dalla parrocchia di Santa Maria
del Buon Consiglio in collaborazione con il movimento Regnum Christi, si è tenuto un
incontro su Martiri cristiani di ieri e di oggi. Presentati e moderati dall’avvocato Pa-
squale Onorati, responsabile campano del sodalizio promotore, sono intervenuti l’avvo-
cato Giovanni Formicola, di Alleanza Cattolica, il dottor Carlo Pelliccia e il dottor Fran-
cesco Grauso, di Regnum Christi. Fra i presenti, il parroco don Vincenzo Berlingieri.
L’iniziativa è stata annunciata con l’affissione di locandine.
Alessandria, 9 dicembre 2010. Nell’Istituto Angelo Custode, organizzato da Alleanza
Cattolica, si è tenuto un incontro dal titolo Radici e ali nella storia della famiglia italia-
na. Presentato da suor Carmen Libera, direttrice dell’Istituto ospitante, ha trattato il te-
ma il dottor Marco Invernizzi, di Alleanza Cattolica, conduttore di Radio Maria.
Bergamo, 11 dicembre 2010. Organizzato dalla Galleria del Libro nella propria sede e dal-
l’Associazione Alle radici della Comunità, si è tenuto un incontro di presentazione dell’o-
pera di Marco Cimmino Da Yalta all’11 settembre, edita da Il Cerchio. Presentati dal dottor
Luca Urbani, dell’Associazione promotrice, sono intervenuti il professor Giuseppe Parlato,
ordinario di Storia contemporanea presso la Libera Università degli Studi San Pio V di
Roma, il dottor Marco Invernizzi, di Alleanza Cattolica e presidente dell’Istituto Storico
dell’Insorgenza e dell’Identità Nazionale, e lo stesso professor Cimmino. L’iniziativa è sta-
ta annunciata sui mass media locali.
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Portici (Napoli), 13 dicembre 2010. Nella sala del chiostro del convento di sant’Anto-
nio dei Frati Minori Conventuali, organizzato da Alleanza Cattolica e da Cristianità, si è
tenuto un convegno su Persona, Vita, Famiglia, Educazione. Una politica per il Bene
Comune. Dopo un saluto del sindaco, dottor Vincenzo Cuomo, di fronte a un pubblico
di circa centocinquanta persone, è intervenuto l’on. Alfredo Mantovano, sottosegretario
di Stato all’Interno, in dialogo con l’avvocato Giovanni Formicola, di Alleanza Cattoli-
ca. Al termine il maestro Gianni Aversano, del gruppo Napolincanto, ha eseguito alcune
canzoni della tradizione napoletana. Fra i presenti, il parroco, padre Claudio Joris, e pa-
dre Luigi Carillo O.F.M.Conv., l’assessore comunale avvocato Aniello Pignalosa, il so-
stituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli dottor
Salvatore Sbrizzi, il sindaco di Santa Maria la Carità, in provincia di Napoli, dottor
Francesco Cascone, il presidente della municipalità napoletana di Chiaia-Posillipo-San
Ferdinando Fabio Chiosi, il dirigente del commissariato della Polizia di Stato di Portici-
Ercolano dottor Michele Spina e quello di Nola dottor Pietro Caserta, il comandante del-
la stazione dei carabinieri luogotenente Michele Scarati, l’ex consigliere regionale Pie-
tro Diodato, il consigliere comunale di Napoli Andrea Santoro. L’iniziativa è stata an-
nunciata con l’affissione di locandine.
Ponsacco (Pisa) 14 dicembre 2010. Nell’Auditorium della Mostra del Mobilio, orga-
nizzato dal Gruppo Giovani per Un Pensiero Forte e dal Gruppo Consiliare Uniti per
Ponsacco, si è tenuto un incontro dal titolo L’ora dei Tea Party. La Rivolta dell’America
profonda contro lo statalismo e l’attacco alla morale dell’amministrazione Obama. In-
trodotto dal consigliere comunale architetto Stefano Giobbi e da Samuele Chiassoni, del
Gruppo Giovani per Un Pensiero Forte, ha trattato l’argomento il giornalista e saggista
Marco Respinti, di Alleanza Cattolica. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui
mass media locali.
Napoli, 18 dicembre 2010. Nel Teatro Augusteo si è tenuto un incontro di presentazio-
ne dell’associazione Napoliviva. Presentato dal segretario generale dottor Tiberio Bru-
netti, fra gli altri è intervenuto, in rappresentanza dell’associazionismo culturale, l’avvo-
cato Giovanni Formicola, di Alleanza Cattolica. Fra i presenti, circa mille persone, nu-
merosi esponenti della politica, della cultura, delle associazioni e delle professioni. L’i-
niziativa è stata annunciata con l’affissione di manifesti e dai mass media locali, sui
quali ha pure avuto eco.
Portici (Napoli), 18 dicembre 2010. Nella sala riunioni del Liceo Classico Quinto Ora-
zio Flacco, organizzato dalla professoressa Lucia Menichelli, di Alleanza Cattolica, si è
tenuto un incontro sul tema della legalità, destinato ad alunni delle classi del secondo e
terzo anno. Presentato dalla professoressa Luisa Carrese, vicaria del dirigente scolastico,
ha trattato l’argomento il magistrato Domenico Aroma, di Alleanza Cattolica. Fra i pre-
senti, le professoresse Vanda Coppola e Rina Gigliotti.
Copertino (Lecce) 15 gennaio 2011. Organizzato nei propri locali dalla parrocchia di
Santa Maria ad Nives, si è tenuto un incontro su La via italiana alla scristianizzazione.
