Post on 18-Feb-2019
FAMIGLIA IRENE
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“… non si ama per educare...
ma si educa perché si ama…”
Comunità Alloggio a Dimensione Familiare
Servizio della Cooperativa Città Irene in Capua
CARTA DEI SERVIZI
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1. Obiettivi generali l Piano Educativo è finalizzato ad una “Comunità Alloggio a Dimensione Familiare” che accoglie,
con la formula dell’affidamento temporaneo, ragazzi e ragazzi di età compresa tra gli 11 ed i
18 anni, in stato di abbandono dovuto essenzialmente a situazioni di disagio psico-sociale della
famiglia d’origine. Le linee generali del nostro intervento educativo derivano dall’individuazione di
obiettivi e strategie, scanditi da azioni, regole e finalità ben precise: interventi strumentali; interventi
normativi; chiedere e dare informazioni; azioni di disconferma; sostegno e cura; interventi che
affrontano la realtà del fenomeno, al fine di rendere più sostenibile la sofferenza a) facilitando nel
bambino il superamento dello stress dovuto all’allontanamento dai genitori ed al successivo
inserimento in un ambiente estraneo; b) sostenendolo nel processo di elaborazione dell’evento; c)
osservando le condizioni psico-fisiche del bambino e le sue modalità relazionali; d) accompagnandolo
in un percorso di mediazione dei conflitti familiari e di ri-equilibrio delle relazioni interpersonali.
“Conversando e discutendo con adulti
che sollecitano le loro abilità comunicative,
i bambini co-costruiscono e cimentano
le proprie competenze sociali”.
La vita in Comunità, quindi, si organizza attorno ad “un ambiente quotidiano caldo e accogliente
nel quale viene valorizzato l’aspetto strutturante delle routine quotidiane e delle regole” al fine di
sostenere processi di cambiamento in quei bambini ai quali è necessario offrire un’alternativa stabile
e sicura ad un’”infanzia derubata”. Il minore è accolto, istruito ed educato, tutelandone lo sviluppo
psicofisico, curandone le relazioni affettive e sociali, l’incolumità, l’educazione igienica e alimentare e
quanto necessario per uno sviluppo psicologico, fisico e affettivo ottimale.
Si lavora sull’autonomia del minore favorendone l’inserimento nella vita sociale e utilizzando al
meglio tutte le risorse positive presenti sul territorio (parrocchia, scout, agenzie sportive, centri
ludico-ricreativi, centri medici e diagnostici, farmacie) a partire da tre momenti fondanti:
a. curare le attività formative ed educative, favorendo l’inserimento ed il recupero della situazione
scolastica e sociale, prestando la massima attenzione alla vita di relazione sia all’interno che
all’esterno della Comunità;
b. creare le opportunità per la fruizione attiva di spettacoli e di attività ricreative (cinema, musica,
spettacoli teatrali, sport) e per la pratica di attività di laboratorio e di animazione culturale,
anche per il conseguimento degli obiettivi di aggregazione e socializzazione;
c. stimolare i processi creativi in modo da sviluppare interesse ed autostima.
Tutta la programmazione dei nostri interventi educativi parte dalla realizzazione, per ognuno dei
minori, di un P.E.I. (Progetto Educativo Individualizzato) che ha la funzione di scandire i ritmi e
definire gli strumenti per lo sviluppo psico-fisico e sociale del minore, nonché per la facilitazione dei
rapporti tra il minore ed i genitori, sostenendo il reinserimento, nei casi ove questo fosse possibile,
presso il nucleo familiare d’origine.
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FAMIGLIA IRENE
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Per ogni minore accolto viene compilata una Scheda Informativa, di anamnesi psicofisica ed
ambientale, che servirà sia per l’individuazione dei primissimi interventi da adottare (inserimento
scolastico, visite mediche e analisi cliniche, consulenze psicologiche, vestiario, sistemazione nelle
camere della Comunità, …); sia per la successiva stesura del Progetto Educativo Individualizzato.
2. L’architettura educativa Un bambino abbandonato, che si sveglia all’improvviso e con lo sguardo erra su tutte le cose circostanti
e vede solo che non può vedere gli occhi dell’amore che gli rispondono. George Eliot
l bambino viene al mondo già dotato di capacità essenziali per la sopravvivenza, assume
presto un atteggiamento esplorativo verso il mondo fisico e umano, è un precoce
elaboratore di informazioni, produce spontaneamente delle spiegazioni, partecipa
attivamente alla costruzione della sua rappresentazione della realtà e della sua personalità”.
I bambini deprivati delle cure materne, specialmente se cresciuti in istituzioni da un’età inferiore ai
sette anni, possono essere seriamente colpiti nel loro sviluppo fisico, intellettuale, emozionale e
sociale: “…il bambino trascurato e psicopatico crescendo diventerà un genitore trascurante e
psicopatico… un circuito che si auto perpetua”. Questo è il concetto dei “cicli di deprivazione” che
sottolineano come la privazione dalle cure materne inflitta al bambino nei primi anni di vita creino un
prototipo comportamentale che si riflette sulle esperienze di vita adulta, essenzialmente nelle
relazioni sentimentali. “Ogni individuo si costruisce i modelli rappresentazionali del mondo e del Sé
nel mondo, con l’aiuto dei quali percepisce gli eventi, prevede il futuro e costruisce i propri
programmi”.
Molte ricerche condotte sullo sviluppo psico-sociale dei bambini, confermano la continuità
generazionale dei patterns comportamentali genitori-figli per cui è assai probabile che gli stili
relazionali appresi in una situazione vengono evocati in altre situazioni di struttura simile. Ciò non
preclude la possibilità al cambiamento di un bambino che abbia fatto esperienza di un modello
genitoriale negativo; semplicemente è richiesto un cambiamento delle condizioni, un miglioramento
delle esperienze successive attraverso «relazioni di sostegno», che inducano un aggiustamento della
personalità. Si parla, quindi, di una vera e propria trasmissione intergenerazionale dell’attaccamento,
ritenendo proprio che “i genitori tendono a trasmettere il proprio modello di attaccamento ai figli. Il
meccanismo di tale trasmissione deriva dal fatto che l’individuo tende a riprodurre, nel corso della
propria vita, i modelli delle relazioni sperimentati durante l’infanzia, grazie appunto alla loro
interiorizzazione sotto forma di rappresentazioni mentali che guidano il comportamento. In questo
senso, la continuità e la ripetizione delle relazioni implicano la capacità da parte degli individui di
interiorizzare e perpetuare modelli di relazione”.
Attraverso quelli che potremmo anche definire i modelli interni del mondo, ogni individuo si
rappresenta quelle che prevedibilmente possono essere le figure di attaccamento più accessibili,
responsive e, in definitiva, maggiormente meritevoli di fiducia. Di contro, attraverso i modelli
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operativi interni del Sé (Internal Working Models), ogni individuo si rappresenta la sua immagine in
quanto accettabile o inaccettabile agli occhi della figura di attaccamento. Dunque, è facile che un
bambino che non è stato desiderato (e con questo vogliamo intendere l’immagine che il bambino crea
di se stesso ogni qual volta percepisce la sua figura di attaccamento-accudimento come non
accessibile), non solo si senta non voluto dai genitori, ma pensi anche di essere poco desiderabile,
cioè di essere non voluto, da tutti. È da questi concetti che facciamo partire il nostro intervento
educativo, perché abbiamo la ferma convinzione che il bambino per poter crescere bene non ha
bisogno solo di nutrirsi, di dormire, di essere curato nell’igiene personale, ma ha bisogno
essenzialmente di essere amato.
La vita in comunità, quindi, si organizza attorno ad “un ambiente quotidiano caldo e accogliente
nel quale viene valorizzato l’aspetto strutturante delle routine quotidiane e delle regole”, al fine di
sostenere processi di cambiamento in quei bambini ai quali è necessario offrire un’alternativa stabile
e sicura ad un’”infanzia derubata”. Il nodo centrale delle modalità di intervento educativo, sono le
regole: non come “espressione di un potere normativo degli educatori”, ma, piuttosto, come “la
forma di comportamenti idonei a risolvere i problemi di tutti i giorni, condivise ed accettate da
educatori e bambini, soprattutto quando si realizzano nella condivisione di attività affettivamente ed
emotivamente coinvolgenti”. Si genera una realtà condivisa di abitudini e regole che “va a costruire
un archivio di conoscenze sociali a cui i bambini, nella loro evoluzione e scoperta del mondo, possono
attingere e riferirsi”. Se a questa realtà aggiungiamo che, forse per la prima volta, i ragazzi fanno esperienza di una
interazione comunicativa ed emotiva stabile e continua con degli adulti, allora, non possiamo che
essere d’accordo con Bastianoni quando dice che “conversando e discutendo con adulti che
sollecitano le loro abilità comunicative, i bambini co-costruiscono e cimentano le proprie competenze
sociali”.
I bambini, cioè, imparano a costruire, insieme a degli adulti significativi, una immagine
appropriata di Sé, come degni di stima, di affetto e di fiducia; nonché l’immagine di una realtà più
positiva, non emarginante, nella quale la violenza non è né una forma di comunicazione, né un modo
per ottenere nulla; ed,infine, un’immagine degli altri come più disponibili.
È un continuo tentativo, da parte degli educatori, di gestire quotidianamente il conflitto.
È una mediazione dei conflitti familiare che utilizza gli strumenti dell’ascolto, dell’empatia,
dell’accoglienza dei bisogni, in un “luogo neutro”, quale spazio di incontro specificamente dedicato
alla ricostruzione della relazione interfamiliare.
La mediazione interviene per affrontare situazioni di crisi o di conflitto nella relazione tra i genitori
o tra i genitori ed i figli; ma anche tra i minori ospiti della Comunità o tra i minori e gli educatori.
Essa, inoltre, promuove l’autonomia decisionale delle parti e facilita le competenze, la motivazione al
dialogo, alla stima e alla fiducia reciproca con l’obiettivo di prevenire il disagio dei minori coinvolti
nelle situazioni di crisi degli adulti.
