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26 Norme e tributi Il Sole 24 OreLunedì 7 Novembre 2016 N. 307
Imposte dirette. La successione nell’attività svolta del de cuius intreccia aspetti tributari con la disciplina del diritto civile
Così l’azienda «passa» agli erediFisco neutrale sul trasferimento dell’impresa individuale - Plusvalenze limitate alle cessioni
L’altro fronte. Sei mesi per chiudere la posizione
Per l’Iva occorresempre verificarela prosecuzione
FISCO www.quotidianofisco.ilsole24ore.com
PAGINA A CURA DILuigi Lovecchio
pIl passaggio generazionale nell’impresa individuale comporta rilevanti ricadute sul pianofiscale, sia nel comparto delle imposte dirette che nell’Iva. È un tema spesso trascurato, che però pone i professionisti di fronte a questioni relativamente complesse: la comprensione delle problematiche fiscali, infatti,presuppone l’applicazione dei principi del diritto civile.
Sotto quest’ultimo aspetto, ladistinzione di carattere generale discende dalla decisione degli eredi di proseguire o meno l’attività del de cuius. Va infatti ricordato che la qualifica di imprenditore non si acquisisce per successione, ma per effetto di comportamenti posti in essere direttamente dagli eredi.
Il principio di neutralitàNel Tuir, le previsioni di riferimento sono contenute negli articoli 58 e 67. Secondo la prima disposizione, in caso di acquisizione dell’azienda a titolo gratuito oper causa di morte, non emergono plusvalenze imponibili in capo al dante causa. I valori di carico dell’azienda nei riguardi deglieredi, inoltre, sono i medesimi fiscalmente riconosciuti nei confronti del de cuius. Il passaggioavviene quindi in neutralità fiscale.
Stante il dettato letterale dellanorma, si ritiene che l’assunzione dei valori storici non possa mai essere derogato ai fini fiscali,neppure assoggettando a imposizione le relative plusvalenze. La previsione in esame, contenuta nelle norme sul reddito d’impresa, dispiega i suoi effetti naturali soprattutto qualora gli eredi continuino l’attività del dante causa.
La continuazione dell’attivitàSe gli eredi sono più d’uno, assumendo la prosecuzione dell’attività, gli stessi si costituiscono in società di fatto, che poi deve essere regolarizzata, entro un anno, in società “regolare”, di persone o di capitali. In tale eventua
lità, la previsione di neutralità fiscale comporta, di regola, l’applicazione di un doppio binario ai fini della valorizzazione delpatrimonio sociale. Ed invero, ai fini civilistici, la costituzione della società tra coeredi avviene tramite conferimento dell’aziendaricevuta in successione. Ciò comporta che il patrimonio sociale dovrebbe essere valutato a valori di cessione, con emersione delle eventuali plusvalenze latenti (ad esesempio, l’avviamento).
Ai fini fiscali, invece, il riferimento resta sempre il valore storico, riconosciuto nei confrontidel de cuius. La riconciliazione tra risultanze contabili e importi fiscali avverrà con le variazionida apportare in sede di dichiara
zione dei redditi. La previsione dell’articolo 58
dispone altresì che la medesima neutralità trova applicazione anche qualora, entro cinque anni dalla successione, la società tra ceoeredi si sciolga con attribuzione dell’azienda ereditata ad uno solo di essi.
La situazione ipotizzata dallanorma è piuttosto semplice: più coeredi proseguono l’attività aziendale, costituendosi in società, e successivamente, non oltre cinque anni, uno dei coeredi acquista le quote di partecipazione degli altri, scioglie la società e continua da solo l’attività. Anchein tale ipotesi, dunque, non emergono plusvalenze tassabili.
La previsione di legge ha tuttavia perso gran parte della sua portata agevolativa, per effetto della circolare 54/E del 2002 dell’agenzia delle Entrate. In tale documento di prassi si afferma infatti che il venir meno della plu
ralità dei soci, con continuazionedell’attività da parte dell’unico socio superstite non determina emersione di materia imponibile, se l’impresa individuale conserva i valori storici della società.
