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4° PREMIO BORSA DI STUDIO APPORT 2014
ALLA MEMORIA DI SERGIO BUSO
“ L’ ALLENAMENTO MULTISPORTIVO DELLA FORZA NEGLI ARTI
INFERIORI DEL PORTIERE DI CALCIO ”
Autore:
ANDREA CATALDO
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In questa mia tesi vorrei trattare l’ allenamento degli arti inferiori nell’ allenamento del ruolo
specifico del portiere approfondendo l’ argomento tra il sacro e il profano; tra l’ allenamento
specifico in ambito calcistico e quello multisportivo attraverso metodiche di altre discipline che
pur riservano nella loro preparazione un ruolo centrale all’ allenamento di queste e, in maniera
assolutamente complementare, di altre peculiarità condizionalimolto vicine a quelle che
necessitano per praticare il gioco del calcio. Se ci pensiamo gli arti inferiori sono le strutture che
per prime ci permettono di stare in equilibrio nei primissimi anni della nostra vita, quelli in cui
passiamo più tempo ad interagire con l’ ambiente esterno alla ricerca di ciò che è l’ interazione tra
l’ ambiente costantemente mutevole del mondo e l’ equilibrio che è in noi stessi, e che ci permette
di adattarci più o meno velocemente a contesti variabili.
Ciò si protrae per tutto l’ arco della nostra vita, attraverso le fasi di crescita che per primo Carl
Heinrich Stratz nel 1904, ed in seguito l’ Auxologia (branca della medicina che studia e cura la
crescita fisica della persona nell’ età evolutiva) ha diviso alternatamente in Fasi Turgor e
Proceritas, con le prime che caratterizzano l’ accrescimento ponderale del corpo umano, e le
seconde
l’ allungamento muscolo-scheletrico:
Turgor I (2-4 anni)
Proceritas I (5-7 anni)
Turgor II (8-11 anni)
Proceritas II (12-15 anni o comunque fino all’ età prepuberale)
Turgor III (15-18 anni; fino all’ età postpuberale)
Molti studiosi limitavano queste fasi all’ età prepuberale, ma non possiamo non tenere conto di
quelle, anche se piccole, modificazioni strutturali che avvengono nell’ età postpuberale e che
incideranno nella pianificazione dei nostri piani di lavoro.
Queste fasi subiscono cambiamenti in base al sesso, e sicuramente si può affermare che a distanza
di un secolo qualcosa è cambiato, con spostamenti delle età indicate.
Ma comunque i riferimenti presi possono esserci di aiuto.
Alcuni momenti sono particolarmente delicati per l'insorgenza di possibili paramorfismi: in
particolare i periodi che vanno dai 5 ai 7 anni e dagli 11 ai 17 anni, con particolare attenzione alla
fase compresa tra i 7 e gli 11 anni, denominata come “fascia d’ oro” dell’ apprendimento delle
capacità coordinative.
A mio parere la crescita va sempre studiata come contesto multifattoriale; vanno presi in
considerazione da una parte la componente genetica e dall'altra i fattori ambientali.
All'interno di questi ultimi collochiamo l'esperienza motoria, che gli studiosi inglobano in tre grandi
macro-aree: gli schemi posturali (rotolare, camminare, correre, saltare); gli schemi motori di base
(allenare il controllo e la corretta esecuzione del gesto motorio di base) e le abilità coordinative
speciali (la scelta e l’adattamento corretto e rapido del gesto specifico in situazione).
Ed è così che il passaggio diviene graduale anche nell’ insegnamento dell’ allenamento della forza
nelle varie categorie con scelte ponderate a tutela sempre della naturale fisiologia dell’ atleta,
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bambino o adulto che sia; ed impareremo che il tempo impiegato ad insegnare come si effettua
correttamente un gesto motorio ad un ragazzo sarà molto più costruttivo e duraturo sia per il suo
percorso, che per il nostro lavoro. Perché la crescita e la costruzione del percorso formativo di un
atleta è come una catena, ed ogni nuovo anello dovrà avere uno che lo precede forte e senza
imperfezioni, resistente per sorreggere quello successivo.
Sintetizzo tecnicamente ciò che metaforicamente voglio rappresentare, ovvero le tappe di
insegnamento del lavoro di forza dal giovane portiere al portiere adulto, passaggio delicato che di
solito avviene a partire dalla categoria allievi o juniores:
Tappe per l’ allenamento della Forza
FORZA
Apprendimento del movimento
Didattica di esecuzione del movimento
(senza sovraccarichi)
Ipertrofia di base
Creazione di una base ipertrofica -
Isometria
Aumento della forza massimale
Vari metodi di incremento della forza
Picco di potenza
Esecuzione con carichi tra il 50-60%
del massimale
Carico a contrasto Rapida concatenazione dei carichi al
80% e al 40%
Tab. 1
La tabella sopra riportata fa da premessa alla trattazione tecnica e statistica di alcuni dati
gentilmente concessi dal Preparatore dei Portieri David Dei, che si riferiscono alla stagione
sportiva 2011-2012 di Lega Pro Prima Divisione delPortogruaro-Summaga Calcio, che di seguito
riporto:
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PORTIERE MASSIMALE PRESSA LAVORO CONSIGLIATO RECUPERI
ROSSI FRANCESCO
(1977)
374 KG
150x12 per 2 /160x10 per 2 (serie)
170x10 per 2 /180x8 per 2
AUMENTO VELOCITA’
3’ PER OGNI SERIE
8 SERIE TOTALI
BAVENA ANDREA
(1990)
277 KG 240x6 + 120x12 (4 serie)
Lavoro a contrasto 80% + 40%
AUMENTO POTENZA
1’ FRA 80% E 40%
3’ TRA LE SERIE
8 SERIE TOTALI
VIANELLO GIANLUCA
(1993)
335 KG 100x12 per 2/ 110x10 per 2
120x10 per 2/130x8 per 2
AUMENTO VELOCITA’
3’ PER OGNI SERIE
8 SERIE TOTALI
ZANIER
ALESSANDRO
(1993)
322 KG 130x12 per 2/140x10 per 2
150x10 per 2/160x8 per 2
AUMENTO VELOCITA’
3’ PER OGNI SERIE
8 SERIE TOTALI
BUSICCHIA FABIO
(1995)
320 KG 80x12 per 2/90x10 per 2
100x10 per 2/110x8 per 2
AUMENTO VELOCITA’
3’ PER OGNI SERIE
8 SERIE TOTALI
ZUCCHERI FABIO
(1995)
380 KG 120x12 per 2/130x10 per 2
140x10 per 2/150x8 per 2
AUMENTO VELOCITA’
3’ PER OGNI SERIE
8 SERIE TOTALI
Tab. 2
- Il lavoro consigliato e i pesi per coloro che svolgono il lavoro di aumento velocità, sono scelti e
calcolati in base alla combinazione del rapporto tra FORZA e VELOCITA’ DI ESECUZIONE.
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I test, svolti alla leg-press orizzontale (pressa a 90°) sono stati quindi monitorati sotto gli attenti
occhi del preparatore con l’ utilizzo di uno strumento: un accelerometro da posizione sopra i pesi,
che permette di misurare potenza, velocità ed esplosività per ogni movimento effettuato dall’
atleta; con carichi relativamente bassi e in solo 9 toccate (spinte). I nove carichi sono divisi in 3
serie da 3 spinte ciascuna, con carichi incrementali di 90-110-130 Kg.
Nel caso specifico del portiere, la velocità esecutiva da preferire è quella “Rapida”, in linea con il
sistema energetico e il modello prestativo attuati in gara. Solo in fase di preparazione
precampionato può essere accettato un ritmo leggermente inferiore, per evitare il rischio di
traumi e infortuni muscolari che minerebbero il lavoro sia del preparatore che del portiere stesso.
Di seguito viene riportata una breve tabella che riepiloga i ritmi esecutivi con riferimento alla
durata di ciascuna ripetizione (singolo gesto motorio):
RAPIDO Durata sotto 1,5 secondi
MEDIO Durata intorno ai 2,5 secondi
LENTO Durata intorno ai 3,5 secondi
LENTISSIMO Durata dai 6 secondi e oltre
Tab. 3
La qualità esecutiva del gesto durante le serie, è garantita anche da un recupero ottimale e
completo, la cui importanza troppe volte viene sottovalutata ma è fondamentale ai fini degli
obiettivi che ci siamo prefissati di raggiungere; e che rientra nell’ ordine minimo dei 3 minuti tra le
serie come dettagliato nella tabella dei dati atletici sopraindicata (Tab.2).Infatti, durante l’
esercizio, il sistema nervoso centrale è costretto ad inviare un’ elevata quantità di impulsi ad alta
frequenza ai muscoli coinvolti, e non rispettare i tempi di recupero sarebbe controproducente ai
fini dell’ esercizio stesso.
I test risalgono all’ Agosto 2011, effettuati dopo dieci giorni di preparazione, in piena “fase di
costruzione” del portiere, dove i carichi di lavoro fisico programmati per il microciclo sono più
intensi e funzionali all’ incremento delle capacità condizionali.
Il test viene poi ripetuto durante la stagione, con cadenza mensile, per il ricalcolo dei massimali e
la variazione dei carichi. Il microciclo mensile prevedeva su 4 sedute di palestra, 3 settimane di
carico e 1 di semi-scarico in cui veniva effettuato il test alla pressa. A fine stagione la media dei
risultati ottenuti ha stabilito un aumento dei massimali intorno al 20% con un picco sul portiere
Andrea Bavena che è riuscito ad incrementare il suo massimale annuo del 35%. Questo dato mi ha
fatto molto riflettere, considerando che avesse un massimale sotto-media al primo test, rispetto
agli altri portieri. Portiere titolare della squadra, le statistiche sono dalla sua parte sia come
presenze stagionali (33 partite giocate su 34) che come rendimento in campo; a riprova che i dati
fisici sono certamente indicativi sulla condizione del portiere ma possono essere anche
espressione di un periodo limitato di condizione psico-fisica e non incidono per forza sulla
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prestazione del portiere se vengono allenate tutte le altre componenti (coordinazione, tecnica,
tattica) che concorrono alla continuità e costanza di cui un portiere ha bisogno per essere d’ aiuto
a sé stesso e alla squadra.