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Soprattutto gli adolescenti mostrano di aver avviato, grazie alle esperienze degli anni precedenti al
loro ingresso in Comunità, un conflitto con il mondo che ha bisogno di risposte, di contenimento, di
intelligenza e di capacità di leggere le richieste alle proteste, al sabotaggio e alla provocazione.
All’educatore si richiede prontezza, capacità analitica e conduzione di un gioco che, fin da
bambino, l’adolescente è riuscito a vincere di fronte ad adulti sopraffatti dalla fatica, sfiniti dalle
provocazioni, disfatti dalla rabbia distruttiva che anima tutti coloro che sono stati dilaniati,
nell’infanzia, da traumi affettivi. L’azione educativa, nel periodo di permanenza del minore nella
Comunità fa leva sull’importanza dei rapporti educativi: relazioni educative che si caratterizzano
come dinamiche (in continuo divenire), coinvolgenti (che toccano cioè il cuore dei minori),
intenzionali (contraddistinte non da impulsività ed emotività, ma da scelte ben ponderate in base a
priorità ed obiettivi prefissati), amorevoli (contraddistinte dall’accoglienza incondizionata, dalla
condivisione di gioie e dolori, capacità di tradurre in segni l’amore educativo, al fine di far capire al
ragazzo di “essere amato”.
L’amorevolezza è il clima, il volto, lo stile: non si ama per educare, ma si educa perché si ama.
La qualità della relazione è, quindi, al centro del programma e la persona è al centro della
relazione. Il sentimento di sicurezza derivante da un modello relazionale di figura di attaccamento
coerente ed accessibile, è necessario allo sviluppo di una personalità stabile, capace di affrontare le
situazioni di stress, paura e vulnerabilità, facendo fronte più alle proprie capacità cognitivo-relazionali
che alla violenza. Laddove questa sicurezza dovesse mancare, a fronte di una situazione familiare allo
sbando, nella quale vengono meno le più elementari necessità pedagogiche, con scarse possibilità
economiche, carenze culturali, affettive, nonché un ambiente di riferimento che supporti una
situazione di degrado, con figure genitoriali prive a volte di un vero e proprio interesse, il bambino
non può che ricorrere a rappresentazioni interiorizzate di sé, degli altri e della realtà, distorte,
negative, che sono di guida allo sviluppo di una personalità disadattata, centrale, a sua volta,
nell’evoluzione dei percorsi di crescita cosiddetti “a rischio”.
3. La metodologia educativa «… L’irritazione ed il turbamento generati dall’aspettarsi che i bambini si conformino al nostro modo personale
di concepire cosa, come e quando debbano mangiare, sono ridicoli e tragici». Bowlby
a nostra è la metodologia della quotidianità: per raggiungere gli obiettivi precedentemente
individuati, la giornata in Comunità è metodicamente organizzata, secondo ritmi a misura di
minore e regole proprie di una qualunque altra famiglia. Noi pensiamo che il recupero passi
proprio attraverso la normalizzazione della vita dei nostri minori.
Gettiamo un seme nella convinzione che questo possa crescere e dare buoni frutti.
Ogni minore viene ospitato in una stanza doppia, nel rispetto delle esigenze individuali proprie
delle fasi dell’età evolutiva, garantendo l’accessibilità a tutti gli spazi della casa, l’individualità e gli
spazi intimi. Attraverso un primo colloquio individuale viene presentata la Comunità al minore e viene
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analizzata insieme la proposta educativa più confacente alle sue esigenze, attitudini ed aspettative:
per ogni minore è fatto obbligo la scelta tra formazione scolastica e/o formazione al lavoro. Sono
assicurate attività esterne sportive e/o ludico-ricreative (musica, teatro, canto, laboratori di
manualità e creatività) a tutti i ragazzi, come momento di crescita fisica armonica ed di
aggregazione. Si offre inoltre la possibilità di una formazione cattolica finalizzata al conseguimento
dei sacramenti e momenti educativi, di svago, divertimento e conoscenza dei pari, attraverso la
partecipazione alle attività delle Organizzazioni-Associazioni presenti sul territorio (Oratorio, Centro
Giovanile, Scout, Associazioni sportive, …), sempre nel pieno rispetto delle propensioni di ognuno.
Come dice il nostro motto, famiglia Irene è “come se” fosse una famiglia ed in quanto tale ogni
suo membro vive la propria quotidianità come in una qualunque altra famiglia, con l’organizzazione di
proprie feste o la partecipazione a quelle altrui; l’organizzazione dello studio insieme agli amici;
l’organizzazione di gite o vacanze insieme; l’organizzazione di pranzi o cene con amici o la
partecipazione a quelli altrui; nel rispetto reciproco, nella condivisione, nella riconoscenza, attraverso
un sentimento di appartenenza, di identità collettiva, in un contesto umano stimolante e divertente.
Altro momento valorizzato quotidianamente è quello della cena, luogo sereno, di grande valore
educativo, nel quale fare esperienza di familiarità, dove ciascuno racconta la propria giornata e
condivide con gli altri i successi e le difficoltà.
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1. Finalità e obiettivi amiglia Irene è una comunità alloggio a dimensione familiare che accoglie minori che
hanno fatto esperienza di situazioni familiari paradossali, di tipologie educative
disorganizzate, di rifiuto e trascuratezza che si legano spesso alla carenza di fattori di
ordine economico-lavorativo, culturale (mancanza di scolarizzazione) e amicali (inserimento in gruppi
marginali, devianti o isolati) dei genitori.
Laddove la stessa famiglia privi il minore dell’appoggio necessario, trasformandosi in un luogo di
dolore e sofferenza, di deprivazione delle più elementari necessità affettive, di abbandono, senza
regole, né una guida, né una protezione, molto spesso nel quale l’unica comunicazione è una violenza
cieca ed ignorante, l’unica alternativa può solo essere quella della separazione. Il bambino viene
allontanato dall’ambiente familiare e sociale di provenienza per offrirgli un ambiente che sia
“terapeutico” nel quale poter offrire una “consapevolezza di sé e fiducia nelle proprie capacità al fine
di costruire un’identità libera dallo stigma di “caso sociale””.
È in questa alterazione degli equilibri dinamici psico-sociali che la nostra Comunità entra in gioco
attraverso l’accoglienza incondizionata del minore ed un atteggiamento non giudicante. Essa crea
un’alternativa protettiva nella misura in cui svolge una funzione strutturante nei confronti del Sé e
delle competenze sociali e cognitive del soggetto, offrendo un luogo sano di interventi educativi
messi in atto da educatori che, come “altri significativi”, attraverso l’accoglienza, il supporto, il
modeling ed il tutoring, in uno spazio relazionale intimo, ironico, fatto di gentilezza, affetto, lealtà,
coerenza e regole, tentano di conquistare la stima e la fiducia dei ragazzi.
L’inserimento all’interno della Comunità deve essere temporaneo ed il Progetto che viene
elaborato per ogni minore ospite deve avere i seguenti obiettivi in ordine di priorità:
a. rientro nella propria famiglia di origine
Attraverso la collaborazione attiva con tutti i soggetti istituzionali interessati, viene affiancata la
famiglia di origine, ed accompagnata in percorsi di mediazione; di supporto psicologico e/o
psicoterapeutico; di educazione alla genitorialità; certamente complessi e difficili, ma possibili,
che conducano alla risoluzione positiva del disagio.
b. affidamento familiare
Laddove il percorso di risoluzione del disagio richieda un tempo lungo o mostri ostacoli
insormontabili, attraverso la sensibilizzazione del territorio vengono attivati percorsi di
affidamento temporaneo (giornaliero, fine settimana, vacanze) a famiglie con figli, scelte e
affidabili, pronte all’accoglienza, al dono ed all’amore incondizionati.
c. adozione
d. accompagnamento verso l’autonomia
Nel caso in cui nessuna delle ipotesi precedenti sia percorribile, la Comunità si pone come
alternativa unica per il minore, progettando percorsi di autonomia lavorativa, sociale,
ambientale, che mirano alla fuoriuscita del minore al compimento del diciottesimo anno di età
ed alla sua realizzazione come uomo o donna.
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2. Opportunità e prestazioni a nostra Comunità Alloggio, educativa e di tipo familiare, è progettata per rispondere alle
esigenze di minori, maschi e femmine, con problematiche di inserimento sociale dovute a
condizioni di disagio familiare. E’ una Comunità di tipo residenziale e semi-residenziale, che
può ospitare 8 minori (più uno in pronta accoglienza), di età compresa tra gli 11 ed i 18 anni; e che
pratica una retta pro die, a minore, in linea con la Delibera Regionale n. 1351 del 20 luglio 2007, con
allegato il dossier dal titolo “Analisi dei costi per la definizione delle tariffe per persona al giorno di cui
all'art. 27 del Regolamento n. 6/2006”. Tra le prestazioni offerte dalla Comunità rientrano:
a. l’accoglienza, osservazione e progettazione: dopo un primo periodo di accoglienza ed
ambientazione per il minore, entro 30 giorni, l’equipe educativa esegue una serie di
osservazioni mirate alla stesura del Progetto Educativo Individualizzato, redatto in
collaborazione con il Servizio Sociale di provenienza.
b. la gestione dei rapporti con i servizi sanitari: noi concepiamo l’intervento educativo come
progetto multidisciplinare, attivato con il Servizio Sociale territorialmente competente, con il
quale l’intera equipe intraprende un percorso di collaborazione continuativa che prevede
momenti di verifica periodici del P.E.I. e confronti settimanali sulle migliori risoluzioni positive
del disagio del minore e della famiglia di origine. La Comunità accompagna il minore per un
breve periodo della sua vita; ne cura la dimensione socio-pedagogica; lo sorregge nei momenti
di crisi ed è pronta a gioire delle sue conquiste e dei suoi percorsi di autonomia. Per quanto
concerne l’assistenza sanitaria di base, fermo restando che la comunità medica cittadina
(medici, farmacisti, analisti,…) partecipa in modo attivo alla vita della Comunità, ogni minore è
seguito da un proprio medico e per le visite e cure specialistiche, si fa riferimento ai servizi
territoriali dell’ASL.
c. il mantenimento dei rapporti con le famiglie d’origine; famiglie affidatarie o adottive: le
modalità di relazione interpersonale con la famiglia del minore sono definite nella progettazione
individuale e mediate dal Servizio Sociale. E’ compito dell’equipe agevolare i rapporti tra i
minori e le loro famiglie (tranne i casi in cui sia sconsigliabile) attraverso momenti di incontro
tra il minore ed uno o più componenti della famiglia d’origine; attraverso rientri periodici presso
l’abitazione della famiglia; attraverso incontri, a volte vigilati, a volte autogestiti, tra minore e
famiglia, che durano da poche ore ad intere giornate. Ogni contatto (incontro e/o rientro) è
preceduto e seguito da verifiche tra l’equipe, la famiglia, il minore ed i Servizi Sociali.
