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C.e.rc.a Centro di Economia e Ricerca Applicata Via Cavour 84 15100 Alessandria
I Costi dell’Assistenza Socio-sanitaria agli Anziani Non Autosufficienti
nel Distretto 3 dell’A.S.L. 5
Marzo 2006
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
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Gli autori di questo rapporto sono: Carmelo Termine (cap. 1, 2 (escluso par. 2.3) e 3), Matteo
Rizzo (par. 2.3 e congiuntamente a Carmelo Termine par.3.2), Roberto Zanola (cap. 4). Rocco
Ballacchino che ha curato l’editing del rapporto. Progetto finanziato dalla Regione Piemonte
attraverso il Fondo per la Ricerca Finalizzata (coordinatore del progetto: Roberto Zanola, e-
mail:zanola@sp.unipmn.it)
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INTRODUZIONE ..........................................................................................................5
IL RAPPORTO .........................................................................................................................7
1. EVOLUZIONE DEMOGRAFICA E INVECCHIAMENTO............9
1.1. UNA POPOLAZIONE CHE INVECCHIA.............................................................................10 1.2. STATO DI SALUTE E INVECCHIAMENTO ........................................................................12 1.3 L’ASSISTENZA CONTINUATIVA AGLI ANZIANI...............................................................14
Tabella 1.1. Proiezione demografica della popolazione anziana in Europa ...................16 Tabella 1.2. Percentuale di popolazione 65+ anni e 80+ anni per sesso e per Regione
(Anno 2001)............................................................................................................................17 Tabella 1.3. Popolazione di 65+ anni per condizione di salute (Anno 2002) ..................18 Tabella 1.4. Popolazione di 65+ anni: malattie croniche e consumo di farmaci (Anno
2002) ......................................................................................................................................19
2. ANZIANI E NON AUTOSUFFICIENZA..................................................21
2.1 VERSO UNA DEFINIZIONE DI DISABILITÀ.......................................................................22 2.2. LA CONDIZIONE DI NON AUTO SUFFICIENZA IN ITALIA ................................................24 2.3. L’ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA AGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI IN PIEMONTE
....................................................................................................................................................25 2.3.1. I servizi domiciliari ...........................................................................................25 2.3.2. I servizi semiresidenziali ...................................................................................26 2.3.3. I servizi residenziali ..........................................................................................26
Tabella 2.1. Percentuale disabili per età e per attività ADL (Anno 1999) .......................29 Tabella 2.2. Anziani non autosufficienti in Italia (Anno 2004) .........................................30 Tabella 2.3. Proiezione demografica degli anziani non autosufficienti in Italia...............31 Tabella 2.4 Proiezioni demografiche non autosufficienti per sesso................................32
3. IL DISTRETTO 3 DELL’A.S.L.5 ..................................................................33
3.1. IL DISTRETTO 3.............................................................................................................34 3.2. I SERVIZI SOCIO-SANITARI DEL DISTRETTO 3...............................................................37
Tabella 3.1. La popolazione del Distretto 3.....................................................................40 Tabella 3.2. I Servizi residenziali nel Distretto 3 .............................................................41 Tabella 3.3. Altri servizi socio-assistenziali nel Distretto 3 .............................................41 Tabella 3.4. Costi sostenuti dal C.I.di.S. periodo 2001 – 2005 .......................................42
4. LA SIMULAZIONE DEI COSTI SOCIO-SANITARI .......................43
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4.1. PROIEZIONE STATISTICA DEGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI ................................ 44 4.2. I COSTI SOCIO-SANITARI DELL’ASSISTENZA AGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI ... 46 4.3. GLI SCENARI................................................................................................................. 48
4.3.1. Anziani con disabilità in 2 o più ADL............................................................... 48 4.3.2. Crescita PIL e inflazione .................................................................................. 48
Tabella 4.1. Tassi simulati di incidenza della non autosufficienza in Italia..................... 49 Tabella 4.2. Numero stimato di disabili nelle ADL presenti nel Distretto 3 (Anno 2003) 50 Tabella 4.3. Evoluzione attesa del numero di disabili nel Distretto 3 ............................. 51 Tabella 4.4. I costi socio-sanitari degli anziani non autosufficienti ................................. 51 Tabella 4.5. Stima del costo socio-assistenziale degli anziani non autosufficienti nel
Distretto 3 (2003=100) ........................................................................................................... 52 Tabella 4.6. Scenario 1: non autosufficienti con 2 o più ADL (2003=100) ..................... 52 Tabella 4.7. Scenario 2: crescita PIL (+2,0%) e inflazione (+1,5%) (2003=100) ........... 53 Tabella 4.8. Scenario 2: crescita PIL (+1,5%) e inflazione (+2,0%) (2003=100) ........... 53
CONCLUSIONI............................................................................................................ 55
BIBLIOGRAFIA .................................................................................................................. 59
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INTRODUZIONE Da tempo l’invecchiamento della popolazione è oggetto di attenzione. Infatti, due fattori sembrano
concorrere a tale attenzione: (i) la consapevolezza della rapidità dei mutamenti demografici, particolarmente
accentuati nel nostro Paese; (ii) la presunzione di forti modifiche nei bisogni medi della popolazione
provocati dall’invecchiamento (Donia Sofio e Spandonaro, 2003).
L’invecchiamento della popolazione è un fenomeno inevitabile, in considerazione dell’andamento
demografico e dell’innalzamento dell’età media. Nel nostro Paese, in base alle previsioni dell’Istat, la quota
di popolazione con più di 65 anni passerà dall’attuale 16,8 per cento al 20,4 per cento del 2010, al 27,1 per
cento del 2030. Per effetto di queste dinamiche nel 2030 sono previste 307 persone con più di 65 anni per
ogni 100 ragazzi al di sotto dei 15 anni di età.
L’allungamento medio della vita presenta due ordini di rischi. Il primo consiste nel non avere i mezzi
economici sufficienti a soddisfare bisogni vitali per un periodo di tempo più lungo che in passato. Tuttavia, è
utile ricordarlo, la letteratura economica non è pervenuta a un risultato univoco circa l’esistenza di una
correlazione positiva tra livelli di spesa e frequenza di anziani. Infatti, se da una parte esiste una ricca
produzione scientifica che conferma l’incidenza positiva sui costi sanitari prodotti da una popolazione che
invecchia (Karatzas, 2000; Salas e Raftery, 2001), dall’altra alcuni autori hanno evidenziato come sia il
reddito e non l’invecchiamento la variabile che maggiormente influenza la domanda (Materia, 1999; Deaton,
2001). Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato che ceteris paribus l’impatto sulla spesa sanitaria di un aumento
di frequenza delle classi anagraficamente più anziane risulta trascurabile, essendo i picchi di spesa
concentrati prevalentemente negli ultimi mesi di vita dell’individuo (Dirindin, 1994; Zweifel et al., 1999;
Cutler e Meara, 1998, 1999; Cutler e Sheiner, 1999; Chernichovsky e Markowitz, 2004; Seshamani e Gray,
2004).
Il secondo rischio è connesso al progressivo decadimento fisico e/o mentale che rappresenta un fenomeno
diffuso della condizione di non autosufficienza. Secondo i dati dell’Istat in Italia gli anziani con problemi di
autosufficienza sono pari a poco più di 2 milioni, con un’incidenza del 10 per cento per la popolazione nella
classe di età 65-74 anni; del 20 per cento nella classe 75-79 anni e del 50 per cento circa nella la popolazione
sopra gli 80 anni. Per il futuro, le proiezioni non sembrano indicare un peggioramento di tali percentuali e
anzi, grazie ai progressi della medicina e delle tecnologie di assistenza, gli scenari più realistici ipotizzano
una stabilizzazione, se non addirittura una diminuzione, dei tassi di non autosufficienza. Tuttavia, l’aumento
della popolazione anziana farà pur sempre aumentare sensibilmente il numero dei non autosufficienti,
creando per conseguenza un problema sociale alla cui soluzione andranno dedicate risorse adeguate.
Naturalmente esiste una relazione tra i due tipi di rischio che però è bene tenere concettualmente distinti. Il
primo rischio viene gestito dai sistemi previdenziali, il secondo, in parte coperto dal sistema sanitario,
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richiede strumenti nuovi per evitare che le conseguenze del decadimento fisico determinino una sensibile
contrazione del livello minimo di assistenza sanitaria ai cittadini. Infatti, le importanti modificazioni
economiche e sociali in corso evidenziano come la tradizionale rete familiare di sostegno alle persone non
autosufficienti tenda e venire meno determinando una crescente quota di assistenza, sia sanitaria che
economica, che deve essere erogata da strutture formali.
Da qui la necessità di attivare risposte capaci di dare garanzie adeguate. In particolare dal lato dell’offerta
sembra utile garantire un’estesa varietà di risposte – pubbliche e private, residenziali e domiciliari – entro cui
la persona dovrebbe avere la libertà di scelta. Dal lato del finanziamento, invece, le possibili soluzioni che si
delineano sono riconducibili a tre fattispecie essenziali: (i) uno schema di puro mercato, in cui gli individui si
tutelano accumulando risparmio volontario e stipulando polizze assicurative; (ii) uno schema pubblico puro,
in cui il finanziamento deriva sostanzialmente da fondi pubblici; (iii) una forma mista, in cui la tutela
assicurativa è sostenuta dal settore pubblico attraverso significative agevolazioni fiscali, oltre all’assunzione
diretta da parte del pubblico nel caso di insufficiente capacità di acquisto del singolo.
Tuttavia, in questo contesto appare preliminare (e necessaria) a qualsiasi azione la conoscenza del fabbisogno
finanziario dell’assistenza ai non autosufficienti che implica sia la stima delle persone classificabili come non
autosufficienti e la stima del costo medio dell’assistenza, considerando entrambi i valori nella loro
consistenza attuale e nella loro evoluzione.
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IL RAPPORTO
La ricerca è stata finalizzata alla produzione di un rapporto strutturato in due parti distinte. La prima parte di
natura generale è organizzata in due capitoli: evoluzione demografica e invecchiamento; anziani e non
autosufficienza. Nel primo capitolo si procede ad una descrizione del processo di invecchiamento che
caratterizza le popolazioni dei paesi avanzati attraverso l’uso di dati quantitativi. Questi valori vengono
quindi messi in relazione con lo stato di salute della popolazione anziana. Infine, sono analizzate le
conseguenze economiche del problema dell’assistenza continuativa agli anziani.
Il secondo capitolo affronta in modo più specifico la non autosufficienza. Infatti, dopo aver fornito una
definizione puntuale di disabilità, vengono illustrati i dati relativi alla condizione di non autosufficienza in
Italia. Chiude il capitolo una presentazione dei servizi anche attraverso la descrizione di quelli forniti agli
anziani non autosufficienti in Piemonte.
La seconda parte del rapporto, strutturata in due capitoli, analizza in modo specifico il Distretto 3
dell’A.S.L.5 e presenta i dati relativi alla simulazione dei costi socio-sanitari relativi allo specifico distretto.
Nel terzo capitolo, dopo aver illustrato le caratteristiche territoriali e demografiche del distretto, vengono
elencati i servizi socio-sanitari offerti sul territorio con i relativi costi socio-assistenziali, là dove forniti in
tempo utile per l’elaborazione.
Il quarto capitolo presenta i dati della simulazione. La metodologia standard adottata ha previsto
l’individuazione di un profilo di spesa pro capite per età da combinarsi con l’evoluzione demografica
prevista per ciascuna classe di età. Nello specifico si è seguito un modello a tre fasi: (i) stima dell’incidenza
della non autosufficienza nella popolazione anziana del Distretto 3 e simulazione, all’avanzare dell’età, del
progressivo passaggio di stato nella condizione di autosufficienza; (ii) utilizzando i valori delle stime dei
costi prodotte in studi analoghi, sono stimati i costi socio-sanitari del Distretto 3; (iii) infine, si procede alla
costruzione di scenari alternativi al fine di comprendere meglio i risultati della simulazione.
Nel caso generale in cui l’intera popolazione non autosufficiente sia considerata i dati della simulazione
evidenziano una crescita sensibile dei costi socio-sanitari dal 6,90% al 13,00% nel 2010, fino al 51,72% e
69,51% nel 2050. Se, altresì, si focalizza l’attenzione ai soli casi di disabilità in 2 o più ADL, pur
riscontrando un limitato scostamento dei valori nel 2010, tuttavia nel 2030 la differenza rispetto al caso
generale oscilla tra i 7,0 e 8,5 punti percentuali in più (a seconda dei modelli di riferimento utilizzati), per
spingersi ad oltre 13 punti per le proiezioni al 2050. Infine, se si introduce un’ipotesi di crescita difforme tra
tasso di crescita del PIL e tasso di inflazione, la dinamica dei costi è più o meno pronunciata rispetto al caso
generale a seconda che il tasso di crescita del PIL sia minore o maggiore di quello di crescita dell’inflazione.
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Alcuni limiti di natura esogena imposti alla ricerca hanno in parte limitato la generalizzazione dei risultati
ottenuti. L’originale progetto, infatti, più ambizioso nella dimensione dell’area geografica studiata e nei
contenuti dell’analisi, ha dovuto subire un ridimensionamento a causa della ridotta disponibilità di
finanziamento a fronte della richiesta iniziale. Inoltre, abbiamo riscontrato una certa difficoltà ad accedere ai
dati, legata più alle modalità di raccolta ed elaborazione degli stessi che non alla disponibilità a fornirli da
parte delle strutture coinvolte, difficoltà che ha impattato sensibilmente sui risultati della simulazione.
A fronte di queste limiti, tuttavia, riteniamo che i risultati prodotti da questa ricerca costituiscano una valida
base di partenza da cui partire al fine di una conoscenza più puntuale del fenomeno. In particolare, lo
sviluppo naturale di questa ricerca, su cui contiamo di lavorare nei prossimi mesi, è costituito
dall'applicazione della metodologia utilizzata nel progetto C.A.S.A.N.A. a dati individuali.
