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Triage
ospedaliero
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TRIAGE OSPEDALIERO
AEFFE per l’Ambiente
Questo è un libro elettronico, impaginato per
essere letto direttamente dal tuo computer o dal
tuo lettore di ebook. Se desideri stamparlo, ti
suggeriamo di impostare la stampante in modo
tale che stampi 2 o 4 pagine su ogni foglio A4,
poiché il corpo grande del testo ti permetterà
comunque un’agevole lettura.
E naturalmente, se puoi… usa carta riciclata.
Grazie!
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AEFFE – AggiornaMenti InFormazione
“…in qualche punto dell’universo esiste un pianeta dove
tutti nasceranno una seconda volta. Allo stesso tempo,
saranno pienamente coscienti della vita passata sulla Terra
di tutte le esperienze che vi avevano acquisito. Ed esiste
forse ancora un altro pianeta dove nasceranno tutti una
terza volta con le esperienze di entrambe le vita
precedenti…” (Milan Kundera, “l’insostenibile leggerezza
dell’essere”)
Proprio le esperienze diverse in ambito professionale,
accademico e privato hanno fornito ai soci fondatori dell’
AEFFE la consapevolezza di avere dei limiti ma allo stesso
tempo la consapevolezza che questi stessi limiti potevano
essere superati.
La strategia vincente è stata, pertanto, individuata nel
superamento di modelli organizzativi e formativi stereotipati
e la messa in atto di un modello organizzativo
immediatamente di tipo aziendale/imprenditoriale, basato
su criteri di flessibilità, innovazione, creatività e scientificità.
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INFERMIERI DELLA TUSCIA è stata l’associazione
infermieristica dalla cui evoluzione è nata successivamente
l’AEFFE (AggiornaMenti InFormazione). Il cambiamento di
denominazione ha riassunto la necessità di trasformare una
realtà associativa infermieristica, molto circoscritta e
limitata, in una società nuova, frutto di una precisa
evoluzione organizzativa e di vision, del tutto diversa
rispetto alla precedente e rispetto alle altre realtà
associative nazionali, orientata, inoltre, a collaborare con
ambienti multidisciplinari, non solo infermieristici e non solo
nel settore sanitario.
L’AEFFE oggi è una società di formazione e consulenza
solida, dinamica, poliedrica, vivace ed estremamente
sensibile alle mutevoli esigenze del mondo formativo e delle
consulenze che vanta collaborazioni con enti nazionali e
internazionali in ambito sanitario e non sanitario.
L’obiettivo strategico aziendale è quello non solo di
prevedere le esigenze future del panorama formativo e
delle consulenze ma quello di anticiparle. Ciò è possibile
farlo con un atteggiamento proattivo non solo dei membri
del comitato di direzione e scientifico ma, anche e
soprattutto, di tutti i collaboratori. Questi ultimi in linea con
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un modello organizzativo riflessivo sanno riconoscere
tempestivamente eventuali criticità durante l’espletamento
delle loro attività e sanno di conseguenza proporre e
attuare soluzioni efficaci dosando sapientemente
scientificità e creatività.
Gli importanti riconoscimenti ottenuti dall’AEFFE sono
indubbiamente il frutto di una precisa lungimiranza, voglia
di allargare gli orizzonti, spregiudicatezza nello
sperimentare di tutti quelli che hanno collaborato e
collaborano attivamente con l’ AEFFE.
I servizi offerti dall’AEFFE, sia quelli esclusivi AEFFE che
quelli simili offerti da altri enti formativi, risultano avere, a
differenza di questi ultimi, una connotazione di esclusività e
peculiarità, ciò è dovuto alla strutturazione su misura del
servizio rispetto alle caratteristiche e alle esigenze del
cliente. Quest’ultimo, in tal modo, diviene parte attiva e
responsabile dello stesso servizio offerto che tende sempre
e unicamente verso l’eccellenza.
"L'eccellenza non si identifica con un risultato preciso. Fa
parte, piuttosto, dello spirito di un'organizzazione, è un
processo che non finisce mai"
Lawrence M. Miller (consulente e scrittore americano)
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IL MODELLO FORMATIVO/APPRENDIMENTO A
SPIRALE 3D
“…Il vasaio la faceva girare col
piede, sì che girava anche il piattello
su cui poneva il blocco di creta. Ve lo
sbatteva sopra con un colpo per farlo
ben aderire; poi cominciava ad accarezzarlo, pareva,
dolcemente, con le mani frequentemente bagnate nella
tinozza vicina e il blocco di creta, lì, davanti ai miei occhi,
assumeva miracolosamente una forma, grossolana
all'inizio, poi sempre più aggraziata. E non pareva esserne
lui, il vasaio, l'autore, pareva essa, la creta, prendere
miracolosamente forma. Pareva, la mano del vasaio,
essere soltanto una testimone di quel miracolo, e il suo
movimento una carezza compiaciuta e non la forza che ne
determinava la variazione di forma… La creta, ubbidiente,
da massa inerte e informe, diventava, nel giro di pochi
minuti, un oggetto da rapire con lo sguardo, nasceva in
essa una specie di vita, inconscia, che parlava al cuore e
alla fantasia, così come parla un fiore, senza che ce ne
rendiamo conto…
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(Franco Braga, “la ruota del vasaio”)
Il MODELLO A SPIRALE 3D è la sintesi di anni di ricerca
accademica e formativa condotta
sul campo. Questo modello
formativo e di apprendimento
AEFFE nell’arco degli anni si è
rivelato estremamente apprezzato
per la propria efficienza ed efficacia sia da parte dei
formatori e soprattutto da parte dei discenti.
Il concetto di spirale sottintende che il processo di
apprendimento è un modello di tipo costruzionista. Esso
parte dalla consapevolezza che ogni essere umano,
partendo dall’infanzia sino all’età adulta, ha dei propri
modelli teorici che riguardano la propria realtà personale,
emotiva, relazionale, lavorativa. A volte questi costrutti
possono essere molto vicini ad una realtà scientificamente
validata ma altre volte possono essere “ingenui” e
comunque esse sono credenze solide e fortemente
funzionali e di riferimento per lo stesso individuo.
Partendo da questo presupposto, i formatori AEFFE hanno
come obiettivo quello di scoprire le pre-conoscenze del
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discente e di seguito creare, con varie strategie e tattiche,
un conflitto tra le vecchie conoscenze e credenze e una
nuova proposta di conoscenze nuove e funzionali. Le
concezioni di partenza, quindi, vengono confrontate con
una nuova realtà, la quale spinge alla revisione,
conducendo così a concezioni più evolute le quali di nuovo
vengono confrontate con l’esperienza e così di seguito
come una spirale.
Il concetto 3D sottolinea la dimensione tridimensionale di
questa spirale dell’apprendimento, investendo oltre l’area
cognitiva, quella più profonda emotiva e relazionale che si
sviluppa nel setting formativo.
3D è da intendersi, inoltre, come acronimo che riguarda
aspetti puramente attinenti alla strategia formativa:
1) Divertente, questo aggettivo sottolinea il fondamentale
interessamento della sfera
emozionale del discente e
quindi il coinvolgimento
oltre della memoria
semantica di quella
emotiva. Il risultato è
sicuramente più efficace e duraturo per un forte
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fenomeno di ancoraggio.
2) Differenziato, altro termine che mette in risalto la
straordinaria duttilità
dei formatori di
adattare tattiche e
tecniche formative
diversificate a seconda
delle caratteristiche del
discente, passando
con disinvoltura da un modello associazionista
(presentazione delle nozioni step by step), al modello
del campo (più elementi che si dispongono in modo
tale da formare strutture globali), a quello della
scoperta (prettamente esperienziale diretta) sino al
modello costruzionista.
3) Divergente, tale termine pone l’accento sull’importanza
della creatività da
intendersi come
una particolare
forma di pensiero
che implica
originalità e
fluidità, che
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rompe con i modelli esistenti introducendo qualcosa di
nuovo. Il pensiero divergente va al di là di ciò che è
contenuto nella situazione di partenza, supera la
chiusura dei dati del problema, esplora varie direzioni
e produce qualcosa di nuovo e di diverso. Tale forma
di pensiero si differenzia totalmente da quello
convergente che utilizza un’unica prospettiva molto
rigida e razionale che induce ad utilizzare regole già
definite e codificate di apprendimento e soluzione dei
problemi. Il formatore “divergente” porrà in essere gli
elementi salienti del pensiero divergente e stimolerà il
loro sviluppo nel discente, essi sono: fluidità,
flessibilità, originalità, elaborazione, valutazione.
La tecnica del vasaio, descritta in maniera magistrale
nell’introduzione, riassume metaforicamente il concetto di “formazione” per i professionisti dell’area formazione AEFFE, che non usano questo
termine come sinonimo di educare, insegnare ecc, ma
come processo dinamico, flessibile, diversificato e
profondamente coinvolgente atto ad aiutare il discente a
dare “nuova forma” alle proprie conoscenze.
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Elaborare un manuale come questo è un’operazione
complessa e non scevra da possibili errori.
Nell’ottica del miglioramento continuo della qualità del
materiale informativo vi preghiamo di segnalarci
inesattezze, refusi o eventuali imprecisioni all’indirizzo e-
mail dell’Associazione,
aeffe@aeffetraining.it
Il TUO aiuto è fondamentale
per renderTi un servizio sempre più qualificato.
Grazie.