Le stesse modalità vengono utilizzate, nei casi specifici, per l’avvicinamento del minore a
famiglie affidatarie o adottive.
d. gli interventi di socializzazione: uno degli obiettivi fondamentali che la Comunità si prefigge è
quello di aiutare il minore nella ri-costruzione dei legami amicali con il gruppo dei pari
attraverso l’acquisizione degli strumenti e delle modalità utili al loro reinserimento sociale.
Attraverso le agenzie educative extra-scolastiche, le agenzie sportive, i centri ludico-ricreativi,
gli “amici di famiglia Irene” e l’intervento educativo costante e quotidiano dell’equipe, viene
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organizzato il tempo libero del minore con l’obiettivo di favorire la sua integrazione sociale e
così la disconferma di una percezione negativa del Sé. I bambini, cioè, imparano a costruire,
insieme a degli adulti significativi, una immagine appropriata di Sé, come degni di stima, di
affetto e di fiducia; nonché l’immagine di una realtà più positiva, non emarginante, nella quale
la violenza non è né una forma di comunicazione, né un modo per ottenere nulla; ed,infine,
un’immagine degli altri come più disponibili.
e. l’inserimento scolastico (rapporti con le insegnanti ed il gruppo classe) e/o la socializzazione al
lavoro: tutti i minori che abbiano un’età fino ai 16 anni sono chiamati per legge all’obbligo
formativo. Dai 16 anni in poi il minore discute con l’equipe la possibilità di lasciare il percorso
scolastico ed intraprendere un percorso di formazione e socializzazione al lavoro. Sia nell’uno
che nell’altro caso, l’equipe programma momenti di incontri settimanali durante i quali vengono
valutati per il minore: la capacità di inserimento; la capacità di apprendimento; la capacità di
condivisione delle regole comportamentali; l’emergere di problematiche nuove.
f. il mantenimento: ogni minore è non solo ospitato presso la Comunità, quanto, soprattutto,
preso in cura dall’intera equipe che se ne occupa nel rispetto delle esigenze di crescita
specifiche di ognuno, sempre in collaborazione con la famiglia d’origine, come strategia di
responsabilizzazione. L’equipe ha cura, attraverso specialisti e menu normocalorici specifici per
età e sviluppo individuale, della crescita fisica del minore; gestisce un guardaroba comunitario;
organizza acquisti di vestiario; è attenta alla salute dei minori, gestendo eventuali rapporti con i
medici di base; cura la pulizia della casa in collaborazione con gli stessi minori; educa alla cura
del proprio corpo e delle proprie cose.
3. Modalità di accoglienza e permanenza
del minore in Comunità a Comunità può accogliere solo minori segnalati dalle Autorità competenti (Tribunali, Servizi
Sociali Comunali, Servizi Sociali delle ASL, …). Al momento della segnalazione il Responsabile
della Comunità attiva una serie di colloqui con la finalità di recuperare quante più
informazioni possibili sulla storia del minore e della sua famiglia; sulla presenza o meno di limitazioni
fisiche o psichiche del minore; sulle motivazione che hanno portato all’allontanamento del minore dal
proprio ambiente di adattamento; sui ruoli di ciascun soggetto agente; sulle risorse umane
necessarie alla risoluzione positiva del disagio; e sugli obiettivi dei Servizi, al fine di poter agire la
miglior scelta possibile per una progettualità sicura, efficace ed efficiente.
Questi colloqui, molto delicati, servono a prevenire il fallimento di un inserimento (che è più
dannoso di un mancato inserimento) e costituiscono una prima fase di “Analisi della domanda”,
nonché le prime basi per la costruzione di una rete di rapporti sincronici, basati sulla fiducia ed il
rispetto delle professionalità di ognuno.
Nel dettaglio, questa fase prevede:
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a. un primo colloquio con l’Assistente Sociale, il Responsabile e/o gli Educatori che hanno in carico
il minore;
b. un incontro con il minore per una prima conoscenza reciproca ed una visita della Comunità;
c. di stabilire, insieme al minore ed a chi ne ha la tutela, i tempi e le modalità dell’inserimento;
d. la valutazione, da parte dell’equipe della Comunità, dell’opportunità dell’inserimento;
e. la consegna di tutta la documentazione necessaria.
L’accoglienza del minore in Comunità avviene alla presenza di tutti gli altri ospiti: in un momento
di festa e condivisione egli viene ospitato in una delle stanze doppie sulla base dell’età, del sesso, di
esigenze specifiche e delle disposizioni preesistenti. Dall’entrata del minore in Comunità egli viene
preso in carico, con i suoi disagi e le sue risorse, e lo si aiuta ad adattarsi gradualmente alle regole
del gruppo coinvolgendolo, insieme agli altri minori ospiti, in tutte le attività (turni di pulizia, sport,
scuola, lavoro, oratorio, scout, parrocchia, …) nell’importante tentativo di farlo sentire “a casa
propria”. Entro 24 ore dalla presa in carico del minore viene compilata una Scheda Informativa da
inviare alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni che sancisce l’ufficialità del
collocamento e scandisce il momento dal quale il Responsabile e l’Equipe sono direttamente
responsabili di quanto accade al minore.
Inizia così un periodo di osservazione reciproca durante il quale si individuano le risorse e le
difficoltà del minore: viene fatto un bilancio delle competenze; vengono individuati i nodi problematici
a livello psicologico, relazionale, affettivo, sociale e culturale; si avviano i primi contatti con la rete
familiare del minore attraverso la convocazione per colloqui personali dei genitori e/o dei parenti più
affini; visite domiciliari; incontro con gli insegnanti; incontro con tutti i soggetti di altre eventuali
agenzie educative.
4. Il Progetto Educativo Individualizzato Entro 30 giorni dall’inserimento del minore in Comunità viene elaborato, a cura dell’equipe, in
accordo con i Servizi Sociali territorialmente competenti, tenuto conto delle disposizioni dell’Autorità
Giudiziaria, il Progetto Educativo Individualizzato, che dovrà indicare:
a. le motivazioni dell’affidamento e dell’inserimento del minore in Comunità, nonché i suoi dati, la
sua storia personale e quella della famiglia d’origine (Scheda Informativa);
b. gli interventi già attivati e gli obiettivi generali che si intendono raggiungere, con particolare
riferimento alle modalità di rapporto della Comunità con i genitori del minori, i parenti,
l’eventuale tutore, le modalità degli incontri tra il minore e la famiglia d’origine e la
regolamentazione degli eventuali rientri in famiglia;
c. una breve descrizione clinica del minore ed i dati sull’ambiente di adattamento nel quale egli è
cresciuto;
d. gli strumenti e gli obiettivi che si intendono raggiungere con il minore, a breve (6 mesi), medio
(12 mesi) e lungo (18 mesi) termine;
e. gli obiettivi del lavoro con la famiglia di origine;
f. le prospettive del minore (affidamento, adozione, percorso di autonomia);
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g. il lavoro di rete con le altre agenzie formali ed informali;
h. i piani integrativi e di verifica.
Con la firma del P.E.I. i Servizi Sociali territorialmente competenti assumono la corresponsabilità
del percorso indicato: sono chiamati ad una collaborazione attiva, attraverso visite domiciliari al
nucleo familiare del minore; la stesura di proprie relazioni sull’andamento del percorso psico-
educativo del minore e della famiglia; la verifica di quanto indicato nelle relazioni periodiche del
Responsabile della Comunità; la convalida degli interventi sul minore e sulla famiglia di origine,
preventivamente concordati con il Responsabile; ed ogni altra strategia utile al successo dell’azione
educativa, per la tutela ed il recupero del minore del quale sono istituzionalmente garanti. Il minore
verrà sempre informato delle motivazioni che hanno portato al suo allontanamento dall’ambiente
familiare ed al collocamento in Comunità, nonché dello scopo e dei tempi di realizzazione del
Progetto, nella convinzione che mai gli si debba nascondere la verità, rispondendo sempre alle sue
curiosità: la costruzione di un’identità stereotipata nell’etichetta deviante o di un’identità patologica,
nasce proprio dalla stupida convinzione che il minore non debba conoscere la propria storia,
tralasciando che egli, avendola vissuta, forse non la riesce a razionalizzare a livello conscio, ma di
sicuro la percepisce a livello inconscio.
Tutto ciò che conosciamo non può ucciderci ma solo rafforzarci in un percorso di educazione alle
emozioni e di costruzione degli IWM (Internal Working Models) capaci di offrire quelle opportunità di
riconoscimento e scelta che possano contrastare le esperienze negative vissute in famiglia.