Dall’ analisi dei dati si evince che per gli altri portieri, i cui massimali furono considerati già di buon
livello al primo test, si passò ad un incremento della velocità del gesto; fattore che sugli atleti ha
un margine di allenabilità non univoco e dipende da fattori genetici, dunque di reclutamento di
fibre muscolari diverse tra gli atleti.
Per Bavena fu consigliato un iniziale lavoro di incremento di potenza. Ma lo staff, molto
intelligentemente non si limitò ad allenare solo la forza, ma scelse il metodo “a contrasto” perché
in questo modo potè associare all’ incremento della forza, il mantenimento della velocità d’
esecuzione del gesto motorio.
Infatti, il METODO DI LAVORO A CONTRASTO è stato ideato per conciliare l’ allenamento della
forza a quello della velocità. Esistono due diverse tipologie di lavoro (Cometti):
1 - alternanza di serie in cui si eseguono lavori solo con carico maggiore (80%) e minore (40%) all’
interno della singola serie; la concatenazione viene eseguita osservando un tempo di recupero tra
i diversi esercizi che la compongono.
2- serie in cui si alternano lavori di carico maggiore e minore all’ interno della stessa serie.
Queste tipologie di esercizio servono per stimolare maggiormente il sistema neuro-muscolare : il
carico maggiore (80%) comporta un’ esecuzione più lenta dell’ esercizio ma esprimendo maggiore
potenza e interessando le fibre a contrazione rapida (FT) che in generale nella risposta fisiologica
quotidiana dell’ organismo tendono a rimanere latenti, e che sono costrette a diventare vere
interpreti del movimento con carichi che vadano al di là del 70%; mentre il carico minore (40%)
stimola una maggiore velocità d’ esecuzione e quindi la FT (fibra rapida) ad intervenire nel
movimento ma con una contrazione più rapida. In questo caso lo staff del Portogruaro decise per
la soluzione 1, così da dare l’ opportunità al portiere di lavorare nello specifico sull’ incremento di
potenza che era il suo obiettivo prioritario e successivamente, con recupero di 1 minuto, di
eseguire il lavoro di forza con una contrazione sufficientemente rapida.
A Gennaio, quando i valori di massimale per Bavena furono considerati idonei, si passò anche per
lui all’ incremento di velocità del gesto motorio.
Questi dati e l’ incremento annuo che ne derivò, vanno inglobati in un lavoro più ampio di forza
che non prevede solo l’ utilizzo della pressa orizzontalema anche lavori di forza funzionale e
propriocettiva in cui non viene allenato il singolo muscolo ma le catene muscolari che
intervengono nel movimento naturale, e adattato (propriocettiva).
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Esercizi alla pressa orizzontale
Dopo aver commentato i dati, ritengo opportuno descrivere nei dettagli il tipo di test che è stato
svolto, ovvero quello alla pressa orizzontale, descrivendo le modalità di esecuzione del gesto e
quali gruppi muscolari sono coinvolti nel movimento. Perché ritengo non sia un approfondimento
superficiale, riguardo la professionalità con la quale deontologicamente è bene svolgere il proprio
ruolo ed a tutela dell’ incolumità fisica dei nostri atleti.
Esercizio alla pressa orizzontale Muscoli coinvolti nell’ esercizio
Iniziamo dalla posizione iniziale, l’ atleta è seduto con la schiena ben aderente allo schienale ed i
piedi appoggiati sulla pedana, con una larghezza pari a quella delle spalle. Le gambe sono ben
dritte e parallele al terreno.
Piegare lentamente le gambe fino al massimo punto consentito, con i quadricipiti che sfiorano il
busto. Spingere, quindi, la pedana fino alla posizione iniziale. Dopo un attimo di contrazione
muscolare ridiscendere nuovamente.
La pressa orizzontale lavora sull’intero muscolo quadricipite agendo sul vasto mediale-interno, su
quello esterno e sul retto femorale. Come muscoli secondari coinvolge sia i glutei che i muscoli
posteriori della coscia (ischiocrurali). Non dobbiamo dimenticare che nello sport la respirazione
svolge un ruolo importante, nella gestione della fatica e nella migliore espressione del gesto in
quanto inspirazione ed espirazione sono anch’ esse in parte coinvolte nella contrazione muscolare.
Inspirare durante la fase di piegamento delle ginocchia ed espirare durante la fase di sforzo e di
spinta del peso.
La posizione dei piedi sulla pedana influenza il punto di maggior interesse muscolare dell’esercizio.
Appoggiando infatti i piedi verso l’alto della pedana l’esercizio coinvolge maggiormente i glutei e
gli ischiocrurali, mentre posizionando i piedi verso il basso della pedana si isolano maggiormente i
quadricipiti. Anche l’inclinazione della punta dei piedi influenza il settore di maggior lavoro: piedi
con punte verso l’interno per accentuare il lavoro sui quadricipiti esterni (vasto laterale), viceversa
piedi con le punte verso l’esterno per focalizzare il lavoro sul vasto mediale.
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Gli erroriche più frequentemente si compiono durante lo svolgimento di questo esercizio sono:
- non estendere completamente le gambe nella fase di arrivo (fase concentrica del movimento)
per evitare pericolose ripercussioni sull’articolazione del ginocchio e per non perdere la
contrazione muscolare.
- piegare lentamente le ginocchia nella fase di discesa (eccentrica) dell’esercizio, controllando e
sfruttando la fase negativa per mantenere un’ adeguata tensione muscolare.
Ed è su questo aspetto che mi vorrei soffermare: la qualità e l’ accuratezza con la quale i nostri
atleti compiono i gesti motori; e la nostra costante attenzione affinchè ciò avvenga. Un messaggio
che va oltre le consuete diatribe sull’ allenamento della forza con o senza sovraccarichi, arriva da
Alessandro Pilati, Preparatore Atletico del Genoa, che spiega come l’ allenamento della forza con i
sovraccarichi debba essere considerato aspecifico rispetto al modello prestativo della disciplina
che alleniamo (in questo caso il calcio). Ma l’ attenzione all’ utilizzo del sovraccarico deve essere
massima, soprattutto con atleti che si avvicinano per la prima volta a queste tipologie di lavoro,
quindi i giovani in larga maggioranza. L’ obiettivo alla fine del percorso è quello di migliorare
l’atletismo del nostro calciatore, ovvero aiutarlo a sviluppare quanto più possibile i presupposti
alla prestazione.
Tutto ciò richiede del tempo, e soprattutto pazienza, da parte nostra e dell’ atleta. Ed i risultati
sono raggiungibili non perforza con macchinari di ultima generazione, ma con oggetti semplici da
reclutare e funzionali anche a contesti non professionistici; ma professionali quello sì. Gli obiettivi
da perseguire devono essere reali, e passano necessariamente da:
Valutazione dell’ atleta
Cura della tecnica esecutiva
Seguire una progressione graduale degli esercizi
Utilizzare esercizi multi-articolari complessi (esercizi che, durante la loro esecuzione,
coinvolgono più di un’ articolazione )
Quindi, verificata l’ efficienza muscolo-scheletrica dell’ atleta, possiamo iniziare a pianificare il
percorso più adatto alla sua atletizzazione. Ogni singolo esercizio deve essere svolto
correttamente e senza incertezze da parte dell’ atleta. Se proponiamo un esercizio nuovo, in
palestra o sul campo, è bene non inserire subito il sovraccarico, che causerebbe una cattiva
gestione dell’ esercizio da parte del corpo che per adattarsi ad una situazione innaturale creerebbe
dei meccanismi compensatori sulla struttura muscolo-scheletrica così da stimolare in modo errato
e controproducente il sistema neuromuscolare. Bisogna insistere con i nostri atleti che i vantaggi
nell’ eseguire, ad esempio, uno squat profondo esistono e saranno tangibili nel tempo. Infatti,
imparare un movimento e gestirlo al meglio consentirà all’ atleta di muoversi in maniera più
coordinata e armonica, e di conseguenza di generare una forza maggiore durante tutto l’ arco dell’
esercizio stesso. Iniziare quindi a lavorare in maniera lenta e controllata, inizialmente, aiuterà il
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nostro atleta ad integrare nel proprio bagaglio motorio un gesto bene eseguito e range di
movimento (ROM) sempre più ampi e completi, fino ad esercizi sempre più complessi che, a
questo punto, il portiere saprà gestire senza troppe difficoltà.
La scelta di eseguire esercizi multi-articolari complessi non è casuale, ed ha alla base una
funzionalità particolarmente radicata nel ruolo e nella specificità dei gesti del portiere.
Sono ricorrenti, infatti, nella gestualità del portiere flesso-estensioni degli arti inferiori molto
repentine, mettendo a dura prova le strutture muscolo-scheletriche partecipanti all’ azione
motoria; e come si sa il nostro organismo lavora in maniera alternata e perfettamente
complementare nelle regioni chiamate a svolgere un compito.
Così nelle poche sedute di forza a nostra disposizione è bene lavorare in maniera mirata e
completa sulle strutture più sollecitate nella prestazione: glutei, quadricipiti femorali, muscolatura
del “core” ed erettori spinali, in ultimo ma non per importanza gli “hamstring” o ischiocrurali.