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SOMMARIO
Introduzione __________________________________________________________ 8
Cenni storici _________________________________________________________ 13
Modelli di riferimento _________________________________________________ 16
Metodologia del processo di triage ______________________________________ 19
Approccio metodologico del triage _______________________________________ 20
Fasi del triage ________________________________________________________ 21 1.Valutazione di impatto __________________________________________________________ 22 2. Valutazione soggettiva __________________________________________________________ 24 3. Valutazione oggettiva ___________________________________________________________ 26 3. Formulazione diagnosi infermieristica ______________________________________________ 28 4. Attribuzione del codice colore ____________________________________________________ 29 5. Interventi infermieristici _________________________________________________________ 32 6. Rivalutazione _________________________________________________________________ 34
Attività di triage: Documentazione _______________________________________ 37
Strumenti utili _______________________________________________________ 41 Glasgow Coma Scale (GCS) ________________________________________________________ 41 Scala di gravità del dolore _________________________________________________________ 43 Trauma score nell’adulto __________________________________________________________ 44 Revised trauma score nell’adulto ____________________________________________________ 45
Parametri vitali pediatrici ____________________________________________________ 46 Trauma score pediatrico ___________________________________________________________ 47 Glasgow coma scale per l’età pediatrica ______________________________________________ 48 Funzioni vitali e segni di allarme nel bambino __________________________________________ 49 Scala di Gorelick _________________________________________________________________ 50 Parametri e segni clinici di allarme nel bambino ________________________________________ 51
Criteri per l’assegnazione del codice colore ________________________________ 52
Codice rosso _______________________________________________________________ 53
Codice giallo _______________________________________________________________ 56
Codice verde ______________________________________________________________ 61
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Codice bianco _____________________________________________________________ 64
Aspetti medico legali del triage__________________________________________ 66
Le norme di riferimento _____________________________________________________ 66
Responsabilità, competenza, autonomia _______________________________________ 71 Definizione dei bisogni sanitari della persona __________________________________________ 74 Obbligo della documentazione e certificazione _________________________________________ 76 Obbligo di prestare assistenza ______________________________________________________ 77 Obbligo al rispetto del segreto professionale __________________________________________ 78 Obbligo al referto all’autorità giudiziaria ______________________________________________ 81
Comunicazione e linguaggio ____________________________________________ 83
Alcuni principi che regolano la comunicazione ___________________________________ 89
La comunicazione in area triage _______________________________________________ 92
INTRODUZIONE AL TRIAGE PEDIATRICO ________________________________ 106
Il triagista e il paziente pediatrico ____________________________________________ 109
Fasi del triage pediatrico ____________________________________________________ 112 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 112 Anamnesi mirata________________________________________________________________ 114 Rilevazione dei parametri e breve esame obiettivo ____________________________________ 116 Rivalutazione __________________________________________________________________ 120
Pianto _____________________________________________________________ 121 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 123 Valutazione soggettiva e oggettiva _________________________________________________ 123 Attribuzione del codice colore nel pianto ____________________________________________ 125
Vomito ____________________________________________________________ 126 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 127
Diarrea ____________________________________________________________ 130 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 130 Valutazione soggettiva e oggettiva _______________________________________________ 131
Dolore addominale acuto _____________________________________________ 132 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 133
Dolore inguino‐scrotale acuto __________________________________________ 136 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 137
Attribuzione del codice colore nelle urgenze addominali__________________________ 140
Patologie respiratorie ________________________________________________ 142
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Croup ___________________________________________________________________ 142 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 144
Epiglottite _______________________________________________________________ 145 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 146
Bronchiolite ____________________________________________________________ 148 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 149
Asma ___________________________________________________________________ 150 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 151 Attribuzione del codice colore nelle urgenze respiratorie ____________________________ 153
Intossicazioni _____________________________________________________ 155 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 157 Valutazione soggettiva ed oggettiva ______________________________________________ 158 Attribuzione del codice colore nelle intossicazioni __________________________________ 159
Convulsioni _______________________________________________________ 160 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 162 Attribuzione del codice colore nelle convulsioni ____________________________________ 164
Febbre ____________________________________________________________ 165 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 165 Attribuzione del codice colore nella febbre ________________________________________ 168
Cefalea ___________________________________________________________ 170 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 170 Valutazione soggettiva e oggettiva _______________________________________________ 171 Attribuzione del codice colore nella cefalea _______________________________________ 172
Trauma cranico _____________________________________________________ 174 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 177 Attribuzione del codice colore nel trauma cranico _____________________________________ 180
Politrauma _________________________________________________________ 182 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 183 Attribuzione del codice colore nel politrauma _________________________________________ 184
Il bambino maltrattato _______________________________________________ 186 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 189 Valutazione oggettiva __________________________________________________________ 190
IL TRIAGE NELL’ADULTO ______________________________________________ 195
Alterazioni della temperatura corporea __________________________________ 198 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 198 Valutazione soggettiva e oggettiva _________________________________________________ 199
Segnali di allarme _______________________________________________________ 200
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Attribuzione del codice colore nelle alterazioni della t.c. ________________________________ 202
Alterazioni del ritmo cardiaco: cardiopalmo ______________________________ 203 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 203 Valutazione soggettiva ___________________________________________________________ 204 Valutazione oggettiva ____________________________________________________________ 204 Attribuzione del codice colore nel cardiopalmo _______________________________________ 205
Dolore addominale non traumatico _____________________________________ 206 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 207 Valutazione soggettiva ___________________________________________________________ 207 Valutazione oggettiva ____________________________________________________________ 208 Segni d’allarme _________________________________________________________________ 209 Attribuzione del codice colore nel dolore addominale __________________________________ 210 Localizzazione del dolore nelle regioni addominali _____________________________________ 211
Dolore toracico non traumatico ________________________________________ 212
Tipologie di dolore ________________________________________________________ 212
Etiopatogenesi ____________________________________________________________ 214 Valutazione di impatto __________________________________________________________ 216 Valutazione soggettiva ___________________________________________________________ 216 Valutazione oggettiva ____________________________________________________________ 218 Attribuzione del codice colore nel dolore toracico _____________________________________ 219
Dispnea ____________________________________________________________ 220 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 223 Valutazione soggettiva e oggettiva _________________________________________________ 223 Attribuzione del codice colore nelle dispnee __________________________________________ 224
Ipertensione arteriosa ________________________________________________ 225
Segni e sintomi di disfunzione d’organo _______________________________________ 226 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 226 Valutazione soggettiva ___________________________________________________________ 227 Valutazione oggettiva ____________________________________________________________ 227 Attribuzione del codice nell’IPERTENSIONE ___________________________________________ 228
Cefalea ____________________________________________________________ 229 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 230 Valutazione soggettiva ___________________________________________________________ 230 Valutazione oggettiva ____________________________________________________________ 231 Segni e sintomi di allarme ________________________________________________________ 232 Attribuzione del codice nelle cefalee ________________________________________________ 233
Vertigini ___________________________________________________________ 234 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 235
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Valutazione soggettiva ___________________________________________________________ 235 Valutazione oggettiva ____________________________________________________________ 236 Fattori di rischio ________________________________________________________________ 236 Attribuzione del codice nelle vertigini _______________________________________________ 237
Alterazioni dello stato di coscienza ______________________________________ 238 Valutazione di impatto ___________________________________________________________ 239 Valutazione soggettiva e oggettiva _________________________________________________ 240 Segnali d’allarme _______________________________________________________________ 240 Attribuzione del codice nelle alterazioni della coscienza ________________________________ 241
Perdita di coscienza breve _____________________________________________ 242
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 243
Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 244
Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 245
Sintomi o stati morbosi associati ____________________________________________ 246
Segni di allarme ___________________________________________________________ 246 Attribuzione del codice nelle perdite di coscienza ______________________________________ 247
Sindromi neurologiche acute ___________________________________________ 248
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 249
Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 249
Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 249
Fattori di rischio __________________________________________________________ 250 Attribuzione del codice colore nelle s. neurologiche ____________________________________ 251
Stato di agitazione psico‐motoria _______________________________________ 252
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 252
Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 253
Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 254 Attribuzione del codice colore nello stato di agitazione _________________________________ 256
Ustioni ____________________________________________________________ 257
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 258
Valutazione soggettiva e oggettiva ___________________________________________ 258 Attribuzione del codice colore nelle ustioni ___________________________________________ 260 Schema di Wallace (regola del nove) ________________________________________________ 262
Reazione allergica ___________________________________________________ 263
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Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 263
Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 264
Segni e sintomi di allarme ___________________________________________________ 264 Attribuzione del codice colore nelle reazioni allergiche _________________________________ 265
Trauma ____________________________________________________________ 266
Trauma maggiore _________________________________________________________ 266
Trauma minore ___________________________________________________________ 268
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 268
Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 269
Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 270 Attribuzione del codice colore nel trauma ____________________________________________ 272
Intossicazioni _______________________________________________________ 275
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 276
Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 276
Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 277 Sostanze a bassa tossicità _________________________________________________________ 278 Attribuzione del codice colore nelle intossicazioni _____________________________________ 279
Emorragie non traumatiche ___________________________________________ 280
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 281
Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 281
Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 282 Attribuzione del codice colore nelle emorragie ________________________________________ 283
Emergenze ostetriche e ginecologiche ___________________________________ 284
Alcune definizioni _________________________________________________________ 286
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 290
Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 290
Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 291 Attribuzione del codice colore nelle emergenze ostetrico‐ginecologiche ___________________ 292
Emergenze ORL _____________________________________________________ 294
Valutazione di impatto _____________________________________________________ 294
Valutazione soggettiva _____________________________________________________ 295
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Valutazione oggettiva ______________________________________________________ 296 Attribuzione del codice colore nelle emergenze orl ____________________________________ 297
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INTRODUZIONE
L’esigenza di dover rispondere in tempi brevi alle necessità
assistenziali delle persone con problemi di salute che
afferiscono al pronto soccorso, ha determinato la necessità
di adottare uno strumento scientifico che permettesse di
scegliere quale, tra queste persone, dovesse avere una
priorità di accesso rispetto alle altre. Questo strumento è
conosciuto con il nome di “triage”.
L’esigenza di “triagiare” i pazienti afferenti ai pronto
soccorsi è una questione relativamente datata. Il problema
degli accessi cosiddetti “impropri” è sempre stato sentito,
ma negli ultimi anni si era andato aggravando. Così, i
legislatori, recependo il bisogno degli “addetti ai lavori” di
poter regolamentare gli accessi, come già accadeva in altri
Paesi, hanno finalmente emanato l’Atto di Intesa Stato
Regioni sulle linee-guida in materia di requisiti organizzativi
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e funzionali della rete di emergenza-urgenza (atto di intesa
Stato-Regioni 11/4/1996, pubblicato in G.U. n. 114 del
17/5/1996) in applicazione del DPR 27/3/1992. Tale atto
recita: “all’interno del DEA deve essere prevista la funzione
di triage, come primo momento di accoglienza e valutazione
dei pazienti, in base a criteri definiti che consentano di
stabilire le priorità di intervento. Tale funzione è svolta da
personale infermieristico adeguatamente formato che opera
secondo protocolli prestabili dal dirigente del servizio”. La
sezione dell’accordo dedicato al triage fornisce “Le linee
Guida sul Triage intraospedaliero per gli utenti che
accedono direttamente in Pronto Soccorso”.
Il più recente riferimento normativo in materia di Triage è
l’accordo tra il Ministero della salute, le Regioni e le
province autonome sul documento di linee-guida sul
sistema di emergenza sanitaria concernente: “Triage
intraospedaliero (valutazione gravità all’ingresso) e
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chirurgia della mano e microchirurgia nel sistema
dell’emergenza-urgenza sanitaria”, pubblicato sulla G.U.
n.285 del 7/12/2001.
Le novità delle linee guida 2001 sono due: l’attivazione
obbligatoria del triage in tutte le strutture ospedaliere con un
numero di accessi superiore ai 25.000/anno, e la
definizione puntuale e dettagliata degli aspetti che
riguardano le caratteristiche del personale, la formazione,
l’organizzazione del lavoro, le strutture e l’informativa
all’utenza.
Lo scopo del triage è quello di assegnare agli utenti un
codice di priorità di accesso nelle sale visita, per
garantire prestazioni immediate a chi è in pericolo di vita
(o in possibile pericolo di vita), stabilendo, quindi, chi è, tra
coloro che sono in attesa, che deve essere assistito per
primo. Chi accede in pronto soccorso per problematiche
differibili, ottiene comunque una risposta, ma soltanto dopo
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che il personale ha assistito le persone con problemi più
urgenti. In alcuni casi, è possibile indirizzare su percorsi
alternativi (esempio, gli ambulatori dei codici bianchi) chi
presenta problemi non urgenti.
L’assegnazione del codice di priorità nasce da un vero e
proprio “processo decisionale” esercitato da personale
infermieristico, che ne risponde dal punto di vista
professionale e legislativo.
Gli obiettivi dell’attività di triage vengono definiti in base alle
esigenze del singolo DEA o Pronto Soccorso, alla
frequenza e tipologia di accessi, ed infine, al tipo di struttura
e di servizi sanitari assicurati. Il raggiungimento di questi
obiettivi costituisce un indicatore per valutare il grado di
efficienza della struttura di emergenza; in ogni modo, è
necessario assicurare:
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una valutazione rapida dello stato clinico delle persone
che giungono in Pronto Soccorso ed una altrettanto
celere individuazione delle priorità di accesso;
la riduzione dei tempi di attesa per chi necessita di cure
immediate;
la riduzione del rischio di peggioramento dello stato
clinico, attraverso un monitoraggio continuativo e
un’assistenza precoce in caso di bisogno;
la valutazione della qualità di assistenza attraverso la
compilazione della scheda di Triage.
Il raggiungimento di questi obiettivi è indice di una elevata
efficienza, grazie alla quale l’utente potrà percepire una
organizzazione funzionale e in grado di rispondere ai suoi
bisogni di salute.
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CENNI STORICI
La parola “triage” fu applicata all’inizio del ‘700
nell’industria della lana, per indicare la separazione del
tessuto secondo qualità e grado di finezza. Nell’800, il
“triage” venne usato nell’industria del caffè, con il significato
di “cernita”. Nello stesso periodo, nei mercati di Parigi, il
termine “triage” indicava il compito di “scegliere e scartare i
prodotti”; al loro arrivo, un uomo posto al ”triage”, sceglieva
quali carri far entrare.
La medicina militare ha utilizzato questo termine fin dal ‘700
e la sua paternità è attribuita al barone Jean Dominique
Larrey (1766-1842), chirurgo capo dell’esercito imperiale.
Durante la campagna di Russia, Larrey si trovò ad
affrontare l’arrivo di parecchi feriti e pensò ad un sistema
per selezionarli, scegliendo di soccorrere per primi quelli
meno gravi (di sicuro recuperabili per combattere). Da
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allora, il triage è applicato in tutte le guerre: i due conflitti
mondiali e le altre guerre (Vietnam, Corea, Guerra del
Golfo) hanno perfezionato il triage, che, solo in un secondo
tempo, è stato applicato nelle maxiemergenze civili
(alluvioni, catastrofi naturali, terremoti, attentati terroristici).
Tra l’altro, i medici militari statunitensi hanno compreso
appieno l'importanza del “fattore tempo”' ai fini del successo
della cura, e hanno parlato per primi della ''golden hour'', la
preziosissima prima ora dall'evento, entro la quale il
paziente deve giungere all'osservazione dei curanti.
Negli anni ‘70, negli USA inizia a svilupparsi il Trauma Care
System, al fine di modificare il metodo “scoop and run” che
pur riducendo i tempi di intervento, causava in grande
numero, sequele invalidanti o la morte. Così, le
sperimentazioni successive alla creazione del TCS
utilizzarono il triage sul luogo dell’evento, per individuare i
traumatizzati più gravi, cui venivano prestate cure
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immediate usando il modello “stay and play”. Una volta
stabilizzati, tali pazienti venivano trasportati nei Trauma
Center, espressamente attrezzati per trattarli.
All’inizio degli anni ’90, in Italia, le prime esperienze di
triage sono state avviate senza precise disposizioni
legislative, in alcuni Pronto Soccorsi con elevato numero di
accessi.