La Comunità custodisce la documentazione, accurata ed aggiornata, di ogni minore, raccolta in
una Cartella Personale, nella quale sono riportati: i Decreti/Ordinanze della Autorità competenti; il
Progetto Educativo Individualizzato; una Scheda Informativa; il Diario delle attività specifiche svolte
dal minore (scuola, lavoro, tempo libero, visite mediche, …); le relazioni periodicamente comunicate
al Tribunale ed ai Servizi Sociali; eventuali interventi di consulenza attivati; documenti scolastici,
clinici e di lavoro; e qualunque altra comunicazione riguardi li minore durante la sua permanenza in
Comunità. L’equipe educativa si fa garante della privacy su tutte le informazioni personali
del minore, che possono essere consultate solo dagli educatori della Comunità e non dai volontari,
né dai tirocinanti, dal cuoco od altri, in quanto persone che non devono rispondere personalmente
degli oneri dettati dal mandato istituzionale e dalla deontologia professionale, e quindi non
“perseguibili” in caso di negligenza o abuso.
All’accettazione del minore egli entra a far parte integrante della Comunità.
Da adesso in poi c’è la presa in carico totale del minore. La presa in carico totale non esclude il
coinvolgimento e la responsabilizzazione delle famiglie di origine, soprattutto nei casi in cui la tutela
giudiziaria resta a loro, e/o nei casi in cui è previsto il reinserimento in famiglia in tempi mediamente
brevi.
La Comunità si prenderà cura del minore per ogni sua necessità (vitto, alloggio, vestiario,
assistenza sanitaria e psicologica, inserimento scolastico, eventuale nell’inserimento nel mondo del
lavoro, inserimento in attività sportive e/o ludico-ricreative, laboratori di manualità e creatività, …).
La Comunità pone un’attenzione particolare nel cercare di focalizzare gli interessi e le attività non
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tanto all’interno della propria struttura quanto soprattutto di sostenere e incoraggiare le relazioni
esterne, secondo percorsi di socializzazione, di autonomia e responsabilizzazione personale. La
permanenza del minore è organizzata secondo uno stile di vita semplice, familiare e comunitario,
dove sono centrali la corresponsabilità e la condivisione delle regole: i minori e gli educatori sono
coinvolti nella gestione della casa, nella cura degli spazi collettivi e nella personalizzazione degli spazi
individuali.
5. Le regole di comportamento dei minori ospiti La permanenza dei minori in Comunità non è mai vincolata ad azioni coercitive agite attraverso
violenza fisica e/o psicologica. Essi sono e saranno sempre ospiti di una “casa” e membri di un
gruppo che è “come se” fosse una famiglia: ogni idea, ogni azione, ogni spazio o tempo, sono “a
misura” dei singoli minori.
Ma questo non vuol dire, per loro, una permanenza anarchica ed autogestita.
Il sentirsi membri di un gruppo passa attraverso la conoscenza delle regole, che ogni minore, di
qualsiasi età e con qualsivoglia storia personale, è chiamato a rispettare: chiunque, nel gioco strano
della vita, ha il proprio posto ed il proprio ruolo, attraverso i quali impara a costruire relazioni forti e
stabili. Ma passa anche attraverso la compartecipazione alla vita quotidiana della “famiglia”: ogni
minore, al momento dell’ingresso in Comunità, partecipa ad un “cerchio” (che si ripeterà poi
periodicamente) insieme a tutti gli altri ospiti, come momento di conoscenza reciproca, durante il
quale viene informato della scansione dei nostri ritmi giornalieri; dell’organizzazione dell’equipe e
delle attività che svolgiamo; che ognuno di noi da una mano in casa; dei compiti giornalieri da
svolgere; e delle modalità di gestione degli spazi comuni. Ogni minore è chiamato a discutere, sia
durante il “cerchio” che quotidianamente con gli educatori e/o il Responsabile, delle proprie
aspettative e richieste rispetto alla vita in Comunità.
L’equipe, sovrana nella discussione e scelta del Progetto Educativo Individuale, detta le linee di
indirizzo comportamentale che ogni minore è tenuto a rispettare: ad esempio, l’utilizzo della tv, del
computer e della play station è regolato da turni concordati con i minori; oppure, nel rispetto dei
gusti musicali di ognuno, ogni minori può avere un proprio stereo personale da tenere però in camera
ed utilizzare con le cuffie o a volume basso; altrimenti, ogni minore può utilizzare lo stereo della
Comunità, nel salone studio-ricreazione, fuori dagli orari di studio. Ogni minore, attraverso un
rapporto comunicativo costante con gli educatori, è spronato al confronto e al rispetto dell’altro; al
decoro personale ed alla non violenza, bandita dalla nostra Comunità in quanto inutile sia nella
gestione delle situazioni stressanti per il minore, sia come azione “educativa” per l’equipe.
6. Rapporto con il territorio L’inserimento del minore nella Comunità è da considerarsi solo una fase, seppure importante e
delicata, di un più ampio progetto di compenetrazione nel tessuto sociale e culturale cittadino.
CARTA DEI SERVIZI
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I rapporti con le diverse realtà territoriali (grafico 1), siano esse pubbliche o private, fa si che la
Comunità sia facilmente riconoscibile come “famiglia tra le famiglie” piuttosto che come “struttura” ed
i suoi minori come “persone” piuttosto che come “casi”.
L’intervento deve essere realizzato in una prospettiva biunivoca:
a. da un lato, il territorio offre risorse, istituzionali o private, collettive o individuali, che possono
contribuire, attraverso la realizzazione di un capillare ed accurato lavoro di rete, al percorso
educativo del minore. colmare i bisogni educativi dei minori;
b. dall’altro lato, la Comunità si pone come interlocutore significativo nel contesto territoriale,
impegnandosi nel denunciare quelle situazioni di degrado che sono concausa di disagio per i
minori e stimolando l’intervento delle autorità preposte. Ancora una volta, quindi, la Comunità,
lungi dall’essere semplicemente la risposta a situazioni di emergenza in cui si trovano molti
minori, si fa promotrice in prima persona dei loro diritti; porta a conoscenza del territorio le
problematiche giovanili; si interroga su di esse e promuove su questi temi un rapporto
dialogico, di scambio e di arricchimento con il tessuto sociale in cui è inserita. Inoltre, la
Comunità diventa strumento di sensibilizzazione e diffusione di valori di solidarietà e di co-
responsabilità, nella speranza che, in un’ottica più allargata ed a lungo termine, questo lavoro
porti a sviluppare un senso critico in tutta la comunità territoriale, tale da favorire la nascita e
crescita di una “cultura della solidarietà”, soprattutto a favore dei minori.
Ogni intervento educativo finisce con l’essere un punto nella rete di opportunità, presenti o da
attivare, intorno al minore.
È importante mantenere ed incentivare i rapporti con le istituzioni che a vario titolo intervengono
sul minore agendo simultaneamente e sinergicamente nelle maglie di una rete protettiva per il
minore. Per questo, ogni intervento sul minore vuole configurarsi come luogo di socializzazione:
l’attenzione si sposta dall’individuo, singolo ed isolato, alle sue relazioni con il contesto, con gli altri,
con le istituzioni, con i gruppi, con i servizi, in una visione circolare in cui il comportamento di ciascun
membro del sistema influenza inevitabilmente il comportamento degli altri ed a sua volta ne è
influenzato.
La ricchezza o la povertà di una rete dipendono non solo dalla capacità delle persone di allacciare
dei legami intensi e duraturi, ma anche dalla disponibilità delle persone che si trovano in esse di
saper mettere in gioco il proprio punto di vista: un pensiero individuale che diventa collettivo, non
come somma dei singoli pensieri, ma come pensiero nuovo, commistione di tutti.
Dal punto di vista operativo la Comunità cercherà di:
a. realizzare una mappatura delle risorse esistenti sul territorio;
b. mantenere i legami con le istituzioni del territorio (informare/informarsi)
c. attivare la formazione, in collaborazione con i municipi e con le altre istituzioni presenti sul
territorio, di un movimento di famiglie affidatarie che si occupi della sensibilizzazione,
formazione, invio, sostegno e auto-mutuo-aiuto delle famiglie dei minori ospiti della Comunità;
d. realizzare un accurato lavoro di rete, mettendo in essa le risorse private, istituzionali,
associative;
FAMIGLIA IRENE
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e. promuovere, almeno una volta l’anno, un incontro sulle tematiche riguardanti i minori cosiddetti
“a rischio”, quale momento di studio, approfondimento e scambio di esperienze tra realtà che
operano in questo ambito;
f. partecipare a convegni sulle stesse tematiche sia a livello locale che nazionale;
g. attivare il confronto e la condivisione di esperienze e modalità di intervento con Enti,
Federazioni e Movimenti che promuovono a livello regionale e nazionale la cultura dell’amore,
dell’accoglienza e del sostegno ai minori in difficoltà.
FAMIGLIA IRENE
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7. Percorso di ammissione e dimissione del minore Alla luce di quanto detto finora, risulta chiara l’importanza della determinazione di un dinamico,
funzionale e rispettoso percorso di ammissione del minore nella Comunità, nonché la
programmazione delle sue dimissioni, attraverso un percorso di osservazione, progettazione e verifica
accurati (grafico 2).
L’inserimento del minore in Comunità avviene in modo graduale, salvo casi di urgenza. A seguito
dell’invio di una relazione sul minore, della sua presentazione da parte dei Servizi Sociali e/o della
compilazione della Scheda Informativa fornita dalla Comunità, insieme all’equipe sarà valutata
l’eventuale accoglienza del minore, in base alle sue reali necessità ed alla compatibilità delle sue
problematiche e di quelle della sua famiglia con il Piano Educativo offerto dalla Comunità e dalla sua
Equipe.
Se il minore è accolto, si passerà alla conoscenza dello stesso e della sua famiglia, attraverso la
mediazione dell’Assistente Sociale. In questo incontro, la Comunità ha la possibilità di farsi conoscere
attraverso i propri educatori e la propria strutturazione interna (Carta dei Servizi).
Il Servizio della Comunità può essere corrisposto per qualunque minore che, nel rispetto di quanto
indicato, venga accompagnato da: un Decreto del Tribunale per i Minorenni; un Dispositivo del
Sindaco (ex art. 403) del Comune di appartenenza del minore; una Relazione/Determina dei Servizi
Sociali di appartenenza; Verbale e Determina dell’ASL, nei casi di attivazione di un Budget di Salute
(P.T.R.I.); ed, infine, la definizione di una retta congrua al lavoro che si andrà a svolgere.