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1. EVOLUZIONE DEMOGRAFICA E INVECCHIAMENTO Nell’introduzione è stato evidenziato come l’invecchiamento della popolazione rappresenti un problema
crescente per le economie dei paesi avanzati. Al fine di meglio comprendere le implicazioni di tale
affermazione, in questo primo capitolo saranno trattati tre differenti aspetti :
una descrizione del processo di invecchiamento che caratterizza le popolazioni dei paesi avanzati,
ivi compresa l’Italia, attraverso l’uso di dati quantitativi;
gli effetti di tale processo di invecchiamento sullo stato di salute della popolazione anziana;
infine, sono analizzate le conseguenze economiche dell’assistenza continuativa agli anziani.
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1.1. Una popolazione che invecchia
L’aumento progressivo del numero degli anziani rispetto alla popolazione complessiva è un fenomeno
comune nei paesi avanzati e da monitorare per le conseguenze sociali ed economiche di tale dinamica sulla
spesa socio-sanitaria.
L’Ocse prevede che tra il 2000 e il 2040 nei paesi industrializzati si avrà quasi un raddoppiamento della
popolazione con età superiore ai 65 anni: si passerà infatti dal 13,8% al 25,6% del totale della popolazione
(Rebba, 2005). Le proiezioni evidenziano, inoltre, una sensibile crescita nella popolazione anziana con età
superiore ai 75 anni.
Il progressivo invecchiamento della popolazione è un evento relativamente recente e riferibile soprattutto al
secondo dopoguerra. Sono vari i fattori che hanno influito sulle trasformazioni della struttura della
popolazione. Tra questi, la diminuzione della fertilità influisce in maniera rilevante sull’aumento
proporzionale degli anziani rispetto alla popolazione complessiva. Inoltre, nei prossimi decenni,
l’invecchiamento dei cosiddetti baby boomer, inciderà sensibilmente sull’aumento dell’indice di dipendenza,
ovvero il rapporto tra la popolazione over 65 e popolazione in età lavorativa, che raffigura il “peso” della
popolazione anziana sulla popolazione più giovane (Taroni, 2003).
Infine, il miglioramento delle condizioni di vita e i progressi nel campo medico hanno influito sulla longevità
della popolazione, specialmente nelle fasce di età più avanzata. Si tratta di un processo continuo che ha avuto
inizio dai primi anni sessanta: i tassi di mortalità per la popolazione compresa tra gli 80 e i 99 anni sono
diminuiti annualmente dell’1-2% per le donne e dello 0,5-1,5% per gli uomini. Tutto ciò ha come
conseguenza un aumento progressivo della speranza di vita. Infatti, nei paesi Ocse la vita attesa a 65 anni è
pari a 15 anni per gli uomini e a circa 19 anni per le donne, mentre la vita attesa a 80 anni è pari a 6,6 anni
per gli uomini e a 8 anni per le donne (Isvap, 2001).
La Tabella 1.1. mostra i dati e le proiezioni all’anno 2030 relative all’andamento della popolazione anziana
nei paesi dell’Unione Europea divisa in due classi di età: 65+ e 75+ anni.
[Tabella 1.1.]
La dinamica dell’invecchiamento della popolazione è diversa nei differenti paesi europei. La quota di
popolazione anziana con età superiore agli 80 anni, infatti, è maggiore nei paesi dove il processo di
invecchiamento è iniziato prima (Paesi scandinavi, Germania, Francia), mentre nei paesi dell’Europa
meridionale la popolazione che ha superato i sessantacinque anni è preponderante rispetto alla percentuale di
popolazione ultraottantenne. Infine, l’Irlanda e, dall’altro lato dell’Atlantico, Stati Uniti e Canada presentano
una popolazione ancora relativamente giovane e quindi meno colpita dai problemi legati all’invecchiamento.
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Per quanto riguarda specificatamente l’Italia, essa è tra i paesi europei quello che presenta il tasso
d’invecchiamento della popolazione più alto. La percentuale di popolazione anziana sul totale della
popolazione è ancora più alta e destinata ad aumentare al 2030, dal 18,2% al 33,1%. Gli anziani appartenenti
alla fascia d’età 79-85+ sono aumentati ad un tasso 3 volte più elevato di quello degli anziani nella fascia 65-
79 anni. Gli ultraottantenni passeranno dal 4% al 10% della popolazione, con una crescita a un tasso di quasi
sette volte superiore a quello degli anziani di età 65-79 anni (Rebba, 2005).
Per quanto riguarda la distribuzione geografica, si osservano valori diversi sul territorio nazionale. Le aree
del nord presentano una percentuale di popolazione con età maggiore ai 65 anni più elevata rispetto alle aree
meridionali. La Tabella 1.2, alla fine del paragrafo, mostra i dati percentuali della popolazione con età
superiore ai 65 e agli 80 anni divisi per regione geografica e per genere.
[Tabella 1.2]
La Liguria è la regione con una percentuale di anziani (in entrambe le fasce di età) più elevata, mentre la
Campania è quella con la percentuale più bassa. I dati in tabella evidenziano anche l’influenza del genere
sulla longevità: in media il 21% della popolazione di sesso femminile ha un’età compresa tra i 65 e i 79 anni,
mentre i maschi anziani rappresentano il 15,3% della popolazione di sesso maschile. Un trend simile si
osserva anche per la popolazione ultraottantenne: il 5,4% della popolazione femminile contro il 2,7% della
popolazione maschile.
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1.2. Stato di salute e invecchiamento
L’invecchiamento della popolazione ha come diretta conseguenza l’aumento di malattie cronico-
degenerative. Al crescere dell’età aumentano le patologie croniche e si riduce il numero di soggetti privi di
patologie. A questo proposito dalla Tabella 1.3 si può rilevare che in Italia nel 2002 l’80,6% della
popolazione con età superiore ai 65 anni soffriva di almeno una malattia cronica.
[Tabella 1.3]
Nella popolazione anziana si riscontra un’elevata frequenza del fenomeno della comorbidità, cioè la presenza
contemporanea di più condizioni patologiche. Questo fenomeno influisce sullo stato di salute dell’anziano
mettendolo a rischio della perdita di funzioni e quindi della perdita dell’autosufficienza. Sono diverse le
patologie che al manifestarsi in età avanzata possono avere conseguenze gravi sullo stato di salute
dell’anziano.
Le patologie cardio-vascolari sono direttamente proporzionali all’avanzare dell’età e sono tra le cause più
frequenti di morte: nella popolazione anziane le patologie cardiovascolari causano oltre un terzo dei ricoveri
ospedalieri degli anziani. Anche nel caso del cancro si riscontra un incidenza positiva dell’età. Nell’uomo
anziano gli organi più frequentemente colpiti sono il polmone, il grosso intestino, lo stomaco e la prostata;
nella donna il grosso intestino, la mammella, il polmone e l’utero. Le malattie dell’apparato osteoarticolare
causano frequentemente alla persona anziana la perdita di autonomia e di autosufficienza. La maggior parte
degli anziani presenta lesioni alle articolazioni e perdite di osso rilevanti. La persona anziana è anche
fortemente a rischio di infezioni: a titolo di esempio si pensi che il rischio di morte per polmonite è 10 volte
più elevato nella persona con età superiore ai 75 anni di quello della media della popolazione. Infine
l’incontinenza urinaria è una patologia che aumenta al crescere dell’età ed è maggiore negli individui di
sesso femminile. L’incontinenza non è un problema che affligge solo gli anziani gravemente malati, ma
anche i soggetti apparentemente sani. Le persone affette da questa patologia presentano uno stato di salute
fisica peggiore ed una maggiore alterazione nelle funzioni rispetto alla popolazione di pari età e sesso non
colpita (Levorato et al., 1994).
La Tabella 1.4, elaborata dal Censis su un’indagine campionaria Istat, mette in evidenza l’incidenza, su base
regionale, di diverse patologie e del consumo di farmaci nella popolazione di età superiore ai 65 anni
(Censis-ASSR, 2004).
[Tabella 1.4]
L’avanzare dell’età è associato anche ad un aumento del numero dei farmaci assunti dall’individuo: il 73,9%
dei soggetti intervistati, soggetti di età superiore ai 65 anni, ha consumato farmaci nei due giorni precedenti
la rilevazione. Dunque, l’incremento reale del bisogno di cure da parte dell’anziano, che si esplicita con il
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ricorso a prestazioni sanitarie crescenti e all’aumento del consumo di farmaci, determina un incremento della
domanda di sanità con un conseguente effetto sulla spesa sanitaria (Karatzas, 2000; Salas e Raftery, 2001).
Più complessa, tuttavia, risulta la quantificazione di tale impatto nel lungo periodo. Infatti, la spesa socio-
sanitaria presenta un profilo a forma di J, cioè con una crescita sensibile in prossimità del decesso (Lubitz e
Riley, 1993; Zweifel e al., 1999). Quindi la relazione tra età e spesa sanitaria è determinata anche dalla
correlazione positiva tra invecchiamento e tasso di mortalità1. Conseguentemente, l’aumento della speranza
di vita dovrebbe spostare in avanti i mortality-related costs, ovvero i costi per assistenza e cura connessi alla
fase terminale della vita, e ciò dovrebbe influire positivamente su una riduzione della spesa sanitaria
(Dirindin, 1994; Zweifel et al., 1999; Cutler e Meara, 1998, 1999; Cutler e Sheiner, 1999; Chernichovsky e
Markowitz, 2004; Seshamani e Gray, 2004; Rebba, 2005; ISAE, 2005).
Inoltre, altri fattori diversi da quelli demografici influenzano la spesa socio-sanitaria e rendono più difficile le
previsioni future. Tra questi fattori, l’innovazione tecnologica ha assunto, specie negli anni più recenti,
un’importanza particolare. Essa, infatti, influisce sul cambiamento della domanda di cura e sulla riduzione
delle disabilità; per contro, è causa di un aumento rilevante della spesa sanitaria, difficilmente controllabile.
Infatti, il progresso medico riduce le patologie croniche e la disabilità, ma influisce anche sull’aumento della
domanda di assistenza sanitaria da parte dell’anziano (aumento delle protesi d’anca, degli interventi per
cataratta, migliori cure per l’ipertensione, il diabete e l’artrosi, etc.) con un conseguente aumento dei costi
sanitari.
Un altro fattore che influenza la spesa sanitaria è costituito dai prezzi dei beni sanitari, i quali crescono
maggiormente rispetto al livello generale dei prezzi, essendo caratterizzati da un fattore lavoro con incidenza
maggiore sul bene (Rebba, 2005).
1 Per una rassegna sull’argomento si veda Rapporto ISAE (2005).
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1.3 L’assistenza continuativa agli anziani
L’aumento della popolazione anziana e anche il mutamento del quadro nosologico, specie per la popolazione
ultrasettantacinquenne – diminuzione delle malattie acute con exitus mortale a breve termine e aumento delle
malattie croniche - hanno influenzato i bisogni sanitari e aumentato la domanda di assistenza continuativa
(Long Term Care, LTC) allo scopo di prevenire o rallentare la perdita di autonomia connessa alle patologie
dell’età anziana (Kalisch et al, 1998). La LTC è stata definita dall’OECD come “ogni forma di cura fornita
lungo un periodo di tempo esteso, senza data di termine predefinita”.
Un’altra definizione più ristretta che non prende in considerazione la cura delle patologie acute e croniche,
considera le LTC come “…tutte le forme di cura della persona o assistenza sanitaria , e gli interventi di
cura domestica associati, che abbiano natura continuativa…” (Lang, 1993). In Italia le prestazioni reali per
LTC richiedono un’interazione tra servizi sanitari e servizi socio-assistenziali e si distinguono sia in base alla
tipologia (supporto medico e infermieristico, cura della persona, aiuto domestico, supporto sociale) sia in
base al luogo nel quale sono offerte (prestazioni domiciliari, prestazioni presso strutture residenziali e
prestazioni presso strutture intermedie)2. L’interazione tra servizi sanitari e socio-assistenziali si realizza
anche con l’interazione tra i soggetti cui spetta la programmazione e il finanziamento dei servizi. All’ente
locale compete la programmazione, progettazione e realizzazione dei servizi sociali a livello locale; alle
Aziende Sanitarie Locali spetta l’erogazione delle prestazioni sanitarie e delle prestazioni socio-sanitarie ad
elevata integrazione sanitaria (Coda Moscarola, 2003).
Anche nel caso della spesa relativa alla LTC i fattori demografici da soli non spiegano la totalità della spesa.
In questo caso, tuttavia, gli altri fattori che influenzano la spesa per LTC sono diversi da quelli che
concorrono alla spesa per patologie acute. Infatti, poiché la LTC è meno soggetta a picchi di domanda, gli
effetti dei mortality-related costs sono contenuti, così come l’innovazione tecnologica esercita un’influenza
minore sulla tipologia di cure e quindi un impatto più contenuto sulla spesa (Rebba, 2005).
Un fattore che caratterizza in modo rilevante la LTC, invece, è l’assistenza informale. Per assistenza
informale si intende l’assistenza offerta ai non autosufficienti in modo autonomo e all’esterno dell’assistenza
organizzata. Essa comprende sia l’attività svolta dalle badanti che l’assistenza fornita dalla struttura
familiare. L’assistenza informale riveste un’importanza fondamentale nella cura ai disabili e spesso supplisce
all’insufficienza dell’assistenza pubblica. A oggi il principale care giver può essere considerato la famiglia.3 Spesso, come dimostrato da indagini effettuate negli Stati Uniti, la disponibilità di cure familiari è un fattore che influisce negativamente sulla scelta del ricovero del disabile in strutture (Lakdawalla e Phillipson, 1999).