Nel piano di lavoro per gli arti inferiori è consigliato rispettare un rapporto di 2:1 rispettivamente
tra esercizi per la catena posteriore e quella anteriore. Infatti per questioni anatomiche: il
quadricipite è composto da quattro capi muscolari (retto femorale, vasto laterale, vasto mediale,
vasto intermedio), gli hamstring da tre capi (semimembranoso, semitendinoso, capo lungo del
bicipite femorale); e biomeccaniche, i muscoli più a rischio infortunio sono proprio i muscoli
posteriori della coscia (hamstring). Inoltre esiste un rapporto sinergico, nell’ atto di estendere l’
arto, tra gluteo ed hamstring; dunque un debole o errato allenamento del gluteo, sottoporrebbe
gli hamstring ad un ulteriore sforzo durante il movimento, con la possibilità di sovraccaricarsi se
non, nella peggiore delle ipotesi, di lesionarsi.
E’ utile poi variare gli esercizi a propulsione verticale ( squat, good morning, stacco, affondi, alzate
olimpiche con bilanciere, salti verticali), a propulsione orizzontale ( hip thrust o ponte con
bilanciere, estensioni del tronco, accelerazioni con traino, lanci della palla medica, sprint vari) e
propulsione laterale o torsione ( lanci palla medica laterale in torsione, affondi laterali,
spostamenti laterali con bande elastiche, abduttori con bande elastiche). Una volta che il controllo
motorio dei gesti da parte dei nostri atleti sarà acquisito in maniera ottimale, allora gradualmente
insegneremo gesti più complessi e che richiedono adattamenti sempre maggiori, come ad esempio
le proposte in appoggio monopodalico.
Di seguito cercherò di entrare nello specifico di alcuni esercizi per il rafforzamento degli arti
inferiori, e non solo, svolti nelle sedute in palestra dagli atleti del Genoa C. F. C.
Dico non solo perché in realtà abbiamo il dovere come preparatori di far raggiungere e mantenere
un livello di atletismo più alto possibile al nostro portiere. Questo pensiero nasce da una
riflessione fatta dal Preparatore dei Portieri del Genoa, Gianluca Spinelli, che resosi molto
disponibile ad una conversazione riguardo la mia tesi, molto saggiamente mi fece notare che
seppur possiamo decidere di trattare in maniera più specifica l’ allenamento della forza negli arti
inferiori, il nostro allenamento è mirato ad un’ atletizzazione più completa del portiere di calcio.
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“ Un atleta a cui chiediamo di andare a terra decine di volte ad ogni allenamento, attaccare la
palla, se necessario a contrasto con attaccanti che spesso arrivano a cento all'ora, gestire uscite in
mischie con giocatori che ti ributtano in porta...capisci che per mille motivi (aspetto preventivo,
aspetto prestativo, fiducia in se stessi e nella propria fisicità) non possiamo esimerci dal rendere i
nostri portieri più forti fisicamente. “
L’ obiettivo quindi è aiutare i nostri ragazzi ad essere atleti più forti, e ciò passa da una
pianificazione di metodi e mezzi per arrivarci insieme, in un percorso graduale che non rinunci mai
alla tecnica e alla velocità d’ esecuzione.
Per quanto riguarda la programmazione delle sedute di forza, lo staff del Genoa non ha previsto
alcuna settimana di scarico nel mesociclo, ad eccezione di particolari condizioni psicofisiche dei
giocatori, ma certamente non dettate da alcuna sindrome di “superallenamento”. Particolare
attenzione è infatti dedicata alla distribuzione delle sedute e dei carichi di lavoro in ottica di
favorire un’ adeguata “supercompensazione”: l’ adattamento fisiologico dell’ organismo a stimoli e
carichi crescenti; e la variazione delle proposte e dei carichi di lavoro permette nel tempo di
allenare tutte le componenti condizionali e i distretti muscolari, evitando così il fenomeno della
“supercompensazione negativa” (detta anche stagnazione): se gli allenamenti sono troppo vicini
tra loro (o troppo lontani), tanto da non consentire un recupero completo, si avrà a lungo andare
un decadimento delle capacità fisiche e quindi anche delle prestazioni.
Oltre ai lavori di core stability e propriocettiva, svolti prima di ogni allenamento a scopo preventivo
e come attivazione, i portieri svolgono tre sedute di forza nel microciclo settimanale: una ad inizio
settimana, dove si cerca di perturbare le strutture con stimoli forti (“contrasto” nella serie o tra le
serie; stazioni doppie etc); una intermedia dedicata all’ allenamento del tronco e degli arti
superiori; ed una verso la fine della settimana dove si cerca di stimolare in maniera mirata i
distretti e le fibre che più interessano allo staff e che sono più funzionali al giocatore in vista della
gara.
Nel corso degli anni questo “modus operandi” di uno staff che lavora da molto tempo insieme, e
che quindi opera in profonda sinergia, ha dato i suoi frutti con notevoli cambiamenti strutturali
sugli atleti su cui è stato possibile svolgere una pianificazione del lavoro pluriennale. Perché i
risultati, che siano sportivi o condizionali, hanno bisogno di tempo e applicazione da parte nostra e
degli atleti.
Di seguito mi piace illustrare alcuni esercizi di forza funzionale con l’ utilizzo di sovraccarichi e non,
svolti in palestra dai giocatori del Genoa, seguiti da vicino da tutto lo staff che con grande
attenzione monitora i gesti svolti dagli atleti curando serie e ripetizioni, ma soprattutto
apportando delle correzioni dove si presenti la necessità.
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Tirate dai supporti
Questo esercizio esalta il concetto di tripla estensione: caviglia, ginocchio e anca.
L’ estensione della caviglia è data dai muscoli: tibiale anteriore, peroneo terzo ed estensore lungo
delle dita. L’ estensione del ginocchio è a carico del quadricipite femorale; mentre il bacino e l’
anca vengono estesi dal lavoro di gluteo e femorali.
Hip Thrust
Questo esercizio può essere svolto sia con il bilanciere che con l’ elastico, applicato ad un supporto
laterale predefinito della pedana stessa. E’ utile per attivare e rinforzare i glutei, e anche i muscoli
posteriori della coscia che, come già detto in precedenza, lavorano in sinergia con i glutei.
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- Hip Thrust con bilanciere- Hip Thrust con elastico
Affondo bulgaro con l’ utilizzo delle kettlebell
Questa proposta rappresenta un valido esercizio monopodalico. Tenere una kettlebell
(sovraccarico) in ogni mano con le braccia completamente tese lateralmente e i palmi rivolti l’ uno
verso l’ altro. Con i piedi alla larghezza delle spalle, posizionare il dorso del piede posteriore su una
panca. Abbassare il bacino verso terra in modo che il ginocchio posteriore si avvicini al pavimento.
Fare una pausa e utilizzare il piede anteriore per ritornare alla posizione di partenza.
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Glute Ham Developer
Questo esercizio garantisce un ottimo mezzo di allenamento eccentrico per lavorare su glutei e
hamstring. A differenza del Nordic Hamstring Exercise, che ha finalità di lavoro simili, il GHD
permette di lavorare in forma dinamica anche nella fase concentrica del movimento.
- Muscoli coinvolti nel movimento
-Sequenza del movimento
“ Good morning “
Questo esercizio sollecita lombari, glutei e femorali, similmente a quanto avviene durante l’
esecuzione al GHD. Coinvolge quindi, durante il movimento, l’ articolazione dell’ anca: ne è
facilitata la sua flessione con l’ esecuzione dell’ esercizio a ginocchia piegate . Può essere eseguito
con l’ utilizzo del bilanciere o di un semplice bastone.
Piedi leggermente divaricati, bilanciere (o bastone) poggiato sui trapezi o sui fasci posteriori dei
deltoidi; piegare in avanti lentamente il busto mantenendo la colonna iperestesa fino a rimanere
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quasi paralleli al pavimento, durante il movimento i glutei si spostano indietro. Risollevarsi
lentamente senza tornare con la schiena completamente in posizione ortostatica.
L’ utilizzo del bastone di plastica, oltre che essere una valida alternativa al bilanciere nell’ esercizio
precedente, è un valido mezzo di attivazione per i nostri atleti. Essi hanno infatti la possibilità di
svolgere una serie di esercizi propedeutici alla seduta che andranno a svolgere, lavorando sulla
mobilità delle articolazioni e attivando i muscoli coinvolti nella seduta.
Questa prima fase, inoltre, può essere utilizzata come “vademecum visivo” che riepiloga il corretto
svolgimento degli esercizi che si effettueranno (nella foto sotto esercizi di squat durante l’
attivazione).
Le foto sono tratte dalla rivista “Il Nuovo Calcio” – Dicembre 2014 ed appartengono ai rispettivi proprietari.
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Durante la mia ricerca di dati e metodologie sull’ allenamento della forza legata al ruolo del
portiere, ho ricevuto anche la gentile collaborazione di Antonio Lacara, Preparatore dei portieri
che mi ha raccontato quale fosse il metodo di valutazione della forza negli arti inferiori negli atleti,
e nello specifico i portieri, allenati nella stagione sportiva 2005/2006 che vedeva la loro squadra, il
Bassano Virtus, impegnata nell’ allora campionato di serie C2 (poi Lega Pro Seconda Divisione;
attuale Lega Pro Divisione Unica).
Lo staff utilizzava uno standard di test che venivano eseguiti periodicamente:
Squat Jump, Counter Movement Jump, Counter Movement jump a braccia libere e Stifness
jump eseguiti su pedana Optojump. Il rapporto tra le varie prove forniva informazioni sulle
qualità condizionali e coordinative degli atleti.
Dynabiopsy test per la valutazione delle qualità di Forza e Potenza e per l’analisi della
strategia d’uso della catena cinetica estensoria degli arti inferiori.
Curva Forza/Velocità su Pressa Orizzontale con sistema Real Power: non si valuta la forza
massimale ma il peso più alto che il giocatore sposta più velocemente possibile (circa 0,9
m/sec) con l’ utilizzo di un ergometro.