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MODELLI DI RIFERIMENTO
Il modello di triage degli USA è stato sicuramente fra i più
significativi, ispirando lo sviluppo dei sistemi di triage in
molte altre nazioni. Negli USA non è adoperato un solo
modello di triage, ma esistono metodi e sistemi di
valutazione e codifica piuttosto eterogenei. Una ricerca
eseguita dall’Emergency Nurses Association (2001) ha
dimostrato che nel 65% dei PS si ha un sistema di “triage
globale”, nel 24% di triage “spot-check”, nel 4% un sistema
di “direttore del traffico” e nel 7% un “sistema misto”, a 2
livelli di priorità. Nell'89% dei casi è un infermiere ad attuare
il triage; nella restante percentuale, sono altre le figure
deputate alla codifica (paramedici, medici, altri operatori).
Nel Regno Unito, il triage è stato avviato venti anni fa ma,
tuttavia, il sistema non era diffusamente applicato e la sua
pratica non era uniforme. Nel 1992, la ''Carta dei diritti del
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paziente'', contenendo l’obiettivo ''Tutti i pazienti saranno
accolti e valutati entro cinque minuti dall'arrivo'', ha ottenuto
soltanto la svalutazione della pratica del triage, che è stato
abbassato al livello di valutazione a ''prima vista''. Negli
ultimi anni i DEA inglesi hanno dovuto pure affrontare il
problema dell’incremento del numero di accessi, così, è
stato creato un sistema per la gestire l’accoglienza. Un
gruppo di medici e infermieri specializzati in emergenza ha
sviluppato un modello chiamato Manchester Triage System
(MTS), pubblicato nel 1997 e diventato il sistema di triage
adottato in tutto il Regno Unito. L’MTS rappresenta uno
standard di valutazione e di assegnazione delle priorità
cliniche.
In Canada lo sviluppo del triage è stato dettato dalla
necessità di standardizzare la metodica a livello nazionale.
Infatti, il precedente sistema usato presentava discrete
variazioni delle definizioni, a seconda dell’operatore che
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attuava il triage. Nel ’95, medici ed infermieri che formavano
il gruppo nazionale di triage canadese, partendo da scale
australiane di triage, attraverso un lavoro di adattamento al
contesto canadese, hanno sviluppato il Canadian Triage
Acuity System (CTAS), pubblicato nel 1999 e divenuto il
modello di riferimento nazionale. Nel 2001, lo stesso gruppo
di lavoro ha presentato linee-guida specifiche per l'età
pediatrica. Il CTAS, divenuto obbligatorio in tutto il Paese,
prevede una scala a 5 livelli: rianimazione, emergenza,
urgenza, urgenza minore, non urgenza.
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METODOLOGIA DEL PROCESSO DI TRIAGE
Il termine triage deriva dal verbo francese “trier” (scegliere,
selezionare, smistare). Il triage è un metodo scientifico che
ha il fine di valutare i pazienti, in base alla gravità clinica e
alle risorse disponibili.
La priorità di accesso alla visita e alle cure è identificata,
generalmente, con l’attribuzione di un codice colore che
rappresenta il momento conclusivo del processo di triage;
tuttavia, alcune variabili, principalmente una eventuale
modifica delle condizioni cliniche del paziente, possono, a
seguito di una rivalutazione, far mutare il codice colore
assegnato in prima istanza. Ciò rende il triage un processo
mutevole e dinamico.
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APPROCCIO METODOLOGICO DEL TRIAGE
Il triage si prefigge di essere un processo scientifico e
sistematico della risoluzione dei problemi dei pazienti che
afferiscono in pronto soccorso. La risoluzione dei problemi
(problem solving) avverrà seguendo un preciso percorso:
1. identificazione dei problemi attraverso una raccolta
dati;
2. elaborazione dei dati;
3. formulazione di una diagnosi infermieristica,
tenendo presente varie ipotesi cliniche, dalle più
pericolose alle meno gravi;
4. pianificazione e successiva attuazione degli
interventi (applicazioni di protocolli specifici);
5. rivalutazione delle condizioni cliniche (e,
conseguentemente, del codice colore).
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FASI DEL TRIAGE
1. Valutazione sulla porta
2. Valutazione soggettiva
3. Valutazione oggettiva
4. Formulazione diagnosi infermieristica
5. Attribuzione del codice colore
6. Eventuali interventi
7. Rivalutazione
Le fasi del triage possono essere espletate in maniera
sequenziale, contemporanea o, addirittura saltate, a
seconda delle condizioni cliniche del paziente e
dell’esperienza del triagista.
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1.VALUTAZIONE DI IMPATTO
E’ una valutazione dell’aspetto generale del paziente, che
consente di cogliere solo con un “colpo d’occhio” elementi
determinanti che potrebbero imporre interventi immediati:
compromissione dell’ABCD:
stato di coscienza alterato;
pervietà delle vie aeree compromessa;
alterazione del respiro;
alterazione del circolo;
disfunzioni neurologiche;
elementi di imminente pericolo (ad esempio fratture
scomposte, emorragie esterne e così via)
La valutazione sulla porta deve essere sollecita e
tempestiva e, in caso di compromissione di una o più
funzioni vitali, si assegna il codice di massima priorità; il
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paziente viene immediatamente portato in sala visita,
interrompendo il processo di triage.
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2. VALUTAZIONE SOGGETTIVA
Costituisce una raccolta di informazioni tramite intervista,
rivolta al paziente e/o agli eventuali accompagnatori ed
attenta valutazione della documentazione clinica, se
disponibile:
Durante l’intervista, le domande devono essere formulate in
maniera chiara e nel rispetto della privacy, tarando la
comunicazione in base al grado di comprensione
dell’interlocutore (utili potrebbero essere delle domande
chiuse). Le domande devono essere incentrate,
principalmente, sul sintomo/motivo principale e,
successivamente, volte a stilare una anamnesi patologica
remota e prossima. Sistemi come il
T.E.S.T.A.
T: Tetano
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E: Eventi
S: Storia medica passata
T: terapie
A: allergie
o il P.Q.R.S.T.
P: provocato/alleviato da...
Q: qualità
R: regione interessata, eventuale irradiazione
S: segni/sintomi associati
T: tempo, da quanto...
possono essere di aiuto in questa fase.
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3. VALUTAZIONE OGGETTIVA
Questa fase prevede il rilevamento dei parametri vitali e
una valutazione dal punto di vista fisico-obiettivo; in
relazione al sintomo principale, è previsto l’utilizzo di alcuni
strumenti di diagnosi (elettrocardiografo, stix rapidi glicemia,
ecc.) e l’applicazione di alcune tecniche valutative
(ispezione, palpazione, auscultazione, ecc.)
I dati ottenuti attraverso il rilevamento dei parametri vitali e
dall’esame obiettivo mirato ci danno indicazioni relative alle
funzioni vitali (ABCD):
PRIME VIE AEREE E FUNZIONE RESPIRATORIA
frequenza respiratoria (FR); prime vie aeree (segni di
soffocamento, scialorrea, ecc.);
caratteristiche del respiro (ad esempio, tirage,
cornage, sibili, respiro superficiale, e così via);
saturazione periferica di ossigeno (SPO2);
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utilizzo dei muscoli accessori della respirazione;
aspetto e colorito della cute (cianosi, cute algida,
pallore, marezzatura, riempimento capillare ritardato,
ecc.)
FUNZIONE CIRCOLATORIA
frequenza cardiaca e polso (frequenza e tipo);
pressione arteriosa sistolica (PAS) e pressione
arteriosa diastolica (PAD);
aspetto e colorito della cute (cianosi, cute algida,
pallore, marezzatura, riempimento capillare ritardato,
ecc.)
FUNZIONE NEUROLOGICA
Glasgow Coma Scale (GCS)
assetto pupillare
presenza di deficit neurologici (sensitivi, motori, ecc.);
VALUTAZIONE DELLA GRAVITÀ DEL DOLORE
scala del dolore.
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3. FORMULAZIONE DIAGNOSI INFERMIERISTICA
Dopo una adeguata raccolta dati e una completa
valutazione oggettiva, il triagista potrà formulare una
diagnosi infermieristica inerente, principalmente, il
sintomo/motivo principale, a cui seguirà l’assegnazione del
corrispettivo codice colore.
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4. ATTRIBUZIONE DEL CODICE COLORE
Per assegnare i codici di priorità di accesso alle cure: i
criteri devono essere univoci e condivisi a livello regionale e
estrinsecarsi secondo protocolli approvati e validati dal
responsabile di servizio, in conformità alle linee guida
vigenti. La legislazione italiana prevede quattro livelli di
priorità, come riportato nella G.U. n. 285 del 7/12/2001.
I codici di criticità, in analogia con i criteri definiti dal decreto
del Ministero della Sanità del 15/5/1992, articolati in quattro
categorie ed identificati con colore sono:
codice rosso: molto critico, priorità massima, pazienti
con compromissione delle funzioni vitali, accesso
immediato alle cure;
codice giallo: mediamente critico, priorità intermedia;
codice verde: poco critico, priorità bassa, prestazioni
differibili;
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codice bianco: non critico, pazienti non urgenti.
I tempi di attesa ottimali per ciascun codice colore sono
tratti da standard internazionali:
codice rosso: accesso immediato alle cure
codice giallo: accesso entro 10-15 minuti;
codice verde: accesso entro 30-60 minuti;
codice bianco: accesso entro 60-120 minuti.
I quattro livelli di priorità previsti dalla G.U. del 7.12.2001,
sia numericamente che nelle loro definizioni e i relativi
tempi di previsione d’attesa appaiono non sempre adeguati
all’attuale situazione. Comunque restano dei punti di
riferimento fino a quando non saranno previste modifiche
legislative dei livelli di priorità e dei tempi di attesa più
flessibili che tengano conto delle attuali realtà organizzative.
Per l’attribuzione del codice, per particolari quadri clinici è
opportuno valutare la presenza di segnali di allarme
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associati al sintomi principale, che verranno nel corso di
questo manuale dettagliatamente illustrati e analizzati.
ASSEGNAZIONE DEL CODICE COLORE: CRITERI INDICATIVI
E GENERALI
Codice rosso
Compromissione ABCD.
Rischio imminente di compromissione ABCD.
Codice giallo
Alterazione grave di almeno un parametro
vitale.
Rischio concreto di evoluzione peggiorativa di
uno stato clinico.
Codice verde
Quadro patologico in fase acuta (meno di 24
ore), con parametri vitali normali e stabili.
Codice bianco
Quadro patologico insorto da più di 24 ore,
con probabilità peggiorative estremamente
basse.
Quadro patologico gestibile in ambiti diversi
dal PS.
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5. INTERVENTI INFERMIERISTICI
Gli interventi infermieristici in area triage devono essere
basati su protocolli. Differenziamo gli interventi
infermieristici come diagnostici e terapeutici.
Tra gli interventi diagnostici troviamo:
rilevazione della pressione arteriosa (sistolica e
diastolica);
rilevazione della frequenza cardiaca;
rilevazione dei polsi arteriosi periferici;
rilevazione della frequenza respiratoria;
rilevazione della temperatura corporea;
rilevazione della saturazione periferica di ossigeno;
esecuzione dell’elettrocardiogramma;
esecuzione dell’esame urine e dello stix urine;
esecuzione della glicemia capillare;
rilevazione del punteggio della Glasgow Coma Scale.
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Tra gli interventi di tipo terapeutico riscontriamo:
somministrazione di ossigeno;
esecuzione di impacchi freddi (ghiaccio locale);
esecuzione di immobilizzazioni provvisorie;
controllo del dolore (TNT).
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6. RIVALUTAZIONE
I pazienti in attesa possono migliorando o peggiorare le
proprie condizioni. Parte integrante del triage è la
rivalutazione la cui tempistica e frequenza sono correlate
al codice colore assegnato o a richiesta del paziente.
Codice giallo: ogni 15 minuti;
codice verde: ogni 30 minuti;
codice bianco: a richiesta.
La rivalutazione, garantendo sia il paziente che l’operatore,
costituisce un momento decisivo, specie in quelle realtà
che, per l’elevato numero di accessi, hanno tempi di attesa
di norma piuttosto lunghi. La rivalutazione è basata
sull’osservazione del comportamento del paziente; essa
deve comprendere, tuttavia, pure il monitoraggio
dell’andamento del quadro sintomatologico.
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L’attività di rivalutazione deve essere documentata
attraverso l’annotazione dei valori ottenuti dalla rilevazione
dei parametri vitali e di tutte le altre eventuali osservazioni
che il triagista ritiene rilevanti, secondo gli intervalli
temporali sopra indicati. Inoltre, la rivalutazione, essendo
un’attività di assistenza al paziente in attesa, consente di
acquisire nuove informazioni che possono aggiornare il
quadro clinico, dando la possibilità al triagista di confermare
o di modificare il codice colore assegnato.