Presentato dal parroco, monsignor Giuseppe Sacino, e introdotto dal dottor Salvatore
Calasso, di Alleanza Cattolica, ha trattato l’argomento il dottor Omar Ebrahime, della
stessa associazione. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
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Torino, 28 gennaio 2011. Organizzato dal Centro Michele Pellegrino nella propria sede,
si è tenuto un incontro dal titolo Verso la mentalità di una giustizia secondo il modello ri-
conciliativo. Presentato da Giuseppe Giordano S.J., direttore del Centro promotore, ha
trattato l’argomento il professor Mauro Ronco, di Alleanza Cattolica, ordinario di Diritto
Penale nell’università di Padova. L’iniziativa è stata annunciata sui mass media locali.
Brindisi, 15 febbraio 2011. Nell’ambito dello spazio di approfondimento culturale del-
la testata giornalistica dell’emittente televisiva Studio 100, la giornalista dottoressa Ro-
salba De Giorgi ha intervistato sul tema Famiglia il dottor Ettore Zantonini, di Alleanza
Cattolica.
Sociologia della religione
Viareggio (Lucca), 31 ottobre 2010. Presso il Centro Congressi Principe di Piemonte,
organizzato dall’Associazione Culturale Accademia Valtortiana, la Fondazione Maria
Valtorta e il Centro Culturale Amici del Timone, con il patrocinio del Comune, si è te-
nuto un convegno di studi valtortiani su La persona del Diavolo nella cultura cattolica e
in Maria Valtorta. Nel corso della prima sessione, introdotta da don Ernesto Zucchini,
del clero di Massa Carrara-Pontremoli, presentato dal dottor Federico Bonuccelli a no-
me degli organizzatori, il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del
CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, è intervenuto su La figura del Diavolo
nei gruppi satanisti. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Milano, 1° novembre 2010. Nel corso della trasmissione L’infedele in onda su La7, il
dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Stu-
di sulle Nuove Religioni, ha preso parte, con altri, a un dibattito, condotto dal giornalista
Gad Lerner e con la partecipazione dell’autore, sul romanzo di Umberto Eco Il cimitero
di Praga, edito da Bompiani.
Roma, 4 novembre 2010. Il programma Fai Notizia, in onda su Radio Radicale, ha tra-
smesso un’intervista della giornalista dottoressa Bibi David al dottor Massimo Introvigne,
di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, sul
tema della comunità detta degli «ebrei di Bukhara», in relazione a notizie di cronaca.
Bergamo, 11 dicembre 2010. Nel Monastero San Benedetto, in occasione dell’incontro
del gruppo oblati, PierLuigi Zoccatelli, di Alleanza Cattolica e del CESNUR, il Centro
Studi sulle Nuove Religioni, ha tenuto una conferenza sulla situazione socio-religiosa
italiana e sull’impegno degli oblati benedettini per la nuova evangelizzazione. All’in-
contro ha partecipato, oltre al gruppo oblati del monastero, l’intera comunità di claustra-
te, presente la badessa suor Maria Tarcisia Pezzoli O.S.B.
Madrid (Spagna), 11 dicembre 2010. Organizzato dalla Scuola Diplomatica del mini-
stero degli Esteri spagnolo presso la propria sede, si è tenuto un simposio internazionale
dal titolo Educando en el respeto a las religiones: análisis de las fobias y de los estereo-
tipos antirreligiosos. Presentato dal professor Alberto de la Hera, ordinario di Storia
presso l’Università Complutense, il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica,
direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni, ha svolto una relazione su
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
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Manifestaciones del discurso cristianofóbico dentro y fuera del ámbito occidental. L’i-
niziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Madrid (Spagna), 13 dicembre 2010. Organizzato dal Dipartimento di Diritto Eccle-
siastico dell’Università Complutense per i professori e gli alunni della stessa università,
si è tenuto un seminario su Sectas y derechos humanos. Presentato dalla professoressa I-
rene Briones Martinez, ordinario di Diritto Ecclesiastico presso l’ateneo promotore, è
intervenuto il dottor Massimo Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR,
il Centro Studi sulle Nuove Religioni.
Catania, 17 dicembre 2010. L’emittente televisiva Antenna Sicilia ha dedicato alla ma-
gia, alle superstizioni e alle credenze una puntata della rubrica Prima Pagina dal titolo
Non è vero ma ci credo. Guidata in studio dal direttore Rino Lodato, hanno partecipato
in collegamento da Palermo la professoressa Elsa Guggino, docente di Storia delle Tra-
dizioni popolari presso l’università, da Siracusa la professoressa e regista Dora Peluso,
da Caltanissetta, presentato dal giornalista Enrico De Cristoforo, il professor Alberto
Maira, di Alleanza Cattolica, coordinatore in Sicilia di ricerche di Sociologia della Reli-
gione condotte dal CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. In studio sono in-
tervenuti il vignettista Totò Calì, lo psicoterapeuta Roberto Cafiso, padre Giovanni Cal-
cara O.P., l’attrice Raffaella Esposito, Luisa Spampinato e Desirée Ferlito della Luca
Napoli Management, e l’animatrice Loredana Arcidiacono.
Borgomanero (Novara), 14 gennaio 2011. Nella Sala Conferenze dell’oratorio della
parrocchia di San Bartolomeo, organizzato dal Gruppo Cultura e dall’amministrazione
comunale, si è tenuto un incontro dal titolo 2012 infinito presente. Millenarismi, pre-
visioni nel tempo. Presentato da Matteo Della Vecchia a nome del Gruppo promotore, di
fronte a un pubblico di oltre trecento persone, ha trattato l’argomento il dottor Massimo
Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove
Religioni. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Strasburgo (Francia), 25 gennaio 2011. Presso il Consiglio d’Europa, su iniziativa del
Centro Europeo sulla Legge e la Giustizia, si è svolta un’audizione sul tema La perse-
cuzione dei cristiani orientali. Quale risposta dall’Europa?. Presentati dal dottor Grégor
Puppinck, direttore del Centro promotore, hanno svolto relazioni, fra gli altri, S. E. mons.