2 La Ragioneria Generale dello Stato (2002) fa rientrare nella definizione di LTC l’assistenza domiciliare, la semi-
residenziale, la residenziale e l’assistenza protesica. Inoltre include l’assistenza termale e integrativa, mentre non
comprende le prestazioni farmaceutiche e specialistiche anche se rivolte a disabili o anziani non autosufficienti.
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Tuttavia, appare plausibile ipotizzare una diminuzione dell’assistenza informale nei prossimi anni sia a causa
dell’incremento degli anziani non autosufficienti sia per la costante modifica del tessuto sociale (diminuzione
dei matrimoni, calo delle nascite, aumento dei nuclei mono componenti, etc.).
Ne consegue un aumento necessario della spesa per LTC? La letteratura economica non fornisce una risposta
certa al quesito. Infatti, da una parte alcuni autori (Jacobzone et al., 2000) ritengono che la diminuzione della
prevalenza di disabilità potrebbe attenuare, più di quanto generalmente previsto, la spesa di LTC; ciò
potrebbe avere come conseguenza possibile un fenomeno di sostituzione tra tipologie di spesa sanitaria, tale
per cui ad una diminuzione della spesa per LTC corrisponda un aumento della spesa per prevenzione (Rebba,
2005). Dall’altra, alcuni studi empirici (OECD, 2006) confermano l’effetto dell’invecchiamento della
popolazione e della riduzione delle cure informali sulla crescita della spesa per LTC4.
Una quantificazione della spesa per LTC in Italia è fornita dal Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, che ha
calcolato la spesa per LTC di tipo socio-assistenziale in circa 15.000 milioni di euro, pari all’1,3% del PIL
nazionale.5 Ma come finanziare questa spesa? In Italia il dibattito tecnico-politico si è concentrato
sull’istituzione di un fondo pubblico al quale destinare le risorse necessarie da finanziare attraverso due
possibili modalità: lo spostamento e redistribuzione di risorse da settori diversi della spesa pubblica e la
richiesta di ulteriori risorse attraverso la fiscalità o la contribuzione.6
Attualmente il progetto di un fondo nazionale per la non autosufficienza è rimasto solo un progetto7. Invece,
alcune regioni hanno istituito o stanno per istituire e regolamentare un fondo regionale (Lombardia, Emilia
Romagna, Toscana, Veneto e le Province Autonome di Trento e Bolzano).8
3 Uno studio Censis-ASSR (2004) ha rilevato come in Italia il 75,1% degli anziani riceva aiuto dai figli, il 41,6%
dal coniuge convivente e il 20,6% da altri parenti. 4 Secondo questo rapporto, nei paesi OCSE la spesa per LTC nel 2050 in media sarà pari dal 2,4% del PIL al 3,3%
del PIL a seconda degli scenari previstivi. 5 Tale spesa riuscirebbe a coprire, secondo il Ministero, i livelli essenziali di assistenza (LEA) per la popolazione
disabile, così come previsto dalla Legge 328/2000. 6 Ovviamente sono possibili modalità di finanziamento che ricorrono direttamente al mercato privato, come
l’assicurazione privata e i fondi assicurativi sia volontari che obbligatori. 7 Il disegno di legge n. 2166/2003 prevedeva un mix tra le due modalità: il fondo veniva finanziato dal gettito di
un’addizionale pari allo 0,75% delle imposte sui redditi e dal trasferimento delle risorse ora destinate all’indennità di
accompagnamento. 8 Questa nuova tendenza potrebbe però contribuire all’ampliamento della forbice tra le regioni italiane nel campo
dell’offerta di servizi socio-assistenziali.
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16
Tabella 1.1. Proiezione demografica della popolazione anziana in Europa
Fonte: Pesaresi-Gori (2003)
2000 2030 2000 2030
% 65 + % 65 + % 75 + % 75 +
Italia 18,1 28,1 7,9 14,1
Grecia 17,3 25,4 6,7 12,7
Svezia 17,3 25,1 8,9 13,4
Spagna 17,1 25,3 7,3 9,5
Belgio 16,8 25,4 7,2 12,2
Germania 16,2 25,8 6,9 12,0
Francia 16,0 24,0 7,3 12,3
Regno Unito 15,7 23,5 7,4 11,2
Portogallo 15,5 22,8 6,1 7,8
Austria 15,4 25,2 7,0 12,5
Danimarca 14,9 23,0 7,1 11,4
Finlandia 14,9 23,9 6,5 7,8
Lussemburgo 14,0 19,8 5,7 9,0
Olanda 13,8 23,9 6,1 6,9
Irlanda 11,4 18,7 4,9 5,2
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
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Tabella 1.2. Percentuale di popolazione 65+ anni e 80+ anni per sesso e per Regione (Anno 2001)
% 65 + % 80 +
Regione M F MF M F MF
Liguria 20,9 28,7 25,0 4,2 8,4 6,4
Lombardia 14,3 21,1 17,8 2,2 5,5 3,9
Piemonte 17,3 23,9 20,7 3,0 6,5 4,8
Valle d’Aosta 15,5 22,2 18,9 2,7 6,0 4,4
Emilia Romagna 18,8 25,3 22,1 3,8 7,3 5,6
Friuli Venezia Giulia 16,9 25,2 21,2 3,3 7,6 5,5
Trentino Alto Adige 13,5 19,9 16,8 2,3 5,4 3,9
Veneto 14,5 21,2 18,0 2,5 5,7 4,1
Lazio 14,8 19,7 17,4 2,5 4,7 3,6
Marche 18,6 24,3 21,5 3,7 6,7 5,2
Toscana 18,9 25,1 22,1 3,8 7,1 5,5
Umbria 19,4 25,1 22,3 3,8 6,7 5,3
Abruzzo 17,3 22,6 20,0 3,4 5,9 4,7
Basilicata 16,2 20,1 18,1 3,0 4,6 3,8
Calabria 14,5 18,8 16,7 2,7 4,6 3,7
Campania 11,7 16,0 13,9 1,8 3,5 2,7
Molise 18,1 23,5 20,9 3,7 6,3 5,0
Puglia 13,4 17,4 15,4 2,4 4,1 3,3
Sardegna 13,4 17,6 15,5 2,6 4,3 3,5
Sicilia 14,3 18,4 16,4 2,6 4,3 3,5
Italia 15,3 21,0 18,2 2,7 5,4 4,1
Fonte: Istat (2002)
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Tabella 1.3. Popolazione di 65+ anni per condizione di salute (Anno 2002)
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat
In buona salute
(%)
Almeno una malattia cronica
(%)
Cronici in buona salute
(%)
PMN 36,3 74,6 28,6
LOM 38,7 76,1 29,0
TAA 45,9 70,3 34,2
VEN 36,6 78,2 28,2
FVG 33,2 76,5 27,7
LIG 37,3 79,1 29,6
ERO 37,5 80,1 29,6
TOS 37,0 79,6 31,1
UMB 42,0 81,0 33,7
MAR 35,4 82,4 26,9
LAZ 35,8 81,0 29,0
ABR 35,9 87,7 31,3
MOL 34,5 81,6 27,2
CAM 36,7 85,8 30,5
PUG 32,7 84,3 27,2
BAS 33,7 87,9 26,5
CAL 27,3 90,1 23,9
SIC 28,8 84,5 20,8
SAR 35,8 90,4 30,9
Italia 35,8 80,6 28,4
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Tabella 1.4. Popolazione di 65+ anni: malattie croniche e consumo di farmaci (Anno 2002)
Fonte: Censis-ASSR (2004)
Diabete Ipertensione Artrosi
Artrite
Osteoporosi Malattie allergiche
Disturbi nervosi
Ulcera gastrica o duodenale
Consumo farmaci
negli ultimi due giorni
PMN 11,3 36,6 45,2 19,7 6,8 9,6 8,5 71,3
LOM 11,4 33,6 50,1 23,2 8,3 7,9 6,3 72,2
TAA 8,5 32,6 46,4 16,3 5,2 9,2 5,8 68,7
VEN 13,0 40,4 49,3 19,4 7,7 8,3 7,7 78,2
FVG 14,1 32,6 55,0 23,7 7,4 3,8 6,3 70,4
LIG 12,3 43,8 56,1 27,7 6,8 13,1 7,5 71,6
ERO 12,8 36,4 54,5 20,1 7,1 9,9 8,6 79,2
TOS 11,4 31,6 54,4 27,2 8,6 7,8 5,8 75,6
UMB 12,6 44,6 58,9 21,1 6,4 10,8 8,7 75,8
MAR 14,0 32,1 64,8 21,6 6,6 7,9 7,5 69,3
LAZ 12,8 45,6 58,1 26,9 6,8 11,9 7,1 72,6
ABR 17,6 46,1 67,8 29,0 9,1 11,9 9,1 73,0
MOL 12,7 37,6 59,6 21,2 5,5 5,4 5,8 69,4
CAM 15,8 47,9 65,0 33,6 6,4 10,7 5,2 73,1
PUG 19,7 44,8 59,7 30,6 6,3 14,2 8,4 75,4
BAS 10,5 43,8 68,8 33,8 6,4 7,9 16,5 71,8
CAL 18,5 49,5 73,4 27,6 11,4 13,2 12,3 78,4
SIC 14,9 43,0 60,6 28,4 7,9 11,7 10,0 73,9
SAR 10,1 43,9 73,1 35,9 13,5 12,9 9,6 72,1
ITALIA 13,4 39,7 56,5 25,3 7,6 10,0 7,7 73,9
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21
2. ANZIANI E NON AUTOSUFFICIENZA
Nel capitolo precedente abbiamo evidenziato come l’invecchiamento della popolazione sia associato a un
generale peggioramento dello stato di salute degli individui, con un conseguente aumento dei soggetti in
stato di disabilità/non autosufficienza9 La presenza di condizioni patologiche, infatti, incide sulle capacità
funzionali dell’anziano.
In modo specifico, l’autosufficienza può essere maggiormente limitata nel soggetto che soffre di patologie
cardiache, articolari e cerebro-vascolari.
Inoltre, si rileva una stretta associazione tra malattie croniche e disabilità. Infatti, ricerche e studi hanno
evidenziato che in presenza di più malattie concomitanti (almeno cinque) il 40% di anziani è disabile, mentre
in assenza di patologie il 93% degli anziani è autosufficiente (Rozzini et al., 1993).
Entrando nello specifico del capitolo, saranno trattati tre distinti punti:
una definizione puntuale del concetto di disabilità;
un’analisi dei dati relativi alla condizione di disabilità in Italia;
una descrizione dei servizi forniti agli anziani non autosufficienti in Piemonte.
9 In questo lavoro disabilità e non autosufficienza sono considerati sinonimi.
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
22
2.1 Verso una definizione di disabilità
La disabilità può essere considerata come l’estremo di una condizione di difficoltà di movimento o di ridotta
autonomia. Già dal 1959 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato il principio di definizione
dello stato di salute della popolazione anziana in termini di funzioni.
Infatti, la condizione di disabilità non è determinata soltanto dalle patologie, ma è influenzata anche dalla
condizione socio-ambientale, cognitiva e affettiva del soggetto. Successivamente l’attenzione si è spostata
sulla misurazione delle funzioni in termini di svolgimento delle attività quotidiane o di risposta a condizioni
di stimolo.
Lo stato di salute dell’individuo è stato quindi rapportato alla sua capacità di compiere le comuni attività
della vita di ogni giorno. Attualmente, la condizione di non autosufficienza di un individuo viene valutata
attraverso i seguenti parametri (Levorato e al., 1994):
BADL (Basic Activities of Daily Living): misura la capacità a svolgere una o più funzioni basilari
della vita quotidiana: fare il bagno, vestirsi, andare alla toilette, deambulare, essere continenti,
alimentarsi10.
IADL (Instrumental Activities of Daily Living): misura la capacità a svolgere quelle attività che
consentono una vita sociale autonoma e comportano azioni più complesse, quali usare il telefono,
fare acquisti, cucinare, governare la casa, utilizzare mezzi di trasporto, assumere farmaci.
In Italia l’Istat, partendo dalla definizione di ADL, definisce disabile o non autosufficiente chi ha la difficoltà
ad espletare almeno una di queste quattro attività della vita quotidiana: confinamento individuale, difficoltà
nelle funzioni, difficoltà nel movimento, difficoltà nella vista, nell’udito o nella parola.11
In particolare, si ha disabilità leggera quando la non autosufficienza si manifesta nello svolgere una sola
attività del vivere quotidiano; si ha, invece, disabilità grave quando la non autosufficienza si manifesta nello
svolgimento di due o più attività.
A partire dalla definizione Istat, la Tabella 2.1 classifica i disabili per specifica incapacità a svolgere le
attività di cui sopra.
[Tabella 2.1]
10 Le sei funzioni basilare citate sono quelle utilizzate nell’indice di Katz (1970) per quantificare le BADL. 11 Di recente, il Ministero del Welfare e delle Politiche Sociali ha determinato delle classi per la valutazione della
condizione di non autosufficienza. Ogni classe indica un livello di dipendenza/indipendenza nella mobilità
dell’anziano. I livelli vanno da 0 a 4 e indicano in modo crescente la condizione di non autosufficienza e di
dipendenza dell’anziano ed il relativo bisogno di assistenza da parte dello stesso soggetto.
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
23
Dalla lettura della tabella emergono due chiare indicazioni: (i) in Italia, in percentuale le donne sono
maggiormente colpite dalla disabilità; (ii) al crescere dell’età, l’incidenza della disabilità aumenta
sensibilmente.
A conclusione di questo paragrafo è utile rilevare una peculiarità propria della realtà italiana. In Italia, infatti,
il concetto di disabilità non è totalmente sovrapponibile a quella di invalidità, essendo quest’ultimo connesso
al diritto di percepire un’indennità economica in presenza di un danno biologico; e ciò indipendentemente
dalla valutazione complessiva di non autosufficienza.