RIVALUTAZIONE
Ad ogni codice colore assegnato corrisponde un tempo limite di attesa e un tempo limite per la
rivalutazione
Codice rosso Nessuna attesa, nessuna rivalutazione, trattamento immediato.
Codice giallo 10 – 15 minuti di attesa massima;
rivalutazione ogni 5 minuti; paziente in osservazione.
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Codice verde Fino ad un’ora tempo di attesa massimo; rivalutazione ogni 30 minuti.
Codice bianco
Fino a due ore di attesa massima; rivalutazione a richiesta oppure ogni 60
minuti.
Immediatamente dopo che il triagista ha attribuito il codice
colore, occorre individuare ed applicare lo specifico
protocollo per la gestione del paziente. Affinché questa
condotta sia realizzabile, è necessario che nel PS/DEA
siano stati precisati i percorsi preferenziali per la specifica
patologia che il paziente presenta. I protocolli possono
essere correlati ad un codice colore oppure ad un
problema specifico chiaramente determinabile in sede di
triage.
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TRIAGE OSPEDALIERO
ATTIVITÀ DI TRIAGE: DOCUMENTAZIONE
All’obbligo di documentazione sono soggette tutte le attività
svolte nell’area triage, dalla prima valutazione fino
all’ultima rivalutazione. Ogni attività va documentata, al fine
di garantire la trasparenza del triage e di rispondere agli
obblighi di legge.
Infatti, la scheda di triage viene stilata dall’infermiere che,
nelle vesti di triagista, rappresenta un incaricato di pubblico
servizio nell’esercizio delle sue funzioni. La scheda
infermieristica di triage è, senza alcun dubbio un atto
pubblico e come tale è soggetta alle norme penalistiche
sulla falsità documentale (Falsità materiale in atto pubblico,
articolo 476 CP).
La scheda di triage diventa parte integrante del verbale di
pronto soccorso o della cartella clinica del paziente. La
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scheda di triage è documentata su supporto informatico o
su carta. Essa deve contenere:
data e ora di inizio e fine della valutazione di triage;
nome dell’operatore di triage;
dati anagrafici del paziente;
modalità di accesso e di invio;
problema/sintomo attuale;
durata del sintomo;
in caso di trauma, il luogo o la circostanza dell’evento;
la descrizione del problema attuale/annotazioni;
anamnesi patologica;
indicatori di trauma maggiore
parametri vitali, valutazione sofferenza, applicazione
delle scale (RTS, GCS) ove indicate, stato della cute;
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posizionamento del paziente (deambulante, barella,
carrozzina);
allergie, terapie domiciliari, trattamento preospedaliero;
codice colore;
ambulatorio di competenza;
prestazioni e/o trattamenti effettuati al triage;
rivalutazione.
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ALGORITMO DEL PROCESSO DI TRIAGE
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STRUMENTI UTILI
GLASGOW COMA SCALE (GCS)
Le manovre usate per valutare lo stato neurologico
comprendono la valutazione dello stato di coscienza e dei
segni vitali, l’esame degli occhi, delle funzioni motorie degli
arti e la determinazione della sensibilità. Esistono numerosi
sistemi a punteggio per esprimere le alterazioni dello stato
di coscienza. Nella pratica clinica, fra i sistemi a punteggio,
è molto utilizzata la Glasgow Coma Scale (GCS) che,
grazie alla semplicità e riproducibilità, è adottata in
numerosi ospedali di tutto il mondo. La GCS considera tre
risposte comportamentali, ottenute mediante stimolazione
verbale e dolorosa. Ad ognuna delle tre risposte ottenute
viene dato un punteggio, la cui somma porta ad ottenere
una cifra globale che oscilla da 3 a 15. Un punteggio ≤ a 7
indica uno stato di coma.
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Risposta motoria
Al comando 5
Localizza il dolore 4
Si retrae al dolore 3
Flette al dolore 2
Estende al dolore 1
Risposta verbale
Orientata 5
Confusa 4
Inappropriata 3
Incomprensibile 2
Assente 1
Apertura occhi
Spontanea 4
Agli stimoli
verbali3
Solo al dolore 2
Assente 1
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SCALA DI GRAVITÀ DEL DOLORE
Il dolore può essere definito come un’esperienza sensitiva
ed emotiva associata ad un reale o potenziale
danneggiamento di un tessuto.
La gravità del dolore è sempre soggettiva, anche se i
nocicettori registrano una “quantità” obiettiva di dolore in
ogni singolo soggetto. Esiste sempre una componente
emotiva nella percezione del dolore di una persona, dovuta
all’interpretazione del segnale di dolore nel sistema nervoso
centrale. È quindi utile valutare il dolore utilizzando un
semplice strumento come le scale.
Durata in ore
36 1° livello 1° livello 1° livello
6 1° livello 2° livello 2° livello
0 1° livello 2° livello 3° livello
1 2 3 4 5 6 8 9
Entità del dolore
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TRAUMA SCORE NELL’ADULTO
Pressione arteriosa sistolica
>90 mmHg 4 Da 70 a 90 mmHg 3 Da 50 a 69 mmHg 2
<50 mmHg 1 Non rilevabile 0
Frequenza respiratoria
Da 10 a 24 atti/minuto
4
Da 24 a 35 atti/minuto
3
>36 atti/minuto 2 <9 atti/minuto 1
Apnea 0
Glasgow Coma Scale
Da 13 a 15 5 Da 10 a 12 4 Da 7 a 9 3 Da 4 a 6 2 Da 1 a 3 1
Tempo di riempimento capillare
Normale (<2 secondi)
2
Allungato (>2 secondi)
1
Assente 0
Espansione toracica Normale 1 Ridotta 0
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TRIAGE OSPEDALIERO
REVISED TRAUMA SCORE NELL’ADULTO
Revisione del precedente sistema di valutazione,
comprende solo il GCS, la pressione sistolica, la frequenza
respiratoria.
L’eliminazione dei parametri non sempre facilmente
definibili, quali il tempo di riempimento capillare e lo sforzo
respiratorio rende il RTS di semplice applicazione.
L’RTS si ottiene sommando per ciascuno dei tre parametri
considerati un valore numerico da 0 a 4: il valore massimo
è quindi di 12.
Il TS e il RTS hanno il vantaggio di non richiedere nessuna
valutazione diagnostica della lesione anatomica.
A B C
GCS Pressione sistolica
Atti respiratori
punteggio
3 – 15 > 89 10 – 29 4 9 – 12 76 – 89 > 29 3
6 – 8 50 – 75 6 – 9 2
4 – 5 1 – 49 1 – 5 1 3 0 0 0
Punteggio totale: A + B + C
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PARAMETRI VITALI PEDIATRICI
Parametri vitali considerabili nella norma, nel bambino
senza febbre, che non piange.
FC/veglia FC/sonno FR PAS PAD SaO2
Neonato (0‐30 gg) 100‐180 80‐160 40‐60 60‐90 20‐60
96‐100%
Lattante (1‐12 m) 100‐160 75‐160 30‐60 87‐105 53‐66
Infanzia (1‐6 aa) 70‐100 60‐90 22‐34 96‐110 55‐70
Età scolare (7‐14 aa) 65‐110 60‐90 18‐30 97‐112 57‐71
Adolescente (15‐18 aa) 60‐90 50‐90 12‐20 112‐128 66‐80
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TRIAGE OSPEDALIERO
TRAUMA SCORE PEDIATRICO
COMPONENTI +2 +1 ‐1
Peso corporeo > 20 10 – 20 Kg. < 10 Kg.
Vie aeree Pervie
Mantenibili, pervie
(cannula OF, maschera)
Non mantenibili pervie (Tubo tracheale,
Cricotirotomia)
P.A. sistolica * > 90 50 – 90 < 50 mmHg
SNC Vigile Obnubilato Coma
Lesioni osse AssentiFrattura
singola non esposta
Fratture multiple o esposte
Cute Integra Ferite minori Lesioni
maggiori/penetranti
Se non è possibile rilevare la P.A. si sostituisce il punteggio con:
+2 polso radiale palpabile
+1 polso femorale palpabile
‐1 nessun polso palpabile
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TRIAGE OSPEDALIERO
GLASGOW COMA SCALE PER L’ETÀ PEDIATRICA
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TRIAGE OSPEDALIERO
FUNZIONI VITALI E SEGNI DI ALLARME NEL BAMBINO
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TRIAGE OSPEDALIERO
SCALA DI GORELICK
Serve a determinare il grado di disidratazione nel bambino.
Segno clinico Punteggio
Occhi alonati 1 Mucose visibili asciutte 1
Pianto senza lacrime 1 Pliche cutanee persistenti >2” 1
Stato generale compromesso (sonnolenza, ipereccitabilità)
1
Tempo di refill >2” 1 Polso radiale debole 1
Tachicardia (senza febbre) >150 bpm 1
Tachipnea 1 Oliguria 1
SCORE
Attribuire 1 punto ad ogni segno clinico presente:
<3 punti: disidratazione lieve < 5% codice verde
da 3 a 5 punti: disidratazione moderata 5-8% codice giallo
da 6 a 10 punti: disidratazione grave: ≥ 9% codice rosso
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TRIAGE OSPEDALIERO
PARAMETRI E SEGNI CLINICI DI ALLARME NEL BAMBINO
Apnea > 10 secondi. Frequenza Respiratoria > 60 tti/ i tRespiro agonico/distress respiratorio grave
SaO2 <90% in aria ambiente
Cianosi con estremità fredde e marezzate
Polsi periferici flebili o assenti Riempimento capillare > 4 secondi in paziente
normotermico Punteggio Glasgow Coma Scale < 12
Pupille anisocoriche o non reagenti
Convulsioni in atto
Glicemia al dito < 40 mg% o > 300 mg%
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CRITERI PER L’ASSEGNAZIONE DEL CODICE COLORE
L’assegnazione del codice colore si basa su tre fasi
preliminari:
1. valutazione di impatto (o valutazione sulla porta);
2. anamnesi mirata;
3. esame obiettivo mirato e rilevazione dei parametri
vitali.
La rilevazione dei parametri vitali costituisce un criterio
obiettivo facilmente ripetibile e garantisce univocità e
omogeneità di giudizio.
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TRIAGE OSPEDALIERO
CODICE ROSSO
Pazienti con pericolo di vita, nei quali è in atto la compromissione di
almeno una delle tre funzioni vitali: coscienza, respiro e circolo.
Valutazione di impatto
Paziente privo di coscienza e/o respiro e/o circolo
Segni di allarme:
• incapacità a mantenere la stazione eretta;
• respirazione rumorosa;
• alterazioni del colore o della temperatura della cute
(cianosi, pallore e sudore freddo, marezzature).
La presenza dei suddetti segni di allarme deve indurre a
sospettare un codice rosso; questo, comunque, deve
essere confermato dalla rilevazione dei parametri vitali.
Anamnesi mirata
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TRIAGE OSPEDALIERO
Al paziente vanno rivolte domande specifiche, relative alla
patologia che egli presenta.
Rilevazione dei parametri e breve esame obiettivo
L’alterazione di almeno uno dei parametri vitali è un
segnale d’allarme per l’eventuale attribuzione di codice
rosso.
Adulto (> 14 anni)
Pressione Arteriosa Sistolica <90 mmHg o >250 mmHg
Pressione Arteriosa Diastolica >130 mmHg
Frequenza Cardiaca ≤ 40 b/m o ≥ 160 b/m
SpO2 < 86%
GCS <12
Frequenza Respiratoria <10 atti/min o > 34 atti/min
Temperatura <35°
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TRIAGE OSPEDALIERO
Nelle situazioni descritte sotto, in cui è compromessa una
delle tre funzioni vitali, occorre attribuire sempre un codice
rosso, indipendentemente dalla rilevazione dei parametri:
convulsioni in atto;
cefalea acuta con deficit neurologici;
alterazioni dello stato di coscienza, con rilievo di
esposizione a tossici/overdose.
Rivalutazione
Il codice rosso non prevede rivalutazione.
Interventi assistenziali nel codice rosso
Entra immediatamente in sala emergenza.
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TRIAGE OSPEDALIERO
CODICE GIALLO
Paziente in potenziale pericolo di vita, nel quale c’è
minaccia di cedimento di una delle funzioni vitali.
Valutazione di impatto
Il paziente può presentare i seguenti segni d’allarme:
alterazioni dell’aspetto della cute (cute pallida e
sudata);
difficoltà nell’eloquio e/o comprensione delle domande
poste;
evidente stato di sofferenza.
incapacità a mantenere la stazione eretta;
respirazione rumorosa/difficoltosa;
La presenza di questi segni devono indurre alla
determinazione immediata dei parametri vitali, il cui valore
permetterà di inquadrare correttamente i pazienti. In questi
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TRIAGE OSPEDALIERO
casi, l’istinto e il “colpo d’occhio” dell’infermiere esperto
inducono al sospetto di situazioni di emergenza/urgenza.