Inizia così un periodo di vicendevole conoscenza ed osservazione, al termine del quale, grazie ai
dati raccolti, sarà possibile per entrambi, rifiutarsi o scegliersi e quindi attivare l’ammissione e la
compilazione del Progetto Educativo Individualizzato, con la doppia firma del Responsabile della
Comunità e dell’Assistente Sociale competente, previa presa visione della Carta dei Servizi.
Gli educatori della Comunità si impegnano a rispettare le eventuali disposizioni stabilite
dall’autorità affidante. Allo scadere del percorso educativo, su valutazione dell’Equipe della Comunità,
sentiti i Servizi Sociali coinvolti, verificata la risoluzione positiva delle problematiche che
ingeneravano il disagio familiare, a seguito di un adeguato percorso definito dai Servizi Sociali, il
minore si appresta alle dimissioni, programmate e graduali, dalla Comunità.
Qualora vi fossero minori adolescenti per i quali non possa realizzarsi né il rientro in famiglia, né
l’affidamento etero-familiare, né altri provvedimenti, l’impegno sarà rivolto ad individuare soluzioni
adeguate al reinserimento del minore nell’ambiente sociale, con modalità di autonomia lavorativa e/o
domiciliare, in collaborazione con il Comune di riferimento.
Come al precedente comma, è possibile attivare un percorso di autonomia (Procedura
Amministrativa) anche per tutti quei minori che, raggiunta la maggiore età, scelgano di avere
l’Equipe come riferimenti adulti e la Comunità come loro abitazione provvisoria. In questi casi sarà
data continuità amministrativa-contabile alla Commessa e sarà predisposto un nuovo PEI per il
minore.
Il livello ultimo del percorso in Comunità prevede la Dimissione del minore ed il suo inserimento in
una delle quattro realtà indicate nello schema:
CARTA DEI SERVIZI
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a. Rientro nella famiglia d’origine;
b. Affidamento intro/etero familiare;
c. Adozione;
d. Affidamento ai Servizi Sociali di appartenenza.
La finalità primaria dell’intervento educativo dell’Equipe della Comunità è di agevolare il rientro del
minore nel proprio nucleo familiare, risolte le problematiche che avevano attivato il suo
allontanamento. Siamo convinti che la propria famiglia è sempre l’alternativa migliore alla crescita
psico-sociale di un minore.
Qualora fosse improponibile qualsivoglia forma di collaborazione con uno o entrambi i genitori;
quando il contesto parentale è alterato da forme di disagio più o meno grave; quando l’ostilità delle
figure di riferimento impedisce loro di agire dei cambiamenti in positivo, l’azione dell’Equipe sarà
rivolta a richiedere una procedura di affido o adozione attraverso i Servizi Sociali di riferimento; il
Servizio Affido della Cooperativa “Città Irene”; o altri enti preposti.
Il Responsabile della Comunità, accertata l’impossibilità al rientro del minore nel proprio nucleo
familiare; discusso con i Servizi Sociali di riferimento sull’opportunità di avviare un percorso di
preparazione all’affido; sentito il Giudice Tutelare del minore; informato il minore stesso; ascoltati i
genitori (laddove avessero ancora la potestà genitoriale), comunica al Responsabile del Servizio
Affido della Cooperativa l’attivazione del percorso. Il Responsabile della Comunità sarà tenuto sempre
al corrente di ogni passo compiuto da parte dei referenti del percorso affido; conoscerà ed avrà
incontri con le famiglie scelte per l’affido/adozione ed avrà la possibilità di esprimere un parere
tecnico-indicativo sulla famiglia più idonea all’accoglienza dei minori.
CARTA DEI SERVIZI
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La fase di dimissione è sempre una fase delicata, che va pensata, preparata, programmata in
sinergia con i Servizi territorialmente competenti e comunicata al minore in modi e tempi che
rispettino la delicatezza psichica di ognuno; tenendo conto del grado di legame instaurato con
l’equipe educatori, con il gruppo dei pari; e soprattutto nel rispetto degli obiettivi educativi definiti nel
Progetto Educativo Individuale. Il compito della Comunità non si esaurisce, però, con le dimissioni del
minore, siano esse per il rientro nella famiglia d’origine, o per l’affidamento ad un’altra famiglia, o per
l’affidamento ad un’altra comunità (ad esempio per il trasferimento del minore), o per l’inizio di un
percorso di autonomia (ad esempio al raggiungimento del diciottesimo anno di età), ma è importante
continuare quel lavoro di rete con i Servizi, le famiglie, le comunità, il minore al fine di stimolare
progettualità e collaborazioni. Un percorso di affido o adozione deve essere un momento quanto più
possibile concordato tra i soggetti direttamente interessati:
a. il minore, al quale va prospettata tutta la situazione di cambiamento, sarà aiutato ad elaborare
il riassetto dei legami in un ottica positiva. Saranno strutturati momenti comunitari e individuali,
per lasciare l’opportunità al minore di esprimere i propri sentimenti, emozioni, ed anche le sue
opinioni e proposte concrete. È importante aiutare il minore a gestire una situazione nuova che
vede la continuità tra separazione e accoglienza (sia essa nella famiglia d’origine, che affidataria
o adottiva) in modo graduale e protettivo, rafforzando un’immagine forte e continuativa dei
legami instaurati.
b. la famiglia accogliente, che vedrà come conclusione di un percorso di crescita e riassetto
l’inserimento del minore presso il proprio ambiente. Tutti i Servizi coinvolti avranno lavorato, in
un setting protetto, al graduale avvicinamento della famiglia al minore.
c. i soggetti del territorio che vicini alla Comunità hanno aiutato l’equipe nel delicatissimo compito
di destrutturate una percezione negativa del sé. Con essi (insegnanti, educatori scout o
dell’oratorio, gruppo dei pari, …) l’equipe svolgerà un’azione di supporto e di chiarimento circa
la nuova realtà che il minore andrà a vivere.
d. gli altri minori ospiti, a i quali l’equipe offrirà momenti comunitari e/o individuali di supporto e
chiarimento a fronte di una destabilizzazione certa causa di un senso di invidia che li pervaderà.
È importante, in questa fase, aiutare i minori ancora ospiti ad elaborare l’evento in modo da
non consentire una sovra-strutturazione di un’immagine negativa del sé come persone non
degne di una risoluzione positiva del proprio disagio.
Il Responsabile della Comunità e l’Assistente Sociale provvederanno ad informare il Giudice
Tutelare il quale decreterà l’affidabilità del minore: è questo l’atto ufficiale che darà avvio ad una
procedura che sarà così gestita dalla Comunità “famiglia Irene”:
a. attivazione: tutte le agenzie pubbliche e private che operano nel settore dell’affidamento o
adozione verranno informate della necessità di reperire una famiglia affidataria, con la
presentazione di una scheda di valutazione del minore, della sua storia e del suo percorso
psico-educativo. Nel frattempo l’Equipe della Comunità si attiverà come previsto dal punto a.
del paragrafo precedente nel tentativo di accompagnare il minore all’affidamento con la giusta
consapevolezza ed accettazione.
FAMIGLIA IRENE
24 | P a g i n a
b. idoneità: individuata l’ipotetica famiglia affidataria si da inizio ad un percorso di valutazione
per l’idoneità a cura del Servizio di psicologia dell’ASL territoriale oppure di quello del Centro
Famiglia – Consultorio di ispirazione cristiana di S. Maria C. V.. In questa fase, che presumiamo
non debba superare i trenta giorni, saranno concordati appuntamenti con l’ipotetica famiglia nei
quali si provvederà a raccontare la storia del minore; ad informarli sulla storia dei genitori del
minore e se e secondo quale percorso saranno mantenuti i contatti; e le modalità di
avvicinamento alla Comunità. Per questi primi trenta giorni non saranno ancora sciolte le
riserve con il minore al fine di garantire all’ipotetica famiglia affidataria tutto il tempo utile ad
una cosciente autovalutazione ed evitare al minore inutili delusioni.
c. avvicinamento della famiglia alla Comunità. La famiglia entrerà a far parte della Comunità;
conoscerà tutti i minori ospiti e quindi in modo informale anche il minore affidabile; farà del
volontariato in casa e sarà liberamente attiva nell’intessere relazioni positive con il minore.
L’Equipe educativa, informata del percorso, si farà garante di rendere assolutamente fruibile
l’accesso della ipotetica famiglia affidataria alla casa e di osservare le modalità di interazione
senza però mai influenzare le scelte o ostacolare il percorso.
d. riserve: dopo i trenta giorni, laddove la famiglia dovesse sciogliere le riserve sul minore,
l’Equipe, in continuità con il percorso di elaborazione già attivato, in un momento di “cerchio”
informa il minore e gli altri ospiti della possibilità di affidamento, indicandone i tempi e le
modalità; accogliendone i dubbi ed aiutando chi lascia e chi resta a gioire di un cambiamento
positivo e di crescita. È solo a questo punto che i Servizi Sociali informeranno i familiari ai quali
eventualmente provvederanno ad offrire il giusto supporto psicologico. Nel frattempo sarà
chiesto ai Servizi Sociali del Comune di residenza della famiglia affidataria una relazione di
valutazione socio-ambientale che andrà ad integrare la documentazione già in nostro possesso.
e. accoglienza: la famiglia affidataria inizierà un percorso di graduale accoglienza del minore
nella propria famiglia, accompagnati dallo Specialista di Supporto della Comunità che
risponderà a tutte le esigenze della famiglia e del minore, informando periodicamente il
Responsabile e l’Equipe. Tempi e modi saranno concordati con il Responsabile, l’Assistente
Sociale e la famiglia affidataria nel rispetto delle esigenze del minore.
f. affidamento: l’auspicabile conclusione sarà il Decreto del Tribunale per i Minorenni che affiderà
il minore alla famiglia.