Antoine Audo, vescovo caldeo-cattolico di Aleppo in Siria, e il dottor Massimo Intro-
vigne, di Alleanza Cattolica, rappresentante dell’OSCE, l’Organizzazione per la Sicurezza
e la Cooperazione in Europa, per la lotta al razzismo, alla xenofobia, e alla discriminazio-
ne e intolleranza contro i cristiani e i seguaci di altre religioni. L’iniziativa, cui hanno par-
tecipato numerosi membri dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, fra cui
l’on. Luca Volonté, che ha presentato le conclusioni dell’audizione, ha avuto eco sui mass
media internazionali. Il dottor Introvigne, nell’occasione, ha proposto che il 7 maggio, in
memoria dell’evento ecumenico organizzato dal venerabile Giovanni Paolo II al Colosseo
il 7 maggio 2000, sia proclamata Giornata europea dei martiri cristiani del nostro tempo,
ed è poi stato intervistato da mass edia internazionali, fra cui Radio Vaticana.
Roma, 1° febbraio 2011. Nel corso della trasmissione Baobab. L’albero delle notizie,
in onda su Radio 1, la giornalista dottoressa Tiziana Ribichesu ha intervistato PierLuigi
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Zoccatelli, di Alleanza Cattolica e del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni,
sul fenomeno delle Chiese etniche pentecostali in Italia.
Mondovì (Cuneo), 4 febbraio 2011. Nella Sala Don Bellisio dell’oratorio della parroc-
chia del Sacro Cuore di Gesù, organizzato dall’Unità Pastorale diocesana, si è tenuto un
incontro dal titolo Sette e nuovi movimenti religiosi. Una sfida per noi cristiani. Presen-
tato dal parroco, don Giampaolo Laugero, ha trattato l’argomento PierLuigi Zoccatelli,
di Alleanza Cattolica e del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove Religioni. L’iniziativa
è stata annunciata sui mass media locali.
Massoneria
Succivo (Caserta), 2 novembre 2010. Nell’Auditorium Paolo VI della parrocchia della
Trasfigurazione, organizzato dal Centro Culturale L’officina dello sguardo, si è tenuto
un incontro dal titolo Massoneria e rivoluzioni. Presentato dal maestro Gianni Aversa-
no, coordinatore artistico e culturale del Centro promotore, ha trattato l’argomento l’av-
vocato Giovanni Formicola, di Alleanza Cattolica. Fra i presenti il parroco don Cre-
scenzo Abbate, il vice parroco don Torquato De Cesare, il sindaco dottor Francesco Pa-
pa e l’assessore alle Politiche Sociali e alla Scuola dottor Antonio Marsilio. L’iniziativa
è stata annunciata ha avuto eco sui mass media locali.
Bioetica
Pistoia, 5 novembre 2010. Nella Sala sinodale del Palazzo dei Vescovi, organizzato
dall’Associazione Sant’Ignazio di Loyola e dal Comitato per il Centenario della nascita
di Augusto del Noce, in collaborazione con Alleanza Cattolica, Associazione John Locke
e Associazione Madonna dell’umiltà, si è tenuto un incontro dal titolo La procreazione è
finita: dalla legge 194 all’aborto fai-da-te. Introdotti da Carlotta Segoni e moderati dal-
l’avvocato Alessio Biagioni, entrambi dell’Associazione promotrice, sono intervenuti l’ar-
gomento il dottor Renzo Puccetti, di Scienza & Vita Pisa e Livorno, e l’avvocato Aldo
Ciappi, di Alleanza Cattolica. L’iniziativa è stata annunciata sui mass media locali.
Capaci (Palermo), 26 novembre 2010. Organizzato nel proprio oratorio dalla parroc-
chia di San Rocco, si è tenuto un incontro sull’accoglienza, dedicato al tema dell’aborto.
Presentati dal parroco, don Davide Chinnici, e moderati dall’oncologo Giacomo Ron-
dello, di Medicina e Persona, hanno svolto relazioni il dottor Giuseppe Canzone, prima-
rio di Ostetricia e Ginecologia all’ospedale di Termini Imerese, in provincia di Palermo,
e l’avvocato Maria Letizia Russo, di Alleanza Cattolica.
Bergamo, 27 novembre 2010. Nella Sala degli Angeli della Casa del Giovane, organiz-
zato dall’Associazione Scienza & Vita Bergamo, si è tenuto un convegno dal titolo L’i-
dentità di genere: essere ciò che si è o diventare ciò che si vuole?. Dopo il saluto del
dottor Giambattista Guizzetti, presidente dell’Associazione promotrice, introdotti dal
dottor Franco Ciccarello, presidente dell’Associazione Scienza & Vita Mantova, sono
intervenuti la professoressa Laura Boccenti, di Alleanza Cattolica, su Natura e sessuali-
tà: la crisi dell’identità personale, e il dottor Roberto Marchesini, psicologo e psicote-
rapeuta, su Come si forma l’identità di genere.
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Palermo 9-11 dicembre 2010. Organizzato dall’UGCI, l’Unione Giuristi Cattolici Ita-
liani, si è tenuto un Convegno Nazionale su Identità sessuale e identità della persona.