Anamnesi mirata
Al paziente vanno rivolte domande specifiche, relative alla
patologia che egli presenta.
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TRIAGE OSPEDALIERO
Rilevazione dei parametri e breve esame obiettivo
L’attribuzione del codice giallo fa riferimento all’alterazione
di almeno uno dei parametri vitali. I parametri vanno, però,
sempre valutati nel contesto clinico.
Pressione arteriosa sistolica 180 – 220 mmHg
Pressione arteriosa diastolica 120 – 130 mmHg
Frequenza cardiaca
110 b/m + aritmia
150 – 160 b/m ritmico
40 – 60 b/m + aritmia
Frequenza respiratoria 25 – 33 atti/min
GCS 12 – 14
SpO2 86 – 90%
Scala del dolore > grado 3
Temperatura >39,5 °C – 35-35,9°C
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TRIAGE OSPEDALIERO
Va attribuito il codice giallo, anche in presenza di parametri
vitali normali, quando vi sia:
assunzione incongrua di farmaci e/o di tossici;
cefalea acuta senza segni neurologici in paziente non
cefalalgico o deficit neurologico focale;
dolore addominale di III grado della scala del dolore o
dolore toracico;
reazione allergica insorta da meno di 30’ (angioedema,
orticaria).
ritenzione acuta di urina (insorta da almeno 12 ore),
ematemesi, melena o emoftoe in atto; epistassi
massiva in atto;
Rivalutazione
Deve essere effettuata ogni 15 minuti.
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TRIAGE OSPEDALIERO
Interventi assistenziali nel codice giallo
Applicare il protocollo relativo al codice giallo elaborato
per le singole patologie/problemi;
posizionare il paziente in barella;
stabilire un accesso venoso;
effettuare prelievi per esami ematici, se previsto dal
protocollo del singolo ospedale.
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CODICE VERDE
Il codice verde va attribuito a coloro che non presentano
una significativa compromissione dei parametri vitali e che
non appaiono particolarmente sofferenti; in questi pazienti è
assai improbabile un peggioramento del quadro clinico.
Valutazione di impatto
Il paziente è vigile, respira normalmente e presenta una
cute normale.
Rilevazione dei parametri e breve esame obiettivo
Parametri vitali normali, comunque compresi nei valori
indicati sotto.
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Pressione arteriosa sistolica 90-180 mmHg
Pressione arteriosa diastolica <120 mmHg
Frequenza cardiaca 60 – 110 b/m
Frequenza respiratoria 10 – 24 atti/min
SpO2 91 – 99%
GCS 15
Temperatura 35 – 40 °C
Scala del dolore Grado 0 - 2
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TRIAGE OSPEDALIERO
Nelle situazioni descritte sotto si assegna, generalmente,
un codice verde:
cefalea senza segni neurologici associati in paziente
cefalalgico noto;
emoftoe anamnestica e melena anamnestica (oltre le
24 h);
epistassi modesta.
Rivalutazione
Si rivalutano i sintomi ogni 30 minuti, o in base al giudizio
dell’infermiere di triage.
Interventi assistenziali nel codice verde
Applicare il protocollo relativo al codice verde
elaborato per le singole patologie/problemi.
Effettuare la rivalutazione anche a richiesta.
Mostrare disponibilità nei confronti del paziente.
Tranquillizzare i pazienti in attesa.
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CODICE BIANCO
Richiesta di prestazioni sanitarie che non rivestono alcun
carattere di urgenza. In questi casi, i pazienti potrebbero
seguire percorsi diversi dal PS (ospedaliero o
extraospedaliero).
Valutazione di impatto
Paziente in apparenti buone condizioni.
rilevazione dei parametri e breve esame obiettivo
Rilevare i parametri vitali in maniera mirata.
Esempi di situazioni a cui assegnare un codice bianco:
otalgie;
febbricola da alcuni giorni;
odontalgie;
dermatiti;
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TRIAGE OSPEDALIERO
congiuntiviti;
tonsilliti, faringiti;
dolore di lieve entità, grado I.
rivalutazione
Viene effettuata a richiesta del paziente.
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TRIAGE OSPEDALIERO
ASPETTI MEDICO LEGALI DEL TRIAGE
LE NORME DI RIFERIMENTO
L’odierna connotazione professionale dell’infermiere si
caratterizza sia per la maggiore autonomia decisionale e
operativa, sia per le maggiori responsabilità che sono
arrivate grazie alle innovazioni legislative degli ultimi anni,
volte alla ridefinizione del ruolo professionale. Il triage
rappresenta, sotto ogni punto di vista, una delle maggiori
espressioni di autonomia infermieristica.
Quello che segue è un brevissimo excursus sulle norme
che hanno istituito la funzione del triage in Italia.
A. La prima rilevante norma è il D.M. n. 739/1994 istitutivo
del profilo professionale, secondo cui l’infermiere è il
responsabile dell’assistenza infermieristica. In
riferimento al triage, occorre considerare le prime tre voci
dell’art. 1 comma 3, secondo le quali l’infermiere:
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a) partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della
persona e della collettività;
b) identifica i bisogni di assistenza infermieristica della
persona e della collettività e formula i relativi obiettivi;
c) pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale
infermieristico.
Le funzioni infermieristiche delineate nel profilo
professionale, ridisegnano l’autonomia gestionale nei
confronti del paziente preso in carico dal triagista.
Quest’ultimo, valutando il paziente secondo una
metodologia scientifica, gli assegna un codice di
priorità di accesso alle cure.
B. Un secondo riferimento, sicuramente più specifico, è
rappresentato dalle linee guida n. 1/1996 “ Atto d’intesa
Stato e Regioni di approvazione delle linee guida sul
sistema di emergenza sanitaria in applicazione del
D.P.R. del 27/03/1992”. Le LG 1/96 stabiliscono che:
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“all’interno dei DEA deve essere prevista la funzione di
triage come primo momento di accoglienza e valutazione
dei pazienti in base a criteri definiti che consentano di
stabilire le priorità di intervento. Tale funzione è svolta da
personale infermieristico adeguatamente formato, che
opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente di
servizio.”
C. La legge n. 42/1999, abrogativa del mansionario (D.P.R.
n. 225/74), sostituisce la definizione di “professione
sanitaria ausiliaria” con quella di “professione sanitaria”,
chiudendo definitivamente l’epoca di ancillarità, in cui i
ruoli erano predefiniti e gli infermieri, figure capaci solo di
essere subordinati al medico. Oggi, secondo il
legislatore, il campo di attività e responsabilità
dell’infermiere è definito da tre criteri guida: profilo
professionale, codice deontologico e ordinamenti
didattici universitari.
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D. L’accordo del 25/10/2001 tra il Ministero della Salute e
le Regioni, ha previsto l’adozione di criteri specifici relativi
al triage intraospedaliero e al personale infermieristico,
nelle strutture ove è obbligatoriamente previsto. La
funzione di triage viene definita in maniera dettagliata;
essa “deve essere svolta dal personale infermieristico
esperto e specificamente formato, sempre presente nella
zona di accoglimento del pronto soccorso ed in grado di
considerare i segni e i sintomi del paziente per
identificare le condizioni potenzialmente pericolose per la
vita e determinare un codice di gravità per ciascun
paziente, al fine di stabilire le priorità di accesso alla
visita medica. L’infermiere opera sotto la supervisione del
medico in servizio, responsabile dell’attività, e secondo
protocolli predefiniti riconosciuti e approvati dal
responsabile del servizio di pronto soccorso –
accettazione o D. E. A.”. Da queste disposizioni si
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deduce che l’infermiere, nell’attuare il processo di triage,
si avvale di due elementi oggettivi predeterminati, ovvero
i codici di priorità e i protocolli. Occorre soffermarsi
sulle LG 2001 al punto che riguarda “ …la supervisione
del medico in servizio responsabile dell’attività…”, che
sottolinea la collaborazione tra le due figure
professionali; tale supervisione deve essere intesa
rispetto all’applicazione dei protocolli di triage. Risulta,
pertanto, fondamentale che anche il medico debba
essere formato, per evitare atteggiamenti di
prevaricazione del ruolo (over rule) nei confronti
dell’infermiere triagista. E’ comunque auspicabile che tali
linee guida siano riviste e chiariscano tali aspetti.
E. L’autonomia professionale, prevista dalla Legge n.
251/2000, non va soltanto intesa come mancanza di
vincoli di subordinazione, in cui vi è la netta distinzione
tra le varie competenze, ma consiste nella capacità di
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risolvere le problematiche assistenziali relative al proprio
campo professionale anche in collaborazione con altri
professionisti.
RESPONSABILITÀ, COMPETENZA, AUTONOMIA
In questi ultimi anni, l’esercizio professionale infermieristico
è stato oggetto di rilevanti modifiche riguardanti i concetti di
“responsabilità”, “competenza” ed “autonomia”.
La “responsabilità” è la caratteristica di chi “è chiamato a
rispondere di un atto o fatto compiuto nell’esercizio delle
proprie funzioni”. Da qui discende l’obbligo di esercitare la
professione con “prudenza, perizia e diligenza”, osservando
le norme deontologiche, giuridiche e tecniche. La
“competenza” si mostra nelle “funzioni”, definite in base al
“ruolo”, cioè al posto coperto da una specifica figura
professionale e sta ad indicare l’autorevolezza che deriva
dalla padronanza di attività tipiche, racchiudendo in sé le
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caratteristiche della conoscenza, dell’abilità e
dell’esperienza. Infine, “autonomia” deriva dal greco e sta
a significare “darsi le leggi e le regole che si seguono
nell’agire”, e quindi, indica la capacità di reggersi in piedi e
di camminare da soli con le proprie forze.
La giuridicizzazione del processo di nursing e
l’introduzione della responsabilità infermieristica per
“risultati” hanno implicato una più vasta visione della
responsabilità nello svolgimento della professione
infermieristica. Oggi, la responsabilità infermieristica si
esplica in un contesto che vuole conseguire una maggiore
“libertà assistenziale” che, tuttavia, non esclude la
responsabilità: anzi, la colma di una maggiore valenza.
L’acquisizione di autonomia, indipendenza, e “non-
ausiliarità” dalla professione medica, non deve significare la
mancata integrazione con gli altri professionisti ma, al
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contrario, vuol dire garantire una professione esercitata nel
massimo della responsabilità.
Da un punto giuridico, per definire il concetto di
responsabilità professionale, ci si riferisce all’obbligo di
rispondere di un’azione illecita. In letteratura, la
responsabilità è suddivisa in tre ambiti: responsabilità
penale, responsabilità civile e responsabilità
disciplinare. In merito all’attività di triage, la responsabilità
giuridica si esplica in diverse funzioni:
1) definizione dei bisogni sanitari della persona;
2) obbligo della documentazione e della certificazione;
3) obbligo di prestare assistenza;
4) obbligo al rispetto del segreto professionale e alla
tutela della riservatezza;
5) obbligo al referto e denuncia all’autorità giudiziaria.
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DEFINIZIONE DEI BISOGNI SANITARI DELLA PERSONA
Qualora l’infermiere triagista sia reo di una condotta
colposa per negligenza, imprudenza e imperizia oppure per
l’inosservanza di leggi, discipline, norme, ordini e
regolamenti, egli può essere perseguito per lesioni
personali colpose o per omicidio colposo. Infatti, tra le
funzioni dell’infermiere triagista, vi è quella di definire le
priorità di accesso alle cure in funzione dei bisogni di
salute delle persone; in tal senso, una condotta errata ed
omissiva, ha rilevanza penale, quando abbia causato un
danno, ovvero l’aggravamento evitabile della malattia, o
l’insorgenza di complicanze, oppure la morte evitabile,
conseguente alla malattia. Quindi, nell’area triage, i
principali doveri sono i seguenti:
la corretta attribuzione del codice di priorità che, al
termine del processo di triage si configura come atto di
chiara matrice infermieristica secondo una
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TRIAGE OSPEDALIERO
metodologia scientifica. Quindi, l’erronea attribuzione
del codice dovuta alla sbagliata interpretazione del
problema principale (ancorché all’inadeguata raccolta
dati), comporta conseguenze dannose per il paziente,
causando un intempestivo intervento del medico,
specie nelle situazioni di emergenza/urgenza nelle
quali, per definizione, esso non può essere differito;
l’abituale applicazione dei protocolli, per non
incorrere nell’erronea attribuzione del codice di
priorità. L’elaborazione dei protocolli deve avvenire in
base a criteri di scientificità, di evidence based
medicine ed evidence based nursing e secondo
peculiari caratteristiche (adeguatezza, chiarezza,
applicabilità e periodicità della revisione);
l’adeguata informazione all’utenza sul significato del
triage e sulla relativa attribuzione del codice di priorità,
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TRIAGE OSPEDALIERO
in quanto parte integrante della prestazione
professionale.