Nello stesso tempo, il disabile non è automaticamente riconducibile al malato cronico: infatti, come emerge
da indagini Istat e Ilsa12 risulta che una buona percentuale dei disabili dichiara di non soffrire di altre malattie
e di stare nel complesso discretamente bene (Coda Moscarola, 2003).
12 Si rimanda al capitolo 4 per una loro descrizione puntuale.
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
24
2.2. La condizione di non auto sufficienza in Italia
In Italia al 2004 gli anziani non autosufficienti erano 2.272.768 con una variazione percentuale del 15,5
rispetto all’anno 2000. Un’elaborazione Censis su dati Istat ha stimato che il numero di anziani non
autosufficienti arriverà nel 2010 a 2.713.419, pari a circa il 22,5% della popolazione anziana; nel 2025 gli
anziani non autosufficienti (3.569.210) rappresenteranno il 24% del totale della popolazione anziana (Censis-
ASSR, 2004). La Tabelle 2.2 e 2.3 mostrano in dettaglio, divisi per regione, i numeri della non
autosufficienza in Italia e le proiezioni all’anno 2025.
[Tabella 2.2]
[Tabella 2.3]
Limitando l’analisi all’area della disabilità medio-grave e grave, cioè con difficoltà ad espletare più di due
attività della vita quotidiana, l’ASSR (2003) ha stimato che gli anziani con problemi di forte non
autosufficienza sono pari al 12% della popolazione anziana (Pavolini, 2003).
La Tabella 2.4 evidenzia, invece, le proiezioni su dati Istat dei disabili in Italia dal 2003 al 2050 per classi di
età e genere. Anche in questo caso, emerge un indicazione di genere: al 2003 il 4,8 % della popolazione
complessiva è anziana, non autosufficiente e di sesso femminile; invece, i soggetti anziani non autosufficienti
di sesso maschile rappresentano il 3 % della popolazione totale. Le proiezioni sull’andamento futuro della
popolazione non autosufficiente mantengono questa proporzione tra anziani di sesso femminile e quelli di
sesso maschile.
[Tabella 2.4]
Altri studi (Jacobzone et al., 2000), hanno registrato, invece, negli ultimi venti-venticinque anni una
riduzione costante della frequenza della disabilità. Jacobzone, ha analizzato l’andamento della disabilità
grave nella popolazione anziana non istituzionalizzata in otto paesi dell’area OCSE; nei paesi esaminati, tra il
1975 e il 1994 è stata rilevata una riduzione della disabilità nell’ordine dell’1% annuo per ogni classe di età
(Taroni 2003). Anche negli Stati Uniti (Manton e Gu, 2001) alcune indagini hanno evidenziato che lo stato
di salute della popolazione anziana presenta un netto e progressivo miglioramento, che la frequenza di
disabilità cronica si è notevolmente ridotta e che, nello stesso tempo, vi è stata una diminuzione nella
frequenza di popolazione istituzionalizzata; mentre è aumentata la varietà di forme di assistenza a domicilio.
In Italia, dal confronto delle Indagini multiscopo ISTAT 1990 e 1999 emerge un trend di riduzione della
disabilità, sia in valore assoluto che relativo. Infatti, nel decennio la prevalenza di disabilità è scesa dal 5,3 al
3,5 per cento nella popolazione istituzionalizzata di sesso maschile, e dal 7,0 al 6,3 per cento di quella di
sesso femminile (Taroni, 2003). In questo caso, la differenza di risultati può essere attribuita anche alle
diverse definizioni e gradi considerati di disabilità nonché ai diversi campioni utilizzati (popolazione
istituzionalizzata, anziani non assistiti).
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25
2.3. L’assistenza socio-sanitaria agli anziani non autosufficienti in Piemonte
L’assistenza agli anziani in condizioni di non autosufficienza è attualmente garantita, in modo prevalente,
dalle Aziende Sanitarie Locali e dai Comuni (sia in economia che attraverso soggetti terzi).13 Come
evidenziato precedentemente, i servizi erogati possono essere classificati sia in base alla tipologia (supporto
medico e infermieristico, cura della persona, aiuto domestico, supporto sociale) sia in base al luogo nel quale
sono offerti (prestazioni domiciliari, prestazioni presso strutture residenziali e prestazioni presso strutture
intermedie).
Nell’ambito di un quadro dell’assistenza socio-sanitaria e di livelli di prestazioni definito a livello nazionale,
le singole regioni regolamentano l’offerta e la tipologia dei servizi socio-sanitari e assistenziali. Di seguito si
dà una descrizione dettagliata dell’offerta di questi servizi in Piemonte, sulla base del luogo ove questi sono
erogati.
2.3.1. I servizi domiciliari I servizi che vengono forniti al domicilio degli anziani possono essere
di carattere assistenziale (di competenza dei Comuni)
di carattere sanitario (di competenza dell’Azienda Sanitaria Locale),
di carattere misto (e, quindi, di competenza sia dei Comuni che dell’Azienda Sanitaria
Locale).
Il Servizio di Assistenza Domiciliare (S.A.D.), è attivato per sostenere l’anziano nello svolgimento della vita
quotidiana e che in genere include attività quali l’igiene e la cura della persona, la pulizia dell’alloggio, il
lavaggio della biancheria, la preparazione dei pasti, l’aiuto nell’effettuazione degli acquisti e lo stimolo per la
socializzazione. Esso è erogato dai Comuni sulla base di un progetto assistenziale predisposto a cura dagli
assistenti sociali. È questo un servizio che ha lo scopo di favorire il mantenimento al proprio domicilio degli
utenti che hanno perduto in parte o completamente le condizioni di auto sufficienza evitando il ricovero in
strutture residenziali.
Il Telesoccorso è un servizio che garantisce un pronto soccorso in caso di emergenza presso l'abitazione del
soggetto che ha richiesto l'intervento, nonché una serie di contatti periodici, via telefono, di controllo delle
condizioni dell'anziano o semplicemente di compagnia. È destinato alle persone sole con particolari problemi
di salute. È questo un servizio che può essere attivato dai Comuni, che ne assumono l’onere.
13 Questa stessa articolazione dell’assistenza è presente su tutto il territorio nazionale.
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
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L’Assistenza Domiciliare Programmata (A.D.P.) è una forma di assistenza che prevede la visita del medico
di famiglia presso il domicilio del paziente che, per particolari condizioni, è impossibilitato a recarsi nello
studio del medico. Tali accessi - settimanali, quindicinali o mensili - vengono concordati tra il medico di
famiglia e un responsabile dei Servizi Territoriali dell'A.S.L.. Il relativo costo è posto a carico del Servizio
Sanitario.
L’Assistenza domiciliare integrata (A.D.I.) è un servizio organizzato per permettere alle persone ammalate,
quando le condizioni cliniche, familiari e abitative lo consentono, di essere curate il più a lungo possibile nel
proprio ambiente. È rivolto prevalentemente ad anziani, ma anche a persone di altre fasce di età, compresi i
bambini. La responsabilità dell'attivazione del caso è del medico di famiglia. Il Servizio garantisce al
domicilio del paziente una serie di prestazioni mediche specialistiche, infermieristiche e socio-assistenziali
allo scopo di evitare il ricovero o ridurne la durata presso una struttura ospedaliera o residenziale. Possono
essere coinvolti anche operatori di associazioni di volontariato. Tale assistenza domiciliare, che si protrae per
tutto il tempo necessario alla cura, è posta a carico a carico del Servizio Sanitario e del Comune.
Gli Assegni di Cura sono forme di aiuti economici concessi, con varie modalità, ai nuclei familiari o ai
singoli con un basso reddito e sulla base della gravità della patologia. Lo scopo, comunque, è quello di
consentire la gestione del paziente presso il proprio domicilio, ritardandone l'inserimento in struttura. Il loro
costo è posto a carico Servizio Sanitario.
2.3.2. I servizi semiresidenziali Tra i servizi semiresidenziali offerti rientra il Centro Diurno, che può ospitare sia soggetti parzialmente non
autosufficienti che soggetti portatori di un grado di non autosufficienza più grave. In entrambi i casi propone
un intervento alternativo al ricovero in struttura e un supporto ai nuclei familiari che si occupano
quotidianamente dell'anziano. Il servizio viene erogato durante le ore diurne dei giorni lavorativi tramite
l'attività di operatori qualificati appartenenti sia al profilo professionale sanitario che socio-assistenziale. Alla
luce dell'aumento dell'incidenza degli anziani e, tra questi, della malattia di Alzheimer, le A.S.L. stanno
attivando un particolare centro diurno che è il Centro Diurno Alzheimer, presidio in grado di offrire in
regime diurno le stesse prestazioni assistenziali, sanitarie, riabilitative e animative erogate dalle R.S.A. in
regime residenziale. È destinato a soggetti con diagnosi di demenza o morbo di Alzheimer con
compromissione parziale dell'autosufficienza, inseriti in famiglie non in grado di assolvere in forma
continuativa al carico assistenziale. Anche in questo caso è prevista l'attività di operatori qualificati
appartenenti sia al profilo professionale sanitario che socio-assistenziale.
2.3.3. I servizi residenziali Fino allo scorso anno la normativa regionale piemontese prevedeva varie strutture residenziali destinate a
ospitare soggetti anziani:
Residenza Assistenziale (R.A.)
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27
Residenza Assistenziale Flessibile (R.A.F.)
Residenza Sanitaria Assistenziale (R.S.A.)
La Residenza Assistenziale (R.A.), un presidio residenziale destinato ad adulti e anziani in condizioni psico-
fisiche di totale o parziale autosufficienza, in grado pertanto di compiere le elementari attività di vita
quotidiana in maniera autonoma o con aiuto. Eroga prestazioni di tipo alberghiero (cucina e servizio pasti,
lavanderia, stireria, pulizie della camera) e servizi specifici di carattere assistenziale (assistenza diretta alla
persona, controllo e sorveglianza). L'assistenza sanitaria viene garantita tramite il distretto socio-sanitario di
base. Trattandosi di struttura che eroga prestazioni alberghiere il costo relativo è a carico degli ospiti o, nel
caso di impossibilità al pagamento totale o parziale della retta da parte loro, a carico del Comune.
La Residenza Assistenziale Flessibile (R.A.F.), presidio residenziale, destinato a soggetti non autosufficienti,
che offrono prestazioni sanitarie, assistenziali e alberghiere e un sufficiente livello di assistenza sanitaria.
Trattandosi di struttura che eroga prestazioni sanitarie e alberghiere il costo relativo è in parte a carico del
Servizio Sanitario e in parte a carico degli ospiti o, nel caso di impossibilità al pagamento totale o parziale
della retta da parte loro, a carico del Comune.
La Residenza Sanitaria Assistenziale (R.S.A.), presidio residenziale a prevalente valenza sanitaria, destinato
a ospitare definitivamente o temporaneamente (ricoveri di sollievo) soggetti che per la loro gravità e
dipendenza non possono essere gestiti in altre strutture, richiedendo quindi un livello medio di assistenza
sanitaria e un livello alto di assistenza tutelare. Come nel caso della Residenziale Assistenziale Flessibile,
trattandosi anch’essa di struttura che eroga prestazioni sanitarie e alberghiere il costo relativo è in parte a
carico del Servizio Sanitario e in parte a carico degli ospiti o, nel caso di impossibilità al pagamento totale o
parziale della retta da parte loro, a carico del Comune.
Il Nucleo Residenziale Alzheimer, reparto collocato all'interno di una R.S.A. o di una R.A.F. destinato
all'assistenza di soggetti con diagnosi di demenza o morbo di Alzheimer, provenienti dal domicilio o da altra
struttura residenziale, che presentano disturbi comportamentali, cognitivi e altre problematiche sanitarie che
richiedono particolari trattamenti riabilitativi e terapeutici, non solo farmacologici. Gli obiettivi principali
sono l'attivazione/riabilitazione dell'area cognitiva, del comportamento e delle abilità funzionali;
l'attenuazione/regressione dei disturbi del comportamento; l'assistenza alla persona; il controllo e la
sorveglianza dell'ospite.
Recentemente (D.G.R. 17-15226 del 30 marzo 2005) la Regione Piemonte ha approvato il nuovo modello
integrato di assistenza residenziale socio-sanitaria a favore delle persone anziane non autosufficienti. Il nuovo
modello assistenziale è finalizzato a riportare la persona e i suoi bisogni al centro del sistema e della rete dei
servizi, partendo dal presupposto che la risposta residenziale costituisce una delle risorse di cui il sistema
sanitario e socio-sanitario dispone per far fronte al percorso di salute e di assistenza dell’anziano. La
riorganizzazione della risposta residenziale in funzione del percorso assistenziale della persona, comporta
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
28
l’individuazione di livelli d’intervento relativi a ciascuna macro-tipologia di bisogno assistenziale, ai quali le
commissioni valutative e i competenti servizi socio-sanitari dovranno riferirsi per l’individuazione della
risposta più appropriata agli specifici bisogni cui far fronte.
Il principio guida del modello è, quindi, l’adeguamento della rete dei servizi ai bisogni delle persone assistite
e non viceversa, evitando il più possibile che le medesime, nelle diverse fasi del loro percorso assistenziale,
debbano necessariamente subire inutili spostamenti di struttura.
Di conseguenza, tale percorso è teso a modulare il complesso delle attività residenziali per anziani non
autosufficienti, erogate dalle strutture pubbliche o private accreditate, in fasce assistenziali e in livelli che
connotano l’intensità e la complessità delle prestazioni erogate, prevedendo una rete di possibilità di
intervento il più ampia e articolata possibile in relazione alle diverse tipologie di bisogno connesse alle
situazioni di non autosufficienza e/o di tipo cronico-degenerativo.