Ha introdotto il professor Francesco D’Agostino, presidente centrale dell’UGCI. Nella
prima sessione, presieduta dal professor Giuseppe Dalla Torre, rettore della LUMSA, la
Libera Università Maria SS. Assunta, è intervenuta la professoressa Laura Palazzani, del
medesimo ateneo, su L’identità di genere come problema biogiuridico. Nella seconda
sessione, presieduta dalla professoressa Marialaura Basso, dell’università di Bari, sono
intervenuti il professor Pasquale Stanzione, dell’università di Palermo, su Sesso e gene-
re nell’identità della persona, e la professoressa Marta Cartabia, dell’Università degli
Studi di Milano-Bicocca, su Avventure giuridiche della differenza sessuale. Nella terza
sessione, tenutasi nella sede della LUMSA il 10, presieduta dal professor Dalla Torre, so-
no intervenuti il professor Mauro Ronco, dell’università di Padova, di Alleanza Cattolica,
su La tutela penale della persona e le ricadute giuridiche dell’ideologia del genere, e il
professor Salvatore Amato dell’università di Catania, su Orientamenti sessuali e diritti
soggettivi. Nella quarta sessione, preceduta dalla celebrazione della Messa e presieduta
dall’avvocato Benito Perrone, direttore della rivista Iustitia, ha svolto una meditazione S.
E. mons. Francesco Coccopalmerio, consulente ecclesiastico centrale dell’UGCI, e ha te-
nuto la relazione conclusiva il professor Dalla Torre, su Identità sessuale e diritto canoni-
co. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali e nazionali.
Capodrise (Caserta), 11 dicembre 2010. Nella chiesa dell’Immacolata Concezione,
organizzato dal parroco don Antonio Piccirillo, in collaborazione con Alleanza Cattoli-
ca, si è tenuto un convegno su L’aborto e la vita umana. Presentati e moderati da Tom-
maso Tartaglione, dopo la proiezione di un filmato tratto da L’urlo silenzioso di Bernard
Nathanson (1926-2011), sono intervenuti don Pasquale Lunato, docente di bioetica nel-
l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Caserta, la dottoressa Laura Bucchero, oste-
trica nel consultorio familiare di Marcianise, in provincia di Caserta, l’avvocato Fabio
Russo, docente nella Scuola Superiore di economia e finanza di Roma, e l’avvocato
Giovanni Formicola, di Alleanza Cattolica. Ha concluso il parroco. L’iniziativa è stata
annunciata con l’affissione di locandine.
Bolgare (Bergamo), 11 gennaio 2011. Nell’oratorio della parrocchia di San Pietro, orga-
nizzato dal Centro Giovanile Vivi l’oratorio, in collaborazione con l’Ufficio Pastorale del-
la Salute e della Sofferenza della diocesi, si è tenuto un incontro sul tema Aborto: diritto e
conquista?. Presentati dal parroco don Francesco Bigatti, sono intervenuti la dottoressa
Sara Bonomi, di Alleanza Cattolica, e il dottor Orlando Caruso, direttore dell’Unità Ope-
rativa di Ostetricia e Ginecologia dell’ospedale di Calcinate, in provincia di Bergamo.
Ferrara, 27 gennaio 2011. Organizzato da Alleanza Cattolica e dal Circolo di Cristia-
nità nella propria sede, si è tenuto un incontro di preghiera con meditazioni e recita del
Rosario in preparazione della Giornata per la Vita.
Capaci (Palermo), 28 gennaio 2011. Organizzato dalla parrocchia di San Rocco nel proprio
oratorio, si è tenuto un incontro dal titolo Fabbricare la vita? La procreazione fra Libertà e
Responsabilità. Introdotto dall’avvocato Letizia Russo Gallo, di Alleanza Cattolica, ha trat-
tato l’argomento il professor Luciano Sesta, docente di Bioetica all’università di Palermo.
Fra i presenti il parroco, don Davide Chinnici, e il sindaco, dottor Benedetto Salvino.
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Milano, 31 gennaio 2011. Organizzato da Alleanza Cattolica nella propria sede e da
L’Altra Faccia della Medaglia Club, si è tenuto un incontro sul tema Sessualità tra ideo-
logia e realtà. Presentata dal dottor Marco Invernizzi, di Alleanza Cattolica, ha trattato
l’argomento la dottoressa Chiara Atzori, delle associazioni Obiettivo Chaire e Scienza
& Vita Milano. Nell’occasione è stata presentata l’opera della dottoressa Atzori Il bina-
rio indifferente. Uomo e donna o GLBTQ?, edita da Sugarco.
San Cataldo (Caltanissetta), 3 febbraio 2011. Nella Sala Borsellino del Comune, or-
ganizzato dall’Associazione Culturale San Giorgio, si è tenuto un incontro di sensibiliz-
zazione in vista della Giornata per la Vita. Introdotto dal presidente del sodalizio pro-
motore, professor Francesco Lo Valvo, di fronte a un pubblico di circa cento persone,
ha trattato l’argomento il professor Alberto Maira, di Alleanza Cattolica. È seguita la
proiezione del film Bella, del regista messicano Alejandro Monteverde. L’iniziativa ha
avuto eco sui mass media locali.
Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), 5 febbraio 2011. Organizzato dalla parrocchia
di Santa Maria Assunta nei propri locali in collaborazione con Alleanza Cattolica, si è
tenuto un incontro in preparazione alla Giornata Nazionale per la Vita dal titolo Educa-
re alla pienezza della vita. Dopo la recita del Rosario, il parroco, monsignor Domenico
Siracusa, ha celebrato la Messa in suffragio di tutte le vittime degli attacchi alla vita.