OBBLIGO DELLA DOCUMENTAZIONE E CERTIFICAZIONE
L’infermiere, secondo l’articolo 358 del Codice Penale, è un
incaricato di pubblico servizio. In questa veste, egli ha
l’obbligo di documentare la sua attività nell’apposita scheda
infermieristica (atto pubblico). L’obbligo alla
documentazione rientra tra i doveri del suo ufficio;
l’omissione, anche parziale, può configurare il reato di rifiuto
di atti d’ufficio – omissione ( art. 328 c.p.). Qualora la
scheda di triage dovesse riportare dati non congruenti con
la realtà (e quindi, falsificati), si profila il reato di falsità
ideologica commessa dall’incaricato di pubblico servizio in
atti pubblici (art. 493 c.p.). La scheda di triage va sempre
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allegata alla cartella e deve essere sempre debitamente
archiviata.
Le schede di triage sono elaborate tenendo conto di
eventuali risvolti legali, per cui prevedono oltre al nome e
cognome dell’ infermiere, la data di inizio e fine di triage, i
dati soggettivi e oggettivi, la possibilità di effettuare e di
documentare la rivalutazione del paziente e la registrazione
di eventuali attività di nursing.
OBBLIGO DI PRESTARE ASSISTENZA
L’infermiere triagista deve essere sempre presente
nell’area adibita al triage e, nell’espletamento delle
proprie funzioni, non può rifiutarsi di prestare
soccorso (art. 593 c.p.); il triagista non deve rifiutarsi
nemmeno di registrare il paziente con problematiche
di salute (triage out).
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Nel prestare soccorso, è chiamato a svolgere un
pubblico servizio; la mancata esecuzione della
prestazione di triage, che è un atto dell’ufficio, o di
una sua fase significativa, può configurare il delitto di
rifiuto di atti d’ufficio – omissione già citato in
precedenza.
OBBLIGO AL RISPETTO DEL SEGRETO PROFESSIONALE
Secondo l’art. 622 del c.p. riguardante la rivelazione del segreto
professionale: “… chiunque avendo notizia, per ragione del
proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un
segreto, lo rivela, senza giusta causa, … è punito con la reclusione
fino a un anno o con la multa da lire sessantamila a un milione”.
Gli ambiti del segreto professionale sono la diagnosi e la cura: la
loro rivelazione è punita solo a querela di parte della persona
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offesa. Esistono casi in cui la giurisprudenza richiama
risolutamente il rispetto del segreto professionale (interruzione
volontaria di gravidanza, tossicodipendenza, infezione da HIV e
violenza sessuale).
A rafforzare il vincolo del segreto interviene anche il nuovo
codice deontologico dell’infermiere (gennaio 2009). All’articolo
28, viene affermato che: “L'infermiere rispetta il segreto
professionale non solo per obbligo giuridico, ma per intima
convinzione e come espressione concreta del rapporto di fiducia
con l'assistito”.
Un ulteriore vincolo di segretezza è rappresentato dal segreto
d’ufficio la cui rivelazione viene punita dall’art. 326 c.p. In questo
caso, il segreto riguarda le informazioni ricevute in ragione
dell’ufficio o del servizio dal triagista; questi viene punito nel
caso in cui altre persone venissero a conoscenza dei dati
contenuti nella scheda di triage. Il delitto è perseguibile d’ufficio
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TRIAGE OSPEDALIERO
e l’Autorità giudiziaria provvede ad attuare il procedimento
penale anche senza querela di parte.
Il complesso di Leggi n. 675 e 676 del 1996 riguardanti la tutela
della riservatezza rispetto al trattamento dei dati personali,
definisce lo stato di salute come “dato sensibile” e può essere
oggetto di trattamento solo previo consenso scritto
dell’interessato e previa autorizzazione del garante.
Le professioni sanitarie, però, possono trattare i dati sensibili
relativi allo stato di salute anche senza autorizzazione del
garante, per le finalità di tutela dell’incolumità e della salute
dell’interessato (art. 23).
Il D.Lgs. n. 196/2003 “Codice in materia di protezione dei dati
personali”, prevede l’attuazione di idonee misure (come, ad
esempio, l’adozione di distanze di cortesia), volte a garantire la
riservatezza dei dati e il rispetto dei diritti e della dignità degli
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interessati durante l’attività di triage, e impedire la conoscenza
da parte di terzi delle informazioni rivelate.
Inoltre, prevede la possibilità di dare informazioni per telefono,
ma soltanto ai terzi legittimati, sulla presenza di un paziente in
pronto soccorso, informandone previamente l’interessato.
Il segreto professionale e la tutela della riservatezza vengono
meno qualora si renda necessario il referto – denuncia cosi come
previsto dal codice penale.
OBBLIGO AL REFERTO ALL’AUTORITÀ GIUDIZIARIA
Secondo l’art. 362 c.p. l’infermiere triagista, in quanto
incaricato di pubblico servizio (art.362 c.p.), è tenuto alla
denuncia all’autorità giudiziaria di un delitto perseguibile
d’ufficio, in relazione al quale ha prestato la propria opera o
assistenza.
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TRIAGE OSPEDALIERO
Inoltre, l’art. 365 del c.p. prevede che l’infermiere, in quanto
esercente una professione sanitaria, abbia anche l’obbligo
del referto, sempre che la notizia del reato si abbia nell’
esercizio o a causa del servizio.
La disposizione non viene applicata se il referto espone
l’assistito a procedimento penale.
I reati più gravi (omicidio doloso, colposo,
preterintenzionale, lesioni personali dolose e colpose,
abbandono di minori e incapaci, maltrattamenti in famiglia o
verso fanciulli) sono tutti perseguibili d’ufficio a prescindere
dalla presentazione di querela di parte.
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COMUNICAZIONE E LINGUAGGIO
La comunicazione è un processo di scambio di informazioni
che avviene in un determinato contesto (Watzlawick). La
comunicazione è un'esperienza ordinaria e incessante di
relazione con gli altri. E' impossibile non comunicare: anche
l'intenzionale assenza di comunicazione verbale, di fatto,
comunica la nostra volontà di non entrare in contatto con
l'altro.
In ogni comunicazione ci sono due livelli, contenuto e
relazione. Il livello del contenuto è il livello informativo, la
notizia in sé, il dato, il concetto, l’opinione, mentre il livello
della relazione è il significato relazionale che assume la
comunicazione. Esso fa riferimento al che cosa
comunichiamo ed è prevalentemente verbale. E’, invece, il
livello di relazione a definire i rapporti tra gli interlocutori;
infatti, esso precisa il modo in cui i dati vengono trasmessi e
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TRIAGE OSPEDALIERO
permette di capire come deve essere interpretato il
messaggio. Ad esempio, si può dire "Bene!" con
l'intenzione di lodare qualcuno, oppure si può dire la stessa
parola con tono sarcastico, per mettere la persona in
difficoltà. Il livello relazionale fa riferimento soprattutto al
modo in cui comunichiamo ed è prevalentemente non
verbale.
Costituiscono elementi essenziali della comunicazione
umana:
la fonte, o emittente;
il messaggio;
il canale;
il codice;
il ricevente.
L’EMITTENTE è chi dà avvio alla comunicazione ed ha un
ruolo attivo, producendo il messaggio, codificandolo,
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individuando i destinatari. Perché la comunicazione abbia
buon fine è necessario che emittente e ricevente
condividano lo stesso codice di trasmissione del
messaggio.
Il MESSAGGIO è ciò che viene scambiato tra emittente e
ricevente, ciò che transita, sotto forma di codici verbali e
non verbali, attraverso canali acustici, visivi, olfattivi,
dall’emittente al ricevente. Il contenuto del messaggio esula
dal puro atto linguistico, per racchiudere anche ogni azione
dell’attore inserito nella comunicazione (dalla postura,
all’intonazione della voce, allo sguardo, etc.).
Il CODICE è il sistema socialmente condiviso di
organizzazione dei segni. Il codice della comunicazione
umana è linguistico, costituito da segni (le lettere
dell’alfabeto combinate secondo regole precise – sintassi).
In ogni comunicazione si utilizzano codici propri della
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comunicazione verbale e della comunicazione non
verbale.
Il CANALE è il mezzo di trasmissione del messaggio, il
supporto fisico, materiale o il veicolo attraverso cui un
messaggio è inviato. I canali comunicativi possono essere
verbali e non verbali. Nella comunicazione è necessario
che l’emittente scelga il canale più adeguato, affinché il
ricevente possa decodificare in maniera corretta il
messaggio ricevuto.
Il RICEVENTE è il destinatario dell’azione comunicativa.
Questi deve decodificare il messaggio inviato dall’emittente
ed è sia destinatario dell’azione comunicativa sia emittente
di un messaggio di ritorno (feed-back).
Il feed-back è la risposta che si ottiene dopo aver inviato un
messaggio e che produce, a sua volta, un altro feed-back e
così via. Esso può essere considerato un fattore di controllo
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TRIAGE OSPEDALIERO
della comunicazione, perché consente di verificare l'effetto
che i nostri messaggi producono. Attraverso il feed-back
esprimiamo assenso/dissenso, accettazione/rifiuto,
comprensione/incomprensione, chiarezza o confusione.
Abbiamo tre possibilità di risposta:
il feed-back positivo: è un messaggio di conferma,
nel quale si approva ciò che l'altro ha detto (ad es. la
lode). Significa "Tu esisti, sono d'accordo con te";
il feed-back negativo: è un messaggio di negazione
di quanto è stato detto (ad es. la critica). Significa "Tu
esisti, ma non sono d'accordo con te";
la disconferma: è una comunicazione patologica
perché non prende in considerazione ciò che l'altro ha
detto. Spesso è veicolata attraverso una
comunicazione non verbale (ad es. voltare il viso
dall'altra parte). Significa "Tu non esisti".
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TRIAGE OSPEDALIERO
Nella comunicazione intervengono ulteriori variabili che
influenzano gli esiti di una comprensione efficace. La
simmetria è basata sull'uguaglianza delle posizioni delle
persone in relazione (ad es. due amici o colleghi); questa
interazione generalmente facilita l'efficacia comunicativa,
ma, a volte, può alimentare una competizione quando si
cerca di controllare la relazione: si tratta di un processo
inconsapevole che individua nel disaccordo sui contenuti
quello che, in realtà, spesso è una divergenza sulla
relazione. La complementarità prevede che i due partner
in relazione siano in posizione diversa: supremazia e
dipendenza (ad es. il rapporto medico-paziente). La
persona che si trova in posizione di superiorità dà consigli,
suggerimenti o rivolge critiche all'interlocutore. E'
importante tener presente che la persona in posizione di
inferiorità avrà più difficoltà a comunicare. Simmetria e
complementarità non sono posizioni rigide: ci
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sperimentiamo continuamente in queste diverse
collocazioni, a seconda del contesto in cui comunichiamo.
A questo punto è importante soffermarci su alcuni aspetti
della comunicazione non verbale. La teoria dei "primi
cinque minuti" dimostra quanto sia potente l'impatto iniziale
di una nuova relazione, tanto potente da influenzarne gli
esiti futuri. Se in una nuova relazione i primi cinque minuti
lasciano un'impressione favorevole, le relazioni future
saranno orientate positivamente nel 50% dei casi, ma se i
primi cinque minuti hanno lasciato un'impressione
sfavorevole, le relazioni future saranno improntate
negativamente nel 90% dei casi.
ALCUNI PRINCIPI CHE REGOLANO LA COMUNICAZIONE
Alcuni principi che regolano le relazioni comunicative.
Non si può non comunicare.
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TRIAGE OSPEDALIERO
Ogni comportamento in una situazione relazionale ha
valore di comunicazione.
Ogni comportamento è comunicazione. Ogni
comunicazione è comportamento.
La stessa assenza di comunicazione verbale è una
comunicazione che può significare, ad esempio, non
voglio comunicare.
Si comunica usando due modelli: verbale e non verbale. Il
modulo verbale è basato su segni che convenzionalmente
rappresentano ciò che si vuole comunicare, mentre il
modulo non verbale è basato su rappresentazioni o
simboli in qualche modo simili a ciò che si vuole
comunicare. I due moduli sono tra loro complementari. Il
modulo verbale è più coerente per inviare contenuti (dati),
mentre il modulo non verbale è più adatto a inviare
messaggi relazionali. I canali della comunicazione non
verbale sono descritti di seguito.