Il modello prevede tre fasce assistenziali: bassa intensità, media intensità e alta intensità. Nelle prime due
fasce (bassa e media intensità) è previsto che i costi siano sostenuti in parti uguali dal Servizio Sanitario
Regionale e dall’utente (o, eventualmente, dal Comune nel caso l’utente si trovi in condizioni economiche
tali da non potervi far fronte); nella terza fascia (alta intensità) i costi sono posti a carico del Servizio
Sanitario Regionale per il 54% e a carico dell’utente per il 46% (o, eventualmente, dal Comune nel caso
l’utente si trovi in condizioni economiche tali da non potervi far fronte).
Sia per la fascia della media intensità che per la fascia di alta intensità è prevista la possibilità di
un’integrazione dell’assistenza: in questo caso, nella fascia di media intensità i costi sono posti a carico del
Servizio Sanitario Regionale e dell’utente in parti uguali (50% ciascuno); nella fascia di alta intensità i costi
sono posti a carico del Servizio Sanitario Regionale per il 57,7% e a carico dell’utente per il 42,3%.
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29
Tabella 2.1. Percentuale disabili per età e per attività ADL (Anno 1999)
65-74 anni 75-79 anni 80+ anni
ADL Uomini
(%)
Donne
(%)
Uomini
(%)
Donne
(%)
Uomini
(%)
Donne
(%)
Confinamento
individuale
2,4 4,1 6,1 10,1 19,1 27,8
Difficoltà nelle
funzioni
3,9 5,0 8,7 13,8 27,1 39,2
Difficoltà nel
movimento
3,9 5,4 6,6 12,1 17,6 24,9
Difficoltà nella vista,
nell’udito, nella
parola
1,9 1,5 3,5 3,6 11,8 13,4
Fonte: Istat
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
30
Tabella 2.2. Anziani non autosufficienti in Italia (Anno 2004)
Regione 2004 Var. % 2000 – 2004
PMN 191.492 15,8
VDA 4.881 15,1
LOM 357.777 18,4
TAA 33.968 15,2
VEN 177.687 16,5
FVG 53.344 13,3
LIG 84.388 12,7
ERO 190.117 14,8
TOS 166.461 14,0
UMB 40.101 14,8
MAR 68.049 14,7
LAZ 198.917 17,2
ABR 54.829 14,9
MOL 13.976 11,0
CAM 11,7 13,6
PUG 136.603 15,9
BAS 23.299 13,7
CAL 71.695 13,0
SIC 176.426 13,6
SAR 55.801 15,7
Italia 2.272.768 15,5
Fonte: Censis-ASSR (2004)
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
31
Tabella 2.3. Proiezione demografica degli anziani non autosufficienti in Italia
Regione 2005 2010 2015 2020 2025
PMN 19,0 14,9 8,0 6,8 6,7
VDA 20,7 17,9 10,4 9,9 9,2
LOM 23,7 19,1 11,6 9,6 9,6
TAA 20,5 21,7 11,9 11,9 13,0
VEN 21,0 19,4 11,7 10,5 11,0
FVG 17,1 16,2 8,5 6,8 7,0
LIG 15,0 10,9 3,7 2,6 3,9
ERO 17,2 14,3 8,0 7,1 8,5
TOS 16,6 13,8 7,4 5,9 6,8
UMB 17,3 13,5 6,7 6,6 7,4
MAR 17,7 14,1 7,5 8,2 8,9
LAZ 23,1 17,6 10,3 9,3 9,5
ABR 17,2 13,1 8,5 8,9 9,3
MOL 15,6 9,6 7,0 7,9 8,6
CAM 19,0 17,9 13,2 12,4 12,3
PUG 20,3 18,4 12,5 10,8 10,2
BAS 17,4 10,4 7,3 8,6 9,5
CAL 17,3 13,0 9,2 9,8 10,0
SIC 16,1 13,5 8,9 9,0 9,4
SAR 21,5 20,8 11,7 12,7 11,3
ITALIA 19,4 16,3 9,8 8,9 9,2
Fonte: Censis-ASSR (2004)
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
32
Tabella 2.4 Proiezioni demografiche non autosufficienti per sesso
Uomini Donne
Età/anno 2003 2010 2030 2050 2003 2010 2030 2050
65-69 134.777 137.005 190.483 150.035 155.825 154.846 201.888 153.676
70-74 115.126 124.579 151.347 158.765 147.279 152.938 172.150 172.677
75-79 192.418 214.194 266.983 351.062 287.531 299.473 336.850 416.812
80-84 241.921 327.599 480.312 659.903 441.338 553.614 700.512 890.780
85 e oltre 166.105 228.664 448.498 697.419 404.147 538.691 924.114 1.288.200
% su totale
popolazione
3,0 3,6 5,5 7,9 4,8 5,7 8,0 10,9
% sulla
popolazione
anziana
19,0 20,6 22,2 25,6 22,4 24,1 25,8 28,9
Fonte: Cerp (2003)
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33
3. IL DISTRETTO 3 DELL’A.S.L.5
L’A.S.L. 5 Piemonte si estende su un territorio che dalla periferia ovest di Torino giunge sino al confine con
la Francia, inglobando un bacino di utenza molto ampio. I Comuni facenti parte dell’Azienda sono 56 e
complessivamente raggiungono una popolazione di 366.885 unità (8% circa della popolazione regionale).
L’A.S.L. 5 è strutturata nei seguenti cinque distretti territoriali, comprendenti i seguenti Comuni (in corsivo i
comuni sede del distretto):
Distretto 1: Collegno e Grugliasco;
Distretto 2: Rivoli, Alpignano, Rosta, Val della Torre, Villarbasse;
Distretto 3: Orbassano, Beinasco, Bruino, Piossasco, Rivalta di Torino, Volvera;
Distretto 4: Giaveno, Coazze, Valgioie, Trana, Reano, Sangano;
Distretto 5: Susa, Mattie, Almese, Meana, Avigliana, Mompantero, Bardonecchia, Moncenisio,
Borgone, Novalesa, Brufolo, Oulx, Bussoleno, Rubiana, Buttigliera Alta, Salbertrand, Caprie, San
Didero, Caselette, San Giorio, Cesana T.Se, Sant'ambrogio, Chianocco, Sant'antonino, Chiomonte,
Sauze di Cesana, Chiusa S.M., Sauze d'Oulx, Claviere, Vaie, Condove, Venaus, Exilles, Villardora,
Guaglione, Villarfocchiardo, Grave.
Oggetto di analisi di questo lavoro è il Distretto 3. Nei paragrafi seguenti esamineremo:
le caratteristiche territoriali e demografiche del Distretto;
l’offerta di servizi socio-sanitari presenti sul territorio e i costi socio-assistenziali sostenuti nel
Distretto.
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
34
3.1. Il Distretto 3
Il Distretto 3 dell’A.S.L. 5 Piemonte è composto dai Comuni di Beinasco, Bruino, Orbassano, Piossasco,
Rivalta di Torino e Volvera. L’area del Distretto è caratterizzata da un territorio parzialmente disomogeneo.
Da un parte i Comuni di Beinasco, Orbassano e Rivalta, appartenenti all’area metropolitana e non dissimili
tra loro in termini di popolazione e struttura sociale della popolazione, dall’altra i Comuni della seconda
cintura Bruino, Volvera e Piossasco. I primi sono paesi a vocazione prettamente industriale, sedi di industrie
dell’indotto metalmeccanico, caratterizzati da un improvviso sviluppo demografico e urbanistico a partire
dalla fine degli anni sessanta. Bruino e Volvera, per contro, sono comuni di dimensioni demografiche ridotte,
a prevalente vocazione agricola, il cui sviluppo industriale è stato in parte il frutto della loro prossimità a
Rivalta e Orbassano. Non hanno conosciuto un boom urbanistico e demografico ma un’evoluzione lenta
causata da un movimento migratorio all’interno della stessa provincia. Piossasco invece ha una dimensione
demografica più ampia e negli anni settanta ha conosciuto uno sviluppo delle attività artigianali, ma nello
stesso tempo ha mantenuto la sua vocazione agricola, con più di cento aziende presenti nel territorio.
Di seguito si riportano alcuni dati per ogni Comune del Distretto che focalizzano l’attenzione sulle
caratteristiche geografiche e strutturali di cui sopra14.
Beinasco, confinante con la città di Torino, sorge a 265 mt. S.l.m. e ha una superficie di 6,8
chilometri quadrati per una densità abitativa (al 2001) di 2.676,18 abitanti per chilometro quadrato.
Il suo territorio è diviso in quattro frazioni (Fornaci, Borgaretto, Beinasco capoluogo, Borgo
Melano) distanti e mal collegate tra loro. Sul territorio del comune operano 335 attività industriali,
305 attività di servizio, altre 386 attività di servizio e 52 attività amministrative. Risultano occupati
complessivamente nelle attività sopra elencate 8.469 individui, pari al 46,54% del numero
complessivo di abitanti del comune.
Bruino si estende nella piana solcata dal Torrente Sangone a un’altitudine di 320 mt. s.l.m., a circa
22 km da Torino. La sua superficie complessiva è di Kmq. 5,59 per una densità abitativa (al 2001)
di 1.305,00 abitanti per chilometro quadrato. Oltre al capoluogo ha le seguenti frazioni Villaggio
Alba Serena – Marinella – La Quercia – Valverde. Nel territorio del comune sono attive 300 attività
industriali, 188 attività di servizio, altre 145 attività di servizio e 17 attività amministrative. Queste
attività occupano complessivamente 3.561 individui, pari al 48,73% del numero complessivo degli
abitanti del Comune.
Orbassano, distante da Torino circa 16 Km, sorge a 273 mt. s.l.m., ha una superficie di 22,1
chilometri quadrati per una densità abitativa (al 2001) di 976,52 abitanti per chilometro quadrato.
Risultano insistere sul territorio del comune 453 attività industriali, 488 attività di servizio, altre 491
attività di servizio e 79 attività amministrative. In queste aziende sono occupati complessivamente
9.930 individui, pari al 46,01% del numero complessivo di abitanti del Comune.
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
35
Piossasco, distante da Torino circa 27 Km, è situato in una zona collinare a 304 mt. S.l.m., tra la
pianura verso l’area metropolitana e le valli Chisone e Susa. Ha una superficie complessiva di 40,0
chilometri quadrati per una densità abitativa (al 2001) di 403,45 abitanti per chilometro quadrato.
Nel territorio comunale sono registrate 184 attività industriali, 234 attività di servizio, altre 258
attività di servizio e 46 attività amministrative. Vi risultano occupati complessivamente 2.788
individui, pari al 17,28% del numero complessivo di abitanti del Comune.
Rivalta di Torino è situata a sud-ovest di Torino a circa 22 km dal capoluogo, nella Valle del
Torrente Sangone, a 295 mt. s.l.m.. Ha una superficie di 25,3 chilometri quadrati per una densità
abitativa (al 2001) di 694,27 abitanti per chilometro quadrato. Oltre al capoluogo è composto dalle
frazioni di Pasta, Tetti Francesi, Prabernasca e Gerbole. Sul territorio comunale esistono 329 attività
industriali, 367 attività di servizio, altre 307 attività di servizio e 56 attività amministrative.
Risultano occupati complessivamente 8.180 individui, pari al 46,57% del numero complessivo di
abitanti del Comune.
Volvera, dista circa 23 km da Torino e sorge a 251 mt. s.l.m.; ha una superficie di 20,9 chilometri
quadrati per una densità abitativa (al 2001) di 333,30 abitanti per chilometro quadrato. La
popolazione vive nel capoluogo e nelle frazioni di Gerbole e Zucche, poste ai confini dei Comuni di
Rivalta e Orbassano. Attualmente sono operanti sul territorio del comune 168 attività industriali,
108 attività di servizio, altre 105 attività di servizio e 26 attività amministrative. Risultano occupati
complessivamente 2.929 individui, pari al 42,05% del numero complessivo di abitanti del comune.
Al fine di completare questo quadro informativo sul Distretto 3, la Tabella 3.1 mostra i valori della
popolazione complessiva nel periodo 1991–2003.
[Tabella 3.1]
Nel periodo considerato la popolazione complessiva è aumentata di oltre 6.000 abitanti, passando da 84.024 a
90.220. Tra le principali ragioni di tale incremento si segnalano: lo spostamento di popolazione dalla Città di
Torino verso i comuni limitrofi, i quali dispongono di aree destinate a edilizia residenziale e a costi più
contenuti; la presenza di una quota di popolazione piuttosto giovane nel territorio del distretto.
Il trend di crescita dei singoli Comuni segue quello complessivo del distretto, con l’eccezione di Beinasco, la
cui popolazione è dapprima diminuita (passando da 18.706 abitanti a 18.250) per poi aumentare leggermente
(18.443 abitanti nel 2003) nel biennio successivo.15
14 Le informazioni sono state tratte dai siti web dei Comuni e dal sito web Piemonte in dettaglio
(www.piemonte.indettaglio.it). 15 Tra le possibili ragioni lo spostamento dei residenti da un Comune all’altro della cintura torinese e un tasso di
mortalità più elevato rispetto ai Comuni del Distretto.
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37
3.2. I servizi socio-sanitari del Distretto 3
Nel Distretto 3 dell’A.S.L. 5, così come per altre realtà territoriali, la progettazione ed erogazione dei servizi
socio-sanitari è realizzata con l’intervento dell’Azienda Sanitaria Locale e dei Comuni situati nel territorio
del Distretto, che gestiscono i servizi socio-assistenziali in consorzio. Le tabelle riportate alla fine del
capitolo elencano i servizi offerti nel territorio del Distretto 3, i destinatari e l’offerta complessiva. Questi
servizi sono erogati dall’A.S.L. 5 per quanto riguarda la parte sanitaria e dal Consorzio Intercomunale di
Servizi (C.I.diS.) per la parte prettamente assistenziale. La Tabella 3.2 elenca i servizi di assistenza
residenziale16 relativi all’anno 2003 offerti nel territorio del Distretto 3.