Quindi, presentato dal viceparroco, padre Armando Tovalin Chaidez, della Congrega-
zione dei Missionari dello Spirito Santo, il dottor Luca Basilio Bucca, di Alleanza Cat-
tolica, ha tenuto una riflessione su Nuova Evangelizzazione ed educazione alla vita. È
stato quindi proiettato il filmato La vita umana: prima meraviglia!. Fra i presenti il dot-
tor Roberto Molino, responsabile operativo dell’oratorio, e don Vito Spada, del clero
diocesano. L’iniziativa è stata annunciata con l’affissione di locandine e la diffusione di
volantini.
Portici (Napoli), 6 febbraio 2011. Nella Cappella Reale, su richiesta del rettore don
Michele Borriello, in occasione della Giornata per la Vita, al termine della Messa il dot-
tor Carmine Napolitano, di Alleanza Cattolica, ha svolto una catechesi sul tema della tu-
tela del diritto alla vita.
Apologetica
Milano, 15 novembre 2010. Organizzato da Alleanza Cattolica nella propria sede, in
collaborazione con l’Altra Faccia della Medaglia Club, si è tenuto un incontro dal titolo
Antoni Gaudì: l’architetto santo. Presentato dal dottor Marco Invernizzi, di Alleanza
Cattolica, ha trattato l’argomento l’architetto Marco Albera, della medesima associazio-
ne, presidente dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino.
Cosenza, 21 novembre 2010. Nella Cattedrale, al termine della Messa, su invito di don
Luca Perri, direttore dell’Ufficio Liturgico dell’arcidiocesi e vicerettore della Cattedra-
le, Vittorio Morrone, di Alleanza Cattolica, ha illustrato un volantino, preparato dalla
medesima associazione e dalle ACLI, le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, per
inquadrare storicamente la festività liturgica di Cristo Re e richiamare l’attenzione sul-
l’attuale fase di persecuzione dei cristiani.
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
90
Brindisi, 15 dicembre 2010. Organizzato nei propri locali dalla parrocchia di San Leucio, si
è tenuto un incontro per operatori pastorali sul tema I Vangeli dell’Infanzia. Introdotto dal
parroco don Claudio Macchitella, è intervenuto Cosimo Galasso, di Alleanza Cattolica.
Brindisi, 7 febbraio 2011. Organizzato nei propri locali dalla parrocchia della Santis-
sima Resurrezione, si è tenuto un incontro dal titolo Le apparizioni mariane nella sto-
ria. Introdotto dal parroco, don Cosimo Macilletti, vicario episcopale per la Pastorale
della Cultura, ha trattato l’argomento Cosimo Galasso, di Alleanza Cattolica.
Brindisi, 8 febbraio 2011. Organizzato nei propri locali dalla parrocchia della Santis-
sima Resurrezione, si è tenuto un incontro dal titolo Ipotesi su Maria. Presentato dal-
l’avvocato Pantaleo Binetti, della parrocchia promotrice, ha trattato l’argomento Cosi-
mo Galasso, di Alleanza Cattolica. Ha concluso il parroco, don Cosimo Macilletti, vica-
rio episcopale per la Pastorale della Cultura. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto
eco sui mass media locali.
Pieve Cesato (Ravenna), 10 febbraio 2011. Organizzato dalla parrocchia di San Gio-
vanni Battista nella propria sala conferenze, si è tenuto un incontro dal titolo Don Gio-
vanni Bosco, un Santo missionario nell’epoca del secolarismo anti-cattolico: la risposta
della Dottrina Sociale. Presentato dal parroco, monsignor Vittorio Santandrea, ha tratta-
to l’argomento Renato Cirelli, di Alleanza Cattolica. L’iniziativa è stata annunciata con
l’affissione di locandine e sui mass media locali.
Pie pratiche
Ferrara, 17 novembre 2010. Nella parrocchia di Santo Spirito, promossa da Alleanza
Cattolica e dal Circolo di Cristianità, si è tenuta un’ora di adorazione per i cristiani delle
Chiese orientali perseguitati.
Portici (Napoli), 21 novembre 2010. Nella Cappella Reale, su richiesta del rettore don
Michele Borriello, al termine della Messa il dottor Carmine Napolitano, di Alleanza
Cattolica, ha svolto una catechesi sulla Regalità di Nostro Signore Gesù Cristo. L’ini-
ziativa ha avuto eco sui mass media locali.
Cosenza, 9 dicembre 2010. Nella cappella della Madonna del Pilerio della cattedrale,
organizzata da Alleanza Cattolica e dalle ACLI, le Associazioni Cristiane Lavoratori
Italiani, si è tenuta un’ora di adorazione guidata da don Luca Perri, direttore dell’Ufficio
Liturgico del’arcidiocesi di Cosenza-Bisignano, vicerettore della Cattedrale.
Ferrara, 17 dicembre 2010. Nella parrocchia dello Spirito Santo, organizzata da Al-
leanza Cattolica e dal Circolo di Cristianità, si è tenuta un’ora di adorazione in prepara-
zione del Natale.
Portici (Napoli), 19 dicembre 2010. Nella Cappella Reale, in occasione del Natale, su
richiesta del rettore don Michele Borriello, al termine della Messa il dottor Carmine Na-
politano, di Alleanza Cattolica, ha svolto una catechesi sull’Incarnazione del Verbo e il
rapporto tra fede e ragione.
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
91
Caserta, 3-5 gennaio 2011. Nella cattedrale, in occasione dell’adorazione eucaristica
delle Quarantore, su richiesta del vicario generale monsignor Antonio Pasquariello, soci
e amici di Alleanza Cattolica hanno animato un’ora di adorazione con la recita del Ro-
sario e brevi meditazioni. Il 4, l’avvocato Giovanni Formicola, di Alleanza Cattolica, ha
svolto una meditazione sull’Eucaristia. L’iniziativa ha avuto eco sui mass media locali.