Test di accelerazione sui 20 metri con fotocellule.
I risultati dei test venivano sempre messi a conoscenza del gruppo in modo che ciascuno potesse
confrontare i propri progressi con quelli dei compagni. In base ai dati dei test veniva
programmato, individualizzato e periodizzato il lavoro di forza per ciascun portiere.
Nel microciclo settimanale, lo staff dedicava la seduta del Mercoledì mattina all’ allenamento della
forza. Seduta che prevedeva tre fasi ben distinte:
1. Lavoro di Forza massimale e/o esplosiva per gli arti inferiori.
2. Lavoro di Forza resistente o esplosiva per gli arti superiori.
3. Lavoro di rapidità e di Coordinazione dinamica generale.
Il lavoro/test sulla velocità veniva invece proposto il sabato mattina a settimane alterne; ed era
incentrato su 3 prove sui 20m, cronometrate con le fotocellule.
Di seguito verranno analizzate le peculiarità di alcuni dei test più importanti svolti dallo staff sugli
atleti del Bassano Virtus.
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I test si effettuano con l’ utilizzo di due pedane poste parallelamente a terra, munite di sensori,
che monitorano e “catturano” il movimento che l’ atleta compie all’ interno di esse. In tempo reale
e in maniera istantanea i dati vengono trasferiti all’ interfaccia del software che li rielabora al
computer.
“ Stiffness “
Finalità del Test
Verifica della Forza Reattiva
Modalità di esecuzione
Esecuzione di 7 salti eseguiti a ginocchia bloccate.
Parametri acquisiti
Tempi di contatto, tempi di volo, altezza dei salti, potenza di ogni salto.
“ Monopodalico “
Finalità del Test
Valutazione della forza esplosiva arti inferiori
Modalità di esecuzione
Prova che contempla un unico salto a partire da una posizione eretta su una sola gamba con
azione di contromovimento.
Parametri acquisiti
Tempo di volo, Altezza raggiunta dal Centro di Gravità.
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Dyna Biopsy Control (Jump monitoring)
Il DBC compie un’analisi delle fasi cinematiche e dinamiche del movimento rilevando i parametri
spazio-temporali con una cadenza di 5 millisecondi e, tramite un software, compila dei grafici
riguardanti gli aspetti dinamici, neuromuscolari, l’utilizzo della catena cinetica e lo status
muscolare, pertanto è possibile effettuare allenamenti mirati e personalizzati, atti al
miglioramento di determinate performances.
Il test consiste in un salto in alto da fermo da posizione di semisquat. L’ atleta è posto in piedi con
le gambe divaricate con passo uguale alla larghezza delle spalle,le mani sono poste ai fianchi e con
i pollici mantiene una targhetta metallica aderente alle spine iliache postero superiori, questa è la
postura di partenza standard; gli impulsi vengono trasmessi all’ interfaccia di un software che li
rielabora e li trasforma in dati numerici.
Da qui il soggetto si piega sulle gambe nella classica posizione di mezzo squat,il busto deve essere
eretto e il tallone in completo appoggio a terra. Con questo meccanismo si riesce così a controllare
tutte le fasi del salto: dalla fase di caricamento, fino alla stabilizzazione dell’angolo di caricamento
(angolo specifico dell’ articolazione del ginocchio), alla fase di ricaricamento(differenza fra angolo
da cui ci si pone per effettuare il salto e l’angolo da cui realmente inizia la spinta),la spinta,fino alla
fase di ricaduta.
Dall’ elaborazione di questi dati, e dalla visione dei video del test, possiamo notare se ad esempio
nel Monopodalico vi sono delle differenze di prestazioni tra la gamba destra e quella sinistra;
verificare se le articolazioni compiono rotazioni innaturali e pericolose per la salute dell’ atleta, sia
in fase di spinta che di atterraggio; dove si può verificare se il peso del corpo durante il gesto
motorio è ben distribuito. Questo approccio rende possibile identificare in maniera molto
efficiente situazioni "critiche" e pericolose per l’ atleta se perpetrate nel tempo, e non corrette dal
preparatore.
Questo tipo di test è chiaramente trasferibile ad altre discipline sportive, come ad esempio il
Basket, che ha un modello prestativo molto simile al ruolo del portiere; se non come distanze e
spazi, sicuramente per sistema energetico utilizzato durante l’ attività e reclutamento delle fibre
nei gesti tecnici di base. Anche se in verità il ruolo del portiere ha molte più “pause” rispetto ai
cestisti, ma non dal punto di vista mentale dove la concentrazione è tenuta altissima per quasi
tutto l’ arco della prestazione.
Nella mia ricerca di qualche connessione logica, e non forzata, tra l’ allenamento della forza nel
portiere di calcio e quella di atleti di altri sport, il Basket ha rapito per primo la mia curiosità. Ed
indagando sulle modalità d’ allenamento dei cestisti, finalmente trovai qualcosa che potesse
avvalorare la mia tesi.
Esattamente un elaborato dal titolo “ Correlazioni tra test di salto e terzo tempo ” , presentato da
Alessandro Pontrellial 7° Corso Preparatori Fisici della Pallacanestro. La studiai bene e mi accorsi
che la tesi a cui voleva arrivare Alessandro era fondata su solide basi statistiche e scientifiche, e
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che la sua ricerca sosteneva con serietà il mio pensiero e l’ obiettivo che volevo raggiungere con il
mio studio.
Furono studiati 17 giocatori di Basket di età media intorno ai 15 anni con l’ utilizzo combinato di
tre strumentazioni: Optojump; telecamere ad alta velocità e “ Dartfish ”, quest’ ultima è una
piattaforma dove scansionare e valutare le immagini che abbiamo raccolto in allenamento per la
performance analysis.
I test effettuati si concentravano su tempi di contatto con il suolo e altezze raggiunte allo stiffness
monopodalico destro e sinistro; tempo di contatto dell’ ultimo passo e tempo di volo del salto per
quanto riguarda il terzo tempo.
Dal grafico che esprimeva i tempi di contatto allo stiffness dell’ arto inferiore sinistro e i tempi di
contatto nell’ ultimo passo del terzo tempo, riporto questi dati:
Tempo medio di contatto stiffness arto inferiore sx
350 – 400 ms (millisecondi)
Tempo medio di contatto ultimo passo terzo tempo
250 – 300 ms
La correlazione tra i tempi di contatto è dunque significativa, con un rapporto di 0, 580 e una
probabilità inferiore allo 0, 05 % che un atleta che ottiene bassi tempi di contatto allo stiffness
riesca ad avere bassi tempi di contatto nell’ ultimo passo del terzo tempo, ovvero il più importante
per l’ elevazione del cestista e per l’ efficienza del gesto tecnico (tiro a canestro).
Ed ancora dal secondo grafico che analizza la relazione tra altezza raggiunta allo stiffness sull’ arto
inferiore sinistro; e il tempo di volo nel salto del terzo tempo, si evince:
Altezza media di salto stiffness arto inferiore sx
11 – 16 cm
Tempo di volo medio nel salto del terzo tempo
500 – 600 ms
Il rapporto tra i due dati è di 0, 707 e con una probabilità inferiore allo 0, 01 % si può affermare
che un atleta che raggiunge altezze elevate al test della stiffness, mantiene un tempo di volo
maggiore nel salto del terzo tempo; e raggiunge quindi altezze maggiori.
Come dimostrato, quindi, esiste una correlazione più che presunta tra i gesti specifici del basket e
quelli del nostro ruolo. Mi viene in mente, ad esempio, uno dei gesti tecnici più difficili da
effettuare per il portiere: l’ uscita alta.
Quante volte il portiere è chiamato, su una traiettoria ad uscire, dalla sua posizione di attesa a
correre fino al punto di stacco verso il pallone, effettuando appunto un terzo tempo così da avere
maggiore elevazione con l’ arto di stacco, e protezione ed equilibrio con l’ arto opposto. Il tutto
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reso più difficile dal fatto che dovendo guardare fino alla fine la palla, il portiere non ha il
riferimento visivo di campo, compagni ed avversari, che sullo slancio possono urtarlo e
destabilizzarlo in fase di volo, la cui conseguenza è quasi sempre una caduta scomposta e molto
pericolosa per la sua incolumità, che non sempre è tutelata a dovere. Ecco perché ha un ruolo
molto importante la comunicazione: con una comunicazione vocale decisa e tempestiva, che
annuncia l’ uscita del portiere, egli richiama l’ attenzione dei compagni nel difenderela porta,
rimasta momentaneamente sguarnita; agli avversari comunica la decisa volontà di arrivare sul
pallone prima di loro, che psicologicamente svolge un ruolo fondamentale in una situazione di
gioco convulsa, come può essere un cross o un calcio d’ angolo.
L’ allenamento di questo specifico gesto tecnico può essere veicolato, nel settore giovanile,
attraverso il basket come attività ludica che accompagni il giovane portiere per tutto l’ arco del
graduale apprendimento del gesto motorio per poi arrivare ad adattarlo in forma analitica, ed in
ultima fase in forma sintetica come contenuto di una situazione di gioco reale. Può essere una
valida proposta multisportiva anche per gli adulti: utilizzata come attivazione quando ci troviamo a
lavorare con un numero elevato di portieri e temiamo che i tempi di attesa si prolunghino creando
uno stimolo non allenante; o semplicemente per variare le proposte di allenamento della forza
degli arti inferiori, tenendo sempre conto delle “toccate” totali (circa 120-130 per le prime
squadre); soprattutto con i professionisti che si allenano quasi un’ intera settimana, e rischiano di
subire passivamente le proposte che, se non variate, possono risultare monotone e poco
stimolanti per il portiere. Anche se la deontologia professionale di noi preparatori deve tendere
sempre a proporre ciò che è funzionale al nostro gruppo portieri, nel rispetto delle loro esigenze
tecniche e fisiche; il confronto, la valutazione e l’ eventuale riorganizzazione delle metodologie di
allenamento deve essere bilaterale e non univoco.