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Paralinguistico
Tono di voce, ritmo della conversazione, velocità di
eloquio
Intensità del suono, pause/silenzi, inflessioni
dialettali
Cinesico
Postura, gestualità, movimenti/assenza di
movimenti
Mimica facciale, sguardo
Prossemico
Uso dello spazio, distanza dagli altri
Simbolico
Utilizzo di oggetti/elementi concreti/situazioni
Per comunicare status, ruoli, ideologie,
appartenenza a gruppi.
La comunicazione non verbale è spontanea, automatica,
spesso inconsapevole, più difficile da controllare ed è
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percepita dall’interlocutore come la vera fonte di
informazioni sulla relazione: essa vince sulla
comunicazione verbale. La comunicazione non verbale
rispetto a quella verbale può rinforzarla, supportarla,
enfatizzarla, indebolirla, attenuarla, renderla ambigua e
smascherare intenzioni e sentimenti.
LA COMUNICAZIONE IN AREA TRIAGE
La parola triage ha come significato fondamentale quello di
scelta e mette quindi in gioco la capacità di discernere.
Proprio per questo al triagista vengono richieste più
competenze, diverse tra loro, ma indispensabili per la
gestione delle problematiche del paziente. Possiamo così
individuare:
competenze “tecniche” e d’esperienza professionale,
fondamentali per la valutazione clinica e la decisione;
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TRIAGE OSPEDALIERO
competenze comunicative, per favorire la relazione
con il paziente;
competenze relazionali e predisposizione alla
relazione d’aiuto.
La dinamica relazionale avviene tra due persone con
bisogni diversi: l’una è alla ricerca della risoluzione di un
problema inaspettato, di cui probabilmente ha una
percezione non ancora completa, un bisogno fisico/emotivo,
legato ad una situazione di malattia. Dall’altra parte c’è colui
che è predisposto istituzionalmente a rispondere alle
richieste del “cliente”.
Una delle prime difficoltà che può insorgere nella pratica del
triage è insita nello “scostamento” esistente tra il bisogno
del paziente e la disponibilità dell’operatore: mentre il
paziente aspira ad essere “accudito nella sua totalità”,
l’operatore è a volte più portato a circoscrivere il proprio
intervento all’esercizio della competenza tecnica, senza
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includere necessariamente sentimenti e quindi componenti
psicologiche. Il fatto che la situazione sia oggettivamente
grave o meno grave (codice rosso o bianco), non influisce
sul personale modo di vivere la stessa da parte del
paziente: la propria situazione sarà comunque più grave e
quindi più urgente di quella di altri. Gli utenti e il personale
ospedaliero hanno un modo diverso di interpretare il livello
di urgenza di una patologia. Infatti, l’urgenza é “oggettiva”,
quando risulta dai dati rilevati e analizzati mediante il
processo di triage, ma è anche “soggettiva”, quando è vista
dalla parte del paziente e si focalizza su quanto questo "si
sente grave".Questa condizione, individuabile in ogni
situazione di malattia, porta al passaggio da un “rapporto”
ad una “relazione d’aiuto”. Con “relazione d’aiuto”
intendiamo una delle più complesse forme di interazione
umana, che coinvolge la sfera affettiva di due persone
obbligate a farsi carico di una situazione emotivamente
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pesante che, per motivi diversi, non sarebbero propensi a
gestire:
il malato che si sente minacciato nei suoi beni più
preziosi, la salute e la vita;
il personale sanitario che, sovraccaricato dalle attese
del paziente, sente il peso della grave responsabilità
addossatagli.
L’infermiere è chiamato a costruire una relazione di aiuto
che presuppone l'esistenza di due soggetti, dei quali, uno
ha un problema che gli provoca una situazione di
sofferenza e l'altro si propone come aiuto per la soluzione
del problema. La relazione d'aiuto potrebbe essere vista
come l'atto di promuovere in una persona, che si è affidata
alla nostra professionalità, un migliore adattamento alla
situazione che sta vivendo, per metterla in grado di
superare le difficoltà e recuperare la salute o almeno quel
grado di benessere psicofisico che è possibile; è un modo
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di essere, caratterizzato da atteggiamenti positivi stabili:
accoglienza, comprensione, ascolto attivo ed autenticità.
Anche la capacità personale di saper ascoltare,
domandare, negoziare con singole persone ed in equipe
contribuisce a favorire l’instaurarsi di un buon ambiente
esterno.
La modalità con cui paziente ed operatore interagiscono tra
di loro è la comunicazione, che è un processo di scambio
di informazioni e di influenzamento reciproco che si attua in
un determinato contesto (Watzlawick).
Rispetto al bisogno che qualcuno si prenda cura del
paziente e del suo disagio/sofferenza fisica, è di grande
importanza la fase dell’accoglienza. Nella prima
conversazione con il paziente, dovrebbe essere incluso il
“riconoscimento”, inteso sia come “riconoscimento del
paziente”, sia come “riconoscimento del problema”.
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TRIAGE OSPEDALIERO
Fatte salve le situazioni di codice rosso, la raccolta delle
informazioni dovrebbe cominciare solo dopo che si sono
instaurate buone relazioni con il paziente. Potrà sembrare
fuori luogo il richiamo ad una serie di aspetti che si rifanno
alla “buona educazione” oltre che al “rispetto”. In realtà,
anche se le modalità relazionali subiscono l’influenza dei
cambiamenti socioculturali, spesso le regole per gestire le
relazioni vengono date per scontate e non ci si preoccupa
di verificarne il possesso o l’acquisizione da parte del
singolo operatore. Così, a questo proposito, vengono riferiti
con fastidio dai pazienti alcuni comportamenti degli
operatori:
l’uso di termini “tecnici” non comprensibili dall’utente;
l’utilizzo del “tu” (pericolo di accentuare la dipendenza
del paziente dall’operatore in una situazione
istituzionale);
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l’uso di appellativi “familiari”, vezzeggiativi, che
potrebbero mortificare la persona in difficoltà o con
problemi;
il ricorrere ad una comunicazione di disconferma. La
disconferma è da considerarsi l’equivalente del
messaggio “tu non esisti” e quindi quella
potenzialmente in grado di portare a conseguenze
negative.
Sono esempi di situazioni disconfermanti:
mentre il paziente attende, l’operatore continua a
chiacchierare con il collega, lasciando trasparire la
futilità del contenuto della conversazione;
l’operatore continua la sua telefonata privata senza
preoccuparsi del fatto che il paziente stia attendendo
per parlare con lui;
gli operatori al cospetto del paziente si riferiscono a lui
come se questi non fosse presente;
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l’uso dell’ironia nei confronti del paziente;
l’esprimere valutazioni nei confronti della malattia del
paziente;
il mancato rispetto della privacy.
La comunicazione potrebbe partire meglio: spesso può
bastare un sorriso, un commento positivo, un
incoraggiamento, uno sguardo, un gesto, magari un silenzio
di “comprensione” per favorire la relazione. La relazione
con il paziente si può instaurare attraverso una serie di
passaggi: dal saluto, al rivolgersi allo stesso chiamandolo
per cognome, con rispetto, dandogli attenzione, cercando di
soddisfare i suoi bisogni fin dal momento dell’accoglienza. I
pazienti, a distanza di tempo tendono a ricordare di più
l'atteggiamento relazionale del personale infermieristico
piuttosto che quello puramente tecnico. Ciò significa che il
comportamento, negativo o positivo che sia, lascia una
traccia indelebile nel paziente (un atteggiamento gentile o
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aggressività possono incidere più di qualsiasi intervento
tecnico).
Quando i tempi d’attesa si allungano, occorre “non
dimenticarsi” del paziente o, per lo meno, dargli
l’impressione di non essersi dimenticati di lui, anche se le
sue condizioni non sono state valutate come
particolarmente gravi, ma, di tanto in tanto, rassicurarlo,
informandolo sui tempi d’attesa. Nella società attuale ci si
disabitua all’attesa: il fatto di non essere abituati ad
aspettare provoca reazioni di nervosismo e di ansia in
generale e nei pazienti in particolare. Non dimentichiamo
poi che la situazione emotivamente vissuta porta alla
regressione, che si esprime nel volere un soddisfacimento
immediato del bisogno.
Poiché l’operatore è influenzato da una serie di variabili
esterne (condizioni lavorative, turni,…) occorre che abbia
una buona conoscenza di sé, sia dal punto di vista
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psicologico, che emotivo e fisico. Queste conoscenze
contribuiscono a gestire se stessi attraverso la pratica
dell’autocontrollo. Il lavoro può portare a vivere in condizioni
di stress. Se lo stress supera le capacità di risposta
dell’individuo, si crea la condizione per la quale il soggetto è
esposto al rischio di malattie psichiche, somatiche o di
entrambe. In questa situazione il passaggio dalla
condizione di stress alla sindrome del burn-out può
avvenire con facilità. Altro fattore importante è costituito
dall’elevato numero di accessi di pazienti che attendono in
P.S. per tempi prolungati per la mancanza di posti letto o
per l’attesa dei risultati delle analisi.
Il paziente "codice bianco", poi, può permettersi di
polemizzare con i triagisti, stimolando nei pazienti in attesa
e nel personale uno stato di aggressività e conflittualità di
difficile gestione.
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Considerando, poi, il ruolo del familiare, possiamo operare
una serie di distinguo. Il familiare è considerato un
elemento da gestire, anche se potrebbe assumere il
compito di supportare il proprio caro. In realtà il parente
potrebbe essere un aiuto o rappresentare un ulteriore
problema: questo lo si può vedere caso per caso.
Talvolta le spiegazioni, i chiarimenti, gli input che
l'operatore rivolge al paziente, sono difficilmente percepiti
per l’ansia, paura, dolore che quest’ultimo sta vivendo.
Ascoltare prima di parlare o di intervenire può rivelarsi
produttivo sia per favorire una ricezione chiara della
comunicazione da parte del paziente, sia per realizzare un
processo “catartico” mediante il quale ci si libera delle
proprie tensioni e angosce. Una buona capacità di ascolto
può favorire un insieme di processi: ridurre la tensione,
aiutare a prendere decisioni, chiarire disaccordi. Ascoltare
permette di prevenire l’insorgere del conflitto che nasce
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dalla tendenza, di due o più soggetti in relazione, a
soddisfare i propri bisogni partendo da una posizione di
totale soggettività: la conseguenza è che non si può più
comunicare in termini positivi. Occorre allora essere
empatici per tentare di prevenire e/o risolvere il conflitto. Il
concetto di empatia, ripreso da K. Jaspers, distingue la
comprensione empatica da quella razionale: “Quando nella
nostra comprensione i contenuti dei pensieri appaiono
derivare con evidenza gli uni dagli altri secondo le regole
della logica, allora comprendiamo queste relazioni
razionalmente (comprensione di ciò che è stato detto);
quando invece comprendiamo i contenuti delle idee come
scaturiti da stati d’animo, desideri e timori di chi pensa,
allora comprendiamo veramente in modo psicologico o
empatico (comprensione dell’individuo che parla)”.
La consapevolezza di sé dell’operatore, intesa come
autostima, può permettergli di vivere l’apparente attacco
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rivolto nei suoi confronti non come qualcosa di personale e
come tale distruttivo, ma come riferito all’aspetto
istituzionale da lui rappresentato. La stessa condizione
dalla quale viene mosso un attacco, se vissuta in termini
empatici, finisce con il farci capire cosa spinga l’altro a
muoversi secondo quelle modalità, riconducibili
probabilmente ad una situazione emotiva particolare.
La capacità di far capire all’altro che siamo in grado di
capirlo e di capire in particolare i suoi sentimenti, con la
capacità di trasmettergli la convinzione che siamo capaci di
dargli l’aiuto di cui ha bisogno, costituiscono gli elementi di
base per il superamento del conflitto.
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ALGORITMI PEDIATRICI
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TRIAGE OSPEDALIERO
INTRODUZIONE AL TRIAGE PEDIATRICO
In Italia, ogni anno, i bambini portati in PS sono circa
quattro milioni. Si tratta, nell’80% dei casi, di bambini sotto i
6 anni d’età non visitati dal pediatra di famiglia prima
dell’arrivo in PS. Per fortuna, solo l’1% di questi presenta
una condizione di “vera” emergenza.
Secondo i dati di Laziosanità – ASP, nel 2006, nel solo
Lazio, ci sono stati circa 408 mila accessi in PS nella classe
di età 0-17 anni (18% di tutti gli accessi in PS), (dati tratti
dal rapporto “I ricoveri pediatrici nel Lazio – Anno 2006”, del
febbraio 2008).
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TRIAGE OSPEDALIERO
Nella maggior parte dei casi il bambino non viene portato in
ambulanza, ma condotto in PS direttamente dal genitore.