Magistero
Fiorano Modenese (Modena), 5 dicembre 2010. Nella Casa di esercizi del Buon Pa-
store, organizzata da Alleanza Cattolica e dall’associazione studentesca Tertio Millen-
nio, si è tenuta una giornata di studio dal titolo «Tu sei Pietro»: Benedetto XVI contro la
dittatura del relativismo. Presentato dall’avvocato Paride Casini, di Alleanza Cattolica,
che ha pure concluso, ha trattato l’argomento il dottor Massimo Introvigne, della mede-
sima associazione.
Brindisi, 7 dicembre 2010. Organizzato nei propri locali dalla parrocchia di San Leu-
cio, si è tenuto un incontro per operatori pastorali sull’esortazione apostolica postsino-
dale Verbum Domini di Papa Benedetto XVI, del 30-9-2010. Introdotto dal parroco don
Claudio Macchitella, ha trattato l’argomento il dottor Ettore Zantonini, di Alleanza Cat-
tolica.
Caltanissetta, 12 dicembre 2010. Presso l’Istituto Testasecca, organizzata da Alleanza
Cattolica, si è tenuta una giornata in preparazione del Natale per soci, famiglie e amici.
Dopo un saluto del professor Alberto Maira, dell’organismo promotore, di fronte a un
pubblico di circa cento persone, don Alberto Josè Gonzalez Chaves, officiale presso la
Sacra Congregazione per i Vescovi, che ha pure celebrato la Messa, ha svolto una medi-
tazione sull’Avvento e una su San Pio X, il Cardinale Rafael Merry del Val e gli errori
del modernismo. L’iniziativa ha avuto eco sui mass media locali.
Perugia, 18 dicembre 2010. Nella Sala del Dottorato delle Logge della cattedrale di
San Lorenzo, organizzato dall’Associazione Centro Culturale Leone XIII, si è tenuto un
incontro su La dottrina sociale di Leone XIII, inteso a concludere le celebrazioni per il
secondo centenario della nascita di Papa Leone XIII e a presentare l’omonima opera di
Massimo Introvigne, edita da Fede & Cultura. Presentato dal professor Marco Moschini,
presidente dell’associazione promotrice, e dopo un’introduzione di monsignor Fausto
Sciurra, presidente del Capitolo della Cattedrale, ha trattato l’argomento lo stesso dottor
Introvigne, di Alleanza Cattolica, direttore del CESNUR, il Centro Studi sulle Nuove
Religioni. L’iniziativa è stata annunciata e ha avuto eco sui mass media locali.
Milazzo (Messina), 27 dicembre 2010. Presso il convento di San Papino, organizzato da
Alleanza Cattolica e da Amicizia Cattolica, si è tenuto un ritiro natalizio su La Nuova
Evangelizzazione. Dopo la recita del Rosario e l’introduzione di Umberto Bringheli, di Al-
leanza Cattolica, sono intervenuti don Giuseppe Zanghì, parroco di Rodì Milici, in provin-
cia di Messina, su La Chiesa e la nuova evangelizzazione: spiritualità e formazione cate-
chistica; il dottor Daniele Fazio, di Alleanza Cattolica, su La cultura cattolica per la nuo-
va evangelizzazione; il dottor Luca Basilio Bucca, della medesima associazione, su Nuova
evangelizzazione e civiltà cristiana nel terzo millennio. Dopo la proiezione di tre video
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
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apologetici su Dio ed il male, La differenza tra il cristianesimo e le altre religioni e Noi
siamo Cattolici nella Chiesa Cattolica, i presenti hanno preso parte a laboratori sui temi
trattati, guidati da Antonino Teramo, dell’Associazione Cristianità-Centro d’Informazione
e Formazione Cattolica, dalla dottoressa Salvatora Zanghì e dalla dottoressa Antonina Mi-
rabile, entrambe di Amicizia Cattolica. Nell’occasione è stato allestito uno stand librario.
Fra i presenti il dottor Valentino Colosi, assessore alle Politiche ambientali, attività pro-
duttive, accertamento e riscossione tributi del comune di Gualtieri Sicaminò, in provincia
di Messina. L’iniziativa è stata annunciata con l’affissione di locandine.
Ferrara, 16 gennaio 2011. Nella chiesa di Santa Maria della Pietà, detta dei Teatini, or-
ganizzato dal Coordinamento Pro Summorum Pontificum, si è tenuto un incontro dal ti-
tolo La questione liturgica prima e dopo il Motu Proprio Summorum Pontificum. Pre-
sentato dal dottor Massimo Martinucci, dell’organismo promotore, ha trattato l’argo-
mento il dottor Luigi Casalini, di Alleanza Cattolica. L’iniziativa è stata annunciata sui
mass media locali.
Neviano (Lecce), 22 gennaio 2011. Organizzato dal Comune nella propria Sala Poli-
funzionale in collaborazione con Alleanza Cattolica, si è tenuto un incontro dal titolo
Carità contro avidità. La crisi economica e l’enciclica Caritas in Veritate. Dopo i saluti
del sindaco, Silvana Cafaro, e dell’assessore alla Cultura avvocato Antonio Megha, pre-
sentato da Vincenzo Pitotti, di Alleanza Cattolica, ha trattato l’argomento il professor
Pier Marco Ferraresi, della medesima associazione. Fra i presenti don Giuseppe De Si-
mone, parroco di San Michele Arcangelo. L’iniziativa è stata annunciata con l’affissio-
ne di manifesti e sui mass media locali.