Quelle che seguono sono delle proposte che possiamo utilizzare durante l’ attivazione con i nostri
portieri; ma sono soprattutto utili per allenare le “ transizioni ” nella fase offensiva del portiere,
che oggi nel calcio moderno assume un valore molto importante per l’ imprevedibilità del gioco e
le ripartenze veloci che hanno come primo “ attaccante ” spesso proprio i nostri Numeri Uno.
Quale sport migliore del basket, allora, per allenare le ripartenze veloci ed abituare i nostri portieri
a sfruttare le fasce, quando è possibile, in maniera rapida ed efficace.
Possiamo delimitare nella nostra area di rigore una superficie perimetrale ad essa, che corrisponde
ad una lunghezza di circa 40 x 20 metri; molto simile alla grandezza di un campo da basket. Sul lato
corto dell’ area di rigore (20 m) posizioniamo simmetricamente fra essi due canestri mobili, la cui
reperibilità sul mercato è ormai vastissima ed economica; oppure si può optare per l’ utilizzo di un
canestro e di una linea di “meta” opposta ad esso. Il divertimento è assicurato per i portieri; e per
il preparatore è un momento di osservazione, ed eventualmente correzione, molto serio ed
attendibile.
Il termine transizione indica il passaggio da una fase (o situazione) ad un’ altra; e nel linguaggio
propriamente sportivo distinguiamo due tipi di transizioni:
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Positiva: momento in cui si riconquista il possesso della palla;
Negativa: momento in cui si perde il possesso della palla.
Sappiamo che la loro durata ideale è quella prossima allo zero (transizione impossibile); la durata
reale è quella però più immediata possibile per non concedere troppo campo e idee agli avversari.
Quando insegniamo la difesa, quindi, non dimentichiamo l’attacco e quando lavoriamo sull’attacco
non dimentichiamo la difesa.
Gioco di passaggi a tre
Tuttocampo su tre file, palloni al centro, senza distinzione di ruoli.
Nel prossimo esercizio abbiamo queste regole base:
1. vogliamo una transizione immediata;
2. usiamo tre fasce e la palla deve transitare dove non c’è traffico (al centro o ai lati);
3. la palla deve essere passata al compagno più libero avanzato;
4. se due giocatori si trovano nella stessa fascia, l’uomo dietro riempie la fascia libera.
Si gioca con un solo pallone; il giocatore che parte palla in mano utilizzando la visione periferica
passa rapidamente al compagno più avanzato, quindi c’è una partecipazione attiva anche di chi è
senza palla. I passaggi possono essere eseguiti con qualsiasi modalità il giocatore preferisca, o
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dettati dal mister: palla rotolata; a bilanciere; a giavellotto. In serie o con una sola tecnica se
abbiamo intenzione di allenarne una in particolare. Arrivando in fondo il tiro può essere preso da:
• Tiro dal centro – l’uomo centrale si arresta sulla linea di tiro libero e tira in
sospensione. Le ali irrompono a rimbalzo.
• Tiro delle ali – l’ala tira e l’uomo centrale e l’altra ala irrompono a rimbalzo.
L’ esercizio rappresenta nella sua totalità una buona proposta condizionale per gli arti inferiori e
superiori; in più i portieri aumentano la sensibilità di contatto con la palla.
Gioco a rimbalzo
Esercizio da svolgersi con un pallone. Sono a discrezione del preparatore varianti con più palloni
che possono essere usati come elementi esterni di distrurbo o per allenare la capacità di reazione;
o la psicocinetica con delle proposte in cui inseriamo dei palloni multicolore da bloccare.
L’ ala tira a canestro; e gli altri due portieri si contendono il rimbalzo cercando poi il canestro (o la
meta) dalla parte opposta.
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Combinazione di passaggi e gioco a rimbalzo
Il portiere in posizione centrale passa all’ ala che va direttamente dall’ ala opposta; quest’ ultima
tira a canestro mentre il centrale e l’ ala libera si contendono il rimbalzo sotto-canestro. Il portiere
che recupera la palla cerca di fare canestro (o meta) dalla parte opposta.
Immagini tratte da www.fip.it
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Multisportività – Basket
La multisportività è utilizzata nelle fasce di base del settore giovanile per consolidare le capacità
coordinative speciali dei ragazzi, ma se eseguito ad alta intensità ritengo che questo esercizio sia
utile ed allenante anche per i portieri delle fasce agonistiche.
Consideriamola una partita 3 vs 3 + il portiere; ma avendo a disposizione molti portieri ed
alternandoli nei vari ruoli, questo esercizio rappresenterà uno stimolo tecnico e cognitivo in un
contesto ludico, e di per sè anche competitivo.
Una fila di cinesini divide il campo ridotto (misure che variano a seconda dell' età dei ragazzi) in
AREA CALCIO con la porta difesa regolarmente dal portiere, e AREA BASKET con un canestro in cui
fare punto.
Si sfidano due squadre composte da 3 giocatori con il portiere in comune, che di volta in volta
rimetterà in gioco a favore di chi ha subito il punto / goal.
Durante il gioco dovranno prestare attenzione a dove si svolge l' azione e comportarsi di
conseguenza seguendo le regole dello sport di riferimento, altrimenti la squadra che commetterà
l' errore verrà penalizzata di 1 punto. Allo scadere del tempo chi avrà totalizzato più punti vince.
Così i ragazzi in campo alleneranno: calcolo spazio-temporale; ricerca del punto di partecipazione;
lettura della partita; tutti i tipi di uscita; tutte le modalità di parata; reattività psicomotoria; tutti i
tipi di tiro in porta con un notevole allenamento delle abilità podaliche; sviluppo della personalità
di gioco.
L' esercizio è utile tanto ai portieri quanto ai giocatori di movimento, con l' efficacia d' integrare il
portiere ai movimenti della squadra dal punto di vista comunicativo e tattico (nelle fasce
agonistiche).
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Gli esercizi precedenti riguardanti il basket come fattore complementare nell’ allenamento
calcistico, sono da svolgersi sul campo con il pallone da calcio. In quanto il rimbalzo del pallone da
basket sull’ erba, naturale o sintetica che sia, è molto irregolare e non rispecchia il feedback con il
quale il portiere svolge la sua attività in situazione di gioco, mettendo le sue capacità in un
contesto motorio non idoneo. Tuttavia, almeno le prime tre esercitazioni possono essere svolte, se
siamo nelle vicinanze di un palazzetto dello sport o una palestra, su un campo da basket vero e
proprio. Utilizzando il pallone regolamentare da pallacanestro, che pesa circa 650 g, otterremo un
buon condizionamento di arti inferiori e superiori, del tronco, ed in generale di tutta la struttura
muscolo-scheletrica.
La distanza media percorsa da un cestista in gara è molto simile a quella di un portiere di calcio e si
aggira intorno ai 4 Km; con vette, per i portieri più “mobili”, che arrivano a 5 km.
Anche il modello prestativo e biomeccanico è molto simile:
Appoggi prevalenti monopodalici
Rapidità piedi e baricentro basso
Instabilità indotta dai contatti
Torsioni
Le spinte dei cestisti, così come quelle del portiere di calcio, hanno come obiettivo primario
vincere la forza di gravità per un fine tecnico. In questi casi la cura della postura è fondamentale
per evitare atterraggi scomposti che causino infortuni immediati o latenti, soprattutto al rachide e
alle articolazioni.
Descriviamo la postura come un’ interazione polisensoriale il cui fine è il mantenimento della
stazione eretta in opposizione alla forza di gravità. E’ la posizione del corpo nello spazio e la
relazione spaziale tra i segmenti muscolo-scheletrici, il cui fine è il mantenimento dell’ equilibrio
sia in condizioni statiche che dinamiche.
Una buona postura è data dall’ equilibrio sinergico tra le catene cinetiche. Per catene cinetiche
intendiamo un sistema di muscoli che interagiscono e si influenzano a vicenda, sia nell’
allungamento che nell’ accorciamento. La coordinazione delle diverse catene governa la dinamica
del movimento e l’ equilibrio posturale.
Gruppi muscolari che partecipano ad una comune azione vengono definiti catene muscolari. Le
catene muscolari rappresentano circuiti in continuità di direzione e di piano attraverso i quali si
propagano le forze organizzatrici del nostro corpo. Le catene muscolari sono sequenze di fasci e
muscoli, al cui interno esiste un passaggio di tono.
Le catene crociate, invece, ci permettono di effettuare i movimenti di torsione. Se, infatti, le
catene rette sono volte alla statica, le catene crociate sono fondamentali per il movimento. Le
catene rette e crociate non sono mai antagoniste, ma agiscono in maniera complementare per
ottimizzare il movimento.
Se pensiamo che l’ 87, 5 % dei nostri muscoli hanno la rotazione come funzione, è facile pensare
che il nostro corpo sia stato creato per adattarsi facilmente ai movimenti sul piano trasversale:
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ovvero le torsioni. Per “torsione” intendiamo il movimento di una parte del corpo attorno al
proprio asse longitudinale mantenendo ferma un’ estremità.
Se facciamo un paragone a livello staturale tra un portiere e un giocatore di basket, tenendo conto
che l’ altezza media dei portieri negli ultimi anni si aggira intorno ai 186 cm, possiamo paragonarlo
ad un’ ala del basket che compie anche movimenti simili in partita. La statura incide fortemente
sui movimenti di torsione; infatti nel basket i “piccoli” (Play) compiono più torsioni dei “lunghi”
(Pivot), con una statistica media per le ali (Guardia):
Il Play compie una torsione ogni 7 secondi;
L’ Ala compie una torsione ogni 9 secondi;
Il Centro compie una torsione ogni 10 secondi.