La cessione dell’aziendaSe gli eredi non intendono proseguire l’attività, le disposizioni di riferimento sono contenute nell’articolo 67, lettera hbis), delTuir. Ci si sposta quindi nell’ambito dei redditi diversi, con l’effetto che l’Irpef sarà dovuta solo in caso di cessione dei singoli beni aziendali o dell’azienda nelsuo complesso.
In tale eventualità, l’importoda dichiarare sarà pari alla differenza tra il corrispettivo di cessione e il valore fiscalmente riconosciuto dei beni aziendali, in capo al de cuius. Tale plusvalenza sarà tassata secondo il criterio di cassa, così come accade per la generalità dei redditi diversi. Questo significa altresì che nella fattispecie degli eredi non imprenditori non rileva mai l’autoconsumo dei beni ricevuti per successione.
In caso di pluralità di eredi, ilreddito diverso sarà tassato pro quota.
Nell’ipotesi di mera cessazione dell’attività senza liquidazione di alcun bene, invece, non emergeranno plusvalenze tassabili.
L’affitto dell’aziendaPotrebbe anche accadere che l’azienda ereditata fosse oggetto di affitto da parte del de cuius. In questo caso, se l’affitto prosegue,tra gli eredi si realizza una mera comunione ereditaria, non essendoci svolgimento di attività d’impresa.
Ciascun erede dovrà dichiarare come reddito diverso, secondo quanto previsto dall’articolo 67, lettera h), del Tuir, la quota parte del canone di locazione.
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1 anno
Il termine per la regolarizzazioneSe l’attività prosegue con gli eredi va costituita una società «regolare»
pLa successione ereditaria nell’azienda ha riflessi anche ai fini Iva. Anche in tale ambito, è importante stabilire se glieredi proseguano o meno l’impresa del dante causa.
A tale riguardo, va subito rilevato che non sempre è agevole accertare tale condizione. Per fare degli esempi, se glieredi si limitano a liquidare ibeni aziendali, non dovrebbe esserci acquisizione della qualifica di imprenditori. È però chiaro che se si tratta della liquidazione di una grande azienda, che richiede numerose operazioni e complesse attività di sistemazione patrimoniale non puòescludersi l’esercizio d’impresa.
Se l’azienda ereditata nonviene esercitata dagli eredi edè concessa in affitto a terzi, può pure ipotizzarsi l’assenzadella qualifica imprenditoriale. La realtà dei fatti è tuttavia molto più sfumata e complicata. Si pensi, ad esempio, a unnegozio di abbigliamento che, dopo il decesso del titolare, continua a essere aperto per la normale vendita al pubblico e dopo alcuni giorni viene messo in liquidazione. In questo caso, è verosimile che in capo agli eredi sia ravvisabile l’esercizio di un’attività commerciale.
Pur nella difficoltà dellacorretta qualificazione della fattispecie, laddove gli eredidecidano di non continuare l’attività, trova applicazionel’articolo 35bis, Dpr 633/1972.Tale articolo contiene la disciplina applicabile sia per le operazioni poste in essere da de cuius sia per quelle imputabili agli eredi.
Con riferimento alle operazioni poste in essere dal de cuius, si dispone che gli adempimenti di legge (ad esempio,emissione della fattura o presentazione della dichiarazione) scaduti non oltre quattro mesi dall’apertura della successione possono essere eseguiti entro sei mesi da tale da
ta. Si tratta sostanzialmentedi una “minisanatoria” che consente ai successori del de cuius di regolarizzare anche obblighi già scaduti, entro un termine congruo.
Gli eredi sono inoltre tenutia liquidare l’azienda, assolvendo l’Iva secondo le regole ordinarie, pur se ciò non avviene nell’esercizio d’impresa. Tanto, in ragione delle peculiarità dell’imposta che mira a evitare che i beni entrati nel circuito Iva giungano al consumo detassati. Questosignifica che rileva anche l’autoconsumo, diversamente da quanto visto nell’ambitodelle imposte dirette. Allo scopo, gli eredi dovranno
presentare una denuncia di variazione per comunicare il decesso del titolare dell’azienda e il nome del soggetto o dei soggetti che effettueranno le operazioni di liquidazione. Il tutto avverrà con l’utilizzo della partita Iva del de cuius, sino a quando talioperazioni saranno cessate. Anche nel caso dell’azienda ereditata data in affitto deveessere comunicata la variazione dati, e non la cessazionedella partita Iva del de cuius, considerato che la posizione di quest’ultimo resta in sospensione, nelle more della conclusione del contratto di locazione.