Messina, 22 gennaio 2011. Nella chiesa di Sant’Elia, organizzato da Alleanza Cattolica,
si è tenuto un incontro dal titolo L’«aggiornamento» della «Caritas in Veritate» alla Dot-
trina Sociale della Chiesa. Dopo la recita del Rosario, introdotto da Umberto Bringheli, di
Alleanza Cattolica, ha trattato l’argomento il dottor Daniele Fazio, del medesimo organi-
smo. Fra i presenti don Giuseppe Zanghì, parroco di Rodì Milici, in provincia di Messina,
il dottor Giuseppe Pracanica, coordinatore provinciale di CittadinanzAttiva e presidente
della locale Associazione Scienza & Vita, e il dottor Marco Grassi, del Consiglio Direttivo
della Nobile Arciconfraternita della SS. Annunziata dei Catalani e segretario dell’Associa-
zione Amici del Museo di Messina. Nell’occasione è stato allestito uno stand librario.
L’iniziativa è stata annunciata con l’affissione di locandine.
Buona stampa
Ferrara, 9 dicembre 2010. Organizzato dal Circolo di Cristianità nella propria sede, si
è tenuto un incontro di presentazione della rivista Cristianità. Dopo l’illustrazione del
fascicolo da parte del coordinatore del Circolo, professor Leonardo Gallotta, Renato Ci-
relli, di Alleanza Cattolica, ha trattato de Il federalismo italico nel secolo XIX.
Pubblicazioni
delle Edizioni Cristianità
MAGISTERO PONTIFICIO
1. GIOVANNI PAOLO II, Per iscrivere la verità cristiana sull’uomo nella realtà della nazione ita-
liana. Loreto, 11 aprile 1985, 1985, € 1,55
2. PAOLO VI, La società democratica. Lettera «Les prochaines assises», 1990, € 1,03
3. GIOVANNI PAOLO II, Annunciare il valore religioso della vita umana. Discorso «Sono lieto»,
2a ed. accresciuta, 1993, € 1,55
4. PIO XII, I sommi postulati morali di un retto e sano ordinamento democratico. Radiomessag-
gio natalizio «Benignitas et humanitas», 1991, € 2,07
5. SAN PIO X, La concezione secolarizzata della democrazia. Lettera agli Arcivescovi e ai Vesco-
vi francesi «Notre charge apostolique», 1993, € 2,07
MAGISTERO EPISCOPALE
2. MONS. HANS LUDVIG MARTENSEN S.J., Vescovo di Copenaghen — Danimarca, Reincarnazio-
ne e dottrina cattolica. La Chiesa di fronte alla dottrina della reincarnazione, 1a ristampa,
1994, € 3,10
IL COMBATTIMENTO SPIRITUALE
2. PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Via Crucis. Due meditazioni, con 14 tavole di Gior-
gio Fanzini, 1991, € 5,16
LA BATTAGLIA DELLE IDEE
Dottrina e teoria dell’azione
1. PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, con lettere di en-
comio di S. E. mons. Romolo Carboni, arcivescovo titolare di Sidone e nunzio apo-
stolico, e con L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione. Saggio introduttivo di
Giovanni Cantoni, 3a ed. it. accresciuta, 1977, € 10,33
2. PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA, La libertà della Chiesa nello Stato comunista. La Chiesa, il
decalogo e il diritto di proprietà, con una lettera di encomio della Sacra Congregazione dei
Seminari e delle Università, 1978, € 3,62
3. GIOVANNI CANTONI e MASSIMO INTROVIGNE, Libertà religiosa, «sette» e «diritto di perse-
cuzione». Con appendici, 1996, € 7,75
Panorami e documenti
1. FABIO VIDIGAL XAVIER DA SILVEIRA, Frei, il Kerensky cileno, con lettere di encomio delle
LL. EE. mons. Alfonso Maria Buteler, arcivescovo di Mendoza, in Argentina, mons. Antonio
de Castro Mayer, vescovo di Campos, in Brasile, e mons. Antonio Corso, vescovo di Mal-
donado-Punta del Este, in Uruguay, e con prefazione di Plinio Corrêa de Oliveira, 1973, €
7,75
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
94
2. PLINIO CORRÊA DE OLIVEIRA E SOCIEDAD CHILENA DE DEFENSA DE LA TRADICIÓN, FA-
MILIA Y PROPIEDAD, Il crepuscolo artificiale del Cile cattolico, 1973, € 10,33
3. GIOVANNI CANTONI, La «lezione italiana». Premesse, manovre e riflessi della politica di
«compromesso storico» sulla soglia dell’Italia rossa, con in appendice l’Atto di consacrazio-
ne dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria, 1980, € 12,91
4. ALFREDO MANTOVANO, La giustizia negata. L’esplosione della criminalità fra crisi dei valori
ed emergenza istituzionale, con presentazione di Mauro Ronco, 1992, € 7,75
5. GIULIO DANTE GUERRA, La Madonna di Guadalupe. Un caso di «inculturazione» miracolo-
sa. In appendice «Preghiera per la Vergine di Guadalupe» di Papa Giovanni Paolo II, 1992,
€ 1,55
7. MARCO INVERNIZZI, L’Unione Elettorale Cattolica Italiana. 1906-1919. Un modello di im-
pegno politico unitario dei cattolici. Con un’appendice documentaria, 1993, € 4,13