Gli addominali di un cestista lavorano molto e partecipano notevolmente nei movimenti torsionali
e negli atterraggi dalle fasi di volo. Abbiamo sempre pensato che allenare il retto dell’ addome
basti a garantire un’ efficienza muscolare all’ atleta, ma esso è un fascio muscolare subordinato al
ben più importante traverso dell’ addome. Inoltre, nello specifico dell’ attività sportiva di cestisti e
portieri, questo muscolo insieme al “multifido spinale” (muscolo del dorso, è uno dei tre erettori
spinali e va dall’ osso sacro arrivando fino all’ epistrofeo) proteggono il rachide lombare dagli sforzi
di compressione a cui sono sottoposti di frequente gli atleti.
Possiamo quindi riassumere che alcuni dei pilastri più importanti su cui si fonda il movimento
umano sono:
1. Catene cinetiche funzionali
2. Propriocettività e controllo motorio
3. Attività della cintura addominale
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Forza funzionale e allenamento del “ Core “
In questi ultimi tempi si parla molto di allenamento funzionale della forza , ovvero di un insieme di
movimenti integrati che coinvolgono l’ accelerazione, la decelerazione e la stabilizzazione
corporea. Questa filosofia di lavoro interessa l’ intervento delle catene muscolari, dei segmenti
corporei e delle articolazioni. L’ allenamento funzionale quindi non allena più il singolo muscolo
come nella vecchia impostazione della forza alle macchine isotoniche, ma il movimento. Ed è
utilissimo per lavorare sulla forza, in particolar modo sugli stabilizzatori del tronco (core) che
hanno un ruolo importante sul movimento corporeo e nello specifico in un tutti gli sport, come il
calcio, in cui le situazioni sono estremamente variabili e gli schemi motori aperti (open skills).
La forza funzionale a un gesto è, quindi, la capacità di imprimere la massima energia ad un oggetto
(attrezzi, avversario, il nostro corpo) in qualsiasi istante. Pertanto, il tempo in cui viene eseguito da
parte nostra il gesto motorio fa la differenza: è necessario giungere a un risultato ottimale
rapidamente e senza sprecare risorse. Ed è tutto ciò attorno a cui ruota anche il ruolo del portiere:
un atleta in grado di fornire la migliore risposta tecnico-tattica nel minor tempo possibile in una
situazione di gioco. Ciò per cui lavoriamo anche in settimana con i nostri atleti, curando ogni
dettaglio di un gesto tecnico, che deve essere anch’ esso altamente specifico e coordinato per
evitare dannosi dilatamenti dei tempi di latenza che impedirebbero al portiere di fornire la
migliore risposta ad un evento di gioco. La precisione tecnica è quindi fondamentale per atleti che
applicano una forza esplosiva su carichi importanti o anche semplicemente il peso del loro stesso
corpo. Parallelamente al calcio, in molti altri sport comuni come volley, basket e tennis si va verso
questo nuovo modello di allenamento; e ancora andando oltre, in ottica prevalentemente
preventiva a fronte delle grandi sollecitazioni a cui sono sottoposti i piloti, negli sport motoristici
attuali come motociclismo e automobilismo. Mi concentrerò in ambito multisportivo su due
aspetti dell’ allenamento che ritengo maggiormente funzionali al ruolo del portiere:
La propriocezione
Il potenziamento e l’ adattamento muscolare attraverso la destabilizzazione dei punti di appoggio.
Tale caratteristica crea una moderata instabilità che obbliga ad ogni appoggio vari macro e micro
adattamenti e movimenti di recupero dell'equilibrio andando a stimolare continuamente
l'apparato vestibolare (organo di senso situato all’interno del nostro orecchio che consente la
traduzione di energia meccanica di movimenti, riguardanti posizione, rotazione e accelerazione
della testa e del corpo).
CORE STABILITY
L’ applicazione della forza previa azione stabilizzante volontaria e controllata dell’ asse corporeo.
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E’ un metodo di lavoro sulla forza funzionale molto valido, ed utilizzato ormai come attivazione e
allenamento in molti sport: dal ciclismo, al nuoto, al basket e nel calcio che ha una cassa di
risonanza maggiore in quanto è lo sport nazionale in molti paesi del mondo.
Abbiamo visto in precedenza quali siano i muscoli principali che garantiscono la stabilità del
baricentro (CORE): retto dell’ addome; traverso dell’ addome; obliqui interno ed esterno; erettori
spinali.
Il lavoro funzionale garantisce poi il controllo della sensibilità propriocettiva, migliora la
coordinazione intermuscolare, ci permette di eseguire movimenti con un’ ampiezza articolare
ottimale (flessibilità) e di utilizzare diverse modalità di contrazione.
Su quest’ ultimo punto vorrei soffermarmi, parlando dell’ innovativo (utilizzo sportivo)
allenamento isoinerziale che permette di modulare le contrazioni concentriche ed eccentriche
lavorando in maniera complementare e assolutamente funzionale con notevole beneficio da parte
degli atleti, e dei preparatori, che riescono ad ottenere risultati prestazionali più validi rispetto al,
seppur recente, passato.
L’ allenamento isoinerziale della Forza negli arti inferiori
L'allenamento isoinerziale nasce alla fine degli anni ottanta: durante i viaggi spaziali di lunga
durata, venne posto come problema la possibilità di potere mantenere in efficienza la muscolatura
degli astronauti impegnati nelle missioni, dato che l'assenza di gravità dell'ambiente in cui
operavano determinava un ipotrofismo del sistema muscolo-scheletrico, non più chiamato a
sorreggere il carico del peso corporeo, oltre che una riduzione della densità minerale ossea. Studi
e ricerche effettuate in merito portarono ad una soluzione atta al potenziamento muscolare degli
astronauti e che successivamente, nel corso degli anni, è divenuta una metodica di allenamento
muscolare molto utile ai fini prestativi, preventivi e rieducativi. In pratica venne creato un sistema
per l'allenamento resistivo dotato di una cinghia e di un volano che,attivato dalla cinghia, azionava
un processo che generava movimento indipendentemente dalla forza di gravità. Da ciò nacque la
definizione di movimento o meccanismo isoinerziale. Che cosa si intende per meccanismo
isoinerziale? Il termine isoinerziale deriva dalle parole iso (uguale, stessa) ed inerziale (resistenza),
che in un'unica terminologia descrive il concetto primario del sistema isoinerziale, ovvero
l'esprimere la stessa inerzia sia nella fase concentrica che in quella eccentrica. Il movimento che
scaturisce da tale sistema è caratterizzato da una fase concentrica nella quale il muscolo attivato
viene contratto con la massima forza tirando la cinghia arrotolata sull'asse del volano, mettendolo
in rotazione alla massima velocità;successivamente, terminata la fase concentrica, ha inizio la fase
eccentrica del movimento, infatti per via della propria inerzia il volano continua a ruotare in senso
opposto riavvolgendo la cinghia e tirando a sé l'arto (o gli arti) impegnato nell'esecuzione del
gesto. La grande utilità della metodica isoinerziale ed allo stesso tempo ciò che la differenzia dal
normale movimento isotonico muscolare è da ricercare nel fatto che nell'azione isotonica
sviluppata negli esercizi convenzionali (macchine isotoniche e pesi liberi) la resistenza è costante
per tutto l'arco di movimento sia nella fase concentricache in quella eccentrica, che equivale al
carico impostato. Nella metodica isoinerziale la resistenza è adattata in ogni istante ed è
proporzionale alla forza sviluppata, nel senso che maggiore sarà la forza espressa dal soggetto
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nella fase concentrica, maggiore sarà l'accelerazione con la quale il volano reagisce. In pratica
l'attività muscolare isoinerziale ricalca l'azione muscolare del gesto sportivo o meglio quello che il
corpo o parti di esso sitrovano a dovere effettuare nello sport, secondo cui, a forza e velocità
variabile, un carico inerziale (come ad esempio un pallone), un arto oppure il corpo stesso (come
nelle accelerazioni o nei cambi di direzione) l'atleta è costretto a rispondere a livello coordinativo
motorio e neuromuscolare in tempi brevissimi a situazioni e gesti motori improvvisi e non
predeterminati. I risultati prodotti dal lavoro isoinerziale evidenziano subito una distribuzione
costante del carico e quindi una minore incidenza degli infortuni muscolari soprattutto a carico del
rachide, dato che questa modalità d’esercizio non prevede l’ utilizzo di sovraccarico. La macchina
viene coadiuvata nel suo lavoro da un software, che registra i parametri di utilizzo ideale per gli
atleti che riescono quindi a gestire ottimamente il gesto motorio e l’intensità della forza applicata
nella contrazione, aiutati dal fatto che la macchina è molto fedele nella riproduzione motoria del
gesto,e vi è la possibilità di stabilire dei range di lavoro a gruppi di atleti, con caratteristiche
condizionali omogenee,che vengono periodicamente testati.
La macchina è inoltre regolabile, e consente movimenti su tutti i tre assi e piani dello spazio.
Esercizi di squat (flesso-estensione) sul piano frontale.
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Esercizi di abduzione e adduzione: rispettivamente l’ allontanamento e l’ avvicinamento di un arto
dal e al baricentro corporeo. Nel caso specifico del calciatore è molto importante perché se
analizziamo il gesto di calciare la palla notiamo che questi due movimenti sono frequentemente
attivati dal calciatore (portiere) e complementari tra di essi; come muscolo agonista (o fasico)
troviamo il sartorio, come antagonista (o tonico) il tensore della fascia lata nell’ atto di calciare;
viceversa nell’ atto di aprire l’ arto per imprimere forza alla palla. Entrambi i muscoli fungono da
stabilizzatori del movimento.