Se invece gli eredi proseguono l’attività d’impresa, deve essere richiesta una nuova partita Iva, comunicando con il modello la confluenza della posizione del decuius in quella della società tra successori.
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GLI ASPETTI PRATICIIn concreto anchela semplice liquidazionedi un grande complessopuò far scattare la qualificadi imprenditore ai fini Iva
IN ESCLUSIVA PER GLI ABBONATI
Le norme citate negli articoliwww.quotidianofisco.ilsole24ore.com
All’imprenditore individuale subentrano il coniuge e due figli, di cui un figlio minore d’età. Gli eredi intendono proseguire l’attività d’impresa. Quali adempimenti occorre porre in essere? Sono necessarie autorizzazioni giudiziarie,in considerazione della presenza di un soggetto minorenne?
IL FIGLIO MINORENNE
I casi pratici
Per l’esercizio dell’attività d’impresa in forma associata si ritiene necessaria l’autorizzazione del tribunale, se si tratta di società di persone, a meno che il minore non sia socio accomandante. In quest’ultimo caso è sufficiente il parere del giudice tutelare. Ottenute le autorizzazioni si procede alla costituzione della società.
LA SITUAZIONE LA SOLUZIONE
Decede un imprenditore individuale. Gli eredi sono il coniuge e tre figli. Di questi, due sono intenzionati a proseguire insieme al coniuge superstite, mentre l’altro non è interessato all’attività d’impresa. Occorre necessariamente costituire una società con la presenza di tutti gli eredi? Oppure è possibile estromettere da subito il figlio non interessato?
L’EREDE CHE NON PROSEGUE L’ATTIVITÀ
Se uno degli eredi non è intenzionato a proseguire l’attività d’impresa è possibile procedere alla cessione della sua quota d’azienda in favore degli altri. Questi ultimi potranno quindi provvedere alla regolarizzazione della società, apportando il valore dell’intera azienda, compresa la quota così acquisita.
Cade in successione un’azienda affittata a terzi in favore di tre eredi. L’affitto cessa alla fine del 2016 e gli eredi non sono intenzionati a rinnovare il contratto, ma desiderano proseguire in proprio l’attività commerciale. Quali sono le conseguenze fiscali? Bisogna costituire subito una società tra i coeredi?
L’AZIENDA IN AFFITTO RILEVATA DAGLI EREDI
Gli eredi potrebbero costituire da subito la società che fino alla fine del 2016 si limiterebbe a percepire il canone d’affitto dell’azienda, tassato come reddito d’impresa. Oppure potrebbero proseguire in forma di comunione ereditaria sino alla fine dell’anno, dichiarando il canone pro quota come reddito diverso.
Decede un imprenditore individuale. L’unico erede è il figlio che è già titolare di un esercizio commerciale, gestito sempre sotto forma di ditta individuale. Il figlio non ha intenzione di proseguire l’attività del genitore. Il fatto di essere già titolare di una ditta comporta l’obbligo della gestione dell’azienda ereditata in forma d’impresa?
L’EREDE CHE È GIÀ IMPRENDITORE
In caso di successione ereditaria, l’azienda si considera sempre ricevuta nella sfera personale dell’erede, anche se questi esercita già attività d’impresa. Ne consegue che, se l’erede ha deciso di non continuare l’attività del de cuius, lo stesso può operare sui beni aziendali senza connotazioni imprenditoriali.
Successione nell’azienda di una ditta individuale. Gli eredi sono tre e proseguono l’attività d’impresa, senza mai provvedere alla regolarizzazione dei loro rapporti sociali. Dopo due anni uno degli eredi vuole uscire. Quali operazioni occorre porre in essere? Ci possono essere riflessi fiscali in capo al soggetto che esce?
LA PROSECUZIONE IN VIA DI FATTO
Il fatto che siano passati due anni dall’apertura della successione senza effettuare la regolarizzazione non toglie che tra gli eredi intercorre comunque una società di fatto. Ne deriva che l’uscita di uno dei coeredi dovrà essere formalizzata come cessione di partecipazione sociale. L’eventuale capital gain sarà tassato come reddito diverso.
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