8. ALFREDO MANTOVANO, Giustizia a una svolta. Verso il ricupero o verso il tramonto della le-
galità?, con prefazione di Mario Cicala, 1993, € 10,33
10. LORENZO CANTONI, Il problema della popolazione mondiale e le politiche demografiche.
Aspetti etici, 1994, € 5,16
11. OSCAR SANGUINETTI, Le insorgenze contro-rivoluzionarie in Lombardia nel primo anno
della dominazione napoleonica. 1796, con prefazione di Marco Tangheroni, 1996, € 10,33
12. IDIS. ISTITUTO PER LA DOTTRINA E L’INFORMAZIONE SOCIALE, Voci per un «Dizionario
del Pensiero Forte», a cura di Giovanni Cantoni e con presentazione di Gennaro Malgieri,
1997, € 12,91
13. ERMANNO PAVESI, Follia della Croce o nevrosi? «Funzionari di Dio. Psicogramma di un
ideale» di Eugen Drewermann e la critica della psicologia del profondo alla religione, con
presentazione di S. E. mons. Wolfgang Haas, arcivescovo di Vaduz, in Liechtenstein, e am-
ministratore apostolico di Coira, in Svizzera, e con prefazione di don Pietro Cantoni, 1998, €
9,30
Quaderni di «Cristianità», serie quadrimestrale 1985-1986, disponibili il numero 3 (Paolo Callia-
ri O.M.V., Itinerario dalle cose a Dio ovvero la «dialettica degli Esercizi» secondo padre Pio
Bruno Lanteri [1759-1830]; Estanislao Cantero Núñez, Evoluzione del concetto di democra-
zia; Francesco Pappalardo, 1799: la crociata della Santa Fede; e documenti), e il numero 5
(Enzo Peserico, Gli anni del desiderio e del piombo. Dal Sessantotto al terrorismo; documen-
ti, recensioni e segnalazioni), € 5,16 ciascuno
Distributore esclusivo nelle librerie: Mescat s. r. l. — viale Bacchiglione, 20/A — I-20139 Mila-
no — tel. 02-55.21.08.00 — fax 02-55.21.13.15
Ordinazioni: (a) per posta: Cristianità, C.P. 185, I-29100 Piacenza; (b) per e-mail: info@ al-
leanzacattolica.org; (c) tramite versamento sul c.c.p. 12837290; (d) per telefono, alle sedi di
Alleanza Cattolica in Torino: 011-53.44. 54 — Milano: 02-73.05.14 — Bergamo: 035-
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Cristianità in libreria
ABRUZZO
Chieti — Libreria De Luca — via Cesare De Lollis 12-14
L’Aquila — Libreria Colacchi — via Andrea Bafile 17
BASILICATA
Matera — Libreria Di Giulio — via Dante 61
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CALABRIA
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CAMPANIA
Avellino — Libreria Guida — corso Vittorio Emanuele II 101
Caserta — Libreria Guida — via Caduti sul Lavoro 29/33
Napoli — Libreria Guida — via Port’Alba 20/23
Salerno — Libreria Guida — corso Garibaldi 142/b
EMILIA-ROMAGNA
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Modena — Galleria Incontro Dehoniana— corso Canalchiaro 159
Parma — Libreria Fiaccadori — strada Duomo 8/a
Piacenza — Libreria Berti — via Legnano 1 Reggio Emilia — Libreria S. Paolo — via Emilia Santo Stefano 3/B
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LOMBARDIA
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Mantova — Libreria S. Paolo — viale Rimembranze 1/A
Milano — Libreria S. Paolo — piazza Duomo 18 — Libreria Àncora Artigianelli — via Larga 7
Pavia — Libreria S. Paolo — via Menocchio 8
Varese — Libreria Ambrosiana — galleria Manzoni 3
Varese — Libreria Don Bosco Elledici — via Cesare Battisti 6
Voghera (Pavia) — Libreria Bottazzi — via Cavour 59
MARCHE San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno) — Libreria Nuovi Orizzonti — via Montebello 61
Cristianità n. 359, gennaio-marzo 2011
96
PIEMONTE
Biella — Libreria Paoline — via Seminari 9/a
Cuneo — Libreria Stella Maris — via Statuto 6
Torino — Libreria San Paolo — via Consolata 1 bis
Tortona (Alessandria) — Cartolibreria E. Balbi — corso Montebello 45
PUGLIA
Lecce — Libreria Edizioni Paoline — via S. Lazzaro 19
SICILIA
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Gela (Caltanissetta) — Cartolibreria Miriam — via Cappuccini 26
Messina — Libreria Figlie di S. Paolo — via Garibaldi 59/61
Palermo — Libreria Lombardo-LDC — via Autonomia Siciliana 16/D
TOSCANA
Massa — Libreria Marzocco Paoline — via S. Sebastiano 2
Pisa — Libreria Edizioni Paoline — via Capponi 6
Lucca — Lucca Libri — corso Garibaldi 56
VENETO
Padova — Libreria San Paolo Gregoriana — via Vandelli 8-9 Verona — Libreria Editrice Salesiana — via Rigaste San Zeno 13
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Indice del numero 359, gennaio-marzo 2011:
Cristianità - c.p. 185 - I- 29100 Piacenza spedizione in a.p. d.l. 353/2003
(conv. in 27/02/2004 n. 46) art. 1,comma 1, DCB Piacenza
1 Cristo, Re del mondo e Re della storia. «Gesù di Nazaret. Seconda parte» di Papa Benedetto XVIMassimo Introvigne
23 La tutela penale della persona e le ricadute giuridiche dell’ideologia del genereMauro Ronco
45 «1861-2011. A centocinquant’anni dall’Unità d’Italia. Quale identità?». Roma, 12 febbraio 2011
Andrea Bartelloni
49 «1861-2011. Unità e Risorgimento. La verità anzitutto» Alleanza Cattolica
IL RESTO DELLA V ERITÀ
53 Le minacce alla libertà religiosa nel secolo XXI Massimo Introvigne
OS PRUDENTIS
63 Tempo di scegliere Ronald Wilson Reagan
77 LA BUONA BATTAGLIA
Fascicolo chiuso in redazione il 31 marzo 2011Festa di san Beniamino