All’atto delle dimissioni sarà compilata la Scheda Informativa da inviare via fax alla Procura della
Repubblica e data comunicazione scritta, sempre via fax, ai Servizi Sociali competenti; al Giudice
Tutelare del Tribunale per i Minorenni; ai Servizi Sociali del Comune collocante (se diversi da quelli
competenti); alla famiglia affidataria (altra o di origine).
Il minore va dimesso soltanto se questo cambiamento ha un senso nel progetto educativo globale,
possibilmente mai nei momenti di crisi del ragazzo o del rapporto tra questi e la Comunità.
CARTA DEI SERVIZI
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È possibile che venga agito nei confronti del minore un’azione di dimissione/allontanamento
immediata, ma solo se sussistono condizioni di gravità tali (aggressioni incontrollate; incompatibilità
gravi tra il minore e gli altri ospiti che pregiudichi la serenità e l’equilibrio della casa; per una
sofferenza acuta del minore; o simili) da non essere prospettabili alternative. Nel caso in cui, durante
il percorso educativo:
a. sopraggiungano motivate e documentate problematiche di natura psichiatrica (disturbo di
personalità) e/o di grave condotta antisociale, che possano mettere a rischio il minore e gli altri
ospiti della Comunità;
b. il minore si allontani volontariamente dalla Comunità;
c. avvenga il decesso del minore;
ascoltati i Servizi Sociali competenti; verificata l’impossibilità a rimodulare il P.E.I. sulla base di una
procedura di lavoro diversa; informato con relazione scritta il C.D.A. della Cooperativa ed il
Responsabile Gestionale; ascoltato il parere dell’Equipe della Comunità, viene predisposto il ri-affido
del minore ai Servizi Sociali di appartenenza, accompagnato da una relazione dettagliata del
Responsabile della Comunità ed eventualmente di altre figure professionali coinvolte.
Nel caso in cui il minore si allontani volontariamente ed improvvisamente dalla Comunità il
Responsabile e/o l’Educatore di turno, darà comunicazione immediata alle Forze dell’Ordine,
attraverso denuncia scritta da inviare via fax e contatterà l’Assistente Sociale di riferimento. La
denuncia sarà poi trasmessa alla Procura della Repubblica ed al Giudice Tutelare del minore, per gli
adempimenti di legge. Se il minore dovesse rientrare spontaneamente in Comunità, fatte le dovute
comunicazioni, è opportuno avviare un percorso di elaborazione dell’accaduto, attraverso colloqui che
coinvolgano tutti i soggetti istituzionali interessati al Progetto Educativo, al fine di capire insieme il
significato di questo gesto e se sussistano i presupposti per proseguire l’accoglienza o se invece è
necessario trovare una soluzione alternativa.
CARTA DEI SERVIZI
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8. Caratteristiche strutturali e funzionali della Comunità Famiglia Irene è una Comunità Alloggio a Dimensione Familiare a carattere educativo, che può
ospitare 8 minori (più 1 in pronta accoglienza), di età compresa tra gli 11 ed i 18 anni, di ambo i
sessi.
L’azione educativa è agita attraverso l’impegno, l’umanità e la professionalità di un’equipe che
garantisce un lavoro continuativo lungo tutto l’arco della giornata.
La Comunità è ubicata nel comune di Capua, alla via S. Maria la Fossa n. 28/bis; occupa un
appartamento di circa 295 mq di 13 vani (4 camere da letto doppie, 1 camera singola, 1 cucina, 1
sala da pranzo, 2 bagni, 2 depositi-lavanderia, 1 studio, 1 salone studio-ricreazione) e 3 balconi; al
terzo piano di un fabbricato per civile abitazione, di recente costruzione; con i requisiti previsti dalla
vigente normativa sismica; con ascensore e garage; facilmente accessibile e priva di barriere
architettoniche; ubicata alle spalle della stazione ferroviaria della città di Capua; a non più di 400
metri dalla prima fermata utile dei mezzi pubblici; a circa 10 minuti a piedi dal centro storico cittadino
ed a 600 m dal Presidio Ospedaliero “Palasciano”.
Un Piano di evacuazione (Piantina 1), ai sensi del decreto legislativo n. 81/2008, presente in copia in
tutte le stanze della casa, indica ai minori il percorso da effettuare in caso di pericolo. La struttura
offre ottime condizioni igieniche e di sicurezza, per i minori e per gli stessi educatori, anche
attraverso un controllo costante del Responsabile della Comunità, del Responsabile Gestionale della
Cooperativa e dell’equipe. L’intero appartamento è termo-autonomo e la gestione del riscaldamento è
affidata all’equipe educatori, nel rispetto delle necessità dei minori. La presenza di una vettura della
Comunità, guidata dagli educatori, garantisce una facilità negli spostamenti e la possibilità di
interventi di emergenza immediati.
La Comunità è un Servizio della Cooperativa di Solidarietà Sociale ONLUS “Città Irene”,
con sede in Capua, al C.so Gran Priorato di Malta n. 33, il cui Legale Rappresentante e
Presidente è Giovanni BRANCO.
Città Irene si ispira ai principi della Caritas (art. 3 del proprio statuto) che, promuovendo un ideale
di carità, guida e sostiene le attività della cooperativa. Tale ideale si fonda su una serie di principi
espressi attraverso la centralità della persona come portatrice di valori e di una propria dignità;
apertura alla diversità quale profondo bagaglio di ricchezza che ognuno porta con sé; reciprocità
attraverso la realizzazione nelle relazioni con l’altro secondo un principio di gratuità; il servizio
inteso come attività e servizi della Cooperativa improntati sul principio evangelico della “diaconia”;
operatori di pace lì dove ogni socio e collaboratore si impegna ad essere un operatore di pace nei
diversi contesti in cui si trova a vivere ed operare.
La gestione dei rapporti tra le persone e l’organizzazione dell’impresa sono improntati ai criteri di
mutualità e di partecipazione democratica, sia in relazione agli organi sociali statutariamente ordinati,
sia attraverso la promozione e valorizzazione dei diversi soggetti coinvolti nell’attività della
Cooperativa (collaboratori retribuiti, volontari, sovventori, fruitori).
FAMIGLIA IRENE
28 | P a g i n a
Tutti i soci, a prescindere dalla loro configurazione nella compagine sociale, hanno uguali diritti e
doveri. Ogni azione è improntata secondo criteri di trasparenza gestionale attraverso la promozione e
la valorizzazione di ogni forma di partecipazione ed informazione. Attraverso il principio di solidarietà
su cui poggia la sua opera diviene possibile la regolazione dei conflitti, la forma e il contenuto
attraverso cui si realizzano la giustizia sociale e quella economica, la garanzia di ogni diritto di
cittadinanza, della mediazione tra bisogni e interessi. E’ sulla base di tali presupposti che l’impegno
per la promozione ed attuazione di servizi sempre più umanizzati e meno burocratizzati accompagna
l’efficacia dei risultati raggiunti nel rispetto delle persone e delle famiglie.
Caposaldo della nostra ideoprassi educativa è quella del community care inteso non come criterio
politicizzante ma come criterio operativo attraverso cui ci si pone l’obiettivo del miglioramento della
qualità della vita, con una diversa definizione dei ruoli e un diverso grado di partecipazione del
cittadino. Ciascuno di esso, anche quello a rischio, rappresenta una grande risorsa con proprie
capacità, competenze ed opportunità di trasformazione. Come attori coinvolti attivamente nel sociale
crediamo fortemente nella capacità umana delle persone in grado di affrontare le diversità della vita,
superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato, anche avvalendosi dell’esperienza nata da
situazioni difficili per costruire il proprio futuro. In tal senso l’insight, il senso d'indipendenza, la
possibilità d'interazione, l’iniziativa, la creatività ed altro ancora rappresentano gli aspetti ispiratori e
qualificanti della nostra mission.
CARTA DEI SERVIZI
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9. L’Equipe
Educativa:
tempi e
metodologie
Come su indicazione della
Procura della Repubblica,
l’Organigramma rappresenta
l’organizzazione maxima dei livelli
decisionali interni alla Comunità. Il
Responsabile Gestionale della
Cooperativa, in collaborazione con
il Responsabile della Comunità, ha
selezionato ed individuato i
seguenti livelli decisionali, da
rappresentare nell’Organigramma
della Comunità (grafico 4):
a. il Responsabile;
b. gli Educatori;
c. gli Operatori;
d. i Professionisti di Supporto.
L'Equipe Educativa della Comunità, che si compone di 7 unità (1 Responsabile-Coordinatore del
Servizio, 2 Educatori Professionali, 3 Figure Educative, 1 Psicologa), offre attraverso una
professionalità altamente qualificata, un servizio di accoglienza di tipo familiare ed azioni educative
nel pieno rispetto dei requisiti strutturali, ambientali, organizzativi e funzionali indicati nel
Regolamento della Regione Campania n. 6 del 18 dicembre 2006 e nella Legge Regionale n. 11 del 23
ottobre 2007 e successive modifiche e integrazioni.
Il lavoro in equipe non riflette una qualifica professionale funzionale alle esigenze operative, ma
uno stile di vita, un valore orientativo fondamentale per la Comunità ed il contesto entro cui essa
opera: quello del pensiero condiviso, della comunione e della corresponsabilità. La nostra azione
educativa non è sterile e non si conclude con la fuoriuscita del minore dalla Comunità, ma aspira ad
essere un legame significativo che perduri nel tempo e, come un seme piantato nel terreno buono,
generi frutti. Tutte le decisioni che riguardano la gestione della casa, gli orientamenti educativi, le
scelte pragmatiche, sono concordate e condivise da tutti gli educatori, che devono così agire in
FAMIGLIA IRENE
30 | P a g i n a
sinergia, con un orientamento omogeneo e non “schizofrenico”. Ad essi è affidato il compito, condivisi
gli obiettivi educativi da raggiungere, di offrire ed agire strategie concordate e mirate di intervento:
non è il singolo operatore che educa ma l’equipe educativa, come comunità “familiare”.