[Tabella 3.2]
Il servizio consiste nell’offerta in strutture convenzionate di posti letto destinati a soggetti parzialmente o
totalmente non autosufficienti; l’A.S.L. 5 si fa carico della quota sanitaria della retta. Inoltre per i posti letto
convenzionati, il C.I.diS., a determinate condizioni, contribuisce all’integrazione della retta per quei soggetti
che si trovano in condizioni economiche svantaggiate.
Alla luce dei dati riportati nella Tabella 3.2 emerge quanto segue:
il numero dei posti letto convenzionati rappresenta meno dell’1% della popolazione anziana.
Occorre precisare che l’offerta di servizi include anche l’erogazione degli assegni di cura; questi,
anche se con modalità diverse, hanno la medesima finalità di assistenza agli anziani non
autosufficienti;
i posti letto occupati raggiungono sempre il totale dei posti disponibili. Nell’anno 2003 sono stati
registrati 42 nuovi inserimenti nelle strutture residenziali convenzionate; questo dato evidenzia
un’accentuata rotazione nell’utilizzo dei posti letto;
il numero complessivo dei posti letto (destinati sia a soggetti autosufficienti che a non
autosufficienti) disponibili nel territorio del Distretto 3 è pari a 283; i posti riservati agli anziani
autosufficienti, rappresentano circa il 65% del totale dei posti letto disponibili. Tale situazione è da
attribuire probabilmente alla difficile riconversione strutturale-organizzativa delle vecchie strutture
esistenti sul territorio.
La Tabella 3.3 mostra gli altri servizi socio-assistenziali offerti nel Distretto 3 e diversi dall’assistenza di tipo
residenziale. Tali servizi si caratterizzano per il contenuto di tipo prevalentemente assistenziale, anche se
alcuni di essi comprendono interventi di tipo sanitario. Per esempio, l’assistenza domiciliare integrata
(ADI)17 è offerta unitamente dal C.I.diS. e dall’A.S.L. 5: essa è gestita dal Consorzio con il contributo sia
economico che professionale dell’A.S.L. 5 (Distretto 3).
16 Per una definizione di servizi residenziali si veda il paragrafo 3 del capitolo 2. 17 Per una definizione di ADI si veda il paragrafo 3 del capitolo 2.
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38
[Tabella 3.3]
Come si può vedere dalla tabella, i servizi di assistenza domiciliare (S.A.D.) rappresentano per il Consorzio
socio assistenziale e per l’A.S.L. – per la sua parte di competenza nel servizio di assistenza domiciliare
integrata – un investimento consistente sia per il livello di servizio fornito che per le risorse impiegate (circa
18 unità di personale impiegate a tempo pieno in attività diretta di assistenza, oltre al personale di supporto –
assistenti sociali, personale amministrativo, ecc.). Infatti, nel 2003 sono state fornite complessivamente dal
Consorzio 26.845 ore di servizio.
Il Servizio di assistenza domiciliare non è rivolto unicamente agli anziani, ma a diversi soggetti in condizioni
di bisogno (ad esempio disabili). Nel 2003 su 335 utenti raggiunti dal servizio, 163 erano anziani e 83
pazienti in ADI; gli altri 89 utenti rientrano nelle altre categorie di soggetti assistiti. Anche con riferimento
all’assistenza domiciliare integrata, non si è in possesso di dati riferiti alla sola popolazione anziana non
autosufficiente residente nel Distretto. Infatti, questo servizio è rivolto oltre che agli anziani in condizioni di
disabilità anche ad altri soggetti quali, ad esempio, i malati terminali18.
Gli assegni di cura - altro “servizio” offerto dal Consorzio e dall’A.S.L.- hanno come finalità quella di dare
un aiuto economico alle famiglie che assistono a domicilio gli anziani non autosufficienti. Essi da un lato
rispondono all’esigenza di non “sradicare” gli anziani dal loro ambiente e dall’altro consentono un
contenimento dei costi dell’assistenza. Nel 2003 il Consorzio ha erogato 23 assegni di cura; tale entità,
specialmente se rapportata all’offerta di posti letto in strutture residenziali convenzionate, è significativa ed è
in aumento nel corso degli anni.
Purtroppo, i dati che sono stati messi a disposizione dalle strutture competenti non consentono una trattazione
esaustiva dei costi per l’assistenza socio-sanitaria nel Distretto 3. La Tabella 3.4 mette in evidenza i costi
annuali per il periodo 2001-2005, sostenuti dal C.I.diS. per assicurare alcuni servizi ai soggetti in condizioni
di bisogno e in specie agli anziani residenti nel territorio del Distretto 3.
[Tabella 3.4]
Come si può osservare, la tabella mostra i dati economici riferiti ai servizi indicati nelle Tabelle 3.2 e 3.3,
oltre ad altri due interventi non descritti precedentemente: il telesoccorso e il progetto Casa Amica notte e
giorno. Il primo è un servizio garantito 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno e consiste nella gestione
dell’allarme con richiesta di aiuto a persone di fiducia e/o invio di soccorso urgente. Il secondo è un progetto
finanziato dalla Compagnia di San Paolo, che attraverso il sostegno rivolto agli anziani, alle loro famiglie e ai
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
39
lavoratori che esercitano attività di badanza, persegue l’obiettivo di garantire agli anziani – anche attraverso
un contributo economico – la disponibilità di servizi nell’intero arco temporale giornaliero.
Nella tabella è riportato anche il dato complessivo annuale dei contributi economici erogati dal Consorzio a
soggetti che si trovano in condizioni economiche svantaggiate, che non dispongono di altri redditi. Anche in
questo caso si tratta di un dato aggregato e non riferito unicamente alla popolazione anziana.
A margine dei dati riportati nella Tabella 3.2 si fanno le seguenti osservazioni:
i dati relativi al servizio domiciliare per gli anni 2001, 2002 e 2003 prendono in considerazione sia il
costo del personale dipendente del Consorzio impiegato per lo svolgimento di parte di tale servizio
sia il costo per l’affidamento di parte del servizio a terzi. Per gli anni 2004 e 2005 il costo del
personale dipendente non è disponibile e non è compreso nel costo complessivo del servizio;
il Consorzio contribuisce a parte della quota alberghiera della retta, normalmente a carico degli
ospiti delle strutture residenziali, per quei soggetti in condizioni di bisogno;
il dato relativo al servizio di telesoccorso si riferisce al costo dell’affidamento dello stesso a due
associazioni;
come già rilevato, il progetto “Casa amica notte e giorno” è finanziato dalla Compagnia di San
Paolo con il fine di sperimentare soluzioni innovative nell’ambito dei servizi domiciliari rivolti alla
popolazione anziana non-autosufficiente residente sul territorio consortile. Obiettivo è quello di
sviluppare e qualificare l’assistenza all’anziano attraverso una presenza continuativa a domicilio.
In conclusione, come evidenziato dalla Tabella 3.4, i dati aggregati non rappresentano un quadro
specifico della spesa per assistenza agli anziani non autosufficienti; danno invece un’idea precisa di
quanto il Consorzio spenda annualmente per i servizi di tipo socio-assistenziale sul territorio
esaminato.
Come si può vedere, la spesa per quei servizi rivolti in tutto o in parte sulla popolazione anziana
(S.A.D., integrazione rette, assegni di cura) presenta un trend crescente; ciò può dare la misura, da
un lato, dell’attenzione posta sul territorio per la parte di popolazione più debole e, dall’altra, di
come quest’ultima sia negli anni più recenti in aumento.
18 La definizione di non autosufficienza utilizzata in questa ricerca non prende in considerazione i soggetti con
patologie acute. Di conseguenza il dato aggregato non riesce a dare una corretta misura dell’assistenza agli anziani non
autosufficienti.
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
40
Tabella 3.1. La popolazione del Distretto 3
Comune 1991 2001 2003
Beinasco 18.706 18.250 18.443
Bruino 6.132 7.318 7.693
Orbassano 20.688 21.556 21.767
Piossasco 15.574 16.151 16.808
Rivalta di Torino 16.004 17.621 18.137
Voliera 6.920 6.987 7.372
Totale Distretto 3 84.024 87.883 90.220
Fonte: elaborazione propria su dati C.I.di.S.
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41
Tabella 3.2. I Servizi residenziali nel Distretto 3
Servizi offerti Tipologia
destinatari Finalità intervento Offerta
Utenza raggiunta
Posti letto in
strutture residenziali
Anziani non
autosufficienti Assistenza sanitaria
91 posti letto (53 R.S.A. e 38
R.A.F.)
42 persone (inserimenti: 27
R.S.A. e 15 R.A.F.) Strutture
residenziali per
anziani presenti nei
Comuni del
Consorzio C.I. di S.
Anziani
autosufficienti
e non
autosufficienti
Assistenza 283 posti letto
(41 R.S.A, 56 R.A.F,
164 R.A. e 22 R.A.A.)
Fonte: elaborazione propria su dati C.I.di.S.
Tabella 3.3. Altri servizi socio-assistenziali nel Distretto 3
Servizi offerti Tipologia
destinatari Finalità intervento Offerta
Utenza raggiunta
Servizio di
Assistenza
Domiciliare (S.A.D.)
Anziani, adulti,
disabili e nuclei
familiari con
minori in
situazione di
bisogno
Fornire sostegno per
favorire la
riacquisizione e il
mantenimento di
competenze e risorse
proprie; evitare
interventi alternativi
alla famiglia
26.845 ore,
di cui 2.335 ore
A.D.I.
335 cittadini
di cui 163
anziani e 83
pazienti in A.D.I.
Assegni di cura Anziani non
autosufficienti
Offrire sostegno alla
famiglia al fine di
evitare la
residenzialità, per
acquistare un servizio
di badanza
23 23
Fonte: elaborazione propria su dati C.I.diS.
C.e.rc.a. (Centro di Economia e Ricerca Applicata)
42
Tabella 3.4. Costi sostenuti dal C.I.di.S. periodo 2001 – 2005
Servizi 2001 (Euro)
2002 (Euro)
2003 (Euro)
2004 (Euro)
2005 (Euro)
servizio assistenza
domiciliare 236.003,62 269.598,23 281.989,02 288.757,02 306.989,02
Costo del personale
per l’assistenza
domiciliare
213.805,21 255.979,94 253.787,66Non
disponibile
Non
disponibile
rette per ricoveri di
anziani non-
autosufficienti
74.886,25 74.886,00 76.350,00 54.950,00 104.000,00
Servizio di
Telesoccorso 12.911,42 13.944,00 6.000,00 10.000,00 12.000,00
Progetto Casa amica
notte e giorno (4) 0,00 0,00 370.000,00 0,00 115.842,15
rette per ricoveri di
anziani autosufficienti 56.810,26 45.677,28 33.810,00 50.310,00 51.500,00
Assegni di cura 29.128,17 64.370,00 45.920,00 145.900,00 298.100,00
Assistenza
economica 458.491,84 422.641,00 438.000,00 542.793,98 571.458,58
TOTALE 1.082.036,77 1.147.096,45 1.530.856,68 1.092.711,00 1.459.889,75
Fonte: elaborazione propria su dati C.I.di.S.
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43
4. LA SIMULAZIONE DEI COSTI SOCIO-SANITARI
In questo capitolo si procede alla stima dei costi socio-economici degli anziani non auto sufficienti nel
Distretto 3 dell’A.S.L. 5 e della loro evoluzione. La metodologia standard qui di seguito adottata prevede
l’individuazione di un profilo di spesa pro capite per età da combinarsi con l’evoluzione demografica
prevista per ciascuna classe di età.
A questo proposito, è da notare come la letteratura che affronta il tema concentrandosi sugli aspetti più
specificatamente sanitari sottolinei i limiti di proiezioni dei bisogni costruite a partire dalle variabili
demografiche (Beltrametti, 2003; Piperno, 2003; Taroni, 2003). Infatti, proiettare nel futuro i consumi
specifici per età, adeguandoli all’evoluzione demografica, appare un metodo limitato poiché ulteriori fattori
sembrano intervenire nella definizione dei bisogni futuri: il tasso di innovazione nella ricerca bio-medica di
base e applicata; la flessibilità dei sistemi organizzativi e gestionali di offerta strutturata; l’evoluzione delle
forme non strutturate che, a fronte di una riduzione dell’assistenza intrafamiliare, hanno visto aumentare i
servizi domiciliari forniti da personale non qualificato (Brau et al., 2003).
L’analisi riportata nel presente capitolo ha seguito un modello a tre fasi, riconducibili ai diversi paragrafi:
stima dell’incidenza della non autosufficienza nella popolazione anziana del Distretto 3. Viene
quindi simulato, all’avanzare dell’età, il progressivo passaggio di stato nella condizione di
autosufficienza;
utilizzando i valori delle stime prodotte in studi analoghi, vengono presentati i valori della stima dei
costi socio-sanitari del Distretto 3;
infine, si procede alla costruzione di scenari alternativi al fine di comprendere meglio i risultati
della simulazione.
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4.1. Proiezione statistica degli anziani non autosufficienti
La stima dell’incidenza della non autosufficienza nella popolazione anziana nel Distretto 3 rappresenta il
primo elemento necessario per procedere alla stima dei costi socio-sanitari. A fronte di tale conoscenza,
tuttavia, non sussistono sul territorio dati standardizzati in grado di fornire un quadro informativo certo.
A livello nazionale esistono due indagini condotte rispettivamente dall’Istat e dal Cnr: la prima è l’indagine
periodica multiscopo; la seconda è l’indagine Ilsa (Italian Longitudinal Study of Aging) condotta una sola
volta nell’ambito del Progetto Finalizzato Invecchiamento.