E’ possibile anche modulare la pedana per allenare gli affondi sagittali o laterali per gli arti
inferiori.
Il metodo isoinerziale è stato adottato anche in altri sport, come ad esempio la pallavolo. Andrea
Pozzi, Preparatore della Nazionale di Volley, dichiara: “ la macchina ci ha permesso di sviluppare
lavori specifici nei diversi ruoli in situazione di spostamento. L’ abbiamo inserita nella routine di
prevenzione e riscaldamento sia per arti inferiori che superiori con notevoli migliorie della forza ad
angoli specifici. L’ instabilità e l’ imprevedibilità dei gesti è stata aumentata con l’ utilizzo della
palla. ”
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Nell’ immagine un pallavolista della Nazionale Italiana di Volley durante una fase di attivazione,
che simula in condizione di squat isoinerziale, un gesto specifico del proprio sport e del proprio
ruolo: il bagher. (Immagini tratte da www.desmotec.it)
La tecnologia è quindi venuta incontro e soddisfatto l’ esigenza dei preparatori di far lavorare i
muscoli dei propri atleti in maniera ottimale sia in fase concentrica che eccentrica.
Ma lo stesso effetto lo può dare un elemento naturale, che è vita, ed è forse il più potente degli
elementi in natura: l’ acqua.
Una conseguenza dell’ allenamento della forza negli arti inferiori potrebbero essere, con molta
probabilità se non eseguito con range di movimento corretti, lesioni e/o stress meccanici alle
articolazioni e al rachide. Soprattutto quando effettuiamo la pliometria, che sottopone gli atleti a
repentini atterraggi e spinte.
Ma la pliometria non è un pericolo, anzi, se eseguita con attenzione migliora la condizione degli
arti inferiori dei nostri portieri: ne aumenta la forza, la potenza e la propriocezione.
Come poter migliorare ulteriormente o ovviare alla pliometria terrestre? Pronta e netta è stata la
risposta di un gruppo di ricerca dell’ Università dell’ Ohio: piscina.
La valutazione delle esercitazioni di pliometria in acqua ha evidenziato che miglioramenti di salto
in verticale erano possibili e che non vi erano differenze significative di risultati tra terra ed acqua
fornendo però, quest’ ultima, grandi vantaggi.
A sperimentare questo tipo di pliometria è stato Antonello Brambilla, Preparatore dei Portieri del
Trapani Calcio, durante il ritiro per la preparazione estiva che precedeva la partecipazione della
squadra al campionato di Lega Pro Prima Divisione 2012/2013.
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Il primo vantaggio è la galleggiabilità. La ricerca ha dimostrato che sulla terra ferma il sistema
muscolo-scheletrico è soggetto a forze d'impatto minimo di 3-5 volte il peso corporeo a seguito
dell'atterraggio durante le esercitazioni pliometriche.
Quando siamo in acqua il peso del corpo subisce delle variazioni, secondo questi criteri:
Quando siamo in acqua fino al collo il peso del corpo sarà solo dell'8%
Con l'acqua ad altezza del petto il peso del corpo sarà del 35%
Con l'acqua all’ altezza del bacino il peso del corpo sarà del 54%
E’ possibile, quindi, variare il livello d’ intensità degli esercizi semplicemente cambiando il livello
dell'acqua.
E non è poco! Se prendiamo, ad esempio, un maschio di 70 Kg che esegue un balzo pliometrico sul
terreno l'impatto sopporterà 210-350 kg, mentre in acqua 35-57 kg, con una notevole prevenzione
sulle articolazioni dei nostri portieri. L’ acqua fornisce supporto al corpo dell'atleta durante la
caduta (fase eccentrica) e resistenza quando l'atleta spinge verso l'alto (fase concentrica).
Chiaramente a seconda del peso specifico dell’ acqua (dolce/salata) avremo una resistenza e una
risposta motoria diversa.
Mister Brambilla ha fatto eseguire delle esercitazioni di skip e squat in forma statica e dinamica,
monopodalici e bipodalici; ed il risultato prestazionale e preventivo sui propri portieri è stato
statisticamente più che positivo, unito all’allenamento tecnico tradizionale: la squadra ha vinto il
proprio girone ed è stata promossa in Serie B; Nordi, che era il portiere titolare, ha giocato 31
partite su 34 con un minutaggio di 2790/3060.
L’ acqua è utile non solo per l’ allenamento della forza, ma anche per l’ ottimizzazione dei gesti
tecnici del portiere di calcio. Un metodo utile per allenare e migliorare, ad esempio, la
biomeccanica dei rilanci con le mani è la pallanuoto. Un accostamento multisportivo che può
sembrare forzato, ma se osserviamo un gesto proprio della pallanuoto notiamo che la rotazione
dell’ arto superiore e la torsione del tronco sono molto simili a quelle che compie il portiere
durante un rilancio con le mani a bilanciere, o giavellotto.
Nello specifico il portiere utilizza questi tipi di rilanci, in fase offensiva, per raggiungere un
compagno a media distanza sulla cui traiettoria di corsa non c’è l’ avversario e permettergli di
ripartire velocemente guadagnando più campo possibile.
Il lancio da sopra la spalla o “a giavellotto” è così chiamato perché ricorda il movimento del
giavellottista. Il pallone è tenuto con il palmo della mano ad altezza del capo, con il gomito
piegato, e viene lanciato dall’ alto verso il basso partendo da sopra la spalla con un avanzamento
sincrono del braccio e della gamba in antero-posteriore.
Il lancio con estensione del braccio sopra la spalla o a “bilanciere” è così chiamato perché ricorda
parzialmente il movimento compiuto dal discobolo. Anche in questo caso i piedi assumono una
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posizione antero-posteriore rivolti nella direzione del lancio. Il pallone è tenuto con il palmo della
mano all’ altezza del ginocchio, con il gomito steso. Il lancio avviene da sopra la testa, dopo un
balzo che sposterà il peso del corpo dalla gamba omologa al lato di lancio a quella opposta,
accompagnato da un piegamento laterale del busto.
Nella trasmissione della palla è fondamentale porre attenzione al momento di rilascio del pallone
dalla mano poiché questo ne determina la parabola.
Se osserviamo le immagini notiamo quanto possa essere producente eseguire un allenamento
complementare al calcio in piscina alternatamente nel microciclo, avendone a disposizione una
nelle vicinanze. Così facendo si consente ai portieri di trovare nuovi stimoli tecnici e adattamenti
fisici; sfruttando i benefici dell’ acqua sulla forza visti in precedenza: sia per quanto riguarda gli arti
inferiori, ma anche e soprattutto ci permette di lavorare sulla forza del tronco e degli arti superiori
con componenti tecniche e perché no, anche tattiche. Senza dimenticare che il portiere della
pallanuoto affronta situazioni, sicuramente in un contesto diverso, molto simili in quanto a
reattività, spinte, parate e deviazioni rispetto al portiere di calcio. Si gioca inoltre con un pallone
che pesa in media 400-450 g, molto vicino al peso di un pallone da calcio e quindi senza neanche
troppe differenze dal punto di vista attrezzistico.
Un’ attenzione particolare però va doverosamente riservata agli atleti più giovani, in quanto questi
gesti presuppongono capacità motorie e fisiche già di buon livello. Se lavoriamo con portieri a cui
dobbiamo insegnare la tecnica basilare di questi gesti, mettiamoli in condizione di apprendere in
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un contesto più semplice senza che nulla vieti nel prosieguo della loro crescita un adattamento
delle loro capacità in situazioni di gioco più complesse.
Si potrebbe pensare, in assenza di una struttura con piscina nelle nostre vicinanze, al bellissimo
campo naturale che è il mare. Sebbene la risposta in acqua salata, per via del diverso peso
specifico, sia diversa da quella in acqua dolce. Ma il problema non sarebbe nemmeno poi tanto
questo, quanto al fatto che se non abbiamo a disposizione un campo attrezzato con boe e
delimitatori galleggianti, come quelli che si allestiscono in prossimità dei lidi in estate, o almeno
aver dei collaboratori che rimettano palla in gioco velocemente, c’ è il reale rischio che i tempi
“morti” si dilatino rendendo l’ esercizio non più allenante.
Alla fine del girone di ritorno (anche detto secondo agonistico) quando il campionato è ormai
finito, inizia la cosiddetta pausa di compensazione estiva dove il portiere (e in generale ogni atleta)
recupera per le prime due settimane le energie fisiche e mentali spese durante tutto l’ arco del
campionato. Ma se fisiologicamente dopo 3 giorni d’ inattività la forza inizia a decrescere, non
possiamo permettere che i nostri atleti arrivino alle porte del ritiro precampionato avendo perso o
quasi il lavoro di atletizzazione di un intero anno, e nemmeno che arrivino sovraccarichi con lavori
estivi inidonei. L’ ideale per ogni atleta sarebbe un programma di lavori condizionali e tecnici a
giorni alterni con carichi svolti al 50/70% del massimale, così da mantenere pressochè inalterati il
proprio livello fisico e tecnico. Ciò è a favore dell’ atleta che ha la possibilità di mettersi sin da
subito in evidenza durante il ritiro precampionato; ed evitare di incorrere in fastidiosi infortuni
quando i carichi inizieranno ad aumentare, rallentando il programma di lavoro personale e del
preparatore.
Così si cerca di programmare un lavoro di compensazione che possa essere facilmente eseguibile
per il portiere nei luoghi di vacanza in cui si trova, con attrezzistica facile da reperire. Per i
calciatori che si recano al mare, la componente più immediata per allenare con buona intensità la
forza degli arti inferiori è la sabbia.