A tal fine, è prioritario:
a. strutturare gli spazi ed i tempi di riflessione, condivisione e organizzazione: riunione d’equipe,
supervisione, aggiornamento e formazione;
b. definire in modo organico, condiviso e corresponsabile le azioni educative, che devono essere il
frutto di una cultura pedagogica moderna, dinamica e “bella”;
c. coinvolgere i minori in tutte le azioni operative che li riguardano direttamente, come le decisioni
circa l’organizzazione degli spazi e la scansione dei tempi della giornata, le attività, i momenti di
incontro con i genitori ed i momenti di supporto offerto dai Servizi.
Questo lavoro, che vede la sua massima espressione nella riunione d’equipe, sede unica di
costruzione dell’identità e della fisionomia della Comunità, dove l’individuo diventa gruppo; l’idea
singola lascia il posto al pensiero condiviso; la cultura evolve in passione attiva in mezzo ai minori; e
la passione diventa coerenza d’azione, nasce dalla riflessione sui criteri, gli orientamenti, le finalità, le
metodologie, le difficoltà operative e relazionali di ogni educatore; evolve attraverso professionalità e
potenzialità individuali, per approdare ad un’organizzazione del lavoro educativo rigorosa e metodica.
La riunione d’equipe, svolta ogni inizio settimana, è obbligatoria per l’intera Equipe; è diretta dal
Responsabile - Coordinatore sulla falsa riga di un “ordine del giorno”, integrato dalle osservazioni che
ogni educatore è tenuto a portare in riunione; ma, soprattutto, partendo dagli eventi quotidiani che
ogni minore si trova a vivere, dalla propria storia personale e da quelle della propria famiglia, essa è
un costante momento attivo di formazione e di verifica dell’azione educativa (verbale, non-verbale
e agita), perché chiunque decida di lavorare nella nostra comunità sia consapevole di essere
solidale, garante di impegni e professionalità.
In questa ottica l’equipe prevede:
a. strumenti e metodologie di auto-verifica costante del lavoro svolto, attraverso la valutazione
delle proprie capacità di relazionarsi con le situazioni di stress e con i diversi minori ospiti della
Comunità; delle capacità di problem solving e coping; attraverso il mantenimento ed il
raggiungimento degli obiettivi previsti dal P.E.I.; attraverso la valorizzazione delle risorse
umane e materiali;
b. strumenti e metodologie di verifica e valutazione periodiche dell’evoluzione dei Progetti
Educativi Individualizzati, attraverso un Circle Time (momento di incontro comune tra
educatori, minori e figure professionali altre) che vuole essere un incontro allargato di azioni
educative; un rafforzamento delle capacità degli educatori e dei minori di instaurare relazioni
significative, interpersonali e reciproche, forti; una socializzazione delle esperienze e dei vissuti
di ognuno;
CARTA DEI SERVIZI
31 | P a g i n a
c. strumenti e metodologie di auto-verifica e auto-valutazione costante dell’impatto emotivo che le
storie dei minori e delle loro famiglie hanno sul proprio vissuto, attraverso colloqui periodici con
il Responsabile e se necessario anche con lo Psicologo;
d. strumenti e metodologie di verifica e valutazione del lavoro svolto sulle famiglie d’origine, dai
Servizi Sociali competenti;
e. strumenti e metodologie di verifica e valutazione delle sinergie della rete.
In equipe viene concordata, ad ogni inizio anno lavorativo (da noi individuato nel mese di
settembre), in base alle esigenze di ognuno, una turnazione che garantisca la presenza degli
educatori su tutto l’arco della giornata e lungo l’intera settimana; che sia stabile nella struttura e
negli orari; che permetta una continuità educativa nei confronti dei minori, nel rispetto delle loro
esigenze e delle fasi della giornata (mattina, pomeriggio/sera, notte); che sia flessibile rispetto ai
cambio-turno ed alle necessità degli educatori; che agevoli i legami e le relazione interpersonali; e
che tenga conto anche delle festività. Un percorso di costruzione di una continuità educativa, che
passa anche attraverso la condivisione delle informazioni da turno a turno. Ogni singolo membro
dell’equipe educativa è chiamato ad agire nel rispetto del Codice Deontologico che la Comunità si è
data; è tenuto a conoscerlo ed approvarlo; e si impegna a vigilare sull’adempimento delle sue regole
anche da parte di chi, a vario titolo, entra in contatto diretto, breve o continuativo, con i minori. Il
Responsabile della Comunità, condivisa in C.D.A. la Carta dei Servizi e concordato un codice
deontologico dell’Equipe della Comunità, si impegna a relazionare periodicamente sul comportamento
dell’Equipe e a condividere con il Responsabile Gestionale eventuali azioni di richiamo, agite e/o da
agire, nei confronti di coloro i quali hanno durante le ore di lavoro un comportamento non
professionale ed eticamente scorretto. Laddove un membro dell’Equipe dovesse mostrarsi indifferente
ai richiami e gli stessi dovessero essere ripetuti per più di tre volte consecutive, il Responsabile della
Comunità concorda in C.D.A. un’azione più forte che può in extremis arrivare anche
all’allontanamento dal proprio posto di lavoro ed al trasferimento in altro contesto.
9.a Responsabile della Comunità
Al Responsabile della Comunità è riconosciuto sia un livello decisionale che operativo. Il
Responsabile è un professionista con comprovata formazione universitaria in ambito psico -
sociale. Egli esprime attraverso la propria professionalità la mission della cooperativa; condivide le
strategie organizzative della Comunità con il C.D.A. della Cooperativa e lo informa di quelle
educative; concorda, sempre con il C.D.A., la Carta dei Servizi, di cui si farà garante.
Il peso decisionale del Responsabile è superiore a quello delle altre figure professionali con cui
collabora. Il Responsabile è colui il quale assume su di sé la responsabilità oggettiva della
comunità, dei minori e di chiunque a vario titolo vi entri in contatto, con una specifica delega di
affidamento dei minori.
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9.b Educatore Professionale
L’educatore professionale è nell’organigramma della Comunità il livello operativo subito
successivo al Responsabile.
L’Educatore deve essere un professionista, di ambo i sessi, preferibilmente di età superiore ai
venticinque anni, con una formazione universitaria almeno di Primo Livello in Scienze
dell’Educazione.
9.c Figure Educative
Come indicato nella Deliberazione n. 2843 del 08 ottobre 2003, della Regione Campania, sono
figure educative inseribili nel contesto di Comunità Alloggio, quei professionisti di ambo i sessi che
abbiano conseguito una Qualifica Tecnica di II livello (Tecnico accoglienza sociale, Operatore
infanzia, Animatore Sociale, Tecnico per i Servizi Sociali, …). Anche in questo caso è preferibile
selezionare operatori che abbiano un’età superiore ai venticinque anni.
9.d Specialisti di Supporto
La Comunità può servirsi, per migliorare e completare il Servizio dell’Equipe, di Specialisti con
una formazione universitari ed una comprovata esperienza, in tutti quegli ambiti non ricoperti dalle
figure professionali precedenti. Gli Specialisti di Supporto, come da Organigramma della Comunità,
lavoreranno in sinergia con l’intera equipe educativa, nel rispetto della Carta dei Servizi e di
quanto indicato durante le Riunioni.
10. Azioni di richiamo Ogni membro dell’Equipe di questa Comunità, assunto con regolare contratto dalla Cooperativa
Città Irene, è chiamato a prendere visione della presente Carta dei Servizi in ogni sua parte; ad
accettarne il contenuto, in particolar modo il Codice Deontologico; e a firmarla.
Al momento dell’assunzione in servizio, l’Educatore/Operatore deve dimostrare di essere
consapevole di quanto previsto dalla presente Carta dei Servizi, del suo Regolamento Interno e del
suo Piano Educativo, nonché di garantire una professionalità, una maturità ed una serietà tali da non
mettere mai ed in alcun modo a rischio lo svolgimento del lavoro pedagogico dell’Equipe.
Il Responsabile della Comunità si impegna a mettere a disposizione dell’Equipe tutti gli strumenti
utili allo svolgimento del loro lavoro; a garantire ad ogni suo membro la giusta flessibilità lavorativa,
nel rispetto del percorso educativo dei minori ospiti; e ad offrire i più ampi spazi di discussione e
confronto, sia durante la Riunione d’Equipe, che in momenti individuali.
Ogni Educatore/Operatore, consapevole che ogni sua azione si ripercuote sui minori e sull’Equipe,
è tenuto a garantire la massima professionalità e la continuità lavorativa fin dal primo giorno di
lavoro.
Laddove dovesse, per sopraggiunti motivi, decidere di lasciare il proprio incarico,
l’Educatore/Operatore è tenuto a comunicare la sua intenzione al Responsabile della Comunità, che
provvederà tempestivamente ad informare il Responsabile Gestionale della Cooperativa per avviare le
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procedure di selezione. Durante la prima riunione d’Equipe utile l’Educatore/Operatore comunicherà
la propria intenzione assicurando, dal quel momento, la sua presenza per almeno altri 30 (trenta)
giorni e comunque fino a quando non sarà garantita la dovuta ed idonea sostituzione.
L’Educatore/Operatore è consapevole che i primi a risentire di una sua improvvisa ed affrettata
decisione sono i minori, dei quali si è assunto la responsabilità pedagogica all’atto dell’accettazione
dell’incarico.
Ogni punto della presente Carta dei Servizi nasce dal desiderio di tutelare la crescita psicosociale
dei minori ospiti, per il loro breve periodo di permanenza in Comunità, quindi, ogni
Educatore/Operatore deve garantire il massimo rispetto del lavoro che si svolge, attraverso il suo
impegno-firma.