Per meglio comprendere la valenza delle due suddette indagini, è utile conoscere l’impostazione
metodologica delle stesse. La prima si basa su valutazioni soggettive dello stato di salute, non legate, perciò,
ad alcun criterio oggettivo. Per contro, la seconda si basa sui risultati oggettivi desunti da esami medici su un
campione di riferimento. Dunque, se da una parte l’indagine periodica multiscopo consente di estendere la
valutazione agli aspetti non solo sanitari (ma anche sociali, economici, territoriali, etc.), tuttavia introduce
elementi di soggettività nella valutazione assenti nell’indagine Ilsa che si limita alla misurazione dello stato
di salute, evitando, in questo modo, possibili distorsioni generate dal ricorso a valutazioni individuali.
La Tabella 4.1 riporta i tassi di incidenza strutturati per tipologie di disabilità nella popolazione anziana di cui
all’indagine Ilsa,19 così come riportati in Coda Moscarola (2003).
[Tabella 4.1]
Al fine di stimare la popolazione non autosufficiente ultrasessantacinquenne presente nel Distretto 3, la
distribuzione della disabilità per classi di età e di gravità evidenziata nella Tabella 4.1, è stata applicata alla
popolazione distrettuale strutturata per fasce di età. La Tabella 4.2 riporta il numero stimato di disabili
presenti nel Distretto 3.
[Tabelle 4.2]
I dati del distretto confermano i risultati attesi della letteratura. Nelle fasce di età superiori agli ottanta anni il
numero assoluto di donne è superiore a quello degli uomini, presumibilmente a causa dei tassi di
sopravvivenza superiori di quest’ultime che si traducono, tuttavia, in una crescente incidenza della non
19 Le diverse tipologie di disabilità riportate nell’indagine Ilsa sono: non autosufficienza in una ADL (disabilità
lieve), in 2 o più ADL e nelle IADL.
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autosufficienza. Diversi i valori nelle fasce di età inferiori agli ottanta anni, dove il numero di soggetti
presenti nelle diverse tipologie di disabilità è superiore nel caso di uomini.
Il quadro evolutivo dell’incidenza della disabilità nel Distretto 3 è stato costruito a partire dai tassi di
evoluzione del numero di disabili in Piemonte, elaborati a partire da un’ipotesi di tassi di incidenza costanti
nel tempo (Coda Moscarola, 2003), cui sono stati applicati i valori distrettuali riportati nella Tabella 4.2.
La Tabella 4.3 presenta i valori di questa simulazione, distinti per genere, non disaggregati per tipologia di
disabilità.
[Tabella 4.3]
Gli ultra-ottantenni di sesso maschile presentano una dinamica di crescita 2003-2050 superiore al 300%,
allineandosi in valore assoluto al numero di donne non autosufficienti previste al 2050, la cui dinamica di
crescita risulta di poco inferiore al 250% nel periodo oggetto di analisi.
Più contenuta, per contro, appare la dinamica di crescita della disabilità nella fascia di età che va dai 65 anni
al 79 anni, rispettivamente del 22% nel caso degli uomini e del 5% nel caso delle donne.
I valori di cui alla Tabella 4.3, tuttavia, rappresentano una stima prudenziale del fenomeno in esame (ISVAP,
2001). Infatti, come osservato precedentemente, diversi fattori possono incidere sull’aumento o meno dei non
autosufficienti nelle classi di età anziane,20 per cui si renderebbero necessarie proiezioni dinamiche degli non
autosufficienti, la cui realizzazione esula dagli scopi di questo rapporto.
20 Il tasso di innovazione bio-medica; l’evoluzione dei sistemi organizzativi e gestionali; l’esistenza o meno di forme
non strutturate di assistenza.
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4.2. I costi socio-sanitari dell’assistenza agli anziani non autosufficienti
Una valutazione puntuale dei costi socio-sanitari per gli anziani non autosufficienti è complessa e non priva
di limiti. Come evidenziato nei capitoli precedenti, infatti, la tipologia di servizi garantiti agli anziani non
autosufficienti è piuttosto articolata ed è legata a diversi soggetti erogatori: le A.S.L., i Comuni e le famiglie.
Dunque, si tratta di valutare una spesa suddivisa in una componente pubblica, una componente privata, oltre
a una componente informale, relativa all’assistenza prestata a titolo gratuito dalle famiglie.
Due sembrano essere gli approcci da perseguire nel tentativo di valutare in modo articolato tale spesa. Il
primo consiste nel registrare il complesso dei costi socio-sanitari diretti sostenuti nel Distretto per gli anziani
non autosufficienti imputandoli al numero stimato di non autosufficienti. Si tratta, in pratica, di quantificare
la spesa del Distretto (sostenuta dalle A.S.L. e dai Comuni) per singolo ‘potenziale’ anziano non
autosufficiente. In questo modo è possibile, data la proiezione statistica di cui al paragrafo precedente,
stimare l’evoluzione, ceteris paribus, dei costi socio-sanitari del distretto. Due i limiti di tale approccio. Il
primo limite, di natura generale, è legato al focalizzare l’attenzione unicamente sui costi diretti.21 Infatti, in
uno scenario evolutivo che vede la componente “informale” sempre più coinvolta nel garantire servizi agli
anziani non autosufficienti, il trascurare i costi indiretti limita la valenza previsionale del modello. Un
secondo limite, legato alla specificità del progetto, riguarda la qualità dei dati in nostro possesso. Infatti, pur
apprezzando la disponibilità delle strutture coinvolte, non è stato possibile pervenire a dati qualitativamente
soddisfacenti, tali da non pregiudicare l’esito delle proiezioni.
A fronte delle suddette difficoltà, si è optato per un secondo approccio, il ricorso, cioè, a precedenti lavori in
cui la stima articolata della spesa socio-sanitaria è stata oggetto di speculazione scientifica. La Tabella 4.4
presenta una sintesi delle principali stime dei fabbisogno complessivo di risorse per l’assistenza degli anziani
non autosufficienti.
[Tabella 4.4]
Coda Moscarola (2003) presenta una stima della spesa aggregata per assistenza agli anziani con disabilità in
1 o più ADL, nel caso in cui fossero garantite delle prestazioni di carattere domiciliare e residenziale
equivalenti a quelle erogate rispettivamente dal sistema inglese e tedesco. Il valore riportato da Jacobzone
(2000), sulla base di studi Ocse, riguarda la spesa complessiva per cure LTC in Italia. La situazione italiana,
peraltro, è sensibilmente difforme da quella registrata nei diversi paesi Ocse, con un valore della spesa che
oscilla tra l’1% e il 3% del PIL. Lo studio realizzato nel 2003 dall’ASSR simula diversi scenari evolutivi con
21 I costi socio-sanitari legati alla disabilità delle persone anziane sono costituiti dai costi diretti di tipo sanitario e
socio-sanitario, dai costi indiretti, legati alla perdita di produttività dei familiari che assistono le persone non
autosufficienti, e dai costi intangibili, quelli cioè di carattere psicologico.
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esiti piuttosto difformi in termini di onere stimato. La stima ritenuta più plausibile quantifica l’onere
complessivo per la copertura dei bisogni degli anziani non autosufficienti nell’1% del PIL, destinato a
crescere dello 0,7% a seguito del riassorbimento delle risorse utilizzate per l’indennità di accompagnamento
e quelle utilizzate per l’accompagnamento domiciliare nel nuovo schema pubblico per le LTC e considerando
un aumento delle entrate contributive e l’emersione di una parte del lavoro nero. Infine, il Capp stima un
costo dell’1,1% del PIL la spesa necessaria per finanziare i livelli essenziali di servizi per le persone non
autosufficienti, in questo caso destinato a crescere dello 0,6%.
A partire dai dati illustrati nella tabella e utilizzando la dinamica dell’incidenza della non autosufficienza
negli anziani, è possibile ottenere una stima dei costi socio-sanitari. A questo riguardo è sufficiente conoscere
il valore del PIL comunale per ottenere una stima ‘teorica’ dei costi socio-sanitari che i singoli comuni
devono sostenere per la disabilità negli ultrasessantacinquenni.
La Tabella 4.5 presenta i valori di tale simulazione nell’ipotesi di costo formulata rispettivamente da Coda
Moscarola e Jacobzone.
[Tabella 4.5]
La tabella evidenzia una crescita sensibile dei costi dal 6,90% al 13,00% nel 2010, a seconda delle ipotesi
considerate, fino al 51,72% e 69,51% nel 2050. Pur disponendo di proiezioni puntuali dell’incidenza della
popolazione non autosufficiente strutturate per fasce di età e livelli di disabilità, i valori di stima dei costi non
prevedono questa disaggregazione. Pertanto, la tabella fornisce un dato aggregato dei costi, senza alcun
riferimento al grado di disabilità registrato.
Al fine di meglio comprendere i dati riportati alcune considerazioni sono necessarie. Primo, in assenza di
valori del reddito pro capite a livello comunale, è stato necessario ricorrere al valore aggiunto provinciale
fornito dall’Istituto Tagliacarne. Pur assumendo una certa omogeneità territoriale all’interno del Distretto, il
valore provinciale introduce un elemento di bias nell’esito della stima, la cui direzione (sovra-stima o sotto-
stima), tuttavia, non è possibile conoscere. Secondo, i valori relativi alle simulazioni intertemporali sono stati
calcolati a partire da un’ipotesi di tasso di crescita del PIL uguale al tasso di inflazione. Infine, la simulazione
sconta i limiti degli studi cui fa riferimento. In particolare, essendo i valori riportati nella Tabella 4.4 per lo
più relativi alle sole spese per assistenza, è ragionevole pensare a una sotto-stima dei valori monetari riportati
nella Tabella 4.5.
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4.3. Gli scenari
Nel precedente paragrafo si è proceduto a stimare i costi socio-sanitari degli anziani non autosufficienti
utilizzando una metodologia standard consistente nell’individuazione di un profilo di spesa pro capite che è
stato successivamente combinato con l’evoluzione demografica del Distretto. L’esercizio di simulazione
ceteris paribus, tuttavia, può apparire limitato in uno scenario dove diversi fattori sembrano intervenire nel
definire l’evoluzione dei bisogni futuri. A questo proposito sembra utile definire scenari differenti, capaci di
inserire elementi di flessibilità ai risultati di cui al precedente paragrafo.
4.3.1. Anziani con disabilità in 2 o più ADL Il primo scenario consiste nel focalizzare l’attenzione ai soli anziani con disabilità in 2 o più ADL.
L’assunzione alla base di questa scelta operativa risiede nell’idea che questa tipologia di disabilità più grave
sia particolarmente rilevante per le strategie future, gravando in modo sensibile sulle risorse pubbliche. La
Tabella 4.6 riporta la dinamica di spesa per questa specifica tipologia di anziani non autosufficienti.
[Tabella 4.6]
Nel 2010 l’incremento complessivo dei costi limitatamente al caso di disabilità in 2 o più ADL, confrontato
con il caso generale, è piuttosto limitato. Tuttavia, nel 2030 tale differenza oscilla tra 7,0 e 8,5 punti
percentuali in più (a seconda dei modelli di riferimento utilizzati), per spingersi ad oltre 13 punti per le
proiezioni al 2050.
4.3.2. Crescita PIL e inflazione Nel costruire la stima del paragrafo precedente, si sono assunti tassi di crescita del PIL e dell’inflazione
identici. Ma quali sono le implicazioni sulla dinamica di crescita se si ipotizzano tassi differenti? Il secondo
scenario risponde a questa domanda, definendo due distinte ipotesi. Nella prima si assume che il tasso di
crescita del PIL sia mezzo punto in più rispetto a quello dell’inflazione, rispettivamente del 2% e dell’1,5%
nel corso del periodo di osservazione. La Tabella 4.7 riassume i risultati di questa simulazione.
[Tabella 4.7]
Data l’ipotesi di crescita del PIL superiore al tasso di inflazione, il tasso di crescita dei costi presenta valori
dimezzati nel 2010 e nel 2030 rispetto all’ipotesi di tassi di crescita del PIL e dell’inflazione identici. La
proiezione dei costi al 2050 presenta tassi di crescita dei costi inferiori del 150%.
La seconda ipotesi, altresì, prevede che il tasso di crescita del PIL sia inferiore a quello di crescita
dell’inflazione di 0,5 punti percentuali. La Tabella 4.8 presenta i valori di quest’altra simulazione. In questo
caso i costi presentano tassi di crescita superiori a quelli del paragrafo precedente, fino a c.a. l’80% in più nel
2050.
[Tabella 4.8]
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Tabella 4.1. Tassi simulati di incidenza della non autosufficienza in Italia
Classe
Sano
(%)
IADL
(%)
1ADL
(%)
2ADL
(%)
65-69 Uomini 88,0 5,2 2,3 4,6
70-74 Uomini 80,2 6,9 3,8 9,1
75-79 Uomini 69,1 11,5 5,1 14,3
80-84 Uomini 59,5 14,4 6,6 19,6
85-89 Uomini 36,3 17,5 10,6 35,6
90+ Uomini 13,5 18,3 13,3 54,9
65-69 Donne 88,2 4,9 2,3 4,6
70-74 Donne 78,4 7,3 4,1 10,2
75-79 Donne 65,8 12,1 5,6 16,5
80-84 Donne 55,7 14,9 7,1 22,3
85-89 Donne 33,9 17,7 10,9 37,5
90+ Donne 13,8 18,3 13,3 54,6
Fonte: Coda Moscarola (2003).