Questo dato deve far riflettere su quanto sia importante la
formazione del triagista, che spesso è il primo
professionista ad occuparsi del bambino, anche sulle
emergenze/urgenze pediatriche. Esistono poi numerose
differenze fisiologiche e anatomiche, che fanno del bambino
una realtà “a sé stante”: il bambino non va mai trattato
come “un piccolo adulto”.
I motivi di accesso dei bambini in PS sono molto differenti
da quelli degli adulti. Le differenze tra l’emergenza/urgenza
in età adulta e in età pediatrica sono molte, ma la più
importante è che mentre nell’adulto prevale la patologia
cardio-vascolare acuta, nel bambino, l’arresto cardiaco
primitivo è un evento piuttosto raro, essendo questo, molto
più spesso, secondario a condizioni di grave insufficienza
respiratoria o di shock. Nel bambino, riconoscere e trattare
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TRIAGE OSPEDALIERO
precocemente tali patologie, vuol dire evitare di arrivare
all’arresto cardiaco, con netta diminuzione della mortalità e
degli esiti invalidanti. Per questi motivi l’attribuzione del
codice colore nel triage pediatrico è una procedura diversa
da quella che determina l’assegnazione negli adulti.
La differenza delle dimensioni di organi e apparati tra un
neonato, un lattante, un bambino in età scolare e un
adolescente, obbligano la struttura di emergenza a fornirsi
di equipaggiamenti appropriati; diventano necessarie anche
specifiche abilità manuali: ad esempio, assicurare un
accesso venoso in un lattante può risultare difficoltoso.
Inoltre, i criteri di normalità dei parametri vitali cambiano
con l’età, proprio perché meccanismi metabolici, e perciò la
fisiologia, sono diversi rispetto a quelli dell’adulto. Infine, è
da tenere bene a mente che la gravità di alcuni quadri clinici
è diversa nelle diverse fasce d’età: pensiamo, ad esempio,
alla gastroenterite che, nei bambini piccoli può determinare
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TRIAGE OSPEDALIERO
una grave disidratazione, mentre può risultare molto meno
severa nel bambino più grande.
IL TRIAGISTA E IL PAZIENTE PEDIATRICO
Accogliere il paziente e i familiari in maniera empatica è
fondamentale per qualunque paziente, ma lo è ancor di più
per quello pediatrico. Quanto più il bambino è piccolo, tanto
più i genitori arriveranno in PS in stato di agitazione e, a
volte, addirittura di confusione. Il triagista ha il compito di
accogliere i genitori con atteggiamento rassicurante, per
poter valutare al meglio il piccolo paziente.
In caso di arrivo contemporaneo di più urgenze, scegliere
insieme al medico responsabile chi ha priorità di accesso
alle sale visita.
La valutazione di impatto deve iniziare con un rapido
giudizio sull’aspetto generale del bambino; usare l’ABC per
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TRIAGE OSPEDALIERO
esaminare la pervietà delle vie aeree, il respiro, i segni di
circolo e lo stato neurologico.
Oltre a registrare i dati anagrafici e il motivo dell’accesso, il
triagista deve chiedere ai genitori (o agli accompagnatori)
se il bambino assume qualche tipo di terapia o se sono stati
somministrati farmaci prima dell’arrivo in PS; è buona
norma controllare la temperatura corporea,
indipendentemente dal codice colore che si assegna. In
caso di codice rosso o giallo, il bambino va
immediatamente portato in sala visita, sospendendo le
procedure di triage; è importante, però, registrare
immediatamente i parametri vitali rilevati.
I genitori (o chi accompagna il bambino) vanno informati del
codice colore attribuito, delle procedure attivate e degli
eventuali tempi di attesa.
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TRIAGE OSPEDALIERO
I bambini in attesa vanno frequentemente rivalutati, specie i
più piccoli di età, di cui più facilmente può sfuggire un
eventuale peggioramento. La rivalutazione va effettuata
ogni 5-15 minuti per i codici gialli e ogni 30 minuti per i
codici verdi. Comunicare al medico ogni variazione dello
stato clinico ed informare i genitori (e, se opportuno, anche
il bambino), della rivalutazione effettuata.
Nel caso in cui il bambino dovesse presentare febbre
superiore a 38,5 o dolore intenso (otalgia), chiedere al
genitore il peso del bambino, se ha già assunto farmaci a
casa e le eventuali allergie riferite. Il medico responsabile
deciderà il farmaco da somministrare e in quale dose: ciò
potrà semplificare il compito del pediatra, perché il piccolo
paziente accetterà meglio di essere visitato, se nel
frattempo sarà scesa la temperatura o sarà stato alleviato
un dolore;
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TRIAGE OSPEDALIERO
FASI DEL TRIAGE PEDIATRICO
Le fasi del triage pediatrico si articolano in:
1. valutazione di impatto
2. anamnesi mirata
3. rilevazione dei parametri ed esame fisico mirato
4. rivalutazione
VALUTAZIONE DI IMPATTO
La valutazione di impatto deve essere immediata. Se sussiste la
compromissione di una sola funzione vitale, si assegna il codice
di massima priorità e il bambino va immediatamente portato in
sala, interrompendo il processo di triage.
Durante la valutazione di impatto è bene osservare l’aspetto
generale del bambino: se è in buone condizioni o se appare
sofferente, o addirittura grave, o se presenta ferite o traumi
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TRIAGE OSPEDALIERO
evidenti. Per una valutazione più approfondita, ci si può servire
del classico schema A – B – C
Per la valutazione dello stato di coscienza, ci si può avvalere
della scala AVPU:
A (Alert): bambino vigile, che interagisce con l’ambiente
circostante, in maniera adatta all’età;
V (Verbal): bambino che risponde a stimoli verbali;
P (Pain): bambino che risponde a stimoli dolorosi
(stimolazione del muscolo alla base del collo) ;
U (Unresponsive): bambino che non risponde a nessuno
stimolo; si assegna immediatamente un codice ROSSO.
L’osservazione del respiro deve comprendere la qualità e il
numero degli atti respiratori; osservare se il respiro è spontaneo,
o se vi è dispnea o apnea. Considerare la presenza di eventuali
segni di distress respiratorio (alitamento delle pinne nasali,
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TRIAGE OSPEDALIERO
stridore inspiratorio o sibili). Al bambino che non ha attività
respiratoria spontanea si assegna immediatamente un codice
ROSSO.
La valutazione del circolo è basata sulla osservazione del colorito
della cute (rosea, pallida, cianotica, marezzata), e sul suo aspetto
(se è asciutta o sudata), nonché sul tempo di riempimento
capillare.
ANAMNESI MIRATA
In questa fase vanno raccolte le informazioni sul motivo
dell’accesso in PS tramite una breve intervista rivolta ai
genitori (e al bambino stesso), al fine di individuare il
problema principale, i sintomi associati, le patologie
concomitanti (o pregresse) e per ottenere informazioni
aggiuntive su allergie, vaccinazioni ed altre notizie
importanti. L’età del bambino, se uguale o inferiore ai due
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TRIAGE OSPEDALIERO
anni, rappresenta un criterio ulteriore per attribuire il codice
colore (prudenza valutativa). Durante l’anamnesi è
opportuno:
ascoltare sia genitori/accompagnatori che il bambino
stesso; in questa fase occorre mettersi alla stessa
altezza del bambino, evitando di parlargli dall’alto in
basso ed usando un linguaggio adatto all’età;
documentare eventuali allergie a farmaci.
documentare l’eventuale esistenza di patologie
croniche importanti (cardiopatie congenite,
broncopneumopatie croniche, epilessia, malattie
metaboliche e diabete, tumori e immunodeficienze,
sindromi, ritardo psico-motorio, etc);
informarsi su eventuali farmaci assunti prima dell’arrivo
in PS;
validare e confermare il sintomo principale ponendo
domande riguardanti esordio, decorso, durata;
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RILEVAZIONE DEI PARAMETRI E BREVE ESAME OBIETTIVO
I parametri vitali da rilevare all’ingresso in un bambino
valutato come possibile codice rosso o giallo, sono la FC, la
FR e la PA.
Per misurare quest’ultima è necessario utilizzare un
bracciale di dimensioni adeguate, che ricopra cioè i 2/3
della distanza spalla-gomito del bambino. Solitamente sono
disponibili in tre misure: “infant”, “child” e “little adult”. E’
importante inoltre rilevare la SaO2 applicando l’apposito
sensore del pulsiossimetro sul letto ungueale o, nei neonati,
direttamente sulla cute della mano o del piede. Infine, a tutti
i bambini che accedono al PS, indipendentemente dal
codice colore, va controllata la temperatura corporea.
La misurazione dei parametri vitali pediatrici (Figura 1) e
un breve esame obiettivo sono utili a fornire informazioni
oggettive sullo stato clinico. E’ necessario, però, avvalersi di
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specifiche tabelle pediatriche, in cui i valori normali di
ciascun parametro saranno riportati suddivisi per fascia
d’età, in quanto fisiologicamente si modificano durante la
crescita.
Altro parametro importante nel triage pediatrico è il grado di
disidratazione misurabile mediante la scala di Gorelick.
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Anche lo stesso Glasgow coma scale (GCS) è stato
modificato per permettere agli operatori sanitari di valutare
adeguatamente lo stato di coscienza del paziente
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pediatrico, lattante o bambino, tenendo conto delle
specifiche abilità acquisite durante lo sviluppo psicomotorio.
Sommando i punteggi relativi alle risposte agli stimoli
(apertura degli occhi, risposta motoria, risposta verbale), si
otterrà un punteggio totale che rispecchia lo stato
neurologico del bambino. Il codice colore verrà attribuito in
base al punteggio del GCS.
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Infine, è importante rilevare la presenza di parametri e
segni clinici di allarme, (alcuni dei quali individuabili già alla
valutazione di impatto, altri solo nelle fasi successive del
triage).
RIVALUTAZIONE
La rivalutazione è obbligatoria per i codici gialli (entro 5‐15
minuti) e per i verdi (entro 30 minuti); essa può consistere anche
esclusivamente in una breve anamnesi sull’eventuale
miglioramento o peggioramento del sintomo principale.
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IL TRIAGE
NELL’ADULTO
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IL TRIAGE NELL’ADULTO
Obiettivi del triage sono:
classificare i pazienti sulla base dell’urgenza di
trattamento effettiva, reale e potenziale di cui
necessitano;
ridurre i tempi di attesa in favore di chi è più grave e
rendere sicura l’attesa;
rendere il lavoro più organizzato e fluido;
ridurre l’attrito tra pazienti e staff sanitario di P.S.
Le funzioni dell’infermiere di triage possono essere
riassunte in:
una funzione operativo-specialistica;
una funzione informativa;
una funzione relazionale.
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La funzione informativa, intesa come processo, si può
suddividere in 3 fasi:
traduzione delle informazioni (in gergo);
creazione dell’informazione (esempio, diagnosi
infermieristica);
trasmissione delle informazioni (verso l’utenza o verso
il team di ps).
Il processo di valutazione del paziente è costituito da
un’attenta osservazione generale,da una accurata raccolta
dati soggettiva e oggettiva per giungere, infine ad una
decisione e, laddove necessario, all’attuazione di interventi.
La valutazione deve avere inizio nell’arco di 2-5 minuti
dall’ingresso del paziente nell’area triage. Ogni attività di
triage deve essere applicata utilizzando protocolli condivisi
da tutto il personale e avallati dai responsabili del servizio.
Sono fasi del processo di triage:
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1. Valutazione di impatto
2. Valutazione soggettiva
3. Valutazione oggettiva
4. Formulazione diagnosi infermieristica
5. Attribuzione del codice colore
6. Eventuali interventi
7. Rivalutazione
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secondo te le emergenze succederanno solo
agli altri, questo manuale non ti può
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MANAGEMENT DELL’EMERGENZA/URGENZA INTRAOSPEDALIERA – Linee Guida ILCOR – ERC 2010
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urgenza e/o emergenza all’interno della tua
Unità Operativa? Cosa hai fatto e cosa
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ACLS GESTIONE AVANZATA DELLE
EMERGENZE CARDIOVASCOLARI – Linee Guida ILCOR – ERC 2010
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settore dell’emergenza/urgenza? Questo
manuale ti può essere molto utile.
All’interno troverai una sintesi delle linee
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cardiovascolari. Troverai schemi e formule
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TRIAGE OSPEDALIERO
Stabilire il grado di priorità di accesso ai
provvedimenti diagnostici‐terapeutici è
questo l’obiettivo del triage. L’obiettivo di
questo manuale è quello di fornirti gli
strumenti cognitivi per attuarlo nel modo
migliore possibile. Schematico e sintetico è
un’ottima guida per chiunque si trovi nella
situazione di dover operare una “scelta”
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Trattare un soggetto traumatizzato può
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