11. Gli Strumenti dell’Equipe L’Equipe, presa visione attraverso la presente Carta dei Servizi degli strumenti ufficiali adottati
dalla Comunità ed utili allo svolgimento del proprio lavoro, garantisce il pieno utilizzo degli stessi:
ogni educatore/operatore è tenuto alla compilazione degli strumenti a lui affidati, dei quali risponde al
Responsabile e quindi alla Cooperativa. Ogni strumento da la possibilità all’Equipe di articolare con
continuità il proprio servizio, oltre alla possibilità di rintracciare informazioni di massima utilità per la
crescita dei minori. Gli strumenti sono:
a. Quaderno giornaliero delle consegne e delle informazioni (“diario di bordo”);
b. Registro visite;
c. Registro uscite;
d. Registro volontari;
e. Diario del minore;
Il Responsabile della Comunità è tenuto a custodire nel proprio ufficio ed a vigilare sulla loro
corretta compilazione ed uso: n. 9 fascicoli (uno per ogni minore ospite della comunità), etichettati
con un numero progressivo e le ultime due cifre dell’anno di collocamento in Comunità (ad esempio
01/09); n. 1 scheda informativa minore, per ogni minore ospite; n. 1 fascicolo “atti autorizzazione al
funzionamento della comunità”; n. 1 fascicolo “leggi”; n. 1 fascicolo “tirocinanti”; n. 1 fascicolo “ex-
ospiti”; n. 1 Quaderno Giornaliero delle consegne e delle informazioni (“diario di bordo”); n. 1
Registro visite; n. 1 Registro uscite; n. 1 Registro volontari; n. 9 Diario del minore (uno per ogni
minore ospite, presente nel fascicolo personale). Il Responsabile della Comunità è responsabile di
ognuno dei documenti sopra riportati e risponde direttamente al C.D.A. di ogni inadempienza
personale e/o dei membri dell’Equipe.
Ogni strumento indicato nel presente documento, utilizzato dall’Equipe della Comunità e non
rientrante in quelli ufficialmente strutturati dalla Procura della Repubblica (Registro Visite, Registro
Uscite, Registro Volontari), può essere modificato nella forma e nel contenuto dal Responsabile della
Comunità e proposto in visione e discussione all’Equipe, durante la riunione.
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11.a Scheda Informativa del minore
La Scheda Informativa è il primo strumento utile alla raccolta dei dati inerenti il minore; è
compilata dal Responsabile della Comunità, in collaborazione con i Servizi Sociali competenti,
all’atto della conoscenza di un minore ed in vista di un suo collocamento in Comunità ed assume
un ruolo cardine nella stesura del P.E.I..
11.b Diario del minore
Il Diario del Minore, compilato dal Responsabile della Comunità e/o dagli Specialisti di Supporto,
servirà a costruire una storia cronologica del minore dal suo collocamento alle dimissioni, in
relazione ai rapporti con la famiglia; alla sua personale situazione psico-fisica e sanitaria; alle
attività svolte nel tempo libero o a quelle sportive; alla sua formazione e/o ad eventuali
inserimenti lavorativi; nonché alle osservazioni degli Specialisti.
11.c Quaderno Giornaliero delle consegne e delle informazioni (diario di bordo)
È lo strumento che consente all’Equipe di dare continuità ai propri interventi educativi e di
rintracciare gli eventi e le situazioni importanti. Ogni membro dell’Equipe (in servizio) è tenuto ad
annotare sul Diario di Bordo consegne, osservazioni ed informazioni utili che emergono durante la
sua permanenza in Comunità (sia in turno di lavoro, che in caso di semplice visita) e firmarlo. Il
Diario deve essere utilizzato ogni giorno e per ogni minore; ogni mancanza relativa alla
compilazione del Diario di Bordo, verrà riportata durante la riunione d’Equipe e registrata sul
verbale della riunione. Al terzo richiamo saranno presi provvedimenti nei confronti di quegli
educatori/operatori che risultino fortemente inadempienti. È possibile prendere provvedimenti di
massimo livello a fronte della mancata annotazione di un evento di indiscussa gravità.
11.d Registro Visite
È lo strumento indicato dalla Procura per registrare le visite che il minore riceve durante la sua
permanenza in Comunità. La straordinaria importanza del Registro è legata alla rintracciabilità
delle visite da parte dei genitori, che altrimenti sarebbero tacciabili di abbandono di minore. Il
Registro va utilizzato dall’educatore/operatore in servizio per acquisire agli atti ogni visita che il
minore riceve, prestando massima attenzione ad annotare in sintesi gli eventi che hanno
caratterizzato l’incontro. Si farà riferimento al precedente articolo per ogni mancata compilazione
del registro.
11.e Registro Uscite
Anch’esso indicato dalla Procura della Repubblica, è lo strumento che l’educatore/operatore in
servizio deve compilare e firmare ogni qualvolta un minore esce dalla Comunità accompagnato da
un adulto che non sia un membro dell’Equipe. È opportuno annotare anche gli estremi di un
documento di identità e far apporre la firma di uscita e rientro all’adulto: l’educatore/operatore
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avrà cura di verificare che l’adulto sia lo stesso per entrambi i momenti. Si farà riferimento al
precedente articolo per ogni mancata compilazione del registro.
12. Interventi sanitari da parte dell’Equipe I problemi di natura infermieristica e/o medico-riabilitativi, non ordinari, non sono di competenza
dell’Equipe della Comunità. La Cooperativa nomina al suo interno un referente per i Servizi di Primo
Intervento Sanitario che è preposto ad agire azioni di pronto soccorso in caso di patologie sanitarie
medio-gravi. L’Educatore/Operatore nel caso in cui rilevi la variazione dello stato di salute di un
minore, ha l’obbligo di segnalarli con tempestività al Responsabile e, accertata la gravità del caso, al
Referente del Primo Interevento. In caso di massima urgenza (laddove il minore fosse in evidente
pericolo di vita) l’educatore/operatore è tenuto a contattare immediatamente il 118 e solo
successivamente il Responsabile ed il Referente della Cooperativa, con i quali andrà a concordare le
azioni future più idonee. È possibile che la Cooperativa, su richiesta del Responsabile, nomini un
Operatore Specialista in tutti i casi ne sia richiesta la necessità. In ogni caso, l’Educatore/Operatore
provvede all’aggiornamento del Diario di Bordo e se necessario del Diario del Minore.
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ORGANIGRAMMA COMUNITA’ ALLOGGIO PER MINORI
FAMIGLIA IRENE “Equipe di Lavoro”
Educatore
Di Rubba Annarita
Educatore
Rossano Bruno
Figura Educativa
Francesco Pizzolo
Operatore
Di Maio Angela Maria
Educatore
Montebello Davide
Figura Educativa
Montebello Fabrizio
Figura Educativa
De Felice Mario
Supervisore dr. Savino Compagnone
Responsabile e Coordinatrice dr.ssa Maria Guarino
Specialista di supporto
dr.ssa Daniela
FAMIGLIA IRENE
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1. Aspetti generali Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutti i membri dell’Equipe della
Comunità e per chiunque, a qualsiasi titolo, entri in contatto con i minori (tirocinanti, volontari, colf,
personale di supporto, obiettori di coscienza, ecc).Ogni azione educativa non può prescindere dal
seguente Codice Deontologico che è parte integrante della nostra Carta dei Servizi. Attraverso questo
documento l’Ente Erogatore del Servizio vuole assumersi tutti gli impegni possibili nei confronti della
propria utenza, al fine di consentire loro di fare scelte appropriate e riconoscendo non solo i pieni
diritti di legge ma, soprattutto, quelli umani, civili e spirituali. L’equipe educativa firmando il presente
Codice Deontologico dichiara di accettarlo in ogni sua parte; di aver preso visione della Carta dei
Servizi, del Piano Educativo e del Regolamento Interno; e di essere consapevole delle eventuali
conseguenze che, nei termini di legge, scaturiscono dalla sua inosservanza.
Il Codice Deontologico 1. L’educatore riconosce come strumento primario dell’azione educativa, l’”equipe”. Con il termine “equipe” si
intende la sintesi del sapere, del saper fare e del saper essere di ciascuno dei singoli membri, nella specificità delle diverse competenze, che si trasforma, attraverso un pensiero condiviso, in azione unica.
2. L’educatore rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza ed all’autonomia dei minori, accogliendone opinioni e credenze e non operando discriminazioni in base all’estrazione sociale, al sesso o alla religione.
3. L’educatore non utilizza mai mezzi o strumenti di coercizione psicologica, né di violenza fisica.
4. L’educatore è tenuto a mantenere un adeguato livello di competenza professionale, attraverso continui percorsi di aggiornamento o formazione, periodicamente concordati con il Responsabile della Comunità.
5. L’educatore è tenuto a comunicare al Responsabile ed all’equipe ogni conflitto personale che possa inficiare un’azione educativa unica, professionale e positiva. In caso contrario è tenuto ad astenersi dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi azione possa mettere a rischio il Piano Educativo della Comunità.
6. L’educatore osserva il segreto professionale nel rispetto delle storie personali di ogni minore e pertanto si impegna a non rivelare all’esterno dell’equipe educativa notizie, fatti o eventi appresi sia durante lo svolgimento della propria azione educativa, sia attraverso qualsiasi comunicazione confidenziale.
7. L’educatore non fa uso di sostanze psicoattive o alcoliche, né le porta all’interno della struttura.
8. L’educatore non accetta per alcun motivo doni, sia sotto forma di denaro che di oggetti, sia direttamente che indirettamente o in prestito, né dai minori ospiti né dai propri familiari.
9. L’educatore non intrattiene relazioni interpersonali o emozionali con i minori, diverse da quelle richieste dall’azione educativa, mantenendo sempre una posizione “equivicina” ad ogni minore, senza alcuna preferenza di sorta. Nell’eventualità di un investimento emozionale “altro”, nei confronti dei minori, di qualche membro dell’equipe o di operatori esterni, l’educatore deve confrontarsi immediatamente con l’equipe.
10. L’educatore è a conoscenza che la Comunità adotta un Piano Educativo come fondamenta su cui poggiare tutta la propria azione pedagogica, pertanto si impegna a prenderne visione ed a rispettarlo in ogni sua parte, fermo restando la possibilità di discuterne i contenuti ogni qual volta lo si ritenga necessario solo ed esclusivamente in sede di riunione d’equipe.
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