Ma, al contrario di ciò che si possa pensare, la sabbia non è tutta uguale ed anzi se non selezionata
con cura può minare il lavoro muscolare dei nostri atleti. Questo vale anche per chi ha la fortuna di
avere presso il proprio impianto sportivo la vasca di sabbia, e con essa può lavorare per tutto l’
anno agonistico.
Granulometria, composizione, umidità, spessore e dimensioni del bacino di contenimento, sono
fondamentali per vari motivi che di seguito verranno analizzati:
Granulometria
La dimensione media del granello singolo deve permettere ad ogni appoggio e spinta del piede o
della mano la stessa resistenza, quindi dispersione.
Composizione e umidità
La composizione della sabbia, i minerali e i metalli, diventano importanti per più fattori.L’utilizzo di
una sabbia a base argillosa, ad esempio, comporta una perdita di dispersione e pochiminuti di
lavoro possono portarla ad una veloce compattazione, creando quindi una superficie dura,fino ad
arrivare ad essere scivolosa nei gesti molto veloci o cambi di direzione. Inoltre una grana fine e
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argillosa, o di qualsiasi altro materiale friabile, comporta un facile innalzamento di polveri che
impediscono una libera respirazione, per non parlare di possibili irritazioni agli occhi.
Quest’ultimo problema può essere ovviato bagnando la superficie di lavoro prima
dell’allenamento, ma ciò potrebbe favorire la sua compattazione, modificando le caratteristiche da
noi cercate per un lavoro di forza intenso ma sicuro per l’ atleta.
Metalli
I metalli presenti nella miscela, nel caso di un’area all’aperto quindi soggetta all’esposizione del
sole, nei periodi estivi possono raggiungere temperature troppo elevate per poter essere utilizzata
a piedi nudi e nel periodo invernale viene soggetta ad un abbassamento della temperatura che
comporta medesimi disagi.
Dunque è importante tenere a mente ed insegnare ai nostri atleti che le precauzioni e la cura dei
dettagli non sono mai abbastanza per garantirsi e garantire un lavoro che renda i suoi frutti nel
tempo.
La prossima attività più che multisportiva mi piace definirla complementare, questo perché non
riuscirei mai a ricreare un gesto specifico del mio sport ma posso allenarne il movimento e la sua
forza ad una certa intensità. Lo ritengo uno sport praticabile tutto l’ anno ma sarebbe difficile
inserirlo in un microciclo d’ allenamento stagionale, così pieno di obiettivi tecnici e impegni
agonistici talvolta anche ravvicinati per le squadre professionistiche; se non nei periodi durante la
sosta invernale e nella pausa di compensazione estiva: utile dal punto di vista
aerobico/anaerobico-lattacido e muscolare per tutti i calciatori, sia che scelgano mete di vacanze
balneari oppure montane: il Ciclismo.
La bicicletta è un fantastico strumento motorio, di facile reperibilità e “drenante”, dal mio punto di
vista, dello stress mentale a cui è di continuo sottoposto il portiere di calcio.
Il valore benefico dell’attività ciclistica è ampiamente riconosciuto e sperimentabile direttamente
da chiunque pratichi l’attività. Dal punto di vista della fisiologia il ciclismo è classificato come
un’attività sportiva di tipo prevalentemente aerobico, di resistenza, che impegna in maniera
elevata il sistema cardiocircolatorio e respiratorio e numerosi distretti muscolari. La pratica di
questo sport porta perciò ad ottenere i miglioramenti tipici degli sport di resistenza:
Efficienza cardiaca - Ad ogni battito il cuore pompa una maggiore quantità di sangue.
Capacità respiratoria - Migliora lo scambio di ossigeno negli alveoli polmonari.
Efficienza muscolare - Nei muscoli impegnati aumenta la vascolarizzazione e migliora la capacità di
estrazione di ossigeno dal sangue e di utilizzo dei carboidrati.
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Perché praticare il ciclismo sia un piacere e non diventi una sofferenza non dobbiamo però
dimenticare alcune precauzioni: un telaio di misura errata o una scorretta posizione in sella
possono portare disturbi al rachide o alle articolazioni degli arti inferiori. E’ infatti opportuno, nell’
interesse dell’ incolumità dell’ atleta, farlo lavorare nelle condizioni più idonee alla sua struttura
muscolo-scheletrica oltre che rispettare i suoi limiti fisiologici, cercando magari di superarli con un
allenamento ponderato ma intenso.
Chiaramente non cerchiamo gli standard di allenamento di un ciclista professionista, ma una visita
biomeccanica ci può garantire di essere sicuri che i nostri atleti lavorino con range di movimento
personali ed adeguati; sia in palestra se decidiamo di fare una breve attivazione in cyclette (o un
recupero motorio post-infortunio), sia per programmare i lavori di mantenimento durante i
periodi di pausa.
Il set-up dell’ atleta in bicicletta viene valutato inizialmente secondo il “triangolo” assetto-appoggi
composto dai vertici:
Sella-bacino
Piedi-pedali
Mani-manubri
L’ insieme di questi elementi deve garantire all’ atleta:
1. Capacità di erogare energia
2. Capacità di opporre poca resistenza aerodinamica
3. Capacità di rimanere a lungo in sella
Un test biomeccanico più approfondito può darci indicazioni sugli angoli articolari ideali con cui
ogni atleta si muove in maniera efficiente. Sono, in questo caso da tenere, in considerazione:
Angolo ginocchio (coscia-gamba) ROM 70°/75°
Angolo caviglia (gamba-piede) ROM 15°/25°
Angolo busto (busto-orizzontale)ROM 20°/25°
Angolo gomito (braccio-avambraccio)ROM 165°/171°
ROM: range of movement (ampiezza articolare)
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Se non doveste avere la possibilità di eseguire una valutazione così approfondita, ritengo però
fondamentale l’ utilizzo del cardiofrequenzimetro per allenarsi mantenendo una FC abbastanza
elevata così da garantire una risposta organica allenante rispetto al carico esterno. La FCmax è
calcolabile attraverso laformula di Karvonen, dal nome dello studioso finlandese che per primo la
elaborò; questa semplice formula tiene conto di un dato standard (220) e dell’ età dell’ atleta:
FC MAX = 220 – Età (Anni)
E monitoriamo attraverso l’ utile, e quasi indispensabile per un buon allenamento in bici,
ciclocomputer gli Rpm (rotazioni per minuto), ovvero il giro completo (360°) della pedivella per
gamba ogni minuto. Teniamo conto di questi dati che, anche se indicativi, ci possono essere d’
aiuto per svolgere un buon allenamento in bici:
RPM PIANURA 100 – 120 pedalate
RPM SALITA 70 – 90 pedalate
Credo, a questo punto, di aver trattato e approfondito per quanto possibile ogni aspetto che mi
ero prefissato di analizzare. Ho cercato di non tralasciare, oltre ai contenuti, anche il comparto
grafico perché credo fortemente nella forza didascalica della didattica. Era questo l’ obiettivo a cui
volevo giungere, e sono soddisfatto di me stesso e del mio lavoro.
Ai miei colleghi quindi dico, cerchiamo ogni giorno, ogni allenamento, quando accompagnamo i
nostri ragazzi dentro allo spogliatoio, di cercare dentro noi stessi e nei loro occhi la forza
prorompente del sacrificio che quasi sempre conduce alla gioia del successo, del vero successo.
Questa è la Forza in cui credo ciecamente: la forza del Lavoro!
Voglio porgere il mio più sincero grazie ai colleghi: David Dei, Gianluca Spinelli, Antonio Lacara e
Antonello Brambilla; e Roberto Sgambelluri, ex ciclista professionista, senza il supporto dei quali
la mia tesi non avrebbe avuto il significato che avrei voluto darle fin dall’ inizio. Li voglio
ringraziare perché tra i loro mille impegni hanno dedicato anche solo un pensiero e donato un
dialogo ad un collega, come me, più giovane che cercava di fare luce negli allenamenti dei
“grandi” spiando dalla crepa di un muro del campo d’ allenamento, come si faceva tanti anni fa, in
quel calcio vero e leale con il quale sono cresciuto coltivando quei sogni che ancora oggi ardono
forti dentro la mia voglia di crescita professionale e di studio riguardo il ruolo del portiere e del
calcio in generale. Per ultimo, ma non per importanza, concludo con una frase che cerco di
portare sempre sul campo con me, prima ancora di tutto il resto. Grazie!
<<Quello splendido sport che è il Calcio non è solo tabelle di allenamento e filosofia di
gioco.Spesso un sorriso verso un bambino,e perchè no anche per un adulto,può fare tanto e
avvicinarlo al nostro progetto tecnico.>> [Ruggero Radice]
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Bibliografia
-“ Forza e atletismo” – Alessandro Pilati – Il Nuovo Calcio – Dicembre 2014
- “ La preparazione stagionale coordinativa, tecnica, tattica e condizionale del portiere” – Claudio
Rapacioli
- “ Portiere? No problem! ” – Attilio De Mattia
- “ ALLENAMENTO SULLA SABBIA ” – Tesi finale del corso Master 2012/2013 per allenatori di
Prima categoria Uefa Pro – Nicola Campedelli
Indice
Multisportività – Area Calcio ……………………………………………………………………………………………………. 2
Multisportività – Area Basket …………………………………………………………………………………………………… 17
Forza funzionale e allenamento del “ Core ” …………………………………………………………………………… 26
L’ allenamento isoinerziale della Forza ……………………………………………………………………………………. 27
Multisportività – Area Volley …………………………………………………………………………………………………… 29
Multisportività – Pallanuoto …………………………………………………………………………………………………….. 30
Cenni sull’ allenamento sulla sabbia ……………………………………………………………………………………….. 33
Multisportività – Ciclismo ………………………………………………………………………………………………………… 34
Bibliografia ……………………………………………………………………………………………………………………………….. 37
Indice ………………………………………………………………………………………………………………………………………… 37