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Tabella 4.2. Numero stimato di disabili nelle ADL presenti nel Distretto 3 (Anno 2003)
Classe Sano IADL 1ADL 2ADL
65-69 Uomini 2216 131 58 116
70-74 Uomini 1404 121 67 159
75-79 Uomini 681 113 50 141
80-84 Uomini 252 61 28 83
85- Uomini 100 61 54 141
65-69 Donne 2203 95 40 50
70-74 Donne 1469 104 52 80
75-79 Donne 840 119 51 89
80-84 Donne 408 84 36 70
85- Donne 227 119 70 178
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Tabella 4.3. Evoluzione attesa del numero di disabili nel Distretto 3
Uomini Donne
classe 2003 2010 2030 2050 2003 2010 2030 2050
65-69 305 296 369 278 184 179 207 151
70-74 347 374 399 400 237 243 241 232
75-79 304 351 398 504 258 275 282 331
80-84 172 238 332 431 191 243 288 342
85-89 152 199 400 562 212 261 448 564
90+ 89 116 233 328 155 191 328 413
Tabella 4.4. I costi socio-sanitari degli anziani non autosufficienti
Fonte
Paese
Anno Riferimento
Costo Uomini
(% del PIL)
Costo Donne
(% del PIL)
Costo totale
(% del PIL)
Coda Moscarola, F.
Piemonte
2003 0,31-0,34 0,74-0,84
1,05-1,18
Jacobzone, S.
Italia
1992-1995 N.D. N.D
0,58
ASSR
Italia
2000 N.D. N.D
1,00 + 0,70
CAPP et al.
Italia
2003 N.D. N.D.
1,10 + 0,60
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Tabella 4.5. Stima del costo socio-assistenziale degli anziani non autosufficienti nel Distretto 3 (2003=100)
2003
(Euro)
2010
(Euro)
2030
(Euro)
2050
(Euro)
Coda Moscarola (2003)
Uomini 6.937.467 7.898.039 10.886.487 12.594.171
Donne 16.863.381 18.997.986 24.547.960 27.749.868
Totale 23.800.848 26.896.026 35.434.446 40.344.038
Var. % (sul 2003) --- + 13,00 + 48,88 + 69,51
Jacobzone (2000)
Totale 12.380-710 13.234.552 16.863.381 18.784.526
Var. % (sul 2003) --- + 6,90 + 36,21 + 51,72
Tabella 4.6. Scenario 1: non autosufficienti con 2 o più ADL (2003=100)
2003
(Euro)
2010
(Euro)
2030
(Euro)
2050
(Euro)
Coda Moscarola
Uomini 3.245.714 3.746.383 5.311.203 6.305.407
Donne 6.380.640 7.303.860 9.828.832 11.391.363
Totale 9.626.354 11.050.244 15.140.035 17.696.770
Var. % (sul 2003) --- + 14,79 + 57,28 + 83,84
Jacobzone
Totale 5.266.363 5.719.663 7.552.848 8.645.851
Var. % (sul 2003) --- + 8,61 + 43,42 + 64,17
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Tabella 4.7. Scenario 2: crescita PIL (+2,0%) e inflazione (+1,5%) (2003=100)
2003
(Euro)
2010
(Euro)
2030
(Euro)
2050
(Euro)
Coda Moscarola
Uomini 6.937.467 7.684.579 9.392.263 10.032.644
Donne 16.863.381 18.357.605 21.346.052 21.986.434
Totale 23.800.848 26.042.183 30.738.315 32.019.078
Var. % (sul 2003) --- + 9,42 + 29,15 + 34,53
Jacobzone
Totale 12.380.710 12.807.631 14.728.776 14.942.236
Var. % (sul 2003) --- + 3,45 +18,97 +20,69
Tabella 4.8. Scenario 2: crescita PIL (+1,5%) e inflazione (+2,0%) (2003=100)
2003
(Euro)
2010
(Euro)
2030
(Euro)
2050
(Euro)
Coda Moscaiola
Uomini 6.937.467 8.324.960 12.380.710 16.009.539
Donne 16.863.381 19.638.368 27.963.328 35.007.525
Totale 23.800.848 27.963.328 40.344.038 51.017.064
Var. % (sul 2003) --- + 17,49 + 69,51 + 114,35
Jacobzone
Totale 12.380.710 13.661.473 19.211.447 23.694.118
Var. % (sul 2003) --- + 10,34 + 55,17 + 91,38
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CONCLUSIONI
I risultati emersi dalla simulazione del quarto capitolo confermano la necessità di porre attenzione
all’evoluzione dei processi di invecchiamento della popolazione, in particolare per le conseguenze che il
fenomeno determina sui modelli organizzativi per la cura ed il trattamento delle non autosufficienze. D’altro
canto, la specificità del Distretto 3, che presenta un profilo demografico maturo, sembra acuire le
implicazioni sui costi socio-sanitari futuri. Da qui, la necessità di ripensare per il medio-lungo termine i
parametri di valutazione della disponibilità, dell’efficienza e della tipologia dei servizi sociali in generale e di
quelli sanitari in particolare.
Infatti, l’innalzamento dell’età media della popolazione residente nei Comuni dell’area interessata dal
Distretto 3 implica per il futuro la formazione di una domanda di servizi sociali e sanitari sempre più
gravosa per i Comuni stessi e un aumento dei costi relativi, tanto più che risultano in crescita i casi di anziani
che vivono da soli con particolare riferimento alle donne in età superiori agli anni 80.
La ricerca conferma, inoltre, quanto il processo di invecchiamento della popolazione connesso al rischio di
non autosufficienza sia un problema complesso intrecciato con fenomeni economici e sociali più generali.
Esso può quindi essere affrontato solo attraverso una pluralità di interventi riconducibili ad un modello
organizzativo basato su un sistema integrato, efficiente ed efficace di strutture specializzate per anziani,
residenze assistite, residenze protette, centri diurni, assistenza domiciliare integrata, centri di riabilitazione,
accompagnamenti e così via.
Questi settori di attività sono in parte già operanti sul territorio, ma richiedono tutti di essere potenziati,
diffusi, resi più efficienti e soprattutto, vista la caratteristica delle domanda sanitaria che le simulazioni
ipotizzano, integrati con un ventaglio articolato di azioni di tipo mutualistico da promuovere nel medio
lungo termine, che, sottratti alle rigide logiche di mercato, siano in grado di alimentare sistemi di economia
solidale e di reciprocità. Un sfida questa resa quanto mai attuale dal quadro dei cambiamenti socio
economici in atto nelle comunità locali.
Infatti, uno degli effetti di questi cambiamenti che è utile rilevare ai fini del problema dei costi dell’assistenza
socio - sanitaria oggetto dell’indagine e in particolare ai fini di una politica pubblica locale è la messa in
discussione delle basi economiche di molte famiglie e il diffuso senso di insicurezza e vulnerabilità percepito
da molti cittadini anziani.
La causa di questi due fenomeni può essere ricondotta alla crisi simultanea dei tre pilastri su cui si è retta la
nostra società e che hanno retto un certo tipo di politica pubblica.
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La crisi del mercato del lavoro: a partire dagli anni 70 si manifestano una serie di sintomi che
rimettono rapidamente in discussione il processo di stabilizzazione economica e sociale dei paesi a
economia matura: cominciano a ridursi i tassi di crescita della produzione, sale la disoccupazione,
si avviano processi di decentramento dalla grande fabbrica alle piccole realtà produttive fino ad
arrivare alle strategie di delocalizzazione frutto dei processi di globalizzazione in atto. Tutto
questo significa meno lavoro stabile in aree industriali come quelle descritte nel punto 3.1., più
lavoro atipico e intermittente, disoccupazione, meno denaro circolante, crescita della fragilità
economica e di conseguenza forte selettività nelle scelte di allocazione del denaro da parte delle
famiglie. Segnali di questa trasformazione sono fortemente presenti nell’area oggetto di indagine e
sono riconducibili al numero di lavoratori espulsi dai processi produttivi a seguito di ristrutturazioni
aziendali e chiusura di impianti produttivi.
La crisi e la trasformazione della famiglia nucleare: le famiglie sono caricate sempre più da una
problematica di cura dei figli ( si allunga la permanenza dei figli in famiglia) e degli anziani. Questo
carico di cura era prima distribuito tra un numero più ampio di soggetti appartenenti al nucleo
famigliare, oggi si riduce il numero di persone che nelle famiglie possono prendersi cura di
qualcuno: le famiglie della società post fordista sono più lunghe (presenza di anziani nel nucleo
famigliare) e più strette (pochi componenti). Inoltre la struttura dei tempi di vita e di lavoro rendono
le famiglie meno in grado di prendersi cura delle persone anziane. Gli stessi assetti delle comunità,
nonché l’insufficienza di alcuni esperimenti mutualistici (ad esempio, le “Banche del Tempo”),
mostrano l’incapacità delle stesse di rispondere efficacemente al problema degli anziani. In questo
quadro aumenta il bisogno di fare ricorso a risorse esterne ma i costi di sostituzione tra famiglia e
mercato sono difficili da sostenere in una situazione di fragilità economica quale quella determinata
dalla situazione di instabilità economica del mercato del lavoro.
La crisi del Welfare: ovvero, la difficoltà di tutti gli Enti a mantenere i livelli di spesa sociale
sostenuti fino ad oggi
La conseguenza generale di questa trasformazione che impatta sul problema indagato è la riduzione della
quantità di denaro disponibile a livello locale e la riduzione a livello delle famiglie di quello che potremmo
definire un “patrimonio di sicurezza”. Come risulta infatti dai dati dell’Osservatorio del Nord Ovest, il
Piemonte segnala una certa compressione del tenore di vita e di protezione contro i rischi. Si riscontra inoltre
una difficile capitalizzazione delle famiglie. Il 25% delle famiglie è senza risparmio (una famiglia ogni
quattro).
E’ evidente che la fragilità economica condiziona negativamente il mantenimento delle condizioni di buona
salute. Migliorare le condizioni economiche e sociali delle famiglie in generale e della popolazione anziana
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57
in particolare vuol dire dunque favorire le condizioni di salute delle persone anziane, ridurre il rischio della
non autosufficienza e in ultima istanza governare con più facilità la spesa complessiva.
Questa problematica suggerisce in primis alla “policy” publica di mettere all’ordine del giorno dell’agenda
politica un vasto programma di prevenzione dal rischio di non autosufficienza promuovendo iniziative
finalizzate a22 :
dare priorità alla lotta alla povertà, all’esclusione e marginalizzazione sociale, anche attraverso
azioni di supporto e di empowerment delle comunità locali, delle associazioni di mutuo-aiuto e auto-
aiuto, promuovendo anche programmi che favoriscano la vita sociale di vicinato;
assicurare condizioni appropriate affinché le famiglie e le collettività possano provvedere alla cura e
alla protezione delle persone che invecchiano. In tal senso è necessario (i) promuovere strategie di
“Asset Building” , in linea con quanto avviato in altri paesi dall’OCSE, che stimolino le famiglie
maggiormente esposte a congiunture di bassa crescita economica a risparmiare piccoli importi
come strumento di programmazione del futuro del proprio nucleo famigliare; (ii) focalizzare
l’attenzione nelle politiche di promozione, educazione, prevenzione e informazione della salute, sui
principali fattori di rischio.
Sul piano del modello organizzativo per la cura ed il trattamento della non autosufficienza, la rilevazione
condotta segnala alla politica pubblica alcune linee di lavoro:
Potenziamento dell’assistenza domiciliare di fronte ad un rapido incremento della domanda.
Diversificazione delle figure professionali nel settore dell’assistenza domiciliare: vista la
proiezione nel futuro dei consumi specifici per età riportati nelle tabelle sembra profilarsi da un lato
l’esigenza di riqualificare le figure “alte” del settore; dall’altro, la creazione di figure intermedie
(assistenti di base, animatori) che possano rispondere in modo flessibile ad una domanda di servizi a
domicilio estremamente diversificata. La diversificazione delle figure potrebbe rispondere
all’esigenza di regolarizzare la componente informale (il sommerso) nei settori dell’assistenza
domiciliare e ospedaliera.
Promozione della mutualità e di economie di reciprocità. I servizi agli anziani possono essere
parzialmente erogati da forme mutualistiche quali le Banche del Tempo, i progetti di “buon
vicinato” ed altre azioni di mutuo – aiuto e auto – aiuto.
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Qualificazione del partenariato pubblico/privato: Occorre creare condizioni istituzionali e
normative per il superamento dell’attuale assetto di erogazione dei servizi sociali /sanitari e di
rapporto con i partner del privato-sociale al fine di giungere alla realizzazione di un sistema di
welfare mix compiuto. Un sistema di questo tipo può prevedere:
• Sistema di accreditamento: costituzione di un albo certificato di fornitori di servizi alla persona
che si rapporta direttamente all’utenza. Il sistema locale seleziona le imprese accreditabili,
eroga dei voucher nominativi spendibili dai cittadini e sovrintende alla qualità del servizio.
Sono già in atto esperienze di cui meriterebbe valutare gli esiti.
• Coinvolgimento delle cooperative: superamento della formula della “esternalizzazione
semplice”. Le cooperative sociali e l’associazionismo vengono coinvolte direttamente nella
progettazione dei servizi e dei capitolati e nell’elaborazione di criteri di valutazione della
qualità dei medesimi.
• Sperimentazione di società miste pubblico-private.
Si tratta ovviamente di alcuni elementi di conoscenza che emergono da questo lavoro e che richiedono un
ulteriore livello di dettaglio, tenuto conto dei limiti che hanno imposto una rivisitazione del progetto
originale, di cui si è detto in apertura di documento. Infatti, l’evoluzione demografica in atto rende ormai
indifferibile un approfondimento micro-fondato e basato sulle realtà locali specifiche, del problema della non
autosufficienza negli anziani al fine di pensare, prima, e costruire, poi, nuove misure di intervento.
22 Si veda “Piano d’Azione internazionale sull’invecchiamento” approvato alla II assemblea mondiale sull’invecchiamento – Madrid 8 – 12 settembre